La
società ci impone sempre di tenere determinati
comportamenti, di rispettare determinati standard, di accontentare
determinate richieste a seconda del genere in cui nasciamo.
Io
sono un Omega, ovvero un essere senza diritti, senza alcuna
possibilità di vivere una vita mia, guidata dalle mie
scelte, dalla mia volontà; sono un oggetto alla
mercé degli Alfa, i cosiddetti leader del mondo.
Sin
da quando avevo 14 anni, non ho potuto fare a meno di sottomettermi a
loro, nei periodi del calore, o quello o avrei dovuto patire sofferenze
enormi, che a lungo andare avrebbero potuto farmi diventare pazzo.
Era
l’ultima cosa che volevo.
E
poi, se mi comportavo bene durante i calori, alcuni Alfa erano anche
disponibili a farmi studiare, leggere o imparare cose che fossero
differenti dal “come dare piacere al proprio Alfa in ogni
momento della propria esistenza” che ogni Omega doveva
imparare fin dalla nascita.
Tanto
più che nel mio paese i legami tra Alfa e Omega erano
gestiti dal governo. Eravamo in periodo di grande crisi, nasceva, in
proporzione, un Omega ogni cinquanta Alfa e questo aveva fatto
sì che venisse impedito il legame, quello duraturo, che
poteva avvenire solo tra compagni destinati. Veniva impedito qualsiasi
tipo di accoppiamento che non fosse destinato alla riproduzione, nella
speranza che gli Omega mettessero al mondo altri Omega.
Io,
personalmente, all’età di diciannove anni, non ho
ancora messo al mondo nemmeno un bambino.
Ho
avuto due Alfa nella mia vita, sin dal primo calore. E anche se diverse
volte sono risultato incinto, quei bambini non sono mai nati.
Mi
sono spesso chiesto perché.
Li
avrei amati.
Avrei
voluto loro molto bene, ma poi mi sarebbero stati portati via, a meno
che non fossero stati Omega.
In
quel caso il genitore in grado di prendersene buona cura sarei stato io.
Ma
altrimenti…
Li
avrei persi.
In
realtà li ho persi.
Adesso
sono in attesa del mio prossimo Alfa, colui che mi terrà per
un anno, durante il quale vuole che gli dia dei figli.
Mi
hanno già avvisato che se non sarò in grado di
farlo, mi riporterà al Centro.
Ho
pianto quando me l’hanno detto.
Tornare
in quel luogo orribile vorrebbe dire essere rinchiuso in un prigione
dove tutto quello che puoi fare, se sei un Omega, è restare
disteso a gambe aperte, drogato e completamente fuori controllo mentre
gli Alfa che non sono in grado di comprare o affittare un Omega ti
usano come animale da riproduzione.
Spesso
vengono usati dei farmaci per aumentare al massimo la
fertilità e per scatenare il calore anche se esso
è appena terminato.
Quel
luogo è l’esatta immagine dell’inferno.
L’unica
cosa in cui posso sperare è che questa volta il mio corpo
accetti la gravidanza e vada fino in fondo, prima che l’Alfa
decida di gettarmi via.
Tutto
quello che posso fare è pregare, mentre i miei pensieri
continuano a vagare senza meta, persi in un sogno di libertà
che non potrà mai avverarsi.
°°°
La
mattina successiva, mi sveglio di soprassalto sentendo qualcuno sopra
di me che mi scuote una spalla e mi dice di sbrigarmi.
I
miei poveri occhi azzurro ghiaccio rimangono feriti dalla forte luce
del sole che mi colpisce direttamente in viso e mi fa desiderare di
rannicchiarmi tra le coperte.
È
il pensiero che sto per incontrare il mio Alfa che mi fa alzare per
prepararmi. Anche se come Omega sono sempre stato considerato un
po’ anomalo da alcuni Beta che mi hanno fatto da tutori, per
via della mia insana, secondo loro, passione per i libri e per il modo
di vivere degli Omega in altri paesi, molto lontani dal mio, ho cercato
in tutti i modi di adattarmi, di comportarmi come ci si aspettava da me.
E
sono stato bravo.
Nessun
Alfa si è mai lamentato.
Non
del mio comportamento, almeno.
Del
fatto che non sono mai riuscito a mettere al mondo un
bambino…
Quello
è stato sempre un tasto dolente con me.
Secondo
un dottore straniero che mi ha visitato sotto richiesta del mio
precedente Alfa, alcuni Omega nascono con una particolarità
che ci rende ancora più speciali e che rende estremamente
importante il Legame con l’Alfa che ci è destinato
e solo con lui.
Questa
particolarità mi rende impossibile, o quasi, spero, di
mettere al mondo bambini che non siano figli del mio Alfa designato.
Peccato
che nel mio mondo non potrò mai essere reclamato da lui,
perché se lo facesse, andrebbe contro ogni legge di questo
maledetto paese.
Finirebbe
in prigione.
E
io finirei al Centro.
Se
non peggio.
Anche
se non riesco ad immaginare qualcosa di peggio di quel luogo.
I
miei pensieri mi hanno portato così lontano che neanche mi
sono accorto di avere già completato quelle azioni che ormai
svolgo in automatico, abituato a doverle fare anche se distratto da
dolore o, in alcuni casi, piacere.
Rabbrividisco
ripensando a cosa alcuni Alfa chiedono ai loro Omega, fortunatamente a
me è capitato raramente, ma so che alcuni non sono neanche
in grado di camminare per la sovra stimolazione sensoriale cui sono
sottoposti dai loro Alfa.
Almeno,
loro per qualche anno.
Poi
saranno di qualche altro Omega, così come gli Omega
apparterranno a qualche altro Alfa.
Come
è accaduto a me per due volte già.
Non
mi è permesso chiedere di loro.
Non
mi è permesso sapere se stanno bene.
Non
mi è permesso sapere se hanno dei figli.
Non
mi è permesso sapere chi o come sono i loro nuovi Omega.
Così
come sapere che tipo di persona è il mio nuovo Alfa.
Non
mi è permesso sapere nulla.
Sono
un oggetto d’altronde.
Un’adorabile
oggetto che dovrebbe essere in grado di mettere al mondo dei bambini
per il suo padrone di turno.
E
al momento non sono buono nemmeno a quello.
I
miei pensieri si congelano come sento dei passi affrettati venire verso
la porta della mia stanza.
Li
riconosco, sono quelli dell’unica infermiera che mi tratta
come fossi qualcosa di più di un oggetto.
Lei
è l’unica che mi tratta come una persona.
Chissà
se il mio Alfa mi chiamerà per nome o se ne
sceglierà uno da darmi.
Ma
smetto di farmi domande appena la porta si apre.
Carrie,
la mia adorabile infermiera, mi sorride incoraggiante e io mi alzo,
abbassando la testa per salutare l’Alfa che sicuramente sta
per entrare.
Vorrei
poterlo vedere in viso, ma se lui non mi dà il permesso di
farlo rischio di essere punito per impertinenza…
Perciò
attendo.
Il
suo sguardo fisso mi fa tremare.
Mi
sembra di poterlo sentire come se fosse fisico.
Come
se con il solo sguardo potesse toccarmi.
Rabbrividisco
in maniera più evidente e lui emette un leggero suono con la
gola.
Suono
che quasi mi fa crollare ai suoi piedi.
Nessun
Alfa mi ha mai fatto un effetto simile.
Non
ha ancora detto una parola.
Nessuno
ha detto una singola parola da quando è entrato.
Mi
domando se gli piaccio.
Mi
domando come sia il suo viso.
Mi
domando se mi lascerà leggere, nel tempo in cui non
potrà stare con me.
Mi
domando se riuscirò a dargli un bambino.
Sento
l’ansia salire dentro di me.
Ho
paura.
E
se non gli piacessi?
E
se decidesse di non prendermi affatto?
E
se mi spedisse direttamente al Centro?
La
paura mi chiude lo stomaco in una morsa dolorosa, irrigidisce muscoli
già doloranti per il calore imminente.
Mi
scappa un pigolio di dolore.
Mi
mordo le labbra, pentendomi di non aver fatto più attenzione
a non emettere neanche un suono.
Non
ho avuto il permesso di parlare.
Ora
potrebbe decidere di…
“Avete
fatto in modo che abbia qualcosa per combattere i dolori muscolari che
porta il calore?” domanda l’Alfa, venendomi vicino.
Mi
prende il mento con due dita e mi solleva il viso.
I
miei occhi evitano di incontrare i suoi direttamente e rimangono bassi,
a dispetto del fatto che il mio viso ormai è davanti al suo.
Distrattamente
noto che si è dovuto chinare leggermente per poter portare i
nostri volti alla stessa altezza.
“Guardami!”
ordina con voce ferma e profonda.
Mi
tremano di nuovo le ginocchia, mentre i miei occhi di ghiaccio
incontrano i suoi, che sono di un marrone tendente al rossiccio.
Avverto
nuove fitte allo stomaco per via dei crampi di tensione che ancora non
si sono placati.
Mi
scappa un nuovo pigolio di dolore e questa volta, lui è
perfettamente in grado di vedere il dolore sul mio viso, riflesso nei
miei occhi.
“Shhh….
Va tutto bene, piccolo, adesso andiamo a casa. Poi chiamerò
un dottore che ti faccia avere qualcosa contro il dolore.”
Disse, la sua voce profonda che manda brividi incontrollabili alla mia
schiena e mi spinge a rannicchiarmi ai suoi piedi, nonostante non mi
ordini niente del genere.
Nessun
Alfa mi aveva mai detto che la loro casa era anche la mia.
Io
ero solo un oggetto che sarebbe stato con loro per un po’.
Non
ero qualcuno da rassicurare.
Una
terza ed ultima fitta mi fa definitivamente crollare tra le braccia del
MIO Alfa, che mi prende al volo, stringendomi forte e mormorando
qualcosa al mio orecchio.
La
mia mente si perde lentamente, mentre il MIO Alfa mi prende in braccio,
continuando a mormorare nel mio orecchio, mandandomi scariche di
piacere lungo la spina dorsale e le fitte che i muscoli contratti del
mio addome continuano a mandare.
Anche
se sono molto più delicate di prima.
Stanno
già passando.
E
non era mai successo prima.
Nessun
Alfa era mai stato in grado di farmi stare un po’ meglio in
questi casi.
Non
che ai miei due Alfa precedenti importasse granché.
Finché
erano in grado di avermi, al massimo mi davano delle pastiglie contro
il dolore…
Invece
lui….
Gli
importa davvero di me?
Forse
lui può essere il MIO Alfa?
L’unico
che potrà mai rendermi libero nel mio essere un Omega?
Ma
non potrà mai accadere.
In
questo paese, gli Omega appartengono ad un Alfa per un periodo massimo
di cinque anni, sei se allo scadere dei cinque l’Omega
è in attesa di bambino.
Esco
dal dormiveglia in cui sono caduto durante lo spostamento in auto
quando sento delle voci metalliche chiamare i passeggeri per prendere
un volo.
Apro
gli occhi e guardo verso una delle finestre più vicine e
vedo un aereo.
È
la prima volta che ne vedo uno da tanto vicino.
Il
mio Alfa mi tiene ancora stretto tra le braccia.
Mi
sta portando in giro come fossi una principessa.
O
addirittura, come fossi il suo compagno.
Peccato
che nel mio mondo non esistano più queste cose.
“Credi
sia davvero così, mio piccolo Omega?” domanda il
mio Alfa con la sua voce profonda e rombante.
Alzo
lo sguardo verso di lui, spaventato dal fatto di aver detto qualcosa di
inopportuno, pur essendo certo al 100% di non aver aperto bocca.
Sto
per scusarmi per aver parlato a sproposito quando lui aggiunge.
“Non
devi scusarti, piccolo, ti spiegherò quando saremmo a
casa!” dice, dandomi poi un leggero bacio sulla tempia destra.
Io
lo guardo con gli occhi sgranati, ma allo stesso tempo mi sento
così bene tra le sue braccia che quando si mette a parlare
con la hostess per sapere del suo volo, del nostro volo, la mia mente
riprende a fantasticare.
Inizio
a pensare a quale sia la nostra meta.
Anche
se mi domando come sia possibile che ci lascino uscire dal paese.
Gli
Omega, essendo così rari, non hanno permessi di viaggio,
tranne se si tratta di incontrare un Alfa che non li può
raggiungere e di solito sono viaggi ultra controllati ed estremamente
brevi.
Invece
il MIO Alfa pareva intenzionato a stare via per molto.
Chissà,
forse era straniero.
Ma
come aveva fatto ad ottenere un Omega dal governo del mio paese era una
cosa inspiegabile.
A
malapena ve ne erano a sufficienza per gli Alfa che lo abitavano,
figurarsi se li andavano a dare a degli stranieri.
Eppure,
ora il MIO Alfa mi stava portando via dal paese.
Nella
mia mente iniziano a viaggiare immagini di cieli limpidi, ampi campi
verdi, una grande casa con a lato uno splendido giardino.
Una
giovane donna ride e scherza con dei bambini che somigliano al mio Alfa.
Un
uomo, un altro Alfa si avvicina alla donna e la abbraccia, mentre i
bambini gli corrono incontro, stringendogli le gambe in un abbraccio.
Apro
gli occhi e guardo di nuovo il mio Alfa.
Lui
mi sta già guardando.
“Quella
è casa nostra, con mia sorella, il suo compagno e i loro
bambini.” Spiega.
Io
lo guardo ancora senza parlare.
Non
sono molto abituato a farlo.
Troppe
volte i miei tutori si sono lamentati del fatto che parlo troppo.
Non
ho mai voluto rischiare di annoiare uno dei miei Alfa.
Perciò
sorrido e basta. Un sorriso sincero, aperto e veramente felice come non
ne facevo da parecchio tempo.
Lui
mi sorride di rimando e mi stringe la mano, portandosela al viso per
baciarne il dorso.
Il
cuore mi esplode di gioia.
Finalmente
ho trovato una vera casa dove stare, con il MIO Alfa. Solo mio.
|