My shiny teeth and me
When I'm feelin' lonely - sad as I can be…
All by my self in an uncharted island in an endless sea..
What makes me happy, fills me up with glee:
those bones in my jaw that don't have a flaw.
My shiny teeth and me.
[My shiny teeth and me; Chip Skylark]
«Dovresti…»
«No».
Madara cercò invano di dare alla
sua risposta negativa il solito timbro secco e autorevole, ma quello che uscì
dalla sua bocca fu un “no” biascicato, più simile a quello di un bambino
lagnoso che di un uomo maturo, affascinante e pieno di carisma come lui, il che
non fece che irritarlo più di quanto non fosse.
A peggiorare il tutto, il
sogghigno di suo fratello minore Izuna. Lungi dall’essergli di conforto,
sembrava trovare la situazione molto divertente. Estremamente divertente,
a giudicare dalle occhiate che lanciava alla sua povera guancia gonfia.
Ricambiò quella mal celata
ilarità con un’occhiata gelida. Era davvero stufo di quella situazione e,
soprattutto, dell’ostinazione di quel dente del giudizio a non voler obbedire
al suo ordine di non provocargli dolore.
«Ribelle e ostinato. Non
ha ancora capito chi comanda. Ah, ma lo capirà… lo capirà», rifletté tra sé
e sé. Un sogghigno gli apparve sul volto gonfio, mentre pensava ai modi in cui
quel dannato molare aggiuntivo avrebbe sofferto sotto la sua ira.
Ovvio che il fatto che il dente
fosse inanimato non era stato preso neanche in considerazione. Izuna sembrò
intuire il delirio d’onnipotenza del fratello maggiore e, deciso a porvi fine
prima che degenerasse in uno strambo tentativo di conquista del mondo (Izuna aveva
impiegato ore, l’ultima volta, a convincere Madara che era un semplice
direttore aziendale e che no, non poteva evocare/imprigionare demoni leggendari
che esistevano solo nella mitologia per radere al suolo la città e diventare
signore e padrone del circondario), optò per un approccio amichevole, razionale
e diretto.
«Devi andare dal dentista, Madara
– ribadì per la centesima volta in due ore. Come vide che il fratello stava per
replicare, picchiettò il dito sulla guancia dolorante, strappandogli un gemito
di dolore – Conciato così non puoi andare da nessuna parte. E tra due giorni
hai l’incontro con Hashirama Senju per parlare della fusione tra le vostre
aziende. Sei davvero sicuro di volerti presentare conciato come un rottame?»
Izuna non dovette neanche contare
fino a tre. A dir la verità, non era neanche certo che Madara avesse sentito la
fine della frase, perché al nome “Senju” si era alzato e aveva preso il
cellulare, telefonando al costoso studio odontoiatrico, considerato il migliore
della città.
***
Se fosse stato consapevole che
sistemarsi compulsivamente la giacca e il polsino sinistro della camicia erano
indicabili come atti di nervosismo, Madara si sarebbe suicidato piuttosto che
compierli e mostrare, a quel modo, la sua debolezza. Tuttavia, o non ne era
conscio, o era talmente agitato da concedersi consapevolmente quel piccolo atto
di indulgenza.
Certo, non aveva nulla da temere.
Alla fine era una semplice visita odontoiatrica… Odontoiatrica, gli
piaceva quella parola; gli dava l’impressione che non c’entrasse nulla con i
suoi denti e, di conseguenza, con un folle pronto a strapparglieli via con
delle tenaglie lasciandolo sdentato e rovinando così la sua magnifica persona.
D’altronde, cosa doveva temere (e
notare bene che lui non temeva nulla… nulla!)? Madara ne era certo:
avrebbero fatto un lavoro esemplare, nonché, cosa più importante, indolore.
Fu con rinnovata serenità e un
polsino spiegazzato che Uchiha varcò la porta dello studio e storse il naso.
Detestava l’odore di disinfettante che permeava le pareti di tutti gli studi
medici, l’ambiente asettico e quelle gigantografie di persone dai denti
bianchissimi e innaturali che lo guardavano dalle pareti. Che cos’avevano da
sorridere, poi? Di essersi fatti trapanare la mandibola? Lanciò un’ulteriore
occhiata di disprezzo alle immagini, prima che un lieve colpo di tosse, dal
suono abbastanza risentito, lo costringesse a girarsi e prestare attenzione
alla donna seduta dietro al banco dell’accettazione.
«Lei è il signor Madara Uchiha?»,
domandò con voce soave. Madara non poté fare a meno di mostrare disappunto per
i capelli rosa della segretaria. Uno studio odontoiatrico (sì, gli
piaceva davvero tanto quella parola) serio non avrebbe mai dovuto assumere come
segretaria un esemplare femminile con una tinta così appariscente.
«Signore, le ho chiesto se è
Madara Uchiha», ripeté la donna; Madara ne studiò l’aria sfatta, quasi
trascurata. I capelli rosa erano tenuti su da un mollettone in maniera
disordinata e, sotto gli occhi verdi, facevano mostra di sé delle pesanti
occhiaie. Niente trucco, unghie corte… la donna aveva una corporatura minuta
nascosta sotto un camice blu scuro da medico e indossava delle crox rosa,
giusto per eliminare del tutto qualsiasi parvenza di femminilità. Sul petto
piccolo spiccava il cartellino con il nome: “Sakura Haruno”.
Davvero una pessima scelta, per
una segretaria. Sarà anche stato lo studio migliore della città, ma di certo era
quello con più cattivo gusto e, sicuramente, quello col personale più
maleducato.
«L’ho sentita – modulò con voce
lenta e cadenzata, volta a far capire alla ragazza che l’unico motivo per cui
non aveva risposto alla sua domanda era che non la riteneva degna d’attenzione
– Sì, sono io».
«Dottoressa Haruno - si presentò
– Lei è in ritardo di ben 20 minuti. La prossima volta la prego di avvisare lo
studio in anticipo, così da poter far slittare il suo appuntamento».
«Seriamente?», un ghigno si
distese sul volto di Madara di fronte all’arroganza di quella squallida
segretaria.
«”Seriamente” cosa, signor
Uchiha?»
«Mi stai rimproverando?»
Sakura studiò per qualche secondo
l’uomo che aveva di fronte. Ben vestito, atteggiamento arrogante, una massa di
capelli neri che sarebbero stati utilissimi per fare presa, mentre gli sbatteva
ripetutamente la testa contro uno spigolo, e causa dell’annullamento di un
appuntamento, nonché cattiva pubblicità per la clinica rinomata per l’essere
sempre puntuale. Sì, quella giornata sembrava aver assunto tinte fosche e
negative non appena Madara Uchiha aveva messo piede nello studio.
Respira, si ripeté Sakura,
ricorda cosa ti ha detto Hinata: troppa negatività nuoce allo spirito.
Tuttavia neanche le teorie New
Age della sua amica, basate su amore, pace e tolleranza, riuscirono a
cancellare la sua irritazione. Così, non appena Madara replicò, Sakura si
premunì di sfoggiare il suo sorriso più dolce e celiare, con voce angelica:
«Ovviamente».
A quella risposta, Madara sentì
tutto il timore che aveva provato al pensiero di entrare nello studio
dentistico trovare una valvola di sfogo nella rabbia. Era notoriamente un tipo
irritabile, nonché irritante (anche se non lo avrebbe mai ammesso), pronto a
scaricare su chiunque gli capitasse sotto mano il proprio malumore. Tuttavia,
indulgente con se stesso come solo i maestri di arroganza sanno fare, lungi dal
pensare di essere in torto, Madara viveva nella ferrea convinzione che lui
avesse sempre ragione, gli altri sempre torto e che, soprattutto, le persone
erano tutte maleducate e irriverenti. Tutte, tranne lui ovviamente.
«Dov’è il suo principale?»,
sbottò. Gliel’avrebbe fatta vedere lui a quella segretaria sgraziata e
impudente! Già pregustava il sapore del licenziamento, degli ossequi e delle
scuse cerimoniose del proprietario della clinica e il suono dei singhiozzi di
quella… come si chiamava? Lanciò un’occhiata alla targhetta col cognome. Ah,
sì: Haruno. Nome insignificante almeno quanto lei.
«Ce lo ha di fronte».
Madara non riuscì a trattenere un
sorriso sprezzante.
«Non mi prendere in giro», sibilò
mentre riacquistava la sua aria rigida.
«Per quanto potrebbe essere
divertente, non sono solita scherzare su queste cose».
«Non puoi essere il direttore
della clinica. Sei…»
«…una donna? – il sorriso
cordiale di Sakura non servì a coprire la sua irritazione – Sa, signor Uchiha,
molti pensano che una donna sia utile solo come infermiera, ma pochi hanno il
coraggio di dirlo ad alta voce, soprattutto prima di accomodarsi in studio. Ora
prego, a quanto mi è stato detto per telefono, dobbiamo procedere
all’estrazione di un dente del giudizio. – Chiuse con uno scatto la cartella
che teneva in mano e rivolse a Madara un sorriso trasudante melassa – Mi duole
informarla che abbiamo terminato il protossido d’azoto proprio oggi, quindi
l’estrazione sarà un po’ più dolorosa del normale, ma sono sicura che un uomo
forte e virile come lei non avrà paura di qualche doloretto, giusto? Mi segua».
Imbronciato e con la mente piena
di improperi per la scelta malsana di suo fratello – gliel’avrebbe fatta pagare
a Izuna. Doveva solo uscire vivo da lì e allora… allora… - Madara non ebbe
altra scelta che seguire la dottoressa Haruno, con un possente digrigno
dei suoi disastrati denti.
***
«Signor Uchiha, la prego di
tenere quella bocca aperta…», sospirò Sakura, dopo il decimo tentativo di fare
la lastra alla mandibola del suo paziente. Quell’uomo riusciva a stressarla
come non mai e maledisse tra sé la sua assistente, troppo occupata ad andare in
viaggio di nozze per stare in studio a radiografare quella piaga umana che
prendeva il nome di Madara Uchiha.
«Non mi piace che una donna mi
dica certe cose – ribatté lui, prima di ghignare malizioso – Di solito sono io
a dirlo alle femmine».
«Invece di parlare usi la sua
apertura mandibolare per mordere quel cuscinetto e stia fermo», replicò
l’odontoiatra, cercando di non far trasparire la rabbia. Madara sorrise
soddisfatto, di nuovo. A quanto pareva la diabolica dentista non sopportava le
battute sessiste, cosa in cui lui era decisamente uno specialista.
Aveva cominciato in maniera
naturale, lasciando libero sfogo alla propria natura fastidiosa e dispregiativa
nei confronti del gentil sesso – che, a suo non modesto parere, era tutto
fuorché gentile -, ma come aveva notato che Haruno non sopportava i suoi
commenti si era del tutto scatenato. Provava una gioia perversa nell’irritarla
e nel vederla costretta a controllarsi per non sbatterlo fuori dallo studio; la
sua rabbia era gustosa, come un dolce prelibato, e Madara riusciva ad
assaporarne il sapore sulla punta della lingua.
«Signor Uchiha – la voce acuta e
furiosa di Sakura lo distolse dai suoi pensieri; sorrise laconico e lanciò uno
sguardo agli occhi verdi della donna che parevano fulminarlo – Ho un altro appuntamento
dopo di lei, quindi collabori, o mi vedrò costretta a farle l’estrazione senza
lastra e le posso assicurare che niente in questo momento mi renderebbe più
felice di cavarle il dente senza anestesia».
«Non sarebbe illegale?»
«Ho detto che la lascerei in
condizioni tali da poter parlare?», celiò zuccherosa Sakura.
«Mi stai minacciando?», replicò
secco Madara; gli occhi scuri si assottigliarono in maniera pericolosa. Quella
femmina si stava permettendo di provocarlo?
Un senso di soddisfazione lo
pervase; di rado trovava qualcuno in grado di tenergli testa, o di rispondergli
a tono, ma soprattutto era esaltato dalla situazione. Gli piaceva provocare le
persone e, quando queste cadevano come pesci nella sua rete, si sentiva come un
bambino che scarta i regali di Natale in anticipo.
«La sto avvisando, signor
Uchiha».
«Tutto ciò è molto poco
professionale – ghignò – Lo sai, vero?»
«Tutto ciò è molto incosciente –
ribatté Sakura – Lo sa, vero?»
***
Sakura ringraziò tra sé e sé
tutte le divinità di svariati pantheon per essere riuscita a far accomodare
Madara Uchiha sulla sedia senza ucciderlo.
Si complimentò con se stessa per
la pazienza dimostrata, per l’elevata professionalità e per aver sedato, in
qualche modo, le frecciate dell’uomo sul suo possedere una vagina. Tuttavia,
pensava mentre armeggiava con la siringa per l’anestesia, al rientro della sua
assistente le avrebbe lasciato il promemoria di non accettare più alcun
paziente che facesse di cognome Uchiha.
Sollevò l’ago della siringa,
stillandone qualche goccia di fluido per evitare bolle d’aria; ne approfittò
per lanciare un’occhiata sospettosa a Madara. L’uomo era sdraiato sulla sedia
per l’operazione, apparentemente tranquillo parte per il tamburellare nevrotico
delle dita sul bracciolo; il tubicino per aspirare la saliva usciva dalla sua
bocca stranamente silenziosa.
Sakura non si azzardò a tirare un
sospiro di sollievo. Avrebbe potuto cominciare a parlare da un momento all’altro,
rendendola più nervosa e irritabile. Estrarre i denti del giudizio era un’operazione
di routine, ma se quel paziente avesse ripreso a tormentarla con le sue battute
sessiste, non poteva contare sul suo proverbiale autocontrollo.
Decise, tuttavia, di far buon
viso a cattivo gioco, anche perché il pallore insano che si era dipinto sul
volto di Madara Uchiha era preoccupante. Pareva che stesse cercando di
trattenere la paura e Sakura, pur provando una lieve soddisfazione nel vederlo
così spaventato, era comunque un medico: era suo compito mettere a proprio agio
il paziente.
«Stia tranquillo, signor Uchiha –
disse, forzandosi a sfoderare il più dolce dei sorrisi – È un’operazione di
routine, una puntura e non sentirà più nulla».
«Vi insegnano le frasi fatte al
corso per strappa denti, o sono quelle che dicono i veterinari prima di
abbattere i cani?», sibilò Madara.
Sakura si morse il labbro
inferiore per trattenere un insulto; decise di attribuire l’ennesima battuta al
nervosismo e passò oltre.
Tanto tra poco dovrà stare
zitto per forza, si rassicurò.
«Signor Uchiha, ora le praticherò
l’anestesia. Avvertirà un leggero torpore nella zona e, dopo qualche minuto,
procederò con l’estrazione e infine con i punti. Tutto chiaro?»
«Non ho cinque anni, lo so come
si toglie un dente!»
«Non avrà cinque anni, ma ho
avuto bambini meno terrorizzati di lei – celiò – Ora faccia “aaaah”, che arriva
l’areoplanino».
L’espressione indignata di Madara
valse tutte le battute che aveva ricevuto quel giorno. Fulminea, prima che
potesse replicare, fece l’iniezione. Ora sarebbe stata solo questione di
minuti, poi avrebbe potuto rilassarsi.
Sapeva che Uchiha stava
blaterando qualcosa, sapeva che stava protestando, udì perfino un «Maledetta
femmina», ma presto le parole divennero biascichi e, infine, Madara smise di
agitarsi e si limitò a fulminarla con lo sguardo.
Sakura fece schioccare il guanto
di gomma attorno al polso e sorrise.
***
«Mi raccomando, non mangi niente
finché non passa l’effetto dell’anestesia e, nei prossimi giorni, si alimenti
solo a cibi liquidi o semi-solidi; niente di troppo caldo e si spazzoli con uno
spazzolino a setole morbide, massaggiando delicatamente i punti con un
movimento circolare…»
«Nh…»
Madara ascoltò con aria distratta
tutte le raccomandazioni della odontoiatra. Izuna, venuto a prenderlo per non
farlo guidare sotto anestesia, sorrise gentilmente alla dottoressa.
«Grazie per essersi presa cura di
mio fratello, spero non sia stato molto ostico».
«Oh, è normale esserlo se si ha
paura del dentista – rispose Sakura, affabile. Sia lei che Izuna ignorarono il “Io
non ho paura di niente” bofonchiato da Madara – Ma sono certa che abbiamo
superato le nostre divergenze iniziali e che adesso il signor Uchiha è
pienamente soddisfatto, vero?»
Madara colse lo sguardo di sfida
della dentista a replicare. Si limitò a un cenno con la testa.
«Non è stata così pessima –
sibilò – Per una femmina».
«Ne sono felice – commentò Izuna,
non senza tirare una gomitata al fratello maggiore – Allora prendiamo
appuntamento anche per la settimana prossima».
Madara alzò un sopracciglio. Dal
canto suo, non aveva intenzione di rimettere mai più piede dal dentista in
tutta la sua esistenza, ma non sospettava che anche Izuna avesse bisogno di
fare una visita odontoiatrica.
«Certo, martedì alle undici?»
«Non lo so, Madara sei libero?»
«Non ti vengo a prendere –
protestò – Non dopo che mi hai lasciato nelle mani di questa sadica assassina
di molari».
«Oh, ma non è per me – ghignò Izuna
– È per te».
«Ho già dato».
«Signor Uchiha – ecco, quella
femmina irritante si era messa di nuovo a parlare. Pregò tutti i kami esistenti
che un meteorite colpisse la clinica proprio in quel momento, giusto per
evitare di sentirla ancora ciarlare. – Oggi abbiamo solo tolto il dente del
giudizio, ma lei ha delle discrete carie. – Madara impallidì – Avremo molto da
fare io e lei».
N/A: ok, questa è una
fanfiction premio. Una fanfiction premio per Tratrin, che ha vinto il premio
dell’iniziativa recensioni del gruppo SasuNaru Fanfiction Italia. Mi ha chiesto
una MadaSaku e beh, eccola qui. Perlomeno ci ho provato, ma Madara mi è un po’
ostico come personaggio e non è all’altezza delle sue, ma spero che l’abbia
fatta almeno ridere un poco.
La canzone è “I miei denti e me”
tratta da “I fantagenitori”. Mi è venuta in mente associata a Madara e sono
morto dal ridere.