Caduco rossore
Una
foglia
d’acero attraversa l’aria, trasportata da una
leggera brezza, finché non si adagia al suolo, come un
guerriero che ottiene il meritato riposo dopo una lunga lotta.
Hajime percorre il tappeto di foglie secche scricchiolanti,
immergendosi sempre di più in quell’esplosione di
colori. In autunno le foglie s’impregnano delle tinte calde
delle fiamme, rossi vibranti che oscillano verso i toni più
lievi dell’arancio e del giallo. Il calore del sole non ha
più la stessa intensità dell’estate,
eppure la decisione di quelle temperature ormai andate sembra ora
ripresentarsi nelle manifestazioni della natura.
È una domenica come tante altre, in un ottobre uggioso e
assonnato. Il cielo, sopra le teste dei passanti, è bigio e
colmo di nubi, il sole fa fatica a comparire in
quell’atmosfera che non promette nient’altro che
pioggia; tuttavia, chi passeggia attraverso il parco non sembra
essersene accorto: le chiome degli alberi impediscono la visuale, non
s’intravede nient’altro oltre alle loro fiamme.
È la tipica giornata che trascorreresti a casa, avvolto in
un plaid dal motivo scozzese mentre sorseggi cioccolata calda da una
tazza di candida ceramica. Hajime, tuttavia, non è mai stato
un tipo sedentario. Negli ultimi tempi continua a sentire
l’incessante bisogno di riflettere: trovare un attimo di
solitudine, tuttavia, si è rivelata un’impresa
sempre più ardua. Sta per iniziare
l’università, eppure – per quanto possa
ostinarsi ad ostentare davanti a tutti una proverbiale
impassibilità – il pensiero che i giorni
spensierati in compagnia dei ragazzi del liceo non torneranno
più gli fa male, come un marchio sulla pelle inciso con un
ferro bollente. Troppe cose sono cambiate in così poco
tempo, e Iwaizumi prova non poca irritazione al pensiero di non aver
controllo alcuno su nessuna di esse.
Quel giorno, però, Hajime è lì per non
pensare. Se le chiome autunnali lo coinvolgono in quei pensieri,
ciò che più desidera in quel momento è
lasciarsi pervadere la mente da quei colori caldi, così da
poter cancellare in un colpo solo tutta quella
malinconia. Carpe
diem, cogli l’attimo – e
Hajime non riesce ad immaginare modo migliore di quello per farlo.
È sorprendente notare come tutte le persone intorno a lui,
in un modo o nell’altro, riescano a trarre beneficio
dall’ambiente che li circonda.
D’improvviso un’eco di passi affrettati gli giunge
alle orecchie, foglie che vengono schiacciate e s’infrangono
con un rumore simile al vetro rotto. A Iwaizumi sembra di sentire il
proprio nome venire chiamato nel vento, così si volta di
scatto, sorpreso. Ad attenderlo trova Oikawa, una sciarpa avvolta
attorno al collo e le guance arrossate per via della corsa. Non appena
raggiunge Hajime, Tōru si piega su se stesso, le mani poggiate sulle
ginocchia mentre riprende affannosamente fiato.
Quando torna a sollevare il capo, gli occhi di Iwaizumi sono su di lui,
e Oikawa sorride, accorgendosi che stanno osservando proprio il rossore
che si è dipinto sulle sue guance.
Angolo autrice
Non sono molto soddisfatta della storia, e mi urta da morire il
pensiero di pubblicare una storia che non incontra in alcun modo le mie
preferenze. Ho anche provato a modificarla, eppure continua ad esserci
qualcosa che non mi torna. Direte voi: allora cosa diavolo la
pubblichi a fare?
Beh… si dà il caso che oggi sia il compleanno di
una persona molto importante, vale a dire la mia senpai Ayumu. Avrei
voluto postare qualcosa di più decente, perché
ritengo che lei non si meriti minimamente un obbrobrio del genere,
tuttavia sto attraversando una sorta di fase del blocco dello
scrittore. Mettere una parola dietro l’altra è
stata un po’ un’impresa, tuttavia ormai la storia
– ahimé – l’avevo
già scritta, perciò eccomi qua per postarla.
È idealmente ambientata successivamente alla sconfitta
contro la Karasuno, nell’autunno dell’anno in cui i
due ragazzi iniziano a frequentare l'università –
ma credo che ciò si fosse già largamente intuito.
Nella prima stesura c’era molto meno angst, scusa Ayu, ma sai
che se non riempissi i miei testi di tristezza e sofferenza non sarei
io – magari era per questo che non mi convinceva ma
chi voglio prendere in giro, continua a farmi schifo anche adesso
E no, niente, ti faccio ancora tanti auguri; quello che dovevo dirti te
l’ho scritto stamattina. Ti considero una persona speciale,
perché sei una delle poche che mi è stata accanto
in un periodo particolarmente difficile della mia vita, senza mai
abbandonarmi, e di questo non te ne sarò mai
sufficientemente grata. ti considero un po’ come una sorella
maggiore, e probabilmente non ci sono modi per esprimere la gratitudine
che provo nei miei confronti, ecco perché forse questa
storia mi sembra tanto misera. Ti voglio bene, porta sempre questa
consapevolezza nel tuo cuore e non dimenticarla mai ♥
Per tutti gli altri: dubito che la storia vi sia piaciuta,
perciò immagino che nessuno la inserirà tra le
ricordate o le preferite – e non ce l’ho affatto
con voi per questo, anzi! Proprio per via di questa consapevolezza di
aver combinato un disastro mi meraviglierei del contrario –
se tuttavia doveste decidere di lasciare un commentino, anche
misero non
succederà mai ma vbb sappiate
che avrete tutta la mia riconoscenza.
Nulla, evaporo, ché per oggi temo di aver già
detto fin troppe scemenze. Sono contenta di essere tornata a scrivere
su questo fandom, mi è mancato un sacco, anche se molto
probabilmente avrei voluto farlo con una storia migliore-- vi chiedo
scusa, spero di riuscire a presentare qualcosa di un po’
più decente la prossima volta >.<
A presto (spero – e, possibilmente, con una storia che possa
definirsi tale)
Aria
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