I want you more than you know

di fireandblood
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Camille

Sono le sette di mattina. O almeno è questo l'orario che leggo quando suona la sveglia.
Mi alzo dal letto e mi preparo. Non voglio indossare cose scomode per il viaggio. In aereo è molto stressante poi. Vado allo specchio e mi pettino. Stanotte non ho dormito granchè, ero troppo agitata e contorta per chiudere occhio.
Alle otto precise mi ritrovo alla porta di casa con la valigia in mano e la mia famiglia attorno per augurarmi buon viaggio e delle buone vacanze. Non aspettavo altro che godermi l'estate dopo una sessione di studio senza pause.

"Finalmente parti!" esclama mio padre sorridendo. Mi prende sempre in giro.
"Non aspettavi altro?" chiedo andando ad abbracciarlo.
"Mi mancherai. Stai attenta, sii responsabile e chiamaci ogni tanto." mi raccomanda.
"Sì papà, lo farò." mi stacco dall'intreccio. "Come farai senza la tua sorellina?" mi rivolgo ad Alex dopo un momento di pausa, che mi scruta con aria divertita.
"Una liberazione!" esclama ridendo. Mi aggiungo anche io alle sue risate. Lo abbraccio e gli lascio un leggero bacio sulla testa, e lui si ritira subito. Tipico di Alexander Stevens.
Guardo mia madre, e ripenso alla conversazione avvenuta due giorni fa in cucina. Mi dispiace molto, ma nessuno riesce a calmarmi quando sono arrabbiata.
"Che te lo dico a fare di essere prudente? Ti voglio tanto bene, Cam." mi abbraccia, e i suoi occhi chiari sono umidi.
"Anche io, mamma." replico.

Sento un clacson suonare. Sono arrivate.
Saluto di nuovo la mia famiglia e mi avvio verso la macchina.
"Ciao bellissima!" esclama Rachel dal sedile del passeggero mentre poso la mia valigia nel portabagagli.
"Ma buongiorno!" Sophia è al volante, piena di energia. Come fa ad esserlo a quest'ora del mattino?
"Allora, siete pronte per questa fantastica avventura?" esclamo felice. Lo sono davvero, perché ce lo meritiamo.
"Pronte per conoscere ragazzi carini?" Sophia suona il clacson per incoraggiarci a urlare con lei. Ma non lo faccio, mi limito semplicemente a ridere.
"Si parte!" Rachel esulta.
Ci sarà da divertirsi.
 

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Siamo in Florida. Dopo ore e ore di volo, siamo qui.
Miami. E' la prima volta che metto piede in Florida, ma sento che potrebbe essere la millionesima volta. Non so perché, ma avverto una sensazione di protezione qui.
Siamo arrivate alla casa.

Matilda, una ragazza newyorkese che vive a Miami, ha voluto invitarci a prendere parte a questa bellissima opportunità. Io conosco Matilda dal liceo, abbiamo frequentato le stesse lezioni per qualche anno. Poi ha mollato la scuola per inseguire il suo sogno di DJ, qua a Miami.
"Ragazze!" urla Matilda dalla porta di casa sua. Corre fino al portone d'ingresso. E' altissima, supera almeno un metro e ottanta. Io sono poco più bassa di lei. La abbracciamo, e ci conduce dentro.
"Allora? Com'è andato il viaggio? Stancante? Spero di no, ho tantissime cose da dirvi!" comincia Matilda. Non la smette mai di parlare. "RAGAZZI!" grida.
"Io sono stanchissima!" esclama Rachel.
"Tu cominci a stancarti anche dopo due minuti di corsa." dice Sophia. Ed è vero; Rachel odia le ore di educazione fisica. Le trova noiose e prive di senso.
"In effetti." rido io.
"Non vi preoccupate, ora vi riposerete." sorride Matilda. Due ragazzi stanno scendendo le scale.
Matilde li chiama a gran voce. I due ragazzi si girano e incrociano il nostro sguardo. Sophia mi lancia un'occhiata maliziosa, come per dire 'te l'avevo detto'. I suoi occhi azzurri seguono i passi dei due ragazzi.

"Ragazze, loro sono Jonathan e Tyler. E, ragazzi, loro sono Sophia, Rachel e Camille." ci presentiamo con scambi di mano.
Devo dire che non sono poi così tanto brutti. Anzi.
Jonathan è alto, magro e abbronzato, con un ciuffo biondo chiaro e due occhi grigi. Tyler invece è più basso, moro con i capelli a spazzola, con gli occhi verdi e due fossette sulle guance. Adorabile.
Jonathan mi sorride, e Tyler ci fissa imbarazzato. Più che altro guarda Sophia.
"Dove sono Mark e Damian?" chiede Matilda.
"Erano usciti per comprare qualcosa da bere per stasera." risponde Jonathan. Ha anche una bella voce. Mi piace molto esteticamente.
"Ah, vero. Ora, se non vi dispiace, conduco queste belle fanciulle nelle loro camere e voi farete i cavalieri portando i loro bagagli." mima Matilda con un gesto teatrale e si incammina verso il piano superiore. Le altre la seguono, ma io resto indietro per aiutare i ragazzi.
"Porto io la mia valigia, non vi preoccupate." dico un po' impacciata. Una ciocca di capelli rossicci mi cade sul viso mentre mi chino.
"Tranquilla. Facciamo noi." risponde il biondino, sorridendo. Ha un sorriso fantastico.
Sorrido a mia volta, e Tyler sghignazza.
"Allora, com'è stato il viaggio?" mi chiede Jonathan mentre saliamo le ampie scale.
"Bene, ma stancante. Sono tante ore di volo." rispondo guardandolo. Noto che nell'occhio destro ha una macchia verde, che contrasta il suo grigio splendente.
"Ci credo. New York è bellissima, se non ricordo male." ghigna lui.
"Di dove sei?" chiedo gentilmente. Tyler ci supera e posa la roba accanto alla porta, e se ne va sorridendomi. Mi turba un po' il suo comportamento. Forse è timido. Oppure non gliene frega di fare nuove conoscenze?
"Sono nato a Dallas, ma vivo a Miami da tre anni." la sua voce mi risveglia dai mille pensieri contorti.
"Wow. Pensavo fossimo tutti di New York qua dentro." confesso stupita.
"Solo io non sono della vostra città. Ho conosciuto Matilda un anno fa, e da lì siamo diventati inseparabili." spiega lui.
"State insieme?" chiedo incuriosita.
"Io e Matilda?" scoppia a ridere. "Ma certo che no! Io e lei non potremmo mai cominciare qualcosa di serio." ho detto qualcosa di sbagliato? Perché continua a ridere. Lascia i bagagli davanti la porta e mi guarda.
"Pensavo di sì, scusa." sorrido timidamente.
"Non c'è problema. Mi piacerebbe conoscerti di più." mi dice, lasciandomi con i miei pensieri sulla soglia della camera. Cosa è appena successo?

 
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Entro nella stanza. E' molto grande, con un letto a castello, e un matrimoniale, una porta alla destra e deduco sia la cabina armadio, un'enorme cassettiera con uno specchio largo e lungo appeso alla parete. Niente male.
"Chi dormirà qui?" chiedo avanzando per curiosare in giro.
"Noi tre. Ma siamo cinque donne." risponde Sophia ammirandosi allo specchio.
"Cinque? Chi si è aggiunta?"
"Lorianne. E' arrivata ieri da New York." mi dice Matilda. "E' simpatica. Vedrai che ti piacerà." sorride.
"Io la conosco, e non amo le persone con quel carattere. Mi sembra una vanitosa senza pietà." confessa Sophia, lanciando un'occhiata a Matilda. "Dov'è Rachel?"
"Penso di sotto. Andiamo?" interviene Matilda. I suoi occhi sono color cioccolato, così come i capelli lunghi. Essendo altissima ha anche un fisico magro.

Scendendo giù troviamo Rachel parlare con un ragazzo sul divanetto del salone. E' una casa abbastanza lussuosa. Certo, Matilda è entrata nel mondo della musica da poco, ma il suo stile è impeccabile.
"Ragazze! Dove eravate finite?" si alza Rachel. "Stavo parlando con Damian." indica il ragazzo con un accenno di barba, e capelli corti scuri.
"Ciao!" ci porge la mano. "Sono Damian. Piacere di conoscervi." sorride a bocca chiusa.
"Io sono Sophia, mentre lei è Camille." ci indica.
La bocca di Damian è ancora incurvata verso l'alto. Le sue fossette sono adorabili.
"Ma allora dove cavolo è finito Mark?!" esclama Matilda al limite della pazienza. Come se questo Mark fosse un bambino che non si ferma mai tra un gioco e un altro.
"Non lo so. E' un tipo strano, non preoccupatevi per lui. E' il mio migliore amico e ci conosciamo da così tanti anni che ormai ho perso il conto."
Rido insieme agli altri. Sono tutti simpatici.
Sento rumore di passi, e ben presto entrano Jonathan seguito da una ragazza bassa e magrolina, e Tyler.
"Siamo tutti presenti all'appello!" esclama Matilda entusiasta.
"Il fattone arriva. Sta fumando una sigaretta di fuori." mi guarda Jonathan facendomi l'occhiolino.
Ci sediamo tutti. "Mi chiamo Lorianne." dice la ragazza bassa e mora alzando la voce. Ci presentiamo anche noi, e lei ne pare contenta. Staremo a vedere come si comporta. Mi sembra una delle solite sciaquette tutte tette niente cervello.

Restiamo sul divano, ogni tanto lancio occhiate a Sophia e Rachel, ma conversano con gli altri. Mi sento un pesce fuor d'acqua.
Alzandomi faccio un cenno con la testa a Matilda, intenta a mangiarsi le unghie. Lei capisce, e io esco da quella sala. Forse è sbagliato, ma ho bisogno d'aria. E poi non ho avvertito i miei genitori del fatto che sono qui.

Questa casa è un labirinto. Per trovare il giardino ho girato come una trottola. Che cosa assurda.
Accendo il cellulare, e sento la voce di mia madre dall'altra parte, squillante come sempre. Le rivelo di stare bene, che va tutto okay. Chiudo la chiamata con un sospiro.

Mi guardo intorno: è tutto verde. Sono appoggiata alla ringhiera a pochi passi dalla porta scorrevole trasparente.
I miei occhi finiscono su una figura. Mi sembra alta. E' un maschio. Metto a fuoco per capire chi possa essere. Sta scrivendo dei messaggi e ciocche di capelli castano chiaro ricadono sulla sua fronte. Ha i gomiti appoggiati sulla ringhiera. Continuo a fissarlo mentre lui ripone il suo cellulare nella tasca posteriore dei jeans. Si volta nella mia direzione.
Sono esterrefatta quando si presenta davanti a me con la sua camminata. Nel senso che non ho mai visto qualcuno camminare in un modo così strano.

"Scusa, ti ho disturbato?" chiedo in modo gentile. Bisogna attaccare bottone qui per resistere fino alla fine della vacanza.
Mi guarda. I suoi occhi sono color caramello. I raggi del sole definiscono i suoi lineamenti sottili. E i capelli boccolosi ricadono fin sotto le orecchie, incorniciando il suo viso.
"No, figurati." risponde squadrandomi. "Sei arrivata oggi?"
"Sì, poco fa. Tu?" mi sistemo delle ciocche dietro l'orecchio.
"Ieri." i suoi occhi sono puntati sui miei. "Mi chiamo Mark." mi porge la mano in cambio della mia.
"Camille." la sua stretta è salda. Nonostante sia molto magro, è forte. E' qualche centimento più alto di me.
"Sei di New York?" mi fa appoggiandosi alla ringhiera nera.
"Sì, di Brooklyn." rispondo un po' imbarazzata dal momento.
"Siamo più o meno tutti di Brooklyn. Anche io. Per esempio Jonathan è originario del Texas. Ma questo non c'entra." dice tirando fuori un pacchetto di sigarette. "Cazzo." impreca richiudendo il pacchetto.
Non so cosa dire. Come dovrei agire in queste situazioni?

Qualcuno ci chiama. E' Sophia e ci raggiunge. Lancio uno sguardo a Mark, ma lui è impegnato a fissare il pavimento.

Che tipo strano.




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