Cháos
Capitolo
Uno
Sarebbe
senz’altro stata una notte piacevole, o quanto meno
accettabile, se
il nitrito di uno dei suoi incubi non lo avesse strappato a forza
dalla silenziosa contemplazione di una città addormentata.
Svogliatamente, e
con un
pizzico di irritazione, volta lo sguardo e ciò che vede gli
fa
sbattere ripetutamente le ciglia, insicuro di quanto gli si stia
realmente presentando di fronte agli occhi. Quello scompostamente
accomodato in groppa all’incubo è proprio lo
stesso spirito
dell’inverno che ha incontrato qualche mese prima e che
fastidiosamente ricorda di aver tentato di eliminare in più
di
un’occasione? Solleva un sopracciglio, interdetto.
«Jack
Frost?»
si accerta,
ancora incapace di processare a dovere la presenza del nuovo
arrivato.
L’interpellato
sorride
sfrontatamente mettendo in bella mostra la sua perfetta e
scintillante dentatura.
«Indovinato!»
esclama
allegro. «Sei svelto, eh» aggiunge, ironico.
Si porta un paio di
dita alla
tempia sinistra che ha appena preso a pulsare fastidiosamente.
«Che
razza di dannato vento
ti ha condotto fino a qui?» ringhia, molto più che
seccato
dall’improvvisata affatto gradita.
«Uhh,
come siamo ospitali,
Pitch».
«Vai
all’inferno e restaci,
Frost» ordina seccamente, congedando con un gesto imperioso
alcuni
incubi appena comparsi, apparentemente curiosi di scoprire qualcosa
in più sulla nuova presenza.
Lo spirito
dell’inverno,
lungi dal voler seguire il poco gentile invito del padrone di casa,
salta a terra, liberando della sua presenza la nera cavalcatura che
se la dà precipitosamente a gambe un attimo dopo, e si
avvicina
lentamente allo spirito oscuro, sventolando in aria il proprio
bastone e spandendo per i verdi prati qualche scomoda manciata di
fiocchi di neve fuori stagione.
«Senti,
non è che io sia
esattamente al settimo cielo per essere stato spedito qui»
precisa
Jack, sbuffando.
Pitch arriccia le
labbra e lo
fissa con disgusto. «Non ti trattengo. Sono certo avrai di
meglio da
fare» strascica.
«Ci puoi
scommettere, amico»
ghigna, trovandosi un momento dopo la nera lama di una falce puntata
al collo.
«Non sono
tuo amico» sputa,
orripilato.
«Ehm,
già, l’ho notato»
assicura Jack, sollevando le braccia e tentando invano di blandirlo.
Pitch assottiglia
lo sguardo e
lo studia brevemente poi, con lentezza, scosta la lama senza tuttavia
farla sparire. Sospira.
«Immagino
non te ne andrai
fintanto che non mi avrai messo a parte della motivazione della tua
presenza qui, dico bene?».
Jack torna a
ghignare e si
porta le mani alla nuca con fare casuale, piroetta un paio di volte,
congelando il prato curato e balza con leggerezza su un masso in
bilico sullo strapiombo sotto il quale scorre un fiume reso al
momento invisibile dall’oscurità.
«Credo di
no» conferma,
attendendo la reazione dell’altro.
Pitch, che non lo
ha mai perso
d’occhio per un solo istante, scuote il capo sconfortato e si
domanda che cosa abbia fatto di male, ultimamente, per essersi
meritato una punizione simile.
«Ottimo»
sbotta, intendendo
l’esatto contrario. «In questo caso sbrigati a
parlare, così che
io possa tornare a godermi la notte in santa pace» intima
seccato.
Un silenzio scomodo
si
stiracchia indolente e prolungato fra loro, mentre evidentemente lo
spirito dell’inverno riflette su come introdurre
l’argomento.
Pitch, nervoso, sta seriamente per esaurire la già limitata
pazienza
di cui dispone, e il tamburellare del suo piede contro il terreno ne
è un segnale tangibile. Ha una mezza idea di provare a farlo
a fette
e conservarlo in cantina per vedere se manterrebbe ancora le sue
proprietà surgelanti, quando finalmente lo sgradito ospite
sembra
decidersi a fornirgli una qualche parvenza di spiegazione.
«Manny
dice che tu puoi
aiutarci a fare luce su un problema che è comparso di
recente»
esordisce speranzoso.
Pitch lo fissa
interdetto, poi
allucinato, in seguito sbatte più volte le ciglia, infine
scuote
tristemente la testa.
«Sinceramente
e con tutto il
rispetto: che tipo di sostanza psicotropa ha assunto, di recente,
l’Uomo nella Luna?».
Con suo sommo
sconcerto,
nonché profonda costernazione, Jack scoppia a ridere,
tenendosi lo
stomaco fra le braccia e rotolandosi scompostamente a
mezz’aria,
agitando freneticamente le gambe. Pitch sospira di nuovo e si
massaggia le tempie, sconsolato, aspettando e pregando che finisca in
fretta. Se solo potesse, preferirebbe di gran lunga una morte veloce
e dignitosa; ma è già morto, disgraziatamente,
pertanto è
costretto a rassegnarsi al suo triste destino.
Molti, troppi
minuti dopo,
Jack sembra finalmente in grado di ritrovare un minimo di
tranquillità, senza peraltro perdere il sorriso.
«Ah,
fantastico! Ma lo sai
che non ti facevo così spiritoso?» esclama,
apparentemente
soddisfatto.
Pitch lo fissa
truce, le mani
che prudono fastidiosamente dal desiderio represso di stringersi
attorno a quel collo candido e immacolato, e stringere, e stringere.
“Oh, sì. Questo sarebbe superbamente
appagante” riflette
deliziato.
Il ghigno
spaventevolmente
sadico che compare sul volto dello spirito oscuro fa decisamente
passare la voglia di ridere a Jack.
«Uhm,
bene» soffia incerto.
«Senti» riprende debolmente, «so che te
ne frega poco dei nostri
problemi, ok? Solo… magari potresti giusto dare
un’occhiata.
Forse hai ragione e Manny stavolta vuole coinvolgere lo spirito
sbagliato, ma… E se non fosse così? Se, in
qualche modo, davvero
tu potessi essere la chiave per risolvere questo pasticcio?»
insiste.
Pitch lo sta
fissando in modo
piuttosto enigmatico e Jack si chiede se per caso non abbia detto
qualcosa di davvero offensivo.
«Un gran
bel modo per
chiedere l’aiuto di qualcuno, mh?» commenta infine
lo spirito
oscuro. «Secondo quale convinzione ritiene di potermi
coinvolgere
allegramente nei suoi sciocchi intrighi infantili?» sbotta
seccato.
Jack solleva gli
occhi al
cielo e finge di prendersi a bastonate in testa, esternando in tal
modo la sua frustrazione.
«Ah,
Pitch, perché sei
sempre così sospettoso? Il guaio c’è
davvero, e pare che nemmeno
North ci capisca nulla. Sono certo che l’Uomo nella Luna non
stia
cercando di fregarti, se è questo che ti
preoccupa».
Pitch lo guarda un
lungo
momento con aperto scetticismo, poi scuote la testa pieno di
compassione per quel povero idiota che gli sta davanti così
incrollabilmente persuaso delle sue sciocche convinzioni.
«Non mi
sorprende che tu sia
finito incastrato fra le fila dei guardiani. Con questa tua
ingenuità, chiunque potrebbe approfittarsi di te»
lo accusa.
«Non
è affatto vero!»
esplode Jack, sollevandosi dal masso e sprizzando nervose scintille
ghiacciate. «Io sono il padrone delle mie scelte e decisioni,
e
nessun altro» afferma sicuro.
«Buon per
te» ribatte
asciuttamente Pitch. «Ma per quanto mi riguarda non ho la
minima
intenzione di farmi coinvolgere in una delle vostre assurde avventure
al salvataggio di qualche sciocco bambino» rimarca
cocciutamente,
voltando la testa dall’altra parte.
Jack gonfia le
guance,
indispettito, e quando sbuffa il proprio scontento una nuvola di
ghiaccio ricopre la schiena dello spirito oscuro, il quale si volta
di scatto fulminando il colpevole con un’occhiataccia
inceneritrice.
«Ops»
pigola Jack,
saltellando rapidamente via dalla roccia per evitare di essere fatto
a brandelli dall’altro. «Senti, non l’ho
fatto apposta, ok?»
prova, nel disperato tentativo di salvare il salvabile.
«Sparisci-dalla-mia-vista-JACK
FROST!» ringhia Pitch, deciso più che mai a
liberarsene, in un modo
o nell’altro.
La lama della falce
fende
l’aria una misera frazione di secondo dopo che il suo
bersaglio si
è tolto dalla sua traiettoria. Jack guadagna velocemente
quota,
mettendo una più che ragionevole distanza di sicurezza
dall’altro
spirito evidentemente intenzionato a vendicarsi e sospira, un poco
deluso per l’esito dei suoi sforzi e anche in parte colpevole
per
aver involontariamente contribuito alla propria disfatta.
«Mi
dispiace!» esclama,
fluttuando a un’altezza ragguardevole.
«Ti
dispiacerà certamente di
più, se insisti a rimanere» minaccia Pitch,
spedendogli contro
un’ondata di sabbia nera nel tentativo di allontanarlo una
volta
per tutte, se non altro.
Miracolosamente, lo
spirito
dell’inverno sembra recepire il messaggio e, con
un’ultima
occhiata alla nera figura ferma sul ciglio dell’abisso, si
solleva
di qualche altro metro, lasciandosi afferrare dal vento e trasportare
lontano.
*
«Mi
dispiace. Ci ho provato,
davvero» assicura con ardore il guardiano del divertimento.
«Ne sono
certo, Jack» prova
goffamente a placarlo Nicholas. «Purtroppo, a questo punto,
non c’è
molto altro che possiamo fare, se non aspettare e sperare che Sandy
torni con qualche novità» ammette, scuotendo
stancamente la testa.
«Sarebbe
stato meglio mandare
direttamente lui» interviene Aster, scoccando
un’occhiata
sarcastica ai colleghi. «Aspettarsi un qualsiasi risultato
positivo
da Frost è semplicemente un’idea sciocca e una
perdita di tempo»
fa notare con stizza.
Jack stritola il
bastone fra
le dita, ricoprendolo di uno spesso strato di ghiaccio, e digrigna i
denti.
«Oh,
sicuro. Immagino che tu
avresti fatto di meglio, canguro» lo apostrofa tagliente.
«Non
chiamarmi così!» si
inalbera il coniglio.
«Finitela,
voi due!» tuona
Nicholas, facendo tremare pericolosamente il lampadario di cristallo
sulle loro teste dopo aver colpito il camino con un pugno. «I
vostri
bisticci non ci aiutano a trovare una soluzione al nostro
problema»
aggiunge con un tono più pacato ma al contempo di
ammonimento.
Le lunghe orecchie
di
Bunnymund si afflosciano, pendendo inermi ai lati della sua testa
pelosa, mentre Frost posa con leggerezza i piedi a terra e si
rannicchia su sé stesso, sospirando abbattuto.
«Scusa»
borbottano
all’unisono, fissandosi poi sorpresi e dedicandosi
vicendevolmente
un’occhiata carica di rancore.
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