- Titolo
storia: Un
San Valentino da dimenticare
- Fandom:
Kuroko
No Basket
- Personaggi:
Aomini
Daiki, Wakamatsu Kousuke
- Categoria:
Crack
- Pacchetto
(e cosa avete utilizzato): Odio
–
- Stagione:
inverno,
- Festa:
San Valentino
- oggetto:
cuore,
- prompt:
gelosia, tradimento
- Frase:
"L’odio viene dal cuore, il disprezzo dalla testa. E nessuno
dei due sentimenti è spesso sotto il nostro controllo." -
Alexander Graham Bell
- Introduzione
storia: Una
ragazza ha regalato del cioccolato ad Aomine e Wakamatsu, osservando
la scena, non riesce a resistere alla tentazione di far
l’ennesima
ramanzina all’asso.
- Note
dell'autore: Non
credo di aver usato perfettamente la citazione ma ci ho provato con
tutta me stessa.
- Storia
partecipante al San Valentino is near... Contest, indetto da
Arianna.1992 sul forum di efp -
- L’odio
viene dal cuore, il disprezzo dalla testa.
- E
nessuno dei due sentimenti è spesso sotto il nostro controllo
- Alexander
Graham Bell
- Un
San Valentino da dimenticare
- Com’era
possibile che a febbraio potesse fare ancora così freddo? A
Wakamatsu sembrava quasi impossibile che le temperature basse
continuassero a persistere con quella forza micidiale anche il giorno
di San Valentino.
- «Brrr».
Il giovane cestista non riusciva a trattenere quei brividi, gli
uscivano dalla bocca senza che lui potesse contenerli
«Perché deve
fare così freddo?»
- L’unica
cosa che desiderava, era andare in palestra per riscaldare il suo
corpo con del sano esercizio fisico: cosa c’era di meglio del
Basket in giornate gelide come quelle? In quell’istante era
l’unico
beneficio che gli venisse in mente. Non gli importava di migliorare
sé stesso, no, voleva solo scordarsi per un po’
cosa fosse il
freddo.
- Correva
verso la palestra con la speranza che potesse essere già
sufficiente
per tale scopo. Il gelo gli stava dando completamente alla testa
sentendola avvolta dal ghiaccio più spesso che esistesse e
voleva
far di tutto per poterlo sciogliere.
- Purtroppo
per Kousuke, il tragitto non andò esattamente avesse
sperato, ma non
fu però il clima invernale a fermarlo, ma qualcosa di ben
più grave
secondo l’opinione dell’adolescente e di certo non
avrebbe potuto
essere chiamata distrazione
- Era
stato attratto da qualcuno che aveva imparato a conoscere fin troppo
bene quel lungo anno scolastico.
- “Cosa
sta facendo Aomine?”
- Era
sempre stato un dato di fatto che il loro asso perdesse tempo invece
di pensare al bene della Too Gakuen ma, dopo la partita persa contro
la Seirin, era certo che Aomine avesse compreso l’importanza
degli
allenamenti. Ovviamente si era sbagliato e anche alla grande.
- Si
irritò terribilmente in quell’istante certamente
non fu il fatto
che Daiki stesse trascurando le pratiche, ma che si stesse divertendo
in compagnia di una giovane ragazza, che probabilmente frequentava il
primo anno.
- Aomine
aveva completamente voltato la schiena al loro team e quello agli
occhi di Kousuke era cosa ben peggiore di un tradimento, anzi
aveva pugnalato alle spalle tutti
Un ragazzo del genere non aveva nessun diritto di essere
l’asso
della squadra di Basket della Too Gakuen: doveva pensare gli
allenamenti come tutti loro, non perdere tempo com’era solito
fare.
- “Non
cambierà mai quel bastardo!”
- I
sentimenti che nutriva per quel ragazzo dei capelli blu, gli
impedivano ogni volta di porsi un controllo: l’odio, il
disprezzo,
li sentiva crescere dentro di lui, che
il suo cuore e la sua mente, un giorno, avrebbero corso il rischio di
essere oscurati per la loro intensità
- Avrebbe
finito con il perdere le staffe e nemmeno la presenza di quella
studentessa poteva fermarlo: quand’era troppo, era troppo e
basta!
- Il
suo autocontrollo se n’era andato, come tutte le volte del
resto.
- «Aomine!»
Quell’urlo era talmente forte che avrebbe potuto attirare
l’attenzione di tutti gli studenti, forse anche di alcuni
professori, ma a Wakamatsu non interessava; voleva fare una ramanzina
a quel ragazzo e nulla l’avrebbe fermato.
«Bastardo!»
- Come
ogni santa volta, Aomine era capace di fargli perdere la pazienza.
- Il
centro della Too Gakuen, notò subito che la giovane
studentessa
scappò via ancora prima che lui riuscisse a raggiungerli.
- Era
meglio così, avrebbe potuto urlare in faccia al ragazzo
tutto quello
che pensava sul suo conto.
- Dopo
esseri liberato, quel bastardo, avrebbe dovuto raggiungere gli altri
in palestra, ma prese un pacchetto che evidentemente gli aveva
consegnato poco prima quella ragazza.
- Perché
non lo stava raggiungendo? Eppure Aomine si era appena liberato e la
prima cosa che avrebbe dovuto fare, era filare dritto in palestra.
- E
cosa fece, invece, quel bastardo? Si mise a scartare un pacchetto: e
che diamine!
- Wakamatsu
rimase terribilmente infastidito dal gesto del kouhai, non avrebbe
mai dovuto mettersi a mangiare quello che aveva tutta l’aria
di
sembrare del cioccolato, non quando avevano le pratiche.
- A
una breve occhiata non sembrava per nulla del girichoko,
ma qualcosa realizzato a mano. La cosa lo fece infuriare ancora di
più in qualche modo.
- Come
poteva essere così insensibile nei confronti della squadra?
Per lui
era davvero importante? A giudicare da come si comportava in
quell’istante, la risposta era un “no”
secco.
- «Smettila
di mangiare!» Corse talmente velocemente che in un baleno si
trovò
al fianco di quello scansafatiche «Dovresti venire ad
allentarti in
palestra piuttosto».
- Aomine
sembrava voler ignorare le sue parole, proprio come se non vi si
trovasse al suo fianco.
- Odiava
terribilmente il suo comportamento e fu proprio questo a spingerlo a
strattonarlo per il bavero della camicia, non ricordando quante volte
l’avesse fatto in quel lungo anno scolastico.
- «Non
dovresti fare il cascamorto quando ci sono gli allenamenti!»
- «Tsk…»
fu l’unica risposta che ebbe da quel bastardo, se
così poteva
essere definito quel verso insulso.
- Quello
scansafatiche continuava a mangiare quel cioccolato di fronte alla
sua faccia. Era ovvio che il suo “adorato”
Kouhai, lo stesse facendo di proposito: quella era una provocazione
bella e buona!
- «Bastardo,
ascoltami quando ti parlo!» Non gli diede la
benché minima retta,
anzi continuò a mordere quel cuore, che quella ragazza
doveva aver
preparato personalmente.
- Su
un boccone riuscì ad intravedere il kanji suki*:
come poteva una ragazza essere cotta di Aomine? Gli sembrava
letteralmente impossibile che qualcuna potesse nutrire sentimenti per
quel fannullone. Sicuramente quella studentessa doveva avere seri
problemi se aveva perso la testa per quel un tipo così
lavativo.
- Doveva
affrontarlo al suo stesso gioco, anche se Kousuke immaginava che non
l’avrebbe prese bene. Ormai conosceva il loro asso
perfettamente e
sapeva quanto odiasse quelle situazioni, ma doveva fargli capire che
i suoi compagni dovevano essere rispettati: erano o non erano una
delle più forti squadre di basket di Tokyo?
Finché non gli sarebbe
entrato in testa tale concetto, lui non avrebbe mai finito di
rinfacciarglielo.
- Il
biondo afferrò con tutta la forza quel cuore ormai
mangiucchiato e
lo lanciò con tutte le proprie forze sul cortile della Too
Gakuen.
Lo calpestò brutalmente per dimostrare al Kouhai che quel
giorno
avrebbe fatto sul serio.
- Gli
occhi blu di Daiki non erano mai stati brutali come in quel momento,
ma Wakamatsu non s’inginocchiò a tale sguardo. Non
si sarebbe
fatto spaventare in quel modo da un ragazzo di un anno più
giovane
che non rispettava qualcosa di magnifico come il basket, né
i suoi
senpai.
- «Adesso
vieni in palestra!» Altra cosa che sapeva benissimo di
Aomine, era
che non accettava nessun genere di ordine e forse si metteva male per
lui, ma sinceramente non gli importava: voleva solo dare una lezione
a quel bastardo. «Gli allenamenti stanno per
cominciare.»
- Il
volto dell’asso si avvicinò sempre di
più al suo. Wakamatsu vide
quanto odio fosse impresso in quello sguardo, riuscì quasi a
sentirsi oppresso dall’intensità del disprezzo che
nutriva per
lui, cosa che non poté non ricambiare.
- «Non
ti azzardare a darmi ordini!» Senza che potesse fare nulla
per
fermarlo, Aomine lo scaraventò con forza contro il muro
scolastico
«Tu non hai nessun diritto di dirmi cosa fare.»
- «Bastardo!»
La differenza di forza si sentiva eccome e non riuscì a
spingerlo
via, dopotutto, l’altro, era un membro della generazione dei
miracoli.
- Il
suo corpo era possente e aveva quasi la sensazione che volesse
schiacciarlo alla parete, inoltre la sua mano con ferocità
aveva
bloccato entrambi i suoi polsi con una presa che poteva solo definire
dolorosa.
- «Tu
e la tua gelosia siete ridicoli.»
- “Gelosia?”
ripeté fra sé e sé Wakamatsu non
riuscendo quasi a credere alle
frase che il Kouhai avesse appena pronunciato.
- «Chi
mai potrebbe esserlo di un bastardo come te?!» Il cestista
cercava
di liberarsi con tutto sé stesso, ma la presa di quella mano
era
micidiale al punto da sentire delle fitte di dolore. «Di
certo non
io!»
- Come
se tutto quello non fosse sufficiente, ci si era messa anche
l’altra
mano di Aomine che, con la stessa impetuosità della
precedente,
aveva afferrato il suo mento rendendogli dolorante anche
quest’ultimo.
- «No
ti rendi nemmeno conto della scenata che hai fatto?»
Scoppiò a
ridere come se trovasse quella situazione davvero esilarante. Quella
reazione non fece altro che aumentare l’odio che provava per
il
loro asso «Sei davvero ridicolo».
- «Scenata?!
Sei tu che ti sei preso gioco della Too Gakeun e io sarei
geloso?»
- Odiava
Aomine, lo odiava con tutto il cuore e Wakamatsu sapeva benissimo che
tale sentimento era perfettamente ricambiato. Lo dimostrava lo
sguardo del ragazzo dai capelli blu: la furia era così
micidiale che
avvertiva tutto il suo rancore.
- Kousuke
era certo di averlo fatto infuriare per l’ennesima volta e di
certo
Daiki non lo poteva soffrire e preferiva affrontarlo con quella
solita aggressività, ma il centro della Too Gakuen non
immaginava di
certo che il comportamento di quel bastardo sarebbe andato contro
ogni sua logica.
- «Ti
dimostrerò quanto tu sia pazzo di me!»
- Tutto
avvenne in un attimo talmente breve che persino Wakamatsu non
riuscì
a realizzare cosa stesse succedendo. Le labbra di quel bastardo erano
sulle sue, le sentiva così chiaramente che la sola idea di
essere
baciato da quel tipo gli diede la nausea.
- Cosa
c’era nella mente di quel bastardo patentato? Quali erano le
sue
intenzioni? Sinceramente il biondo non sapeva rispondersi e non
voleva nemmeno conoscere la risposta di quelle domande: Aomine doveva
solo sparire dalla sua vista!
- La
cosa più assurda di quella situazione, per il giovane
cestista,
erano senz’altro i battiti irrefrenabili del suo cuore;
sembravano
che volesse scoppiare da un momento all’altro.
- “Non
posso essere innamorato di Aomine!” si disse fra
sé e sé cercando
una giustificazione per quel suo stato e la trovò
all’istante:
shock! Ecco era semplicemente quello, non c’era nessun dubbio.
- «Ti
è piaciuto, ammettilo!»
- Il
biondo era così arrabbiato che avrebbe voluto urlargli in
faccia, ma
aveva come un nodo alla gola che bloccava ogni frase che avrebbe
voluto sbraitargli contro: “Sei un bastardo!”
“Maniaco” “Col
cavolo che mi è piaciuto”
“Verme!” “Bastardo” e ancora
“Bastardo!!”, ma non ci fu verso di pronunciare
nessuna di tali
parole.
- «Lo
prendo come un sì». L’ultima cosa che
vide quel giorno sul suo
volto, fu il viscido ghigno di Aomine, poi l’asso della Too
Gakuen
scomparve da qualche parte e Wakamatsu sperò di non
rivederlo più
per il resto della giornata.
- Il
disprezzo accresceva sempre di più nella sua mente e ogni
istante ne
veniva avvelenata al punto che se fosse rimasto lì non si
sarebbe
potuto controllare. Il suo cuore, invece, era talmente oscurato
dall’odio per quell’individuo che sarebbe diventato
nero come la
pece.
- Era
una fortuna che se ne fosse andato, quella volta non si sarebbe
potuto controllare ed era stata la cosa migliore, altrimenti
gliel’avrebbe fatta pagare. Era sicuro che nulla e nessuno
l’avrebbe potuto fermare.
- Ovviamente
sapeva benissimo che quelli erano solamente i suoi modi per mettere
alla prova la sua pazienza, lo stuzzicava solamente per vedere le sue
reazioni, ma quel bacio fu decisamente troppo infame persino per quel
bastardo…
- Wakamatsu
non voleva più ricordare all’assurdo gesto di
Aomine e cercava un
modo per distrarsi, magari doveva solo andare in palestra e sfogare
tutta la sua rabbia.
- I
suoi occhi vennero catturarti dal cuore di cioccolato ormai quasi
completamente sgretolato. Riuscì ad intravedere alcuni Kanji,
ancora visibili e non ebbe nessuna difficoltà a distinguere
quei due
ideogrammi estremamente familiari: Wakamatsu,
il suo cognome.
- “Cosa
significava?” si chiese fra sé e sé
comprendendo finalmente
quell’assurda giornata.
- Quella
ragazza era innamorata di lui e probabilmente, complice sicuramente
la timidezza, aveva chiesto al primo membro della squadra di basket
incontrato di consegnargli da parte sua il cuore di cioccolato. Si
spiegava anche perché, dopo averlo visto, fosse scappata in
quel
modo.
- C’era
qualcosa che però non gli quadrava: perché se il
cioccolato era per
lui, Aomine l’aveva mangiato? La risposta era così
semplice che
quasi faticava a realizzare la verità: l’asso
della Too Gakuen era
cotto di lui e aveva usato tutto quello a suo vantaggio: la parola
“bastardo”
sembrava coniata appositamente per lui.
- «Chi
sarebbe il ragazzo geloso!» urlò Wakamatsu senza
ottenere risposta,
ma immaginava che l’altro fosse nascosto da qualche parte e
lo
stesse osservando, «nastardo, hai infranto i sentimenti di
una
ragazza prendendoti gioco non solo di lei, ma pure me!»
- Era
assolutamente certo che prima o poi l’odio
l’avrebbe
completamente devastato.
- Poteva
rinfacciargli tutto quanto voleva, ma nulla avrebbe fatto cambiare il
loro asso, così decise di riversare tutta la sua
ostilità
nell’unica attività che l’avrebbe fatto
sbollire: il basket.
- Doveva
far sbollire tutte la rabbia e sperò con tutto il cuore che
il
ragazzo dai capelli blu non mettesse piede nell’edificio,
altrimenti era certo che non sarebbe stato in grado di controllarsi:
l’odio e il disprezzo avrebbero preso il sopravvento ed era
meglio
per Aomine se gli stesse il più lontano possibile.
- Se
Wakamatsu doveva essere sincero, avrebbe voluto avrebbe voluto
dimenticarsi di quell’orribile San Valentino, ma un giorno
del
genere non avrebbe mai potuto cancellarlo dalla sua mente e
l’unica
cosa che l’asso riuscì a fare, fu quella di
dedicare tutto il suo
corpo e la sua anima negli allenamenti sperando che potessero placare
tutta la furia accumulata quel dannato 14 febbraio.
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