La ribelle

di artemideluce
(/viewuser.php?uid=930409)

Disclaimer: questo testo è proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Silenzio. Questa fu la prima cosa che notò Mona dopo essere rinvenuta dallo sforzo. Non si udiva più il clangore di lame contro ossa, colpi di fucile contro carne. Non si sentivano le urla gaeliche d’attacco dei suoi compagni né gli ordini impartiti dai capitani inglesi ai loro soldati. Solamente il fruscio del fresco vento che faceva dolcemente dondolare le foglie appese agli alberi, i fili d’erba e i piccoli fiori.

La ragazza, con grande sforzo, riuscì ad alzarsi in piedi, sostenuta dalla fredda pietra a cui si era già appoggiata. Volse lo sguardo attorno a sé nel timore ancora di essere vista da qualche pattuglia nemica. Il giorno era ormai al suo termine, probabilmente Jamie e gli altri erano tornati alla capanna che utilizzavano come rifugio. Guardandosi attorno Mona notò una cosa, una grande luce proveniva da una costa del fiume, come se un villaggio fosse stato dato alle fiamme, ma senza morte, senza urla.

Una fitta lancinante fece sbiancare Mona, il sangue che si era fermato ricominciò a sgorgare dalla profonda ferita. Lentamente, con le vesti che si insanguinavano la ragazza decise di andare a quel villaggio per farsi curare: era il territorio del clan Mckenzie e lei era una Fraser, avrebbe trovato qualcuno disposto ad aiutarla.

Avvicinandosi al villaggio notò che non erano le abitazioni ad emanare la luce, ma degli alti alberi senza foglie che bruciavano sulla sommità. La sua vista si stava lentamente annebbiando, pensò di avere le allucinazioni quando vide una grande folla danzare al suono di una cornamusa. Il ritmo sempre più veloce e incalzante, le voci e le risate la fecero avvicinare a quella folla, ma in quel villaggio nessuno sembrava vederla. Quasi nessuno indossava il kilt, portavano strani cappelli e lunghe giacche. Si trovava nel mezzo di un incubo allucinogeno, volti ghignanti la osservavano trascinarsi avanti, danzatori mascherati le si avvicinavano facendo piroette, in un vortice di luci e colori, suoni assordanti e voci rimbombavano tra le mura del villaggio.

“Aiuto, aiutatemi.” Con un filo di voce la ragazza iniziò a chiedere a queste figure misteriose di prestarle soccorso, un gruppo di uomini i si piegarono in due dalle risate, una donna rivolse lo sguardo altrove con aria disgustata e un bimbetto le puntò il dito contro chiamandola strega. “Vi prego aiutatemi, vi prego!” le sue gambe iniziavano a tremare, il sangue iniziava a segnare il suo percorso con grosse gocce di colore scuro, le sue mani completamente ricoperte di sangue viscido, la testa pesante, le gambe che formicolavano.

Sentiva i sensi mancare, la vista era quasi del tutto appannata, anche la musica sembrava essersi allontanata. La folla si spostava al suo passaggio, creando un varco. Una figura vestita di una chiara giacca lunga era di fronte a lei, di spalle. Il dolore costrinse Mona ad appoggiare una mano insanguinata sulla schiena di quella figura maschile. Mentre si voltava, la ragazza riuscì a esprimere solo una flebile richiesta d’aiuto. L’uomo si voltò e, come nel suo peggiore incubo, il suo viso era quello del suo acerrimo nemico, il capitano Black Jack Randall, che la guardò fissa negli occhi, con le mascelle serrate.

No, non può essere. Ero fuggita da lui, non può essere davvero lui. Questi pensieri iniziarono a vorticare nella testa della ragazza, che con le forze della disperazione iniziò ad indietreggiare, mentre quell’uomo le si avvicinava con un braccio teso, come a volerla agguantare. Lei era debole e lui riuscì ad afferrarle il braccio tirandola a sé con forza. Mona cercò di divincolarsi, farfugliando frasi sconnesse. Il suo braccio era viscido per il sangue e riuscì a eludere la ferrea presa del capitano. Mona cadde all’indietro, sbattendo la testa sul selciato. La vista si annebbiò gradualmente, con l’immagine del volto del suo nemico fisso davanti ai suoi occhi. Era in trappola.


 




Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3710311