Trucioli

di Sette Lupe
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Capitolo 1: 

Di Aquile, di Gatti, e delle Chiocce che se ne occupavano





Nel bene e nel male, Altaïr Ibn-La’Ahad era una leggenda. 

Era l’eroe che aveva salvato Masyaf dalla follia di Rashid Al-Sinad per gli Assassini, il mostro spietato che aveva mietuto decine di vittime per i Templari, il misterioso Angelo della Morte che colpiva tanto le guardie quanto i regnanti corrotti per tanti miseri cittadini, vittime altrimenti indifese dei potenti.

Eppure erano davvero poche le persone che potevano affermare di avere l’onore di conoscere l’Altaïr uomo; tra queste, Malìk era senza dubbio colui cui il nuovo Gran Maestro mostrava con maggior disinvoltura la sua umanità.

Sebbene molti invidiassero la sua posizione, non sempre Malìk si sentiva poi così felice di ricoprirla. 

Quel momento ne era un lampante esempio: tornato da qualche giorno assieme ad Altaïr a Gerusalemme per risolvere alcune importanti questioni, il Gran Dai si trovava costantemente intralciato da un certo Assassino che continuava ad appisolarsi sulle mappe da completare, sui documenti da studiare, insomma, su qualunque cosa di cui Malìk avesse bisogno per procedere con il suo lavoro.

Aquila per il resto della fratellanza, Altaïr somigliava più ad un gatto in quel momento, agli occhi di Malìk.

“ Bene bene… un’altra notte trascorsa a gironzolare sui tetti, deduco” esordì bruscamente, facendo sobbalzare l’amico che rischiò di cadere dallo sgabello su cui si era addormentato ancora una volta. 
Malìk proprio non riusciva a capire cosa spingesse Altaïr a trascorrere tante notti fuori, tornando assonnato e sfinito solo in tarda mattinata; le sue domande ricevevano solo risposte fastidiosamente evasive e il Gran Dai non poteva fare altro se non attendere che l’Aquila di Masyaf decidesse che era tempo di spiegargli cosa stesse succedendo: conosceva fin troppo bene le nefaste conseguenze di un tentativo troppo insistente di forzare la privacy di Altaïr.

“Uhm… no, certo che no” rispose con voce impastata Altaïr. Aveva promesso di ridurre il numero delle sue uscite notturne ed essere sorpreso in maniera tanto eclatante a contravvenire agli impegni presi era un’umiliazione… del resto… beh, davvero non si era potuto esimere, la sera precedente, dall’uscire nuovamente al sorgere della luna.

“Oh, davvero?” incalzò Malìk senza fare più il minimo tentativo di nascondere l’irritazione che covava: “Dunque, addormentarsi appollaiato sul mio sgabello preferito intralciandomi mentre lavoro per l’intera fratellanza, altro non è che il tuo nuovo passatempo. Fastidioso e stupido. In effetti è una versione abbastanza credibile, sai?” 

Altaïr si ritrasse imbarazzato quanto un bambino colto a rubare i biscotti in cucina: “Stavo solo riposando un po’ gli occhi” cercò di spiegare soffocando uno sbadiglio: “Avevi detto che oggi avresti avuto bisogno del mio aiuto e ti stavo aspettando…”
Sapeva che il suo tentativo di rabbonirlo sarebbe servito a poco, ma tentare non poteva certo nuocere…

Malìk sbuffò, scuotendo la testa esasperato: “Certo, come no. Sei davvero ancora nient’altro che un infantile novizio, sai? Non crescerai proprio mai” 

Altaïr aprì la bocca per ribattere, ma l’altro lo prevenne, usando quel tono da fratello maggiore che non ammetteva repliche e che, specie in un’occasione privata come quella, Altaïr non si sarebbe mai nemmeno sognato di contestare: “ Come credi di poter combinare qualcosa di buono, se stai praticamente dormendo in piedi? La prossima volta ti sveglierò strappando lo sgabello da sotto quel tuo stupido sedere. Ora fila a dormire. Immediatamente. Sembri un gatto che ha trascorso la notte chiuso in un canile”.




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