Ross
galoppò come un forsennato per tornare a casa in fretta.
Erano ore,
dal suo colloquio con Demelza al porto, che una morsa dolorosa gli
attanagliava lo stomaco e sentiva l'urgenza di parlare con lei.
Un
sordo senso di terrore impermeava ogni fibra del suo essere e per la
prima volta in vita sua si trovò ad avere davvero paura.
Non
aveva mai visto sua moglie in quello stato, con quello sguardo quasi
trasfigurato dal dolore. Nemmeno quando l'aveva tradita con Elizabeth
gli era apparsa così sconvolta. Allora era arrabbiata,
furente, lo
aveva atterrato con un colpo da maestro a metà strada fra
uno
schiaffo e un pugno, mentre adesso era diversa, delusa e pareva
essersi arresa.
Era
incredibile che fra loro fosse successo di nuovo, che ancora il loro
matrimonio rischiasse di naufragare e proprio in un momento per lui
sereno, quando ormai i fantasmi del passato erano scomparsi e Demelza
era senza più ombra di dubbio il suo vero amore.
Perché
era stato tanto idiota da non parlarle dell'incontro al cimitero con
Elizabeth? Perché per due volte le aveva mentito, quando gli
aveva
chiesto spiegazioni? Perché aveva permesso che lo sapesse da
terzi,
arrivando ovviamente a pensare al peggio?
Poteva
pure ritenersi offeso dal fatto che pensasse male di lui e del suo
rapporto con il suo primo amore, ma sapeva che non era nella
posizione per farlo. Sapere di quel bacio fra lui ed Elizabeth, un
bacio d'addio per ciò che erano stati e una richiesta di
scuse per
come si era comportato, doveva averle fatto crollare il mondo addosso
e i suoi silenzi a riguardo dovevano averla portata alla conclusione
più ovvia: lui ed Elizabeth avevano una relazione
clandestina.
Nulla
di più falso, ma questo Demelza non poteva saperlo...
Doveva
correre a casa e parlarle, subito! Aveva perso fin troppo tempo in
quegli scontri, tempo che poteva usare per inseguirla e spiegarle,
sperando non fosse troppo tardi.
Ricordò
le sue parole, non urlate, non dette in preda alla disperazione. Era
una rabbia fredda quella che aveva scorto in Demelza, piena di
risentimento e delusione.
"Tieniteli
i tuoi segreti Ross, tieniteli tutti. E io mi terrò i miei".
Aveva quasi
paura a pensare al
significato di quelle parole ma un terrore sordo sembrava
sussurrargli che Demelza si era arresa, che gli aveva detto di
viversi la sua vita come voleva e che lei avrebbe fatto altrettanto.
Non era più importante la sincerità fra loro,
quelle promesse a cui
lei aveva tenuto fede mentre lui non lo aveva fatto, Demelza non gli
avrebbe più chiesto nulla, non avrebbe più
né preteso né voluto
niente da lui. E questo gli faceva male come mai nient'altro nella
sua vita.
Doveva
raggiungerla, parlarle,
spiegare e chiedere scusa per i suoi silenzi e per quelle risposte
infelici che le aveva riservato nelle ultime settimane. Stanchezza,
preoccupazioni e tanti pensieri nella testa avevano finito per
allontanarli di nuovo e lui, idiota come sempre, l'aveva estromessa
di nuovo dalla sua vita. Le aveva intimato più volte che se
lui non
era quello che lei desiderava, poteva cercarsi qualcun'altro e ora si
malediva per quelle parole. Che gli era saltato in mente? Se mai
avesse visto Demelza accanto a un altro uomo, sarebbe impazzito dal
dolore!
Perché
quando c'erano
problemi e tempeste, era con lei che se la prendeva?
Non era
forse sua moglie, la
donna che amava e la madre dei suoi figli? Perché doveva
ricadere
SEMPRE negli stessi errori?
Già
una volta l'aveva fermata
sull'uscio di casa, pronta ad andarsene. E ora aveva la dannata
sensazione che una seconda chances non gli sarebbe stata data...
Eppure non
poteva andarsene,
lei non avrebbe mai abbandonato i suoi bambini... E se invece li
avesse presi con se, portandoli via?
Appena
arrivò, lasciò il
cavallo nella stalla e corse in casa.
Tutto era
buio e silenzioso
quando aprì la porta e sembrava esserci solo Prudie. La
serva stava
riversa sul tavolo, con diversi bicchieri vuoti davanti a se,
completamente ubriaca. Ross si accigliò ed entrò
in panico, era da
tanto che non la vedeva così, non si era ubriacata nemmeno
quando
Jud se n'era andato, anzi... "Dov'è Demelza?".
La donna
alzò gli occhi su di
lui e si accorse che erano velati di lacrime. "Fuori".
"Fuori
dove?".
"No lo so,
non l'ha
detto".
"Da sola?"
- le
chiese, con terrore.
Prudie
impallidì. "Con
un visitatore...".
Un
visitatore... Demelza se
n'era andata con un visitatore... E la sua mente, senza bisogno di
chiedere conferme, sapeva di chi si trattava. Sentì un nodo
alla
gola, il corrodere della disperazione nelle sue vene e un sentimento
di impotenza a cui non sapeva far fronte. "Tornerà?".
"Sì,
credo. Non l'ha
detto...".
"Dove sono
i bambini?".
"Di sopra,
dormono".
Già,
che stupido, cosa lo
chiedeva a fare?! Se Demelza era con Hugh, i bambini sarebbero stati
di troppo...
Dov'era
andata? Cosa stava
facendo? Santo cielo, sarebbe impazzito a furia di chiederselo. Non
poteva stare in casa ad aspettare senza far nulla, doveva tornar
fuori a cercarla, trovarla e riportarla a casa da lui e dai loro
figli.
Uscì
fuori, il vento era
violento, furioso come il suo animo. Il cielo si stava scurendo e a
breve sarebbe iniziato a piovere. A grandi falcate si avviò
verso la
spiaggia, un posto che Demelza amava e dove spesso si recava quando
aveva qualcosa su cui rimuginare. Non aveva idea di cosa stesse
facendo e aveva il terrore di trovarla fra le braccia di Hugh
Armitage, ma non poteva essere tanto codardo da nascondere la testa
sotto il cuscino.
Eppure no,
non poteva essere,
lei non lo avrebbe mai tradito... Demelza era migliore di lui, immune
a questo genere di errori, era la sua donna, una donna che lo
venerava e che viveva per lui. Lo aveva perdonato molte volte e il
suo amore non era mai venuto meno nemmeno davanti ai mille errori che
lui aveva commesso. Anche questa volta sarebbe stato così,
sarebbe
bastato spiegarle, chiederle scusa e tutto sarebbe tornato come
prima. Anche perché poi, in fondo, lui non aveva fatto nulla
di
male. Non le aveva parlato dell'incontro con Elizabeth per non
preoccuparla e ferirla, non per nasconderle chissà che...
Arrivò
in spiaggia, il vento
gli sferzava il viso e il mare era in tempesta. Si guardò
attorno ma
tutto era muto, deserto ed immobile. Lei non c'era...
"Dove
sei...? Dannazione
Armitage, dove la stai portando?".
Sentiva la
rabbia scorrergli
dentro... Si sentiva impotente e stupido per non essere intervenuto
subito, appena iniziato quello strambo corteggiamento di Hugh a sua
moglie. Invece aveva minimizzato e aveva permesso a quel ragazzo di
entrare nelle grazie di Demelza, di insinuarsi nel suo cuore e di
sconvolgere la loro vita. Faceva ancora male pensare a lei che
cantava per Hugh come aveva fatto tanti anni prima per lui, nel loro primo
Natale da sposati. Faceva male ricordare come lo aveva guardato, con
lo stesso sguardo pieno d'amore che una volta aveva per lui... Solo
per lui...
Ross sapeva
di aver sbagliato
molto e sapeva che tutto quell'amore che Demelza aveva provato sempre
per lui era stato scalfito dai suoi mille errori. Ma mai, MAI avrebbe
pensato di poterla perdere.
Passeggiò
in spiaggia, in una
inutile ricerca. Finché non vide stagliarsi, a sorpresa, la
figura
di George Warleggan.
In una
giornata tanto
terribile, era l'ultimo uomo che voleva vedere! Che diavolo ci faceva
nella sua spiaggia?
Il suo
rivale, pallido in viso
come non l'aveva mai visto, si voltò verso di lui. "Ross,
che
piacere! Devo ringraziarti per aver difeso i miei possedimenti oggi".
Ross
strinse i pugni davanti a
quell'ennesima provocazione, lo avrebbe volentieri picchiato ma quel
giorno si sentiva senza forze e aveva l'impressione che pure per
George fosse così e che il suo tentativo patetico di
stuzzicarlo
derivasse dal bisogno di sfogarsi per qualcosa. "Se lo credi
tu...".
George
sorrise, sempre più
pallido. Pareva sofferente... "Oh, lo credo, hai lavorato tuo
malgrado per me e lo trovo divertente".
Ross scosse
la testa, si
sentiva così idiota per essersi fatto fregare da lui. "E in
cos'altro credi, George?" - chiese, senza forze per
controbatterlo. Era la conversazione più stupida che avesse
mai
sostenuto nella sua vita...
"Credo e so
che presto
avrò un seggio in parlamento, che i miei guadagni
aumenteranno e io
diverrò una persona importante a Londra. Credo di avere una
moglie
incantevole e un figlio bello e sano. E tu in cosa credi, Ross?".
A quella
domanda, scosse la
testa. Erano poche le sue certezze e in quella giornata terribile le
aveva perse tutte. Demelza era la sua casa, l'unico legame davvero
autentico che per lui significava 'vita' e se n'era andata
probabilmente. Aveva sempre dato per scontato che non sarebbe mai
successo e invece, come un dannato idiota, aveva tralasciato il fatto
che era per lei che doveva combattere, prima di tutto. "Credo
che credere sia una gran bella cosa..." - rispose con tutta
sincerità, con tantissima amarezza nella voce. Poteva
sembrare una
provocazione quella risposta perché in fondo sapeva che
ciò in cui
credeva George era per la maggior parte fasullo, ma non aveva voglia
di farlo impazzire e ancor meno di mettere nei guai Elizabeth ed il
piccolo Valentine. In fondo, quella risposta impertinente era rivolta
a se stesso, più che a George...
Vide George
impallidire e non
aggiunse altro, non ne aveva voglia, non ne aveva le forze.
Voltò le
spalle al suo nemico, sentendosi svuotato. E se ne andò con
gli
occhi che luccicavano e con un macigno nel cuore. Era inutile
continuare a cercare, lei non si sarebbe fatta trovare.
Tornò
a casa che era ormai
buio. Vide Prudie che dormiva il sonno degli ubriachi, riversa sul
tavolo. Ed era una visione desolante che lo riportava a quando, solo
e ferito nel corpo e nello spirito, era tornato dalla guerra in
Virginia.
Salì
al piano di sopra, nella
stanza dei suoi bambini. Dormivano nello stesso lettino,
probabilmente avevano pianto per l'assenza della mamma e Prudie li
aveva messi a letto insieme per tranquillizzarli. Accarezzò
i loro
capelli, quelli castani di Jeremy e quelli biondi della piccola
Clowance. "Mi dispiace..." - sussurrò loro, mentre le
lacrime gli rigavano il viso. Aveva rovinato tutto, il suo matrimonio
e la sua vita. E soprattutto le vite dei suoi due bimbi che forse, a
causa sua, sarebbero cresciuti senza mamma... Una mamma che ora,
probabilmente, era fra le braccia di un altro uomo.
Si
trascinò fino alla camera
da letto, si buttò sulle coperte e rimase a fissare il
soffitto
senza muoversi, senza togliersi gli abiti, quasi senza respirare.
E per la
prima volta capì
cosa doveva aver provato lei quando, anni prima, l'aveva tradita con
Elizabeth e lui aveva passato la notte a Trenwith.
Ora che
lei, per la prima
volta da quando la conosceva, non era con lui, poteva finalmente
vedere con chiarezza tutta l'amarezza, la disperazione, il dolore di
chi ha perso la persona amata, la paura per le incognite del futuro e
il vuoto di uno strappo che mai avrebbe voluto e che si è
costretti
a subire.
Avrebbe
voluto averla vicina,
parlare con lei, ridere con lei, stringerla fra le braccia, fare
l'amore e poi addormentarsi con sua moglie appoggiata al suo petto.
E invece
era solo...
Tentò
di dormire ma fu
inutile.
E quella fu
la notte più
lunga della sua vita...
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