The man who lived twice

di Lady Lara
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Capitolo 11

Dubbi chiariti …
 

“Swan …”
 
Killian si stava ripetendo quel nome nella mente. Il suo suono sospirato come una dichiarazione d’amore, mentre  le sembianze che gli attribuiva erano per lui magnifiche.
Ricordava vividamente la prima volta che aveva visto un cigno, da piccolo insieme a suo padre.  Le movenze delicate del suo lungo collo inclinato, il suo elegante incedere sull’acqua, il suo candore …
 
“Come te Emma …”
 
Sospirò, pensando contemporaneamente ad Emma ed a suo padre.
Aveva adorato suo padre e aveva passato dei meravigliosi momenti della sua infanzia con lui. Ricordava le favole che gli narrava la sera, prima di addormentarsi. Favole che avevano condizionato alcuni aspetti della sua vita. Captain Hook era uno dei personaggi che aveva amato maggiormente ed era tornato spesso a fargli visita in quegli anni, diventando il suo “indovinato” nickname. Nessun altro soprannome sarebbe stato più adatto per lui, di quello!

Albergava, in Killian Jones, un lato impulsivamente e irruentemente pirata, che gli dava quell’aura oscura e misteriosamente affascinante, affiancata da una insospettabile profondità umana, gentilezza e galanteria d’altri tempi, il tutto unito ad un aspetto molto piacevole: un corpo proporzionato ed atletico, un bel viso, su cui spiccava l’azzurro inconfondibile dei suoi occhi, bordati dalle ciglia brune, come i capelli,  ciglia che ne risaltavano lo sguardo, rendendolo magnetico, furbo, a volte malizioso ed altre, più rare, tenero. La capacità seduttiva era un utile aspetto per il suo lavoro, una sua dote che, come anni prima gli aveva detto Lorna, non necessitava di corsi d’addestramento, poiché era qualcosa che gli veniva  naturale e spontanea. Nonostante la sua indubbia capacità di attrarre e le numerose esperienze avute, Killian restava di fondo un uomo dal carattere insolitamente e inaspettatamente romantico, volto alla fedeltà e all’idealizzazione dell’unica donna che un giorno gli avrebbe rubato il cuore. Era un idealista nei sentimenti e non solo in quelli …
 
 
Smise di scorrere con l’indice sulla guancia della foto di Emma e si portò automaticamente la mano al collo, giocherellando con i due ciondoli della collana da pirata che gli aveva regalato da bambino suo padre Brennan.
Nonostante tutto, ancora la teneva con sé, non riusciva a separarsene. Anche se non la indossava, era sempre con lui, in una tasca dei pantaloni o della giacca o del giubbotto in pelle nera …
 
Lasciò i ciondoli argentati e con la mano destra spostò il polsino sinistro della camicia azzurra che stava indossando, la sua preferita. Lanciò un’occhiata all’orologio.
 
“Stai andando da Catwoman Anatroccolo? È l’ ora! Devo chiedere a Seb di parlare con Lorna, a me non risponderebbe nemmeno, è stata chiara l’ultima volta …”
 
“Anatroccolo”, un altro nickname che aveva coniato lui stesso …
 
Era tornato a guardare il dolce viso che aveva stampato sul foglio davanti a sé. Sorrise ironicamente.
 
“Che strano il destino Emma! Non avrei mai neppure sperato di rivedere un giorno quella bambina bionda che mi aveva intenerito il cuore per la sua bellezza e per la sua triste sorte … non avrei mai immaginato di ritrovarti così … trasformata da anatroccolo in uno stupendo cigno! Hai rischiato di morire allora … come i tuoi genitori. Come potrei perdonare mio padre? Un suo errore  ha portato una reazione a catena, morta mia madre e i tuoi genitori, io che mi sono cacciato nei guai e poi …  Liam ha trovato tua cugina e io ho ritrovato te …  come la prenderà tua zia Ingrid quando scoprirà che si sta imparentando proprio con la famiglia della donna che ha ucciso sua sorella? Ci ritroveremo ancora … per forza di cose … Dovrò inventare una scusa plausibile per Liam … non è ancora ora! Ho tanta voglia di vederti, ma tu non dovrai vedere me … saresti sconvolta! Già aver assistito ad un assassinio è stato troppo! “
 
Già! Cosa avrebbe pensato, detto o fatto la bella Signora Ingrid Frozen? Avrebbe accettato il matrimonio di sua figlia Elsa con Liam?
Killian ricordava molto bene Ingrid. Era una donna algida, aveva uno sguardo severo e un’espressione molto seria …
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Mater Misericordiae University Hospital. Dublino. 16 anni prima.
 
Lo zio Henry aveva fatto scendere dalla sua automobile Killian e Liam e, mentre i due adolescenti si avviavano verso la grande entrata a vetri del Mater Misericordiae Hospital, lui era andato a trovare un parcheggio comodo.
 
Killian ricordava che suo zio si fosse raccomandato di tenere il massimo silenzio nel reparto in cui era ricoverata la mamma.
In seguito all’incidente stradale era stata prelevata con l’elicottero e portata in quel grande ed efficiente ospedale della capitale. Fortunatamente la famiglia viveva a Dublino e farle visita in ospedale non era difficoltoso.
Nora O’ Danag Jones era stata operata urgentemente. Aveva riportato una gravissima frattura cranica. Da tre - quattro giorni era ricoverata in quel reparto estremamente silenzioso. Era un reparto di terapia intensiva, specializzato per i gravi traumi cranici. Il silenzio assoluto, come aveva spiegato lo zio Henry ai nipoti, era necessario ai pazienti in coma farmacologico, poiché il loro cervello stava cercando di guarire e non poteva permettersi stimoli eccessivi, quali quelli dati dai rumori molesti. Non si poteva entrare nella stanza del paziente in gruppo, solo i familiari più stretti avevano il permesso.
 
Quando Killian e suo fratello erano arrivati alla stanza di Nora, avevano trovato il loro papà seduto al suo capezzale. Erano entrati nel massimo silenzio e Brennan li aveva abbracciati forte. Dall’intervento Brennan non aveva lasciato un attimo sua moglie. Killian ricordava le grigiastre occhiaie di suo padre, la barba incolta di quei giorni, la sua espressione di profondo dispiacere.
Nora aveva la testa completamente rasata e bendata. Killian la ricordava pallidissima, con una maschera trasparente sul viso e un ago inserito nel braccio, collegato ad una flebo tramite un lungo tubicino in plastica trasparente. Dal giorno prima non si notava nessun cambiamento nel suo stato comatoso e vedere gli occhi umidi di pianto di suo padre, non accendevano in lui, né in Liam, grandi speranze per la loro povera mamma.
Killian si sentiva soffocare in quella stanza e, come il giorno prima , uscì lentamente e silenziosamente dalla porta. Lo zio ancora non era arrivato, forse non aveva trovato subito parcheggio? Il Mater Hospital era aperto 24 ore su 24, ma nelle ore di visita i parcheggi erano affollati!
 
Dal giorno prima, da che aveva scoperto la piccola Emma Swan, ricoverata sullo stesso piano di sua madre, in una stanza dell’ala opposta, aveva avuto per lei un pensiero fisso. Desiderava tanto rivederla e sperava che si fosse ripresa. Quel piccolo “anatroccolo biondo” aveva aperto gli occhi mentre lui le aveva parlato. Quegli occhi verde acqua lo avevano colpito tantissimo, nonostante fossero rimasti aperti per una frazione di secondo.
Aveva deciso di tornare nell’ala dove l’aveva trovata. Doveva vedere come stesse, non gli importava un fico secco di quel grosso infermiere che il giorno prima gli aveva intimato di stare alla larga da quella stanza! Sperava di trovarla completamente sveglia. Sarebbe entrato educatamente nella stanza, le avrebbe parlato, avrebbe cercato di farla ridere …
Mentre camminava velocemente lungo il corridoio, si guardava intorno con il timore di essere intercettato da qualche infermiera, ma si era reso conto che c’era parecchio movimento, anche se era un movimento che si svolgeva nel massimo silenzio.

Era abbastanza vicino ormai e accelerò maggiormente il passo, mentre il suo cuore stava facendo lo stesso. Una forte emozione lo stava invadendo. Forse perché stava per fare qualcosa che gli era stata proibita? Non voleva fare nulla di male! Voleva solo vedere la piccola!
L’ingresso alla stanza della piccola Swan, aveva un’ampia rientranza lungo il corridoio, tanto che in quel quadrato erano state messe delle sedie per l’attesa di parenti, e agli angoli erano state poste delle piante ornamentali.
Killian stava per svoltare in quella rientranza, ma si bloccò immediatamente nell’udire una voce che conosceva molto bene.
 
– Signora Frozen? Mi scusi per l’intrusione, sono Henry O’ Danag , il fratello di Nora!

“Zio Henry?! Che ci fa qua?!”
 
Killian si era sporto da dietro l’angolo con la testa, quel tanto per vedere uscire dalla stanza della bambina una bella signora bionda sulla trentina.
 
“Sarà la mamma di Emma? Le somiglia … è bella come lei!”
– Perdoni il disturbo Signora … volevo chiederle come sta la sua nipotina …
“Nipotina? Allora è sua zia!”
– La ringrazio dell’interessamento Signor O’Danag, ma Emma non sta ancora bene. Ieri pomeriggio si è svegliata ed ha parlato con gli infermieri, poi si è riaddormentata nuovamente. Sono arrivata ieri notte a Dublino, ma mi hanno consentito di starle vicino da questa mattina. Da allora si è svegliata e riaddormentata, dovrebbe risvegliarsi tra poco e vorrei che mi trovasse al suo fianco …
- Non la disturberò a lungo Signora … permette che la chiami Ingrid?
– Si, si certo, non ho problemi …
- Mi dispiace per la piccola … per la perdita dei suoi genitori … so che non è consolatorio per una così grave perdita, ma volevo dirle che ho un’assicurazione molto forte, con un premio molto alto per un’evenienza come questa. Avevo convinto mia sorella a diventare cliente della stessa assicurazione e lei mi aveva ascoltato …
“I genitori sono morti? L’ assicurazione? Mia mamma …”
– Certo Nora non avrebbe mai pensato di causare un incidente mortale a due innocenti,  lei stessa ne è stata vittima involontaria!
 – Come sta sua sorella?
– I medici l’hanno operata al cervello, ma non ci hanno dato nessuna speranza … è in coma, il suo cervello non risponde e se dovesse miracolosamente uscire dal coma , beh … ecco … non potrà essere più la donna di prima!
“ Noo! È questa è la verità?! La mamma è come se fosse già morta?!
– Ha figli sua sorella?
– Si due maschi, due bei ragazzini, sani e intelligenti William ha sedici anni e Killian ne ha quasi dodici …
- Mi dispiace tanto anche per loro Signor O’Danag!
– Mi chiami pure Henry, la prego …
 
Killian aveva visto Ingrid Frozen annuire, mentre lo zio Henry continuava il suo discorso.
 
– Le dicevo dell’assicurazione … la bambina sarà risarcita con un premio molto alto e io intendo aggiungere un assegno che renda il tutto un piccolo capitale per il futuro di sua nipote. Se lei sarà suo tutore e si affiderà ad un bravo consulente, quando la bambina sarà maggiorenne potrà contare su un vitalizio che le consentirà di studiare nella migliore Università Americana e crearsi un suo futuro.
– Lei è molto generoso Henry …
- La ringrazio Ingrid, è tutto quello che posso fare per quella piccola rimasta orfana.
– La terrò con me … io e mio marito Ector saremo a tutti gli effetti i suoi genitori e le mie figlie saranno le sue sorelle!
– Sono contento che abbia una famiglia, ha delle figlie quindi?
– Si, Elsa ha tre anni più di Emma ed Anna uno in meno, sono due brave bambine …
 - Le mie congratulazioni Ingrid … io e mia moglie non abbiamo avuto figli purtroppo!
 – Ha i suoi nipoti però …
- Si, io e mia moglie li adoriamo quei due ragazzi, sono il più bel regalo che abbiamo avuto da mia sorella e anche io e Janette faremo in modo di star loro vicini …
 
 
Killian era rimasto ad ascoltare ogni singola parola che i due si erano scambiati ed era sconvolto dall’aver scoperto che la causa della morte dei genitori di Emma e del suo grave ferimento era stata proprio sua madre. Non meno lo era all’aver scoperto che Nora stesse peggio di quanto apparisse! Poi sentì Ingrid dire che Emma si era nuovamente svegliata e che doveva rientrare in stanza da lei. Si erano scambiati il numero di telefono con suo zio per accordarsi riguardo all’assicurazione e mentre Ingrid rientrava nella stanza, Henry aveva svoltato all’angolo dove Killian si era appiattito al muro, seminascosto dalla pianta ornamentale alta quanto lui. Henry era passato velocemente, assorto nei suoi pensieri e nelle sue preoccupazioni, per cui non lo aveva notato affatto. Velocemente Killian si era tolto dal corridoio e si era spostato verso la porta della stanza di Emma. Si era accostato piano e aveva sbirciato dal piccolo vetro verticale inserito nella porta bianca.
Un sorriso gli aveva illuminato il volto. La bambina era viva e sveglia! Sua zia le stava accarezzando una guancia e lei le sorrideva. Killian desiderò di essere al posto della Signora Frozen ed essere lui ad accarezzare quella guancia tenera. In quel momento, fu come se Emma avesse sentito il suo pensiero, poiché si voltò improvvisamente verso la porta e lui, con il cuore che sembrava volergli uscire dal petto, rimbombandogli nelle orecchie, si era spostato dal vetro e schiacciato nuovamente contro il muro. Non voleva farsi vedere che la stava spiando, non era una bella cosa!
 
--- 0 ---
“Ti sto spiando ancora e ancora vorrei accarezzare il tuo viso piccola Swan! Non ti piacerebbe se lo sapessi, ma mi devo accertare che nessun altro ti faccia del male. Non permetterò che quel  Hans ti si riavvicini, a causa sua hai rischiato nuovamente la vita! Ancora il rischio c’è … ma non per molto altro …”
 
La mano sinistra di Killian spostò verso di sé una documentazione fotografica che teneva aperta sulla scrivania.
 
“Bravo Winter Soldier! Hai fatto un ottimo lavoro! Brava anche tu Milah! Ti sei decisa finalmente a varcare la porta di quel Centro!”
 
***
 
Boston, un’ora dopo …
 
La porta dello studio si aprì e Lorna accolse Emma con il suo solito sorriso bonario. La giovane  rispose al suo saluto, ma si accorse che Lorna la stava scrutando con uno sguardo indagatore. Si accomodarono come al solito nel salottino Chesterfield bordeaux della Psicologa.
 
– Sei molto pallida questa mattina …
- Si, lo so! Per la verità sono stata lì per chiamarti e dirti che saltavo l’appuntamento!
– Cosa ti è successo?
– Ho avuto delle nausee terribili questa mattina e quando ho tentato di fare colazione ho rigettato a stomaco vuoto! In più questa mattina, durante la mia solita corsa, mi mancava l’aria … spero di non dover riprendere gli antibiotici per qualche altra infezione!
- Ti è capitato già durante la settimana passata?
– No, è la prima volta che mi succede!
– Hai un ciclo regolare Emma?
– Si, molto regolare, anzi tra domani e dopodomani dovrei averlo nuovamente … Lorna la tua espressione non mi piace! Se pensi che io possa essere incinta stai sbagliando di grosso! Ho iniziato a prendere la pillola da che ho conosciuto Kim …
- Lui non usava preservativi?
– Era intenzionato ma io gli ho detto che usavo la pillola!
– Sai … se non per la gravidanza, è un metodo utile anche per malattie sessualmente trasmissibili!
– Nessuno dei due era malato, quindi …
- La stai prendendo costantemente la pillola?
– Veramente ho smesso il martedì dopo aver visto Kim baciare Milah Gold?
– Milah Gold?
– Si, ti avevo raccontato che ero arrabbiata con lui per averlo visto baciarsi con una tizia e quando sono andata da lui quel maledetto venerdì era per dirgliene di tutti i colori e lasciarlo, non avevo più “intenzione” di stare con lui in “quel” senso! La prima volta che sono venuta da te ho scoperto che quella donna fosse la moglie del Professor Gold, me lo ha detto Regina, l’avevamo incontrata vicino casa della mia amica, era andata dal fioraio …
- Insomma è un mese abbondante che non prendi la pillola … e sicuramente hai avuto rapporti con il tuo Kim nell’ultimo week end prima di quel venerdì …
- Si, è così, quindi non c’è rischio di gravidanza!
– Emma … probabilmente è come dici tu. Ma se non fosse così? Se tu aspettassi veramente un bambino?
– Mio Dio Lorna! Sarebbe stata la cosa più bella che avrebbe potuto regalarmi Kim, ne avevamo pure parlato!
– Quindi cosa faresti?
 
Emma aveva sgranato gli occhi con un’espressione incredula nei confronti di Lorna.
 
– Ovviamente lo terrei con me! Lo crescerei con tutto l’amore che ho avuto per suo padre!
– Sei molto giovane Emma, stai studiando, hai dei progetti per il futuro …
- So cosa vuoi dire Lorna … non so se mia zia mi aiuterebbe … forse si, mi vuole bene! Ma cercherei un lavoro, studierei comunque …
- Non è facile portare avanti un bambino piccolo, studiare e lavorare …
- Si, immagino di sì! Ma ora non voglio pensarci, non sono incinta … ma l’idea che Kim mi possa aver lasciato qualcosa di lui è bellissima!
– Un’ultima domanda Emma …
 - Dimmi …
 - Hai preso antibiotici nell’ultimo periodo che sei stata con Kim?
 
Emma ora sembrava preoccupata.
 
– Perché questa domanda?
– Ti capita spesso di doverli prendere a causa della tua pessima difesa immunitaria dovuta all’intervento alla Milza …
- Si, è vero … zia Ingrid voleva farmeli prendere anche questa mattina, pensando che avessi un’infezione! Ma che cosa centra?
– L’antibiotico può annullare l’effetto della pillola Emma!
– Non lo sapevo Lorna!
– Ma il tuo medico non ti ha detto cose di questo genere quando te l’ha prescritta?
 
Emma adesso era arrossita. Si vergognava di raccontare a Lorna che aveva rubato le prime pillole a sua cugina Anna. Poi quando la ragazza se ne era accorta si era parecchio arrabbiata e le aveva procurato una confezione tutta per lei, senza prescrizione medica, quindi in realtà Emma non aveva fatto visite né parlato con un ginecologo.
 
– Evidentemente il mio ginecologo avrà dimenticato di dirmelo!
– Mi sembra strano … ma siamo sicure che tu abbia visto un medico per la prescrizione? Non avrai fatto da te Emma?
 
“Come diavolo fa?!”
 
Emma era meravigliata dall’intuito della Dottoressa Stone ed era rimasta con gli occhi sgranati.
 
– Emma non sono una maga! Sai che sono una profiler, lavoro per la Polizia no? La tua espressione e altri segni del tuo viso e movimenti del tuo corpo mi dicono che stavi dicendo una bugia …
- Vero … mi ha aiutata mia cugina, lei le prendeva e mi ha procurato una confezione. Mi vergognavo d’andare dal medico …
 
 
L’ora con Lorna volò via facilmente, Emma era rimasta in pensiero sulla questione degli antibiotici e iniziava ad avere seri dubbi su una possibile gravidanza. Parlarono ancora di quella possibilità. L’unica cosa di cui fosse certa Emma era che, se fosse stato vero, avrebbe amato con tutto il cuore la sua creatura.
 
– Emma vediamo se avrai un ritardo e poi fai il test, lo trovi anche nei supermarket, chiamami se lo fai prima di lunedì prossimo!
 
Emma annuì, ancora pensierosa e salutò Lorna sull’uscio.
 
Uscendo dalla palazzina della Dottoressa Stone si guardò un attimo intorno e notò un Suv Maserati parcheggiato non molto distante, aveva i vetri oscurati, non si vedeva se dentro vi fosse qualcuno o meno, ma ebbe la sensazione di aver visto quell’auto anche altre volte, pensò che il proprietario abitasse da quelle parti. Non prestandovi altra attenzione si avviò verso la fermata dell’autobus. Il mezzo arrivò subito e lo prese al volo, trovando anche un posto per mettersi seduta.
 
Assorta nei suoi pensieri, mentre guardava la gente e i palazzi scorrere veloci dal finestrino, ripensò alla questione degli antibiotici. Quando li aveva presi l’ultima volta? Poi si accese una lucina tra i suoi ricordi. Ricordò un suo starnuto, un leggero graffiare della cola, sua zia che l’aveva sentita starnutire e le aveva chiesto se le facesse male anche la gola.
 
--- o ---
 
– Emma prendi subito l’antibiotico e portatene due dietro, visto che passerai la notte da Regina, uno questa sera e un altro domani mattina, mi raccomando!
 
Certo era sabato pomeriggio, ma non avrebbe passato la notte con Regina. Stava uscendo per raggiungere Kim nel suo appartamento, per buttarsi desiderosi l’una nelle braccia dell’altro e passare il pomeriggio e la notte nel suo letto! Non poteva più far a meno di lui, della sua vicinanza, del suo affetto, del suo calore, del suo abbraccio, né del suo corpo …
 
Aveva buttato giù velocemente l’antibiotico, sentendone il retrogusto amarognolo risalire dall’esofago, poi si era affrettata ad uscire di casa.
 
– Non ti sei presa il pigiama Emma?
– Oh! Non importa me ne presterà uno Regina!
 
Non avrebbe avuto nessun bisogno del pigiama, era così bello restare abbracciati, lei e lui, pelle contro pelle, anche solo per stringersi l’un l’altra e godere del reciproco tepore!
 
Ricordava di essere scesa dall’autobus e di aver corso verso il fatiscente agglomerato di palazzine non distanti dalla Città Universitaria. Lui l’aspettava impaziente, con una spalla poggiata allo stipite del portone, vestito con i jeans e la camicia azzurra come i suoi occhi, che si illuminarono con il sorriso che le aveva regalato vedendola. Aveva preso l’abitudine di aspettarla all’ingresso, per salire insieme con l’ascensore. Era una buona scusa quella delle vertigini di Emma, per iniziare ad abbracciarsi e baciarsi già salendo, facendo scorrere le mani sulle reciproche schiene, iniziando a cercare spazi sotto la stoffa, senza darsi nemmeno il tempo di entrare in casa, togliendosi reciprocamente quegli indumenti, buttati chissà dove, appena varcato l’uscio, per finire sul divano o con più pazienza sul letto. All’inizio si verificava tra loro quel bisogno urgente di appartenersi, come se una settimana senza vedersi li avesse portati ad una fame insaziabile l’uno dell’altra. Poi, dopo il primo amplesso, subentrava la calma, le pulsazioni rallentavano e restava l’affetto, la voglia di stare vicini, tenersi la mano sdraiati sulle lenzuola di quel letto disfatto come un campo di battaglia, oppure con il capo di lui sul seno di lei o viceversa, lei sul suo torace a perdersi negli occhi di lui  a fantasticare su un futuro che era solo un sogno.
Kim era stato chiaro con lei, quella non era una “storia seria” lui non sarebbe stato quello che lei voleva veramente … Come si era sbagliato Kim! Lui era precisamente ciò che Emma voleva! Anche senza un impegno stabile, senza matrimonio … ma un bambino? Emma ci aveva pensato in quell’occasione! Non sapeva nemmeno lei perché avesse avuto improvvisamente quel desiderio, ma non gli aveva detto nulla.
 
Si era fatto sera amandosi e poi si erano ritrovati affamati di cibo. Kim aveva ordinato a telefono due pizze. Una pizzeria era vicina, era una delle mete preferite dagli studenti che vivevano in quelle palazzine, mezze vuote il fine settimana.
Quando avevano suonato alla porta, Kim era andato ad aprire rinfilandosi velocemente i jeans, restando a dorso nudo. Aveva i capelli in disordine, Emma glieli scompigliava sempre. Era rientrato nella stanza da letto con le due scatole che emanavano un profumino invitante. Emma lo aveva trovato molto sexy, con quei capelli spettinati, i piedi scalzi e solo i jeans addosso, aveva pensato che il ragazzo della pizza avesse capito al volo che Kim era stato piuttosto impegnato fino a poco prima. Aveva sorriso maliziosamente e Kim aveva colto il suo sorriso.
 
-  Stai ridendo di me Swan?
– Rido perché si vede ad un miglio che hai fatto l’amore fino ad ora e il ragazzo della pizza lo avrà capito!
– Se avesse visto te mi avrebbe anche invidiato Swan, ma io non ti avrei mandata di certo ad aprirgli la porta con quel lenzuolo che ti sta avvolgendo ora!
– Basta chiacchiere Steward, tira fuori la pizza ora, ho una fame da lupo!
– Wow Swan! Quella di prima cos’era allora?
– Quella era fame di te stupido!
 
Emma gli aveva tolto le due scatole di pizza dalle mani e gli era saltata addosso, facendolo ricadere ridendo sul letto e baciandolo sul viso, riscendendo sul suo torace.
 
– Love … rimettiamoci in forze che poi continuiamo!
 
Avevano riso insieme e scherzato ancora, mentre addentavano le due pizze e se le scambiavano, visto che erano diverse.
Dopo aver mangiato sul letto come due adolescenti, Emma era scivolata in cucina a prendere un bicchiere d’acqua per l’antibiotico, poi era tornata da lui.  Kim le aveva tolto il lenzuolo di dosso e l’aveva fatta adagiare sul materasso, disseminandole il seno e il ventre di una scia di baci. Si era soffermato ad accarezzarle con la punta delle dita la cicatrice sul lato sinistro della pancia, lei rabbrividiva sempre quando lo faceva e allora lui baciava anche quella cicatrice e la stringeva a sé. La prima volta che era capitato lei gli aveva detto dell’intervento seguito all’incidente con i suoi genitori. Kim era rimasto in silenzio ad ascoltarla, poi aveva dato un bacino alla sua cicatrice e le aveva detto:
 
- Potevi morire Emma e io non ti avrei mai visto, né conosciuta!
 
Poi l’aveva stretta tra le braccia, le aveva accarezzato la guancia e baciato le labbra con un tale trasporto da farla sciogliere come la neve.
 
Anche quella sera avevano continuato a scambiarsi tenerezze fino ad addormentarsi. La notte era passata e la domenica mattina era arrivata con i raggi del sole a bussare ai vetri della finestra della stanza da letto. Emma ricordava di essersi alzata, mentre Kim ancora dormiva della grossa. Aveva preso la sua pillola e un bicchiere di latte nel frigo, poi aveva buttato giù l’antibiotico, la gola ancora graffiava un po’, avrebbe dovuto prendere ancora antibiotici fino almeno al martedì.  Si era affacciata sull’uscio della stanza  e aveva visto che Kim ancora dormiva nella sua nudità a pancia in giù. Aveva ammirato il  suo corpo atletico sorridendo.
 
“Sei bellissimo amore mio!”
 
Si era infilata la camicia azzurra del giovane, sul corpo nudo e si era diretta in bagno. Si era guardata allo specchio. I capelli biondi le sembravano un groviglio di paglia disordinata, se li era pettinati con le dita, ma il risultato non le era piaciuto. Cercando un pettine nel cassetto sottostante il lavello, vi aveva trovato una collana singolare. Da quando conosceva Kim non l’aveva mai vista, né in quel cassetto né al suo collo. Era una catena con due ciondoli: un teschio ed un pugnale. Aveva sorriso, pensando che fosse un oggetto adatto a lui e aveva voluto  indossarla. Aveva lasciato la porta semiaperta e mentre si pettinava, con il pettine che aveva trovato vicino alla collana, Kim si era affacciato alla porta del bagno. Aveva indosso i boxer e ancora era vagamente assonnato.
 
– Swan quella è la mia!
– La collana? Noo, ora è mia!
– Non ci pensare proprio Swan! Sono piuttosto geloso delle mie cose, quella è mia e me la riprendo …
 
Le aveva tolto la catena, con un ciglio alzato e il sorriso sghembo stampato sul viso, mettendosela al collo. Emma gli aveva sorriso e accarezzato la peluria sul petto, mentre con la mano si riaccostava alla collana
 
– Sai … penso che sia perfetta per te Kim, ti da l’aria da pirata …
 
Lui le aveva fatto l’occhiolino.
 
– Swan … tu non lo sai, ma io sono veramente un pirata! 
- Si, uno con la benda su un occhio o un uncino al posto della mano?
– La benda su un occhio non mi piace, ma l’uncino può essere utile non pensi?
– Mmm … potrebbe essere anche sexy!
– Swan … tu mi sorprendi! Comunque anche la camicia è mia, quindi ridammela subito …
 
In un attimo le aveva preso dai fianchi i lembi della camicia e l’aveva fatta scorrere su per il petto di Emma, facendola uscire dalle braccia e dalla testa. Kim non aveva indossato la sua camicia, l’aveva buttata nella doccia e poi era tornato ad accarezzare i fianchi nudi della ragazza. La guardava con desiderio e lei stava già fremendo sotto le sue carezze.
 
– Sei mia anche tu Emma, quindi ti rivoglio ancora!
 
L’aveva sollevata verso di sé e lei gli aveva portato le gambe snelle intorno ai fianchi. Lui, tenendola sotto la rotondità dei glutei, l’aveva riportata sul letto.
Emma avrebbe dovuto tornare dalla sua famiglia verso le dieci, e lui non voleva perdere un minuto di lei, ne lei di lui. Si erano appartenuti ancora con passione reciproca, come succedeva sempre tra loro, rimanendo, dopo, ancora sdraiati in silenzio, assaporando la gioia della loro vicinanza. Kim teneva il braccio destro intorno alle spalle di Emma e lei, con il capo poggiato sul suo petto, giocherellava con i ciondoli della collana, impigliati nella peluria bruna del suo torace. Poi ad un certo punto Emma aveva interrotto il silenzio tra loro.
 
– Se avessimo mai un bambino come ti piacerebbe chiamarlo?
 
Si era pentita subito di avergli fatto quella domanda. Lo aveva sentito irrigidirsi e trattenere il fiato. Poggiata sul suo petto aveva sentito che il suo battito cardiaco era accelerato. Si convinse di averlo spaventato.
 
– Emma … stai prendendo sempre la pillola?
– Era così per dire Kim! Certo che sto prendendo la pillola, pensi che io voglia incastrarti?
– No … no, non lo penso … Henry …
- Come?
– Henry, un figlio, lo chiamerei Henry!
– Un nome che ti ricorda una persona cara?
– Si …
- Tuo padre?
– No, lui è morto ormai! Mio zio … è il nome di mio zio materno, l’uomo che mi ha fatto da padre …
- Come è morto tuo padre?
 
Kim si era accigliato e si era alzato dal letto, iniziando a rivestirsi.
 
– Non ne voglio parlare Emma, non te ne dispiacere, è un capitolo doloroso della mia vita …
- Capisco … quando vorrai parlarne io sarò pronta ad ascoltarti Kim …
 
Lui si era voltato verso di lei e chinatosi l’aveva baciata sulla fronte.
 
– Grazie Emma, sei veramente dolce e tenera come un anatroccolo e bellissima come un cigno! Preparati ora, ti riaccompagno per un pezzo verso casa tua. Parto presto per Dublino oggi …
- Ci vediamo come al solito venerdì?
– Si … certo.
 
Nulla di più falso, il giorno dopo Emma lo aveva visto con Milah Gold e quel venerdì lo aveva visto morire!
--- O ---
 
Mentre l’autobus si avvicinava alla fermata più prossima alla villetta di Ingrid, Emma stava realizzando che se fosse rimasta veramente incinta di lui, era accaduto proprio in quell’ultimo week - end che avevano passato insieme! Il suo dubbio si stava sciogliendo,  soltanto un test per la gravidanza le avrebbe detto la verità, ma voleva aspettare, voleva ancora crogiolarsi nel dubbio, ancora non aveva avuto ritardi, perché sperare che fosse vero? Si, lei sperava fosse veramente incinta! Lo voleva con tutto il cuore un bambino suo e di Kim, aveva pensato che fosse ormai impossibile, ma forse il destino, nonostante la morte dell’uomo che amava, le aveva fatto un regalo!
 
***
Boston. Stessa sera.
Il profumo di cardamomo e patchouli, mescolato ad un’essenza di ginseng, permeava il vapore che si era sprigionato dalla doccia di Lorna.
Asciugandosi delicatamente, come in una carezza autocelebrativa, Lorna inspirava quei profumi, rilassandosi con quella tecnica che usava tutte le sere, dopo le sue lunghe giornate lavorative. L’aromaterapia era per lei molto gratificante e il massaggio con la crema amplificava l’effetto.
Conosceva perfettamente l’effetto del massaggio e sapeva che il massaggio più gratificante sarebbe stato quello reciproco di due corpi che si scambiavano effusioni.
 
Sospirò. Consapevole che, nella sua solitudine, quello era il massimo che poteva permettersi. Era una bella donna e attirava gli sguardi interessati e spesso lascivi di molti uomini, ma lei non si fidava più degli uomini. Le era bastato fidarsi di quello che aveva sposato in abito bianco, in un matrimonio d’amore.
Quanto aveva amato Federik! Cosa ne aveva ricevuto in cambio? Non avevano avuto figli, presi ambedue dalla carriera, scegliendo qualcosa che in quel periodo sembrava ad entrambi più importante della famiglia. Erano spesso lontani, soprattutto a causa del suo lavoro e Federik aveva iniziato a tradirla. L’aveva ferita nel profondo dell’anima, lei non lo avrebbe mai tradito. Nonostante il divorzio non si era più innamorata di nessuno. Erano rimasti comunque buoni amici lei e Federik …
 
“Amici!”
 
Che falsità! In realtà Lorna credeva di amare ancora quello che era stato suo marito: il Dottor Federik Victor Whale, fascinoso ginecologo di origine tedesca, biondo, spiritoso e terribilmente Playboy!
 
Il suono del citofono la distrasse dai suoi pensieri. Prese dal gancio alla parete il suo accappatoio bianco e se lo infilò allacciandolo alla vita. Con le ciabatte di spugna andò ad alzare la cornetta, mentre Generale le correva davanti alle gambe, quasi facendola inciampare.
 
– Micio! Uno di questi giorni mi farai rompere una gamba! Fammi vedere chi è.
 
La voce che aveva sentito all’altro capo era inconfondibile.
 
– Lorna, amore! Il portone è già aperto, sarò da te tra due secondi!
– Seb aspet …
 
Jefferson aveva già riattaccato e lei non avrebbe avuto il tempo di infilarsi qualcosa di meno indecente dell’accappatoio. Il campanello della porta trillò, Pensò che Jefferson avesse fatto le scale quattro a quattro, ci aveva messo veramente pochi secondi! Non le dispiaceva vederlo, anzi!
Seb le piaceva parecchio, ma lei doveva restare distante, sia per il suo ruolo che per difendersi da altre delusioni. Sebastian Jefferson era un uomo attraente, anche più del suo ex marito e Lorna sapeva bene che fosse un maestro di seduzione con i suoi occhi chiari e i capelli castano scuro. Si chiuse meglio lo scollo dell’accappatoio, evitando di mostrare l’incavo dei seni e andò ad aprirgli la porta.
 
– Ciao “bellezza”! Wow! Sei uno schianto con quell’accappatoio, sono stato fortunato questa sera, sei già pronta per me!
 
Seb era appoggiato con l’ avambraccio destro allo stipite della porta, teneva due flute tra le dita della mano e nell’altra, lungo il fianco, una bottiglia di champagne Moet e Chandon. La guardava maliziosamente, come suo solito e i suoi occhi esprimevano l’ammirazione che da anni provava per lei.
 
 “Seb … se non fosse solo ammirazione …”
 
- Non fare l’idiota Seb! Lo sai che con me non attacca no? Come mai sei qui? Abbiamo da festeggiare la fine di una missione conclusa con successo?
– Per ora ancora no, speriamo presto … volevo solo stare un po’ con te e visto che quando ti vedo per me è una festa … eccoti spiegato lo champagne!
– Mmm … dimmi la verità Seb! Ti ha mandato Captain Hook?
Jefferson scoppiò a ridere.
 
– Lorna sei fantastica! Conosci troppo bene lui o troppo bene me?
– Direi che conosco bene ambedue voi idioti! Scordati che io ti dica qualcosa di Emma Swan! Se le cose andranno come penso, sarò io stessa a chiamare il nostro Captain Hook! Questa volta ha fatto una gran cazzata coinvolgendo una ragazza come lei!
 
Seb era ridiventato serio.
 
– Lorna … lo sai che lui è il migliore … tutto quello che fa ha un motivo! Anche il coinvolgimento della ragazza ha un motivo, dovresti saperlo come funzionano queste cose no?
– Lo so perfettamente, ma in questo caso ha fatto dei madornali errori e quell’innocente ne sta pagando le conseguenze!
– Senti … è vero, lui mi ha detto di tirarti fuori qualche notizia su Emma, ma conoscendoti gli ho risposto che non ci avrei nemmeno provato …
- Si, infatti hai portato da bere … pensi di farmi ubriacare? Lo sai che reggo bene gli alcoolici!
– Amore, lo so bene …
 
Mentre parlava intanto Seb stava stappando la bottiglia di champagne. Lorna si passò automaticamente la lingua lungo le labbra. Le piaceva lo champagne e lui lo sapeva, non le sarebbe dispiaciuto bere con lui. Seb notò la sua espressione e sorrise.
 
– Sei un tentatore inguaribile Seb! È da un pezzo che non bevo champagne!
– E da quando non stai con un uomo Lorna?
“Lo sapevo Seb … dritto al punto! Lo so che vuoi venire a letto con me e a me non dispiacerebbe …”
– Seb! Non mi risulta che siano affari tuoi o sbaglio?
 
Sebastian le si era avvicinato con una movenza sensuale, mentre le porgeva il flute pieno quasi all’orlo di ambrato liquido frizzante.
 
– Credo che un po’ siano anche affari miei Lorna … è un pezzo che ti sto dietro … non credo di esserti indifferente … tu mi piaci veramente e lo sai. Sei separata da almeno sei anni da Federik e non ti ho visto frequentare nessun altro, forse alla fine dei conti sono l’unico che frequenti …
- Ti frequento per semplici motivi di lavoro Seb! Questo non deve farti sentire in possibilità o dovere di venire qui con lo champagne!
– Lo sai che ti desidero Lorna … da tanto!
– Giusto quello Sebastian! Potrei desiderarti anche io!
– E allora Lorna?! Perché non abbassi quei muri e mi lasci entrare?!
– Sai cosa sono Seb! E nonostante tutto sono una donna che non immagineresti romantica …
- Vuoi l’amore vero ed esclusivo Lorna? … Lo immaginavo. Tuo marito ti ha ferita profondamente. È stato un idiota, io non ti avrei tradito e non mi sarei fatto scappare una donna come te!
– Non provare a farmi una dichiarazione d’amore adesso Seb!
– Ora no Lorna! Non mi crederesti adesso! Ma arriverà il momento che mi crederai e allora sarai mia!
– Allora aspetteremo quel momento Seb!
 
Lorna sorseggiò lo champagne con un sorriso furbo sulle labbra.
 
– D’accordo tesoro! Ma non si potrebbe avere un assaggino intanto di quel futuro momento?
 
Sebastian aveva posato il suo bicchiere e avvicinatosi a pochi centimetri dal viso della donna, le stava facendo una carezza tra i capelli, sull’orecchio sinistro. Lorna posò a sua volta il flute semivuoto.  La luce del desiderio era vivida nello sguardo di Jefferson, non meno di quanto lo fosse negli occhi di Lorna. Successe tutto in una frazione di secondo. Lei afferrò il bavero del giubbotto in pelle di Sebastian e lo baciò più velocemente e irruentemente di quanto lui si aspettasse. L’uomo ricambiò immediatamente, portandole le mani sulle spalle e spostando verso le braccia lo scollo dell’accappatoio di Lorna. Le mani di lei scorrevano sui capelli di Seb e lui, avidamente, ansimando, dalle labbra di lei era passato a baciarle il collo e il petto, spinto da una passione che Lorna aveva sottovalutato. La freddezza di Lorna tornò ad affacciarsi dopo quel barlume di istintivo desiderio, represso da anni.
 
– Basta ora Sebastian! Questo è l’assaggino che  volevi!
– Dio Lorna! Se questo è il gusto dell’assaggio non vedo l’ora di prendermi tutto il pasto!
 
Le mani di Seb erano passate a stringere i glutei di Lorna, sopra la stoffa dell’accappatoio, accostandosela al bacino, dove si percepiva la sua eccitazione.
 
– Lo so Seb, ma questa sera niente pasto, solo champagne, poi fili a casa tua!
 
Seb era riuscito a staccarsi da lei sdrammatizzando ridendo.
 
– Sei proprio un osso duro Maggiore Lorna Stone! Ma questa sera vada solo per lo champagne … arriverà il nostro momento … ne sono sicuro!
Finirono insieme la bottiglia di champagne, raccontandosi vecchi aneddoti delle missioni compiute insieme, dagli anni dell’addestramento a Quantico fino a quel momento. Poi Jefferson si alzò dalla poltroncina vicino alla chaise longue, dove era sdraiata Lorna. Le belle gambe della donna erano accavallate e lasciate intravvedere dall’apertura dell’accappatoio. Jefferson le percorse con lo sguardo, risalendo verso il viso sorridente della proprietaria. Emettendo un sospiro appena percettibile, si piegò su di lei e le diede un altro bacio a fior di labbra.
 
– Tesoro abbiamo fatto l’una di notte … è tardi, ti lascio andare a letto … purtroppo per me e per te sola soletta!
– Ho Generale a farmi compagnia!
– Ti garantisco che io sono coccoloso non meno di lui, ma ci so fare meglio e di più!
 
Le fece l’occhiolino sorridendo e strappandole una risata.
 
– Bene! Me ne vado … ah! A proposito di Captain Hook …
- Che altro a proposito di “cuore di ghiaccio”?
– Non so se continueremo a chiamarlo anche così!
– Perché?
– Lascia perdere … piuttosto, stavo per dirti che tornerà a Boston per il fine settimana, sarà alla sua base per qualche giorno …
- Che diavolo si è messo in testa?
– Tranquilla! Nessuno si accorgerà di lui, ha una buona copertura …
- Una nuova ovviamente! Speriamo riesca a tenersi sotto un profilo basso e lontano da “gentili donzelle”!
 
Seb ebbe un ultimo sorriso ironico sul viso che lasciò a Lorna una serie di dubbi da chiarire.
 
***
 
Boston, lunedì 18 Giugno 2008. Una settimana dopo …
 
Correva velocemente Emma, sentendosi stranamente libera e felice. Non le sembrava possibile riuscire a provare ancora felicità, nonostante la scomparsa del suo amore, ma celava in seno il motivo di quella felicità.
Non aveva più dubbi ormai. Sapeva di aspettare un bambino da Kim! Qualcosa le era rimasto di lui e quel qualcosa la stava facendo sentire viva come da settimane non si sentiva. Aveva saltato il ciclo quei giorni e i sospetti che Lorna le aveva inculcato nella mente, avevano preso ogni momento di più la concretezza di una realtà. Aveva acquistato un test e per giorni lo aveva tenuto nascosto. Quel lunedì mattina aveva deciso di farlo. Avrebbe portato la notizia a Lorna, positiva o negativa, per le 10,00 sarebbe stata al suo studio.
 
Mentre correva nel parco vicino casa, ricordava l’emozione provata un’ora prima. Si era alzata più presto degli altri lunedì e si era chiusa in bagno per il tempo necessario alla reazione del test. Era rimasta seduta per terra a guardare le due striscioline rosa che comparivano sullo stick.  L’ emozione le aveva tolto il fiato. Gioia e timore si erano alternate velocemente nella sua mente. Aveva nascosto il tutto quando Anna l’aveva chiamata per poter entrare a sua volta in bagno. L’adrenalina le stava scorrendo veloce nelle vene, aveva avuto bisogno di affrettarsi ad uscire di casa, con la scusa di correre. La corsa la stava calmando e più si placava, più  rallentava.  Si era ritrovata infine a camminare. Notò che non era sola quella mattina. Strano! A quell’ora non c’era mai nessuno nel parco, era uscita anche più presto del solito!
Si trattava di un giovane uomo. Dal viso non si capiva l’età, aveva la barba lunga, bruna e folta, un paio di occhiali Ray Ban a specchio, tipo Aviator, un berretto con visiera calato sulla fronte che gli copriva i capelli leggermente allungati sul collo e indossava una tuta da ginnastica blu, con il logo della Nike sul lato del petto del giubbino. Aveva un fisico snello e atletico, che fosse giovane si capiva da quello e dall’abilità con cui stava facendo ginnastica con gli attrezzi disseminati nel parco. Si stava sollevando con le braccia alla sbarra di sospensione.  Emma lanciò un’occhiata poco interessata verso di lui, ma abbastanza da notare che fosse molto allenato e dotato sicuramente di una muscolatura potente. Ebbe l’impressione che l’uomo la guardasse a sua volta. Non voleva essere importunata da uno sconosciuto, meglio non fidarsi. Riprese a correre, ma si accorse che anche il tizio aveva iniziato a correre e, con un ritmo sostenuto, la stava seguendo. Decise di tornare indietro e affrontarlo se ce ne fosse stato bisogno. Sapeva tirare di Boxe. Se avesse provato ad importunarla in modo fastidioso l’avrebbe steso con un gancio al mento. L’uomo la sorprese, deviando il suo percorso sulla stradina laterale a quella che aveva percorso fino a quel momento. Emma provò quasi delusione. Si era incuriosita di vederlo bene in viso e non ne aveva avuto la possibilità. Si diede pure dell’idiota. Il giovane non sembrava intenzionato ad importunarla, stava facendo semplicemente quello che stava facendo lei: una corsa nel parco.
 
Emma accelerò la corsa, ma ad un certo punto iniziò a sentirsi stanca in modo anomalo. Faceva fatica a respirare. Rallentò bruscamente, mentre le girava la testa e iniziava a vederci doppio. Fece pochi passi ed ebbe un mancamento.
 
“Maledizione Emma! Che diavolo ti sta succedendo adesso?”
 
Il giovane con la tuta blu notte la vide rallentare in quel modo repentino e barcollare. Stava per perdere i sensi, erano i segnali tipici!
 
“Cristo Santo Emma! Non avrai problemi con il cuore? Ti manca la milza da un pezzo! No! Stai cadendo!”
 
Killian Jones accelerò la corsa verso la ragazza. Stava perdendo i sensi e sarebbe stramazzata al suolo. Si lanciò verso di lei con un salto in lungo degno di un atleta olimpionico e arrivò a prenderla tra le braccia nel momento preciso in cui lei perse i sensi.
 
Emma aveva sentito qualcuno avvolgerla intorno al torace. La sua testa se ne stava andando in dietro e si stava facendo buio, un viso si era chinato verso di lei. Aveva la barba scura e lei vide il riflesso della sua immagine sugli occhiali del giovane che la stava afferrando per non farla cadere. La sua immagine riflessa fu l’ultima cosa che vide.
 
***
 
– Emma! Tesoro mio rispondimi! Anna prendi i Sali!
– Dove sono mamma?
– Santo cielo Anna! Sembra che tu non viva in questa casa!
– Eccoli, eccoli! Li ho trovati!
 
Ingrid prese dalle mani di sua figlia Anna i Sali e li fece annusare ad Emma. La ragazza scosse la testa iniziando a riprendersi.
 
– Figlia mia cosa è successo? Cosa ti sei sentita?
– Oh mamma! Credo di essere svenuta … come sono arrivata a casa?
– Un bravo giovane ti ha portato in braccio fino a casa. Ero in giardino quando l’ho visto arrivare con te in braccio! Mi è preso un colpo per lo spavento! Il giovanotto mi ha detto che eri svenuta mentre correvi e ti aveva impedito di cadere a terra. Ti ha portato lui dentro casa e ti ha messa sul divano!
– Dov’è lui ora?
- È rimasto giusto il tempo per assicurarsi che stessi in buone mani. Veramente un bravo ragazzo! Ha detto che chiamerà più tardi per sapere come stai!
“Che gentile! Ed io che pensavo volesse importunarmi! Avrebbe potuto pure approfittare di me se fosse stato un maniaco! Santo cielo che rischio ho passato comunque!”
 – Come si chiama? Te lo ha detto?
– Cielo Emma! Ero così agitata per te che non mi sono resa conto di non averglielo chiesto!
– Dici che chiamerà veramente? Mi farebbe piacere ringraziarlo!
– Sorella quello richiama!
– Come fai a dirlo Anna?
– Mi è sembrato preoccupato veramente per te, gli avrai fatto prendere uno spavento! Gli sei caduta davanti! Credo che sia pure carino sotto quegli occhiali e quel berretto!
– Basta ciarlare Anna! Non stare lì ad inventar romanzi!
– Beh se Emma conoscesse un altro bel ragazzo non sarebbe una buona cosa?
– Non credo di aver voglia di conoscere qualcuno e non me lo posso nemmeno permettere!
– Perché dici questo tesoro?!
– Chi vorrebbe avere a che fare con una “ragazza madre”?
 
Se a Ingrid non era preso un colpo per lo spavento di prima, ci mancò poco per la dichiarazione di Emma. Non si era sbagliata quindi, quando il lunedì prima sua figlia aveva avuto quelle violente nausee con vomito!
 
– Ho bisogno di chiamare Lorna! La devo informare … inoltre mi sento troppo debole per andare da lei oggi!
 
***
 
Il cordless emise un suono prolungato e cantilenante. Anna rispose pensando che fosse Elsa, ma dall’altro capo si sentì una voce maschile chiedere della Signorina Emma.
 
– Oh salve è lei? Si mia cugina sta meglio, ma ancora è sul divano, gliela passo, avrà piacere di ringraziarla!
 
Killian aspettò con il cuore in gola di sentire la voce di Emma. In quei pochi secondi che Anna passava il cordless alla cugina, Jones sistemò meglio il filtro sul microfono.
 
– Pronto? Sono Emma Swan!
– Salve Emma! Sono Killian Jones, sta bene?
– Sto meglio grazie e grazie soprattutto per avermi aiutata, è stato gentile Killian!
– Dovere Emma!
– Spero di rivederla per ringraziarla di persona Killian, anche mia zia Ingrid la ringrazia ancora!
– Di nulla Emma! Sono contento che stia meglio, si riguardi! Consulti un medico se necessario! Posso richiamarla per avere sue notizie?
– Si certamente Killian …
 
***
 
Killian Jones spense il microfono e tolse il filtro. Alzò gli occhi verso Winter Soldier che lo stava guardando con un ghignetto sul volto.
 
– Hai qualche problema Winter Soldier?
– Io no Captain Hook! Credo che il problema lo abbia tu! Sei tornato per lei o per la missione? Sei uscito a quell’ora solo per vederla e stavi per far saltare tutto!
– Dovevo lasciarla cadere a terra come un sacco di patate? Si sarebbe fatta male!
– Certo, certo! “Cuore Tenero”!
 
Killian diede un’altra occhiataccia a Jefferson.
Il suo cellulare suonò improvvisamente. Guardò lo schermo.
 
- È Catwoman!
– Ahi! My Captain! Ora sono cavoli tuoi!
– Che vuoi dire?!
– Sei convocato di sicuro!
 
Killian aprì per la risposta.
 
– Ciao Lorna!
– Ciao un corno Jones! Vieni immediatamente al mio studio!
 
Lorna aveva riattaccato bruscamente il telefono, senza aggiungere altro. Killian alzò un sopracciglio guardando con la coda dell’occhio uno sghignazzante Sebastian Jefferson.
 
– Te lo avevo detto no?
 
***
 
Un’ora dopo il Suv Maserati parcheggiava davanti al marciapiedi della palazzina in cui si trovava lo studio di Lorna Stone. Mentre Winter Soldier restava al volante, Captain Hook, con i suoi Ray Ban e il berretto calato sulla fronte, si avviava verso il portone a vetri.  Lorna lo aspettava e non lo fece nemmeno bussare alla porta. Aprì velocemente e con altrettanta velocità prese per il bavero Killian sbattendolo contro il muro.
 
– Che ca …
- Quello lo dico io Jones! Sei una delusione!
– Ma di che parli?!
– Possibile che nonostante il tuo genio, due leuree e tre anni di addestramento a Quantico tu non abbia imparato abbastanza? Ti erano finiti i preservativi Killian? Sei stato uno sprovveduto! Non me lo aspettavo dal mio allievo migliore! Dovevi metterla incinta per forza?!
 
Killian Jones, nome in codice Captain Hook, il migliore agente internazionale sotto copertura della  Drug Enforcement Administration, meglio nota come D.E.A. agenzia federale antidroga statunitense, era rimasto senza parole …
 
 
 
Angolo dell’autrice
Ditemi che siete rimasti anche voi senza parole!
Come avevo premesso con il titolo, dei dubbi si sono chiariti no? Avevo tutto in mente già dall’inizio della storia e pensavo che fosse un’idea originale quella del doppio Kim – Killian. Oggi ho visto la 7x2 è mi sono resa conto che anche i due autori di OUAT, hanno ritenuto buona la stessa idea. Non voglio fare troppi spoiler a chi non l’ha vista, ci sono già O.S. che vi accennano. Comunque mi ha lasciata una certa serenità scoprire che Emma non è morta, anzi! Temevo che per farla uscire di scena definitivamente quei due maramaldi chissà cosa le avrebbero combinato, invece sono stati buoni e le hanno dato una situazione auspicabile. Cara Arya, spero che tu abbia torto e che Jen torni in qualche altra puntata, magari verso la fine della serie, a sorpresa, sarebbe bello!
Ringrazio chi sta leggendo, chi, nonostante la lunghezza dei miei capitoli, riesce a finire la lettura e a non annoiarsi. Il capitolo precedente è stato molto lungo, era un po’ di passaggio e un po’ fluffoso, temo che la parte iniziale su Milah e quella su Elsa abbia scoraggiato ad andare avanti, peccato per chi non lo ha fatto perché si è perso un bel pezzo di Emma e il suo amato, in questo di oggi si scopre che Kim e Killian sono la stessa persona. Nei prossimi si chiarirà ancora meglio la situazione. Ogni passaggio della storia è concatenato e funzionale per i seguenti, quindi, per lanciare ipotesi prestate attenzione!  Non lesinate sui commenti, uno scambio di opinioni aiuta sempre! Grazie ancora a chi sta inserendo nelle varie categorie e a chi esprime un suo parere. Alla prossima!
Vostra Lara
 

 




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