"Papà?".
Ross
aprì gli occhi di scatto. Si era appisolato qualche minuto,
dopo una
notte completamente insonne, e ora avrebbe continuato volentieri a
rimanere immerso nell'incoscienza, se non fosse stato per la voce del
figlio che lo chiamava. Con la mano tastò il letto alla
ricerca di
Demelza, sperando ingenuamente che fosse tornata, ma lo
trovò
desolatamente vuoto. Quindi si voltò verso il bambino.
Jeremy
stava accanto al letto, con indosso ancora la camicina da notte
bianca che gli doveva aver messo Prudie. "Papà?" -
ripeté
– "dov'è la mamma?".
Già...
E ora che gli poteva dire? Era arrivato il momento che più
temeva...
Jeremy era molto legato a Demelza, la adorava e lei lo portava sempre
con se, ovunque andasse. Come poteva spiegargli che la mamma se n'era
andata e lo aveva abbandonato? Con Clowance, ancora troppo piccola
per capire, sarebbe forse stato più semplice, ma Jeremy...
"Mamma
è dovuta andar via per delle faccende importanti,
tornerà fra
qualche giorno" – gli disse, sperando che il tempo potesse
risolvere la faccenda senza grossi scossoni. Questo gli avrebbe
permesso di riordinare le idee, di cercarla, di spiegarle e di
riconciliarsi con lei...
Quel
pensiero ottimista però durò pochi istanti. Lei
non era tornata e
aveva passato probabilmente la notte con Hugh Armitage. Non sapeva in
che termini, ma qualunque cosa fosse successa fra loro, avrebbe avuto
gravi ripercussioni sulla sua vita matrimoniale.
"Ma
è andata via senza salutarmi?" - chiese il bimbo, per niente
convinto da quella spiegazione.
"Aveva
fretta" – disse, chiudendo il discorso. Si alzò
dal letto, lo
prese in braccio e lo portò nella sua camera per aiutarlo a
lavarsi
e a vestirsi.
E
una volta finito con lui, fece altrettanto con la piccola Clowance.
Non ci era abituato, lavare e vestire i bambini era un qualcosa che
di solito facevano o Demelza o Prudie. Ma quella mattina sentiva il
bisogno di averli vicini, di stringerli a se e vedere che erano
reali. Tutta la sua vita stava andando a rotoli e quei due bambini
erano tutto quello che gli restava.
La
bimba sembrava pensierosa, a disagio. "Mamma?" - disse, con
la sua vocina ancora stentata.
Ross
le diede un bacio sulla fronte. Era così bella Clowance, una
bambina
dalle sembianze di una bambola coi capelli biondi pieni di boccoli
come la sua mamma, gli occhi azzurri e il visino perennemente
imbronciato. "Oggi dovrai accontentarti di papà".
"Si,
ma quando torna?" - chiese ancora Jeremy.
"Non
lo so, presto" – rispose, evasivo. Prese in braccio Clowance,
per mano Jeremy e poi scese da Prudie per far fare loro colazione.
Guardò la serva in cerca di informazioni ma la donna scosse
il capo.
Lo
sguardo di Ross divenne ancora più cupo, di Demelza non
c'era
traccia.
Fece
mangiare i bambini e poi li lasciò liberi di andare con
Garrick in
cortile, a giocare. Aveva bisogno di parlare con Prudie, ora che era
sobria. "Sei sicura che non ti abbia detto nulla?".
Prudie
abbassò lo sguardo, concentrandosi sulle stoviglie che stava
lavando. "Niente signore, mi ha solo detto di badare ai bambini.
Poi se n'è andata a cavallo".
Ross
chiuse gli occhi, la testa gli doleva terribilmente. "Con il
tenente Armitage?" - chiese, sapendo già qual'era la
risposta.
Prudie
si morse il labbro. "Sì... Lui è venuto in visita
e sono
andati via insieme. Dopo un paio d'ore son tornati, han preso il
cavallo e sono ripartiti".
Ross
era incredulo che fosse successo davvero. Demelza... Sapeva quanto
fosse arrabbiata, furiosa e delusa da lui, sapeva di averla ferita di
nuovo ma MAI avrebbe pensato ad un epilogo simile. Certo, lui aveva
sbagliato a non darle spiegazioni sul suo incontro con Elizabeth e
venirlo a sapere da altri doveva averla sconvolta. Se gliene avesse
parlato, il tutto avrebbe avuto un epilogo diverso ma ora... ora si
sentiva smarrito e perso e non sapeva cosa fare. Era disperato e
avrebbe volentieri preso il cavallo per andare da Armitage a
riprenderla se non fosse stato che si sentiva schiacciato da mille
sentimenti diversi – fra i quali spiccava il suo orgoglio
ferito –
ed era incapace di fare qualsiasi cosa.
Doveva
fermarsi, riflettere e poi combattere quella dannata vocina della sua
coscienza che continuava a suggerirgli che era stato lui stesso a
regalare, su un piatto d'argento, Demelza a Hugh.
Si
chiese se quella fantasia di Demelza, di cui gli aveva parlato mesi
prima, si fosse avverata e se lei, spinta dai sentimenti per il
giovane e dalla rabbia verso di lui, fosse diventata quell'altra
Demelza, quella senza marito, figli e una famiglia... Si chiese se si
fossero amati, se l'avesse tradito, se avesse deciso di porre fine al
loro matrimonio.
Era
da tanto che erano in crisi, lui e sua moglie. Dalla morte di Francis
lui si era allontanato molto da lei, aveva quasi rinnegato il suo
matrimonio, l'aveva tradita e poi era riuscito in qualche modo a
riparare lo strappo. Ma la strana ed apparente pace raggiunta era
sempre stata fragile, poggiata su una lastra di vetro trasparente e
scricchiolante e lui non aveva mai fatto nulla per rendere il loro
rapporto di nuovo davvero stabile. Schiacciato dai sensi di colpa per
quanto successo con Elizabeth e sulle probabili ripercussioni della
sua follia di quella notte di tre anni prima, aveva sempre nascosto
la testa sotto la sabbia piuttosto che affrontare le conseguenze dei
suoi errori, si era trovato mille cose da fare pur di non guardare
Demelza negli occhi, per non discutere con lei di quello che era
stato. Sapeva che Demelza sospettava che Valentine fosse suo, sapeva
che Elizabeth era stata importante e lo aveva accettato e tante volte
lo aveva spronato a parlarne e a superarla insieme ma lui aveva
sempre rifiutato il confronto. Troppo doloroso, troppi sensi di
colpa, troppe cose difficili da affrontare guardandola negli occhi...
E
ora quelle crepe si erano aperte, aveva lasciato sua moglie da sola
troppo spesso, troppo a lungo era stato distante da lei pur abitando
sotto lo stesso tetto. Era diventato quasi un estraneo, attento a
tutto, eccetto che a lei...
E
da quando Agatha era morta, la rabbia per quanto successo a sua zia
l'aveva incattivito talmente tanto da non accorgersi che il suo
comportamento con Demelza stava prendendo una pericolosa deriva che
li stava pian piano allontanando.
Da
quanto non la stringeva fra le braccia? Da quanto non la baciava? Da
quanto non scherzavano assieme? Da quanto non la vedeva ridere?
Oh,
una volta l'aveva vista ridere ma non era suo il merito... Era Hugh
che le aveva strappato quelle risate, Hugh giunto a casa loro a
portarle un dono.
Ora
che ci pensava, lui invece non aveva mai pensato a nulla di carino
ultimamente, per farla contenta. Nemmeno alla nascita di Clowance era
stato capace di regalarle qualcosa. A Demelza sarebbe bastato un
fiore, li amava, non voleva gioielli o cose altezzose e costose...
Pensò
alla loro complicità, da molto sopita e inerte,
così come la
passione. Demelza si era allontanata da lui pian piano e non se ne
era quasi mai accorto. Eppure quella mattina, senza di lei, si rese
conto che erano mesi che non facevano l'amore, da prima della morte
di zia Agatha...
E
non ci aveva mai fatto caso... Ma Demelza, probabilmente sì!
"Cosa
dovrei fare, Prudie?".
La
donna sospirò. "Cosa dovrete fare non lo so. Ma una cosa
avreste dovuto evitare: parlar bene di miss perfezione da Trenwith
davanti alla signora, Elizabeth Warleggan non è decisamente
la sua
migliore amica. E magari evitare di baciarla... Una donna perdona il
tradimento una volta, FORSE, ma la seconda no".
Ross
guardò Prudie e si accigliò. Come faceva a sapere
del bacio?
"Tu...?".
Lo
sguardo di Prudie divenne deciso e per nulla spaventato davanti alle
occhiatacce del suo padrone. "Sì, se vi state chiedendo chi
ha
informato la signora del bacio, sono stata io! Vi ho visti per caso,
voi e la signora Warleggan, alla Chiesetta di Sawle. Non volevo
finisse così, volevo solo si sentisse meno in colpa per le
attenzioni dolci e sincere che riceveva da un uomo che finalmente si
era accorto di quanto lei fosse speciale. Il tenente Armitage forse
sta perdendo la vista, ma ha l'occhio molto più lungo e
attento del
vostro, per le cose belle. Volevo che la signora avesse il suo attimo
di felicità".
Ross
spalancò gli occhi, si sentì furioso, l'avrebbe
volentieri presa a
calci nel sedere e sbattuta in mezzo a una strada se non fosse stato
sommerso di problemi come in quel momento. "Come hai potuto?".
"E
voi, come avete potuto ferirla ancora?" - ribatté Prudie,
con
sguardo di rimprovero.
Ross
impallidì. Come poteva ribatterle? Prudie aveva sbagliato a
dire a
Demelza la verità, non erano affari suoi. Ma la
verità era che il
primo e vero errore era stato il suo, che non aveva voluto aprirsi
con sua moglie. "Dai un occhio ai bambini, devo andare" –
le disse, rabbioso e desideroso di prendere una boccata d'aria per
calmarsi.
"Dal
tenente Armitage?".
Ross
scosse la testa. "No, vado alla miniera a prendere a picconate
le rocce. Per oggi non farò nulla, magari la cosa si
risolverà da
sola entro stasera. Se per domani non sarà tornata, allora
andrò a
casa di Hugh a riprendermi mia moglie. O ad avere sue notizie. Lei
tornerà, se non per me, per i bambini e per Garrick". Lo
affermò con sicurezza, anche se in realtà non
aveva più certezze.
L'ultima, Demelza, si era frantumata in mille pezzi e ora era un uomo
solo, in balìa degli eventi.
...
La
luce del sole le ferì gli occhi. Aveva dormito profondamente
per
tutta la notte e ne era stupita. Dopo tutto quello che era successo,
con tutte le preoccupazioni che le sue scelte le avevano comportato,
credeva che non avrebbe chiuso occhio.
Invece,
forse, la stanchezza infinita che provava nel fisico e nell'animo
avevano vinto e dopo aver pianto fra le braccia di Hugh tutto il suo
dolore, si era addormentata con lui accanto.
Aprì
gli occhi e si guardò attorno, riconoscendo odori, colori e
rumori
di quel luogo che la riportava alla sua infanzia. Era sporco e
coperto di polvere ma in quel momento considerava quel mulino la sua
unica casa.
Hugh
era già sveglio, seduto accanto a lei. Era spettinato e con
la
camicia stropicciata e non ricordava di averlo mai visto in quello
stato. "Buongiorno" – le disse, esibendosi in un sorriso.
Demelza
deglutì. Era suo amico, ma come doveva considerarlo? Anche
un
amante? O semplicemente una scintilla abbagliante che aveva
illuminato il periodo più cupo della sua vita? "Buongiorno"
– rispose, decidendo che non importavano i titoli, amico o
amante o
qualsiasi altra cosa, importava solo l'affetto che provava per lui e
il modo dolce in cui si era preso cura di lei.
Demelza
si mise seduta, sistemandosi i capelli spettinati. Doveva avere un
aspetto orribile! "Che ore sono? C'è molta luce".
"E'
tardi, hai dormito molto e come un ghiro". Hugh le sfiorò la
spalla, costringendola a guardarlo in viso. "Come stai?".
Già,
come stava? Demelza osservò la finestrella che dava sul
torrente,
attratta dal rumore dei flutti e dal canto felice degli uccelli. "Mi
sento uno schifo! I miei bambini mi staranno cercando e avranno
pianto... La sera io e Ross li mettiamo a dormire assieme, ma al
mattino sono io che vado a svegliarli, che li sistemo e li faccio
mangiare. Saranno spaventati... E io non posso farci niente!".
Sentì le lacrime far di nuovo capolino, assieme ai sensi di
colpa.
"Sono una persona orribile Hugh, li ho abbandonati e sono ancora
così piccoli".
Hugh
la abbracciò. "Non li hai abbandonati e credo che ti
spalancheranno la porta a Nampara, se torni. Non puoi stare qui".
Demelza
scosse la testa. "Ma non posso nemmeno stare a Nampara, non
più... Fra me e Ross stavolta è finita, non
voglio più continuare
questa vita, non voglio più vederlo correre da lei, passare
le
giornate chiedendomi se è alla miniera a lavorare oppure se
mi ha
mentito ed è con Elizabeth da qualche parte. Se in un
matrimonio non
c'è fiducia... se non c'è amore... né
rispetto... che senso ha
continuare?".
Hugh
abbassò lo sguardo. "Io non sono sposato e ho una visione
diversa, romantica dell'amore. Non so nulla delle dinamiche di una
coppia sposata, inseguo l'amore nel termine più autentico
del
termine, quell'amore che vive alimentandosi della presenza
dell'altro, mai intaccato dal mondo".
Demelza
provò tenerezza per lui e per quelle parole dette da una
persona
sicuramente spinta da un temperamento romantico ma in fondo molto
ingenuo. "Gli amori così non esistono, gli amori veri sono
quelli dove si soffre e si combatte e si rimane uniti. Quello mio per
Ross, evidentemente, non era così forte da superare gli
ostacoli".
"Eppure
noi" – insistette Hugh – "Ieri siamo stati 'AMORE',
quello nel vero senso del termine".
Demelza
sorrise, non voleva ferirlo ma non voleva nemmeno illuderlo. "E'
stata la scintilla di un momento. Questo non esclude i sentimenti ma
ciò che è successo fra noi non è un
punto d'arrivo. E nemmeno di
partenza... E' successo e basta e ne serberò sempre il
ricordo e
sarà un ricordo bello in mezzo ai mille ricordi orribili di
questi
giorni. Ma il vero amore, quello costruito mattone su mattone,
è
altro, forse meno romantico e poetico ma più profondo di
quello
cantato nei poemi. E ti auguro un giorno di conoscerlo".
Hugh
sospirò, non convinto da quella spiegazione. "Per me
resterai
sempre bella come Monna Lisa e l'amore della mia vita. Anche se non
lo sono per te".
"Lo
so Hugh, so cosa provi..." - rispose tirandosi su e arrendendosi
al suo atteggiamento tenero e gentile. "Ma oggi il mio animo non
è votato al romanticismo". Si guardò attorno,
decisa a
cambiare argomento. Se quella doveva essere la sua casa, doveva
renderla tale e c'era molto da fare! "Devo pulire questo posto,
renderlo accogliente, sistemare il camino, tagliare la legna, fare
mille cose e...".
Hugh
le prese il polso, costringendola a risedersi. "Demelza, no!
Questo è un posto incantevole ma non puoi vivere qui. Devi
tornare a
Nampara, quanto meno devi parlare con Ross e i bambini. Non puoi
andartene lasciando tutto così in sospeso, li farai
impazzire dalla
preoccupazione. Se non vuoi farlo per tuo marito, fallo almeno per i
tuoi figli, loro ti amano e tu ami loro".
"Non
me la sento, non ancora" – rispose, sentendosi impotente e
spaventata all'idea di rimettere piede a Nampara perché
sapeva che
se fosse tornata, non sarebbe più riuscita ad andarsene. Era
una
dannata codarda, ma aveva bisogno di riordinare le idee. Anche se
questo avrebbe distrutto la serenità dei suoi figli...
Hugh
sospirò, sconfitto. "Ti aiuterò io a sistemare
questo posto,
tornerò a casa e ti manderò degli operai che
faranno il lavoro come
tu vorrai. Renderanno questo posto accogliente, in modo che tu possa
rasserenarti e ospitare i tuoi figli. E pian piano, quando sarai
più
serena, ti riconcilierai con Ross".
Demelza
sbuffò, Hugh era così insistente. Ma forse questo
dipendeva dalla
sua educazione nobile che, nonostante quanto successo fra loro il
giorno prima, si rifiutava di accettare l'idea di una moglie che
lasciava il marito e i figli. "Suppongo che sarò costretta
ad
accettare e che non mi farai ribattere".
Hugh
si alzò, sistemandosi la camicia. "Beh, vedo che hai
imparato a
conoscere la mia determinazione nell'ottenere quel che voglio".
Demelza
mascherò un sorriso. Beh, per quel lato del suo carattere,
c'erano
stati mesi di incessante corteggiamento a testimoniare quanto lui
fosse testardo. "E' meglio che torni a casa, saranno
preoccupatissimi".
Hugh
annuì. "Manderò qui quanto prima una cameriera
con del cibo e
gli operai che ti ho promesso. Voglio che tu stia bene e che non ti
manchi nulla".
Le
venne da sorridere, davanti a quelle premure. In realtà non
aveva
per niente fame ma sapeva di non poter obiettare. "Grazie".
"Di
nulla. Oggi dovrò predisporre tutto, domattina
però verrò a
trovarti. Tu cerca di star bene".
Demelza
annuì, gli si avvicinò e lo aiutò a
sistemarsi il colletto della
camicia e il gilet. Poi lo baciò sulla guancia, con affetto.
"Grazie
Hugh".
"Grazie
a te". Forse avrebbe voluto un bacio diverso, ma nonostante
questo gli sorrise con dolcezza. "Cerca di star bene".
"Lo
farò".
...
I
bambini avevano fatto dannare per tutta la durata della cena, troppo
irrequieti e nervosi per mangiare e stare composti a tavola.
Clowance
aveva lanciato il cibo per terra – e Garrick ne aveva
approfittato
– mentre Jeremy aveva piagnucolato tutto il tempo e Prudie
era
stata costretta ad imboccarlo.
Ross
si sentiva impotente. Sapeva che erano capricci quelli, ma sapeva
anche che avevano tutto il diritto di farli e di sfogarsi nel modo
consueto che usavano i bambini.
Il
dolore alla testa non era scomparso, anzi era aumentato. E, anche se
le speranze erano poche, aveva voluto credere che Demelza sarebbe
tornata a casa.
E
invece era sera e di lei non c'era traccia... Il giorno dopo, volente
o nolente, avrebbe dovuto cercarla e mettere da parte il suo
orgoglio. Sembrava svanita nel nulla, inghiottita dalla brughiera,
nessuno l'aveva vista dal giorno prima al porto.
Prudie
prese in braccio i bambini, dicendo che li portava a fare il bagno e
Ross, rimasto solo, gettò con stizza il tovagliolo sul
tavolo.
Cosa
avrebbe fatto? Come avrebbe vissuto se lei non fosse tornata? Come
avrebbe spiegato ai suoi figli l'assenza della madre?
Improvvisamente,
i suoi pensieri furono interrotti da un violento bussare alla porta.
Stranito dall'orario - era ormai buio - si avviò alla porta
per
vedere chi fosse. Non poteva essere Demelza, lei non avrebbe mai
bussato...
Eppure
non aspettava nessuno, se non lei...
E
la sua sorpresa fu enorme quando, aperta la porta, si trovò
davanti
Hugh Armitage.
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