Fiore di ghiaccio

di LatazzadiTea
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Le labbra di Fersen avevano parlato di lei. I suoi occhi accarezzata, le sue mani cinto la vita e le sue braccia, avvinta con estremo trasporto mentre ballava con lei. Anche dopo averla riconosciuta e convinta a seguirlo nelle sue stanze, anche dopo aver approfittato della sua cedevolezza Fersen le aveva rinnovato in quel modo il suo affetto e la sua gratitudine, per quei momenti d'intima passione a cui finalmente era riuscita ad abbandonarsi. Ma riferendosi ancora a lei come un amica, L'uomo che aveva creduto di amare, l'aveva vigliaccamente nuovamente relegata ai margini della sua vita, tenendola in bilico ai confini del cuore.

Anche dandole un minimo d'importanza in più, per lei non c'era più speranza di poter essere o diventare per lui nient'altro che quello. Solo un amica, solo un amante. Una fra le tante, un numero fra altri cento.

Per quanto tempo l'aveva idealizzato e ammirato?

L'aveva d'avvero creduto al di sopra di quelle umane e carnali debolezze proprie del suo sesso?

Si morse un labbro, cercando di scacciare le emozioni che quei ricordi le avevano suscitato. Doveva dimenticarlo, doveva smettere di pensarci. Doveva iniziare a guardare quell'uomo per quello che era realmente, e rendersi conto che per lui, lei non aveva significato nulla. Non più di quanto avessero contato tutte le altre: donne che aveva sedotto ingannandole, stordendole con parole amabili e sguardi suadenti. Cuori che aveva irretito fino a carpirne i più minimi ed intimi segreti, passando poi, dopo essersi stancato di quella di turno, all'amante successiva. Un gioco che faceva spesso, e con estrema disinvoltura. Era un uomo scaltro, un opportunista, doveva cancellare l'idea romantica che si era fatta di lui.

Non era solo un uomo innamorato che soffriva per un amore impossibile, il bellissimo e irraggiungibile conte svedese, era anche un libertino, ma per fortuna, si disse Oscar, se n'era accorta in tempo. Scosse la testa bionda, liberando le ciocche lucide e setose dalla complicata acconciatura in cui erano state costrette facendo ben attenzione che nessuno si accorgesse di lei e delle sue lacrime. Era fuggita dalle mani di Fersen e dalle sue labbra: teneramente squisite quanto avide, senza dargli una spiegazione plausibile. Dopo essere scappata dai suoi appartamenti privati, si era aggirata da sola per diversi minuti in quei lussuosi giardini che aveva percorso così tante volte nell'adempimento del suo dovere, pensando a quanto fossero diversi alla luce del giorno.

Il mattino dopo, tutto sarebbe stato dimenticato, tutto sarebbe stato diverso. Sentendosi sopraffare dalla vergogna come una stupida cortigiana qualunque, alla fine si ricordò che André la stava ancora aspettando alla loro carrozza, e corse verso di lui per raggiungerlo.

"Dal primo momento che vi ho visto, vi ho amato. Io vi ho amato Fersen, vi ho amato con tutto il cuore! Come farò a dimenticarvi, come potrò farlo? "

Il conte aveva sciolto il ghiaccio avvolto per anni attorno al suo cuore, esponendolo al fuoco vivo della passione.

Come il caldo tepore della primavera prendeva il posto dell'inverno e l'ardente calura estiva dissipava e disperdeva la tiepidezza primaverile, anche il freddo nel cuore era scomparso.

Era svanito.

Così come sarebbe dovuto svanire lo sconveniente interesse che aveva provato per quell'uomo così pericolosamente attraente, e di cui sapeva, non avrebbe più potuto fidarsi.



 




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