Portami
con te
È
davvero strana la luna, oggi, sbuca fuori dal cielo come la rosa
rossa che mi hai regalato e che giace tra le pagine di un libro
abbandonato sulla poltrona verde, a fianco del camino. Sembra stanca,
eppure nulla affievolisce il suo splendore. Solo ai miei occhi appare
opaca? Direi di sì, dipende forse dalle lacrime che li
inondano?
Così pare.
Eppure
non sono triste – sono un
bugiardo che afferma
il vero – ma la sola idea che
tu sia andato così
lontano lacera una parte di me che nemmeno sapevo esistesse. Non dire
nulla, sento fino a qui il tuo cervello macinare chilometri per
accorciare le distanze. Non serve! Io sono con te tutte le volte che
ti penso, tutte le volte che non ti caccio, tutte le volte che faccio
l’amore con i nostri ricordi.
Sconfitto
e arrabbiato con me stesso, ci crederesti?
Chiudo
gli occhi per non vedere e vengo assalito da te che mi baci con
impeto, curioso e maldestro come quando maneggiavi le odiate pozioni.
Sorrido all’idea e so che tu sei molto più di
quello che dai e...
non voglio lasciarti andare.
Ho
lottato nelle notti buie e nelle giornate infinite, ma tu sei sempre
lì, dietro l’angolo dei miei occhi, troppo gonfi
perché riesca a
tenerli aperti. Per nulla al mondo avrei voluto che altri ti
sfiorassero, ti pensassero, ti amassero, eppure è bastato un
solo
istante speso male e tu non sei più accanto a me. Darei
l’intero
patrimonio, i miei mille e più galeoni, per cambiare
ciò che sono,
ciò che rappresento. Venderei a Morgana la mia stessa anima,
se tu
solo mi chiedessi di restare, di ritornare, di amare te.
Ti
prego!
Diventerò
l’insignificante sassolino nella tua scarpa durante i lunghi
viaggi
che farai; sarò la piuma con cui accarezzerai le parole
d’amore
che vergherai a chiunque, tranne che a me. Mi accontenterò
della
polvere che spazzerai via dal tuo cuore, se bastasse a farmi rimanere
accanto a te.
Non
sono degno, ora lo so, non lo ero allora come adesso, ma non mi
importa; non dovrebbe importare a nessuno se abbiamo un passato che
ci ‘slega’: così
diverso, così simile, così unico che
ci ha fatto innamorare. Vedi, non ho più paura ad
ammetterlo; però
ho dei rimpianti e, se me lo permetterai, saranno il fulcro della
nostra nuova esistenza.
Non
chiudere le porte, non chiudere le
finestre,
respira
con me il nostro odore che si disperde nell’immenso,
aggrappati a
me prima che il nostro ‘noi’
rotoli a valle. Basta un
cenno, una virgola al posto del punto, un bacio chiuso in un
cassetto: sarò quello che vuoi, quello di cui hai
più bisogno,
quello che ti salva dal fuoco che ti arde nel petto.
Non
sono cielo, non sono terra, sono solo sangue e carne che nutre il
desiderio: sono paglia tagliata di fresco. Brucerò solo a un
tuo
comando, volerò solo perché me lo avrai permesso,
abbraccerò i
campi in fiore e odorerò di libertà,
sarò il sudario che avvolgerà
il tuo corpo. Non chiudermi fuori, scoperchia il marmo e lascia che
io rimanga accanto a te,
per
sempre.
Tuo
Draco
C’era
un silenzio irreale a Godric’s Hollow quella sera, nemmeno il
vento, seppur soffiasse forte, rilasciava alcun lamento. Un uomo
incappucciato era chino su una tomba baciata dalla luna nascente,
oltre le fronde dei cipressi che danzavano con la morte. Si teneva
stretto, con le mani pallide aggrappate alla veste scura, mormorando
di cose passate, di cose mai avvenute. Era forse dolore il suo? Non
aveva ancora vissuto appieno eppure non voleva più vivere:
troppo
dolorosa la realtà.
“Dal
cerchio della morte non si può fuggire”,
l’aveva redarguito
spesso suo padre nei giorni di pioggia, “dal cappio
della vita è
meglio stare alla larga”, l’aveva
indottrinato con il suo
sguardo di ghiaccio, da dietro l’imponente scrivania in
mogano. Ma
lui non gli aveva dato credito e, per la prima volta in vita sua, si
era fidato di qualcuno che non era lui. Erano seguiti giorni
stupendi, seppur nell’ignoranza di tutti, un alternarsi lento
delle
stagioni, fino a ché, l’invidia e gli orrori di
altri non avevano
richiesto il loro tributo. Stava piovendo quando tutto finì.
Lo
ricordava bene, lui, perché grosse gocce fredde come la
morte si
erano sostituite alle sue, in languidi baci, su quelle ormai smorte
del suo compagno. Dopo, aveva dovuto nascondersi come un ladro nei
pertugi tra i due mondi, rendendosi invisibile ai suoi stessi occhi.
Non aveva colpe ma la sua anima era conscia che si meritava quel
triste destino. “La felicità è
una spada che ferisce il corpo,
se non si è in grado di maneggiarla a modo.”
L’aveva
ammonito suo nonno un Natale che, troppo agitato dalla gioia,
l’aveva
inavvertitamente urtato, facendo cadere entrambi a terra; suo padre,
per punizione, gli aveva bruciato tutti i regali
nell’elegante
camino del salone principale. A quei tempi, era stata una amara
lezione da ingoiare ma, oggi, era ben consapevole di quanto fosse
veritiero ciò che il nonno aveva voluto insegnargli.
Improvvisamente
una nube oscurò la lapide e un fendente verde
colpì l’uomo che si
afflosciò come una foglia in autunno, silenzioso, grato che
finalmente tutto quel dolore finisse. Gli fu strappata dalle dita una
lettera e data in pasto alla corrente; di lui, Mangiamorte,
profanatore di tombe a detta di altri, rimase solo una scheggia
intagliata sul nome di Harry Potter.
Note
dell’autrice: Draco e Harry si amano ma,
per viltà del
primo, portano avanti la relazione di nascosto; quando Harry viene
colpito a morte c’è solo il biondo accanto a lui
ed è per questo
che tutti vengono indotti a credere che sia stato il suo antico
rivale a ucciderlo.
Spero
di essere rimasta fedele all’idea del contest anche se la
storia si
è scritta da sé. Buona lettura e sono graditi i
commenti.
Questa
storia partecipa al contest “If you want me to
stay” indetto da
Himeko Kuroba sul forum.