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Capitolo 1.
Il mio primo eroe
Ho conosciuto Severus a scuola nel 1965. Era il mio primo giorno
di scuola. Non volevo lasciare la mia casa e mia sorella più piccola, ma mia
madre non ha voluto sentito ragione e mi ha accompagnato alla scuola primaria,
lasciandomi poco prima dell’inizio delle lezioni, perché doveva andare in
fabbrica. Avevo paura e non conoscevo nessuno: tutti i bambini correvano e
urlavano ed io ero abituata a stare solo con Betty (la mia migliore amica) ed
Elly (mia sorella). Un signore leggeva i nomi dei bambini e, quando ha letto il
mio, sono entrata: mi hanno mandato in un’aula, mi sono messa su un banco, in un
cantuccio, mentre le altre bambine parlavano eccitate insieme. Una bambina
grassa si è seduta vicino a me, ma era occupata a parlare con le sue amichette e
non mi ha rivolto una parola. Poi è entrata la maestra e abbiamo disegnato. Io
piangevo.
A ricreazione siamo tutti usciti nel giardino. Io non volevo
uscire e la maestra mi ha portato fuori dandomi la mano. Mi sono messa sugli
scalini della scuola mogia mogia e, poco dopo, è venuto a sedersi un bambino che
non conoscevo.
Mentre tutti saltavano e giocavano (e io piangevo in silenzio
pensando a mia sorella che era stata mandata da mia zia e sarebbe andata a
giocare con Betty in cortile, mentre io ero bloccata in quel luogo), lui è
rimasto vicino a me sempre in silenzio. Poi, quando è finita la ricreazione, mi
ha semplicemente detto: - Dai, torniamo dentro, non piangere. Tra poco tutto
sarà finito e torniamo a casa. - Poi mi ha preso la mano e mi ha accompagnato
dentro
Da quel giorno, a ricreazione, stavamo spesso seduti insieme e io
gli parlavo continuamente. Si chiamava Severus Piton, aveva sei anni ed era
figlio unico. Il padre lavorava in fabbrica (come mia madre), la madre stava in
casa (io non ho invece avuto un padre e mia madre doveva lavorare; quando non
c’era stavamo con mia zia: la chiamavamo “zia”, ma in realtà era un’amica di
mamma). Mi ricordo che, all’inizio, era preso in giro da alcuni suoi compagni di
classe, anche per i vestiti troppo grandi che indossava, o perché erano, secondo
loro “strani”. Però era molto bravo, più bravo dei suoi compagni, e la maestra
lo aveva in grande considerazione. Dopo un po’ l’hanno lasciato stare e, a
ricreazione, spesso si sedeva vicino a me ascoltando tutti i miei discorsi (su
Elly, Betty, le bambole, il mio canarino e altri argomenti del genere): io non
legavo con nessuna delle mie compagne di classe e di solito coloravo il quaderno
mentre gli altri bambini correvano nel prato. Parlava molto poco, ma ricordo che
ogni tanto mi diceva che presto sarebbe andato via da quel posto in un
fantastico collegio in cui aveva fatto gli studi sua madre.
Qualche tempo dopo ci siamo trasferiti a Spinner’s End in una
triste casetta grigiastra proprio sotto la fabbrica (che nel frattempo era stata
chiusa e mia madre aveva perso il lavoro), lontana da mia zia. Molti operai con
le loro famiglie (compresa quella di Betty) si erano trasferiti, le case della
squallida via cominciavano a svuotarsi, mia madre, che era stata sfrattata
(vivevano con i sussidi forniti dal governo, con qualcosa che ci dava la
parrocchia e con i modesti ricavi di qualche lavoretto che faceva) aveva
ottenuto quell’abitazione quasi gratis. Cominciai a saltare la scuola per andare
ad aiutare ogni tanto mia madre a fare dei lavoretti (lavava, stirava, puliva
una casa di gente importante).
Vicino abitavano i Piton. Ora conoscevo i genitori di Severus,
Tobias e Eileen, e spesso li sentivo litigare: non erano i soli in quella
squallida via che spesso alzavano la voce, ma il fatto che erano i genitori del
mio compagno di scuola mi faceva soffrire particolarmente.
Severus vagava spesso per il quartiere, sempre vestito in modo
eccentrico: non aveva amici. Quando mi vedeva però era gentile e mi salutava.
Un giorno Tweety, il mio canarino, è volato via: quella sciocca
di mia sorella voleva “allenarlo” a volare per casa, ma ha lasciato aperta una
finestra e il volatile è subito fuggito. Subito mi sono precipitata fuori con
mia sorella per cercarlo e ci siamo subito divise per battere tutte le strade
del paese. Avevo nove-dieci anni. Per strada ho incontrato Severus e subito gli
ho detto: “Sev, ti prego, aiutami, ho perso Tweety!”.
Lui stava vagabondando senza una meta precisa. Gentilmente mi ha
accompagnato.
Poi l’ho visto. Era sulla finestra di una casa abbandonata e
chiusa, in alto…
- Come facciamo per prenderlo? - Ho detto preoccupata.
- Non preoccuparti, Milly, ora lo chiamo. - Mi ha risposto. Poi,
con un sibilo di voce: - Tweety, vieni.
Il canarino è effettivamente sceso e si è posato, a terra,
davanti a noi. L’ho preso tra le mani ebbra di gioia e l’ho portato subito a
casa. Ero felicissima. Non sapevo come fosse riuscito a chiamarlo, ma non mi
importava. Sev era il mio eroe.
Ah, scusate, ho dimenticato di dire il mio nome: Milly Anderson,
madre di Lily, erede universale del professor Severus Piton.
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