Diario di una sopravvissuta

di CassandraBlackZone
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Per quanto la mano le facesse male, Lizzie continuò a firmare ogni libro che le si presentava davanti e ad accogliere i ringraziamenti con un sorriso sincero e i complimenti con leggero imbarazzo.
Le capitava di sobbalzare all’arrivo di qualche lupo mannaro o di uno zombie con un occhio cadente, ma si abituò presto, in fin dei conti era pur sempre la sera di Halloween.
Ogni tanto Lizzie buttava un occhio sulla vetrina della libreria per poter ammirare da dentro le strade della città addobbate dai classici festoni della vigilia dei Santi: lanterne a forma di zucca, ragnatele, pipistrelli e ogni sorta di oggetto macabro. Le strade pullulavano di adulti e bambini, tutti impegnati a fare dolcetto o scherzetto in giro per i quartieri o semplicemente approfittare di questa festività per travestirsi da mostri . Ogni volta che qualcuno entrava nella libreria portava con sé l’odore dolce delle mele candite e frittelle.
«Appena avrai finito te ne prenderò una» disse Ben, vedendo Lizzie con l’acquolina in bocca. «Stai andando alla grande.»
«Per una che ha imparato a scrivere con la mano sinistra in meno di un anno non è affatto male, eh?»
Il ragazzo scosse la testa ridendo.«Ed eccola che se la tira di nuovo.»
«Be’ me lo posso permettere.»
Pensare che fosse già passato poco più di un anno faceva molto strano a Lizzie, specialmente riderci su. La sua vita cambiò drasticamente da quando uscì dall’ospedale e non solo per la perdita del braccio destro, ma anche il radicale cambiamento di quelle stesse persone che per molto tempo l’avevano isolata. L’essere al centro dell’attenzione a scuola non era per niente cambiato, ma in compenso si trattava di un’attenzione piacevole e a cui lei non era abituata: tutti la ringraziarono per il suo gesto eroico e si scusarono per il loro comportamento che Lizzie accettò di buon grado. Ci mise un po’ a farlo con i parenti a causa di nonna Jo, che non li aveva del tutto perdonati dalla morte di suo figlio e della nuora, ma col tempo entrambe ricominciarono a rivederli. La polizia ascoltò per filo e per segno la storia di Lizzie e diversamente dalla prima volta le credettero, lasciandola tranquillamente andare viste le prove.
Fra interviste e incontri vari, dopo mesi Ben convinse finalmente Lizzie a pubblicare il suo diario che, con sua grande sorpresa, ebbe un enorme successo in tutto il mondo, richiedendo persino una ripubblicazione.
«Se poi ti fa male la mano dimmelo che ti do il cambio» si propose Ben.
«No, voglio firmali io stessa. Anche se mi venisse un crampo.»
«Ma allora io cosa ci faccio qui se non posso aiutarti?»
«Lo stai facendo. In qualità di mio cavaliere sei al mio fianco.»
Tutte le persone presenti nella libreria gemettero affettuosamente all’unisono, imbarazzando non poco il ragazzo, che subito arrossì. «S-stupida! Non dire queste cose in pubblico!»
Lizzie alzò le spalle sorridente. «Capirai. Ormai la mia vita è sulla bocca di tutti grazie a questo.»
«Touché.»
Un leggero tossicchio chiamò l’attenzione di Lizzie. «Oh scusami! Eccomi qui!»
Una mano guantata di nero pose sul tavolino la copia del libro da firmare e una voce femminile disse:«Tranquilla. Nessun problema.»
Lizzie prese in mano la penna pronta a scrivere. «A chi lo dedico?» alzato lo sguardo, la ragazza venne sorpresa da un paio di occhi di stoffa nera, ma si rilassò appena capì che si trattava di una maschera di ceramica bianca, la quale ne rimase incantata dai suoi lineamenti morbidi e femminili.
Il naso era piccolo e realistico, le labbra erano dipinte di nero ed inespressive. Quando riportò la sua attenzione sugli occhi, Lizzie ammirò le lunghe ciglia e le sopracciglia ad ali di gabbiano perfettamente simmetriche.
Il tutto era incorniciato da una folta chioma ondulata e corvina, che arrivava oltre le spalle, mentre la figura slanciata della giovane donna era coperta da un vestito nero che arrivava fino alle ginocchia, coperto a sua volta da un giacchetto di pelle bianco.
«Mi chiamo Jane» Lizzie scosse la testa al suono della voce di lei e si apprestò a scrivere.
«Scusami! È che hai davvero una bellissima maschera!»
La ragazza ridacchiò divertita. «Ti ringrazio. Sei molto gentile.»
«È davvero perfetta» si aggiunse Ben. «E anche molto originale. L’hai fatta tu?»
Jane dissentì. «No. È stata fatta apposta per me da qualcun altro.»
«A Jane. Con affetto, Lizzie. Fatto. Ecco a te! Grazie per essere venuta!» sebbene Lizzie stesse invitando Jane a prendere il libro, quest’ultima le prese la mano, sorprendendola.
«Probabilmente te l’avranno detto in tanti, ma… ho ammirato molto il tuo coraggio» la ragazza mascherata cominciò ad accarezzarle il dorso con delicatezza. La morbidezza dei guanti di velluto e la sua voce calda rilassavano Lizzie, che la lasciò fare, così da concedersi ancora qualche secondo per rimirare quella bellezza misteriosa. «Non deve essere stato facile avere avuto a che fare con lui.»
Lizzie seguì la maschera che indicava la sua protesi al braccio destro e allargò un sorriso. «No, non lo è stato, ma per fortuna ne sono uscita viva.»
«Ed è questo l’importante.»
«Già» per un attimo Lizzie ebbe la sensazione che le labbra di Jane si fossero increspate in un sorriso.
«Quel bastardo è ancora in libertà chissà dove» improvvisamente la voce di Jane si fece più iraconda, quasi minacciosa. Abbassato lo sguardo strinse leggermente la mano di Lizzie ancora tra le sue mani.«Ma sono sicura che lo troveranno e lo uccideranno. Così che possa pagare per i suoi crimini.»
«Io spero che lo lascino vivere.»
Jane alzò di scatto lo sguardo. «Come scusa?»
Lizzie cercò di fissare Jane negli occhi più che poteva, comunicandole la serietà delle sue parole.«Sai, non sei l’unica che me lo dice e io ti rispondo allo stesso modo: alla luce di quello che ho visto stando con lui, io penso che Jeff stia chiedendo disperatamente aiuto, stia cercando qualcuno che lo fermi e che lo faccia smettere.»
Jane rimase ad ascoltare in silenzio, riflettendo su ogni singola parola.
«Anche se è un assassino, lui deve essere comunque salvato.»
«Davvero la pensi così? Anche se ha ucciso i tuoi genitori?»
Lizzie si liberò dalla presa di Jane e le porse il libro, annuendo. «Sì. È quello in cui credo.»
Jane rimase incredula da quelle parole e dalla determinazione con cui Lizzie la stava fissando negli occhi, come se lei sapesse davvero dove guardare. Era pronta a ribattere e a fare altre domande, ma si accorse subito che le persone dietro di sé erano aumentate e quindi sospirò, rassegnata. «D’accordo. Rispetto la tua opinione. Grazie per la firma e la chiacchierata. Buon proseguimento.»
«Ti ringrazio. Spero di averti risposto e passa un buon Halloween.»
Le due ragazze si salutarono e Jane camminò a suon di tacchi verso l’uscita della libreria. «Che strana ragazza» disse Ben sospettoso. «La conoscevi?»
«No, mai vista. E comunque non è strana, era semplicemente curiosa. Come tutti gli altri, del resto.»
Il moro, che stava ancora seguendo con lo sguardo la ragazza, la osservava mentre attraversava la strada e si avvicinava ad un ragazzo seduto su una panchina. Era vestito tutto di nero e con il collo avvolto da una lunga sciarpa a righe nere e bianche. Strizzati gli occhi, cercò di inquadrare il volto del ragazzo, ma tutto ciò che distinse furono i suoi capelli biondi. «Ma quel ragazzo sembra…»
«Terra chiama Ben!» Lizzie agitò una mano davanti alla faccia di Ben, riportandolo alla libreria. «Potresti farci una foto?»
«Oh scusami! Eccomi» presa la macchina fotografica delle tre fan, Ben si posizionò davanti al tavolo, chiedendo alle quattro ragazze di dire cheese e dimenticando quel ricordo di un anno fa.
 
«Scusa l’attesa» attraversata la strada, Jane si avvicinò alla panchina su cui Liu era seduto, innervosito.
«Le hai parlato, vero?» chiese lui attraverso la sciarpa.
«Anche se fosse?» il ragazzo fulminò con i suoi occhi verdi quelli celesti di Jane, nascosti dalla maschera. «E non guardarmi così. C’era anche molta gente in fila. D’altronde è famosa.»
«Siamo venuti qui per cercare eventuali tracce di Jeff, non per parlare con una sua vittima sopravvissuta!»
«Intanto datti una calmata. E secondo» Jane si sedette accanto a Liu e gli tirò giù la sciarpa, mettendo in bella mostra le suture ai lati della bocca. «Non parlare con la sciarpa davanti alla bocca. Ti sento a fatica.»
«Ma che caz-…»
«E modera il linguaggio. Ci sono dei bambini.» Liu schioccò la lingua irritato, ma ubbidì. «Stiamo girando questa città da una settimana, Liu. Jeff non è più passato da queste parti.»
«Un anno. È da uno stramaledetto anno che gli diamo la caccia, ma riesce sempre a sfuggirci.» disse a denti stretti Liu.
«Probabilmente sa di noi visto che ci siamo divertiti con i suoi leccaculo in questo periodo. Mica stupido il bastardo. È riuscito a trovare persone che lo coprissero.»
«E poi dici a me linguaggio. Comunque hai ragione. A parte Elizabeth di lui non è rimasto nulla.»
Jane aprì la pagina su cui Lizzie le aveva scritto la dedica e ci passò su con l’indice destro.«È davvero una ragazza coraggiosa, ma è anche un’illusa. È fortemente convinta che Jeff possa essere salvato.»
«Tutte stronzate. Lei ha solo visto i suoi genitori morti» Liu si portò una mano al collo incondizionatamente. «Lei  non ha visto la Morte in faccia come noi due.»
I due rimasero in silenzio, lasciando che le risate dei bambini riempissero quel vuoto e il ricordo di quella terribile notte annebbiasse le loro menti: la notte in cui persero tutto e divennero qualcosa di nuovo.
«Sai, non molto tempo fa pensavo che avrei potuto voltare pagina, proprio come sta facendo Elizabeth» Jane si tolse un guanto, mostrando la mano destra deturpata da cicatrici e la passò sotto la maschera per sentire la pelle ruvida del suo viso. Ad ogni tocco, Jane si ricordava di lei legata ad una sedia vicino ai suoi genitori morti, impotente, di Jeff che le gettava addosso candeggina e benzina con il solo scopo di bruciarla viva. L’odore di pelle e capelli bruciati avevano subito sostituito l’odore invitante delle caldarroste e la terribile sensazione di soffocare impedì alla ragazza di respirare regolarmente. «Ma poi …  ripenso al fatto che se sono sopravvissuta a quell’Inferno, se sono sfuggita a quel bastardo è solo per...»
«Uccidere Jeff» concluse Liu prendendo Jane per mano. Quest’ultima si tranquillizzò e strinse a sua volta la mano di lui, scacciando via quell’incubo. «Noi ci non ci fermeremo finché non avremo portato a termine la nostra missione. Te lo giuro, Jane. Noi lo uccideremo insieme.»
La ragazza annuì a quella promessa, mentre Liu le sorrise. Homicidal Liu e Jane the Killer: due assassini che condividevano lo stesso destino e avevano lo stesso obiettivo da portare a termine con ogni mezzo e anche a costo della loro stessa vita.«Forza. È il momento di andare. Sei pronta?»
«Certamente.»
 
 
ANGOLO DELL’AUTRICE:
Buon Halloween a tutti! (Anche se in ritardo ops ^^”)
Bene. Che dire. Eccomi di nuovo su questa storia dopo 2 anni.
Da dove comincio? Qualche giorno fa mi era venuta voglia di sistemare qualcosina della mia storia Diario di una sopravvissuta e… la mia immaginazione non ha potuto non voler scrivere un 13° capitolo.
Come ho risposto a molti lettori, non so se scriverò un sequel di questa storia, ma posso dire che questo capitolo è la spintarella che mi potrebbe aiutare a procedere, visto che ho inserito Jane e un bel po’ di buchi vuoti. Non so se ho introdotto bene l’arrivo di Jane e non so se questo capitolo sia all’altezza degli altri capitoli, perciò lascio a voi i commenti e fatemi sapere se secondo voi sarebbe interessante vedere anche Jane nel sequel (sempre se mai decidessi di scriverlo).
Vi prego inoltre di segnalarmi qualsiasi tipo di errore (Conoscendomi ce ne saranno...)
Detto questo, concludo ufficialmente questa storia e… ci si vede alla prossima!
 
Cassandra




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