Noir si guardò intorno, agitato.
Il sole stava per sorgere e il suo salvatore lo stava conducendo a viso
scoperto per le vie centrali della città.
Si erano lasciati alle spalle la periferia della città in
cui avevano passato la notte ancor prima che i pescatori uscissero
dalle loro case, riprendendo la via verso nord che li avrebbe condotti
alla porta settentrionale.
Il sole era poi sorto sul profilo del mare, accompagnato dal verso dei
gabbiani e dal cigolare lento dei cardini delle porte delle case.
Razer sembrava conoscere il luogo, muovendosi tra le vie principali e
laterali con una disinvoltura quasi paragonabile a quella di un suo
abitante.
Noir lo seguiva con il viso basso e il collo incassato tra le spalle.
In quel momento avrebbe voluto avere ancora i capelli lunghi, in modo
da poter coprire almeno la parte superiore del suo volto.
- Come pensi di andartene? Con me, intendo. Le porte non sono
controllate? –
Razer si fermò di colpo, voltandosi per poter
guardare con occhi divertiti l’uomo sporco che lo stava
seguendo. Gli sorrise poi, invitandolo con un ampio gesto a coprire la
piccola distanza che li separava per potergli stare accanto.
- Ho lavorato per un po’ qui sul Continente e un
po’ di persone mi devono qualche favore. Non ti scoccia dover
essere un mercante di vasellame, per le prossime ore, vero? –
- Ma… io, il mio volto è… -
- Non ti preoccupare di quello ora. E poi, le città da
questa parte del mare non sono così fedeli al governo di
Gerala, al Tribunale o anche a quel porco del re dei draghi. Ora
però muoviamoci, non voglio che quel cane del governo possa
ritrovarci per caso. –
Razer tornò a camminare come se nulla fosse, con il suo
zaino pulito stretto sulle spalle.
Noir sospirò, tornando a guardare il terreno su cui i suoi
piedi continuavano a posarsi.
Forse avrebbe fatto meglio a rifiutare quell’offerta e
continuare per la sua strada cercando un posto tra i boschi di quella
terra.
I raggi mattutini avevano appena cominciato a tingere di rosso la parte
superiore dei muri intonacati, quando Razer decise di fermarsi davanti
a un portone a due battenti.
Un carretto trainato da un cavallo robusto passò alle sue
spalle, riempiendo l’aria dello scalpiccio dei suoi zoccoli
sulla pavimentazione della strada.
Dei pescatori che fino a poco prima avevano riempito quelle vie
già non c’era nemmeno più
l’ombra, le loro barche, probabilmente, avevano lascato la
banchina da diversi minuti, consce che non vi avrebbero più
attraccato fino a pomeriggio inoltrato.
Razer tornò a sorridere in direzione del suo compagno di
viaggio.
- Per favore, bussa tu. –
- Perché dovrei? È tuo il contatto. –
- Voglio vedere se ti riconosce, avendoti davanti. Non ti preoccupare,
anche pensasse di denunciarti non farà un passo fuori da
quel portone. –
Leggero, in sottofondo, si sentì il fruscio prodotto da una
lama d’acciaio che scivola contro il proprio fodero.
Noir sospirò, rassegnandosi a quel compito che gli era stato
dato.
Avvertì un odore selvatico forte provenire da dietro quei
battenti, ma cercò di non farci caso mentre sollevava la
mano per afferrare il battacchio lucido del portone.
Lo batté tre volte con forza, quasi sperando che nessuno
andasse ad aprirgli.
I battenti in legno si mossero verso l’interno, per poi
bloccarsi.
Un Demo dai denti snudati fece la sua comparsa ringhiando e
avventandosi sugli estranei che attendevano poco oltre la soglia.
Ebbe appena il tempo di fare un paio di falcate, prima di arrestarsi di
colpo.
I suoi ringhi divennero mugolii alla vista dell’uomo dai
capelli neri che gli stava davanti e le orecchie appuntite che gli
ornavano il muso schiacciato si appiattirono sul suo capo.
La creatura dal corto pellame si ritirò dietro una colonna,
tremante, con le mani dalle lunga dita artigliate che gli coprivano le
tempie.
- Speravo mi mostrassi il potere omicida che ti viene attribuito, ma mi
farò bastare questo. – disse Razer facendo qualche
passo avanti, per poi spostare la sua attenzione verso il cortile
interno che si nascondeva oltre quell’ingresso –
Rakre! Rakre! Dove ti sei cacciato? –
Si avvertirono dei borbottii dall’interno
dell’abitazione principale, poi una bestemmia rivolta al
Fato, infine la porta laterale si aprì, permettendo di
uscire dalla casa a un basso umano tarchiato, dai capelli rossastri e
le guance perfettamente rasate.
In mano stringeva un frustino, che calò quattro volte sulle
spalle del Demo rintanato, accompagnando ogni frustrata con
un’imprecazione.
- Rakre! Da quanto tempo che non ci vediamo! –
L’uomo tarchiato si voltò verso il portone, per
mettere a fuoco il viso dell’uomo che gli stava rivolgendo la
parola.
- Farget? Che ci fai qui? Te l’avevo detto l’ultima
volta di passare dalla porta sul retro per evitare questo stupido
animale. –
Razer rivolse un ultimo sorriso al suo compagno di viaggio, per poi
avvicinarsi al mercante dai capelli rossi.
- Scusa, me ne sono dimenticato. –
- Non so cosa gli sia preso, avrebbe dovuto lasciarvi moribondi.
–
- Credo sia colpa del mio compagno di viaggio. I Demo hanno paura di
lui, credo che sia per il suo odore, sai… -
- Farget, ma ti ascolti quando parli? Un Demo addestrato che ha paura
dell’odore di un uomo? –
- Eppure… - gli rispose Razer con uno scintillio negli
occhi. – Comunque, non sono qui per parlare con te dei tuoi
cuccioli. Ho bisogno di un favore. –
Il volto di Rakre si fece serio, con un’ultima frustata
ordinò al Demo di rintanarsi nella piccola cuccia che gli
era stata adibita, poi si voltò verso l’uomo dagli
occhi scuri che gli stava parlando.
- Cosa vuoi? –
- Due cose, ma solo una è il favore. Ho bisogno di lasciare
questa città in fretta e raggiungere Aravan ancora
più in fretta. Senza attirare troppo l’attenzione,
ovviamente. –
- L’altra cosa, invece? – lo sguardo del mercante
si fece truce, mentre le sue mani torturavano il frustino piegandolo
fin quasi a spezzarlo.
- Affari. Quanta polvere esplosiva hai pronta? –
- Polvere esplosiva? Sai che per produrre quella roba ci vogliono
più liberatorie da parte del Tribunale di Gerala che anni di
vita. Non ne ho niente. –
- Rakre. – Razer pose la sua mano sinistra sulla spalla del
mercante, stringendo la sua presa sul tessuto pregiato che gli
componeva la camicia – Sappiamo tutti e due che nessuno si
è mai potuto permettere un Demo da guardia con gli introiti
prodotti da del vasellame scadente. Te la pagherò come se
non ci conoscessimo e… sai, ho un’ottima memoria,
mi ricordo perfettamente dove abbiamo nascosto quell’agente
del Tribunale che ti aveva scoperto. Non vorrei mai che qualcuno
cominciasse a fare domande su di te. –
- Dai, Farget, siamo amici, no? Abbiamo lavorato così bene
assieme… -
- Quindi, Rakre? –
Il mercante abbassò lo sguardo, con le spalle che gli
tremavano. – Va bene. Ne ho diciassette di orci pieni, quanti
te ne servono? –
- Li prendo tutti. – fu la risposta secca di Razer, mentre
lasciava la sua presa.
- Ma sei impazzito? Come pensi di portare fuori dalla città
tutta quella roba, soprattutto ora che c’è almeno
un Demo di guardia? Quelli ci scopriranno subito. –
- Non credo. Avevo progettato un’altra cosa, ma la
capacità del mio socio di spaventare i Demo con la sua sola
presenza ci renderà molto più facile il nostro
lavoro. –
- Quando vorresti partire, quindi? –
- Il prima possibile, mio caro Rakre. Ho degli affari a Aravan che mi
aspettano. –
- Con tutta quella polvere esplosiva? Ce n’è
abbastanza per far sparare almeno cinquanta colpi a una
città intera. Stai progettando qualcosa di grosso?
–
- Non ti preoccupare, non ho in mente di dare inizio a una guerra, se
è questo che ti preoccupa. Ora, se andassi a preparare il
carro, te ne sarei incredibilmente grato. –
Il portone si richiuse alle spalle del carro, trainato da un paio di
cavalli muscolosi. Tre uomini erano seduti sulla panca in testa,
davanti a decine di orci riposti gli uni di fianco agli altri e coperti
da un telo bianco fissato a dei montanti di ferro.
Con uno schiocco di redini, le ruote presero a muoversi lungo la
strada, lentamente, portando il carro ad incolonnarsi dietro ad una
decina di suoi simili, tutti in attesa di ricevere il benestare delle
guardie cittadine per lasciare la città.
Il sole aveva fatto in tempo di arrivare ad illuminare il manto
stradale quando il carico di Rakre raggiunse la guardia e il Demo
incatenato che presiedevano quella porta nelle mura.
Razer fece un cenno all’uomo magro al suo fianco, facendo a
cambio di posto sulla panca con lui poco prima che la guardia gli si
avvicinasse con passo pesante e occhi spenti, già stanco di
quell’incombenza che lo teneva occupato da ore.
- Alt, fermi. – disse la guardia con voce meccanica
– Cosa state trasportando? –
Razer gli sorrise in risposta. – Vasellame, signore.
–
- Dove li state portando? –
- Heraga, a nord, signore. Deve controllare il carico? –
La guardia diede un’occhiata rapida al telone teso, sotto il
quale riposavano gli orci. – Passate lentamente di fianco a
quel Demo. –
Noir prese fiato per un attimo, per poi alzare il suo sguardo sulla
povera creatura dal corto pelo scuro incatenata al muro di cinta,
cercando di riportare alla mente come aveva fatto per spaventare quelli
all’ingresso di Derout.
Le orecchie del Demo si drizzarono per un momento, mentre il naso
schiacciato fiutava l’aria. Poi si bloccò di
colpo, appiattendosi contro la parete, tremante.
Il carro gli passò accanto, ma la creatura non
accennò a voler abbandonare quella posizione in cui si era
rannicchiato.
La guardia la guardò di storto, ma non fece parole e non
tentò di fermare il carro che aveva ormai passato la soglia.
Rakre cominciò a respirare affannosamente, tanto
più quanto si allontanavano dalla città.
- Ottimo lavoro, Noir. – Disse solamente Razer, senza
staccare gli occhi dal dorso dei due cavalli.
Il carro continuò a viaggiare per i due giorni successivi,
procedendo verso nord stoicamente.
Solamente nel tardo pomeriggio le costruzioni esterne di Aravan si
fecero strada nel paesaggio.
Il mare era lontano, a est, invisibile a occhio nudo. Dalla parte
opposta, la foresta reclamava il suo spazio, stagliandosi fin sui
pendii delle montagne lontane.
- Rakre, vai a farti un giro in città, per questa sera
potrai tornare a casa con il tuo carro e i tuoi soldi. –
- Ma Farget, non… -
- Rakre. – ripeté Razer con voce dura –
Ascoltami, vai a farti un giro. –
Il mercante tarchiato abbassò il capo, bofonchiando qualcosa
sommessamente, per poi scendere dal carro e incamminarsi verso la
città, facendosi lasciare indietro dalla propria merce.
- Cosa vuoi fare, ora? – chiese Noir scivolando verso il
posto vuoto che era stato lasciato sulla panca su cui erano seduti.
- Preparazione, questa notte purificheremo questa città.
– il sorriso di Razer non era divertito, aveva in
sé qualcosa di inquietante, così come la
scintilla che infiammava i suoi occhi scuri.
- Davvero dici che tutti gli abitanti sono… -
- Sono tutti mostri. Tutti gli abitanti. –
- Davvero, se ti aiuto in questo, mi darai un posto sicuro dove vivere?
–
- Te lo giuro sulla mia vita. –
Noir sospirò, nascondendo il proprio volto tra le mani.
– Cosa vuoi che io faccia? –
- Dobbiamo sistemare questi barili. –
Il sole calò presto dietro la cortina verde della foresta,
gettando una sottile coltre di oscurità tra le vie cittadine.
Razer stava in piedi accanto al carro, posto a fianco della via che da
oriente entrava nella città che, lentamente, stava svuotando
le strade dei propri abitanti, di ritorno dai campi.
Rakre comparve da una viuzza laterale, leggermente barcollante. Quando
fu sufficientemente vicino, Noir storse il naso per l’odore
di alcol che si alzava da lui.
- Sai Farget, - biascicò l’uomo avvicinandosi a
Noir senza staccare lo sguardo appannato da Razer – mentre
ero alla taverna mi sono chiesto perché mai uno come te
avesse bisogno di tutta quella polvere esplosiva in un posto del
genere. –
- Non ti interessa, te lo dico io. – fu la risposta
dell’uomo dagli occhi duri e penetranti, che non perse il suo
sorriso.
- Già. È la stessa risposta che mi sono dato. Non
mi interessa. Se però vuoi che tenga la bocca chiusa,
sarebbe il caso che mi paghi un po’ di più per il
disturbo. Si, sarebbe decisamente il caso che tu lo facessi. –
- Avanti, Rakre, sei ubriaco. Vai a casa e non fare qualcosa di cui
potresti pentirti. – continuò Razer, estraendo di
qualche centimetro il coltello che teneva al fianco dal suo fodero.
Con un movimento troppo sicuro per un uomo ubriaco, il mercante
tarchiato afferrò Noir per il collo, tirandolo a
sé e puntandogli la punta di una lama in ferro sotto il
mento.
- No, no, Farget. Mettilo via o il tuo amico farà la fine di
quel tipo del Tribunale. Ora parliamo di affari. –
Noir sentì il sangue ribollire nelle sue vene, premendo
contro le pareti, pronto a esplodere.
Il coltello dell’uomo dal polpaccio ustionato
tornò al suo posto, mentre le sue mani si alzavano verso il
cielo, aperte.
- Davvero, Rakre, non ti conviene continuare su questa strada. Dovresti
temere più quell’uomo che stai minacciando, che
me. –
- Non farmi ridere. Non è armato, l’ho controllato
la scorsa notte. Non può farmi nulla. –
Il coltello del mercante cominciò a premere verso
l’alto, cercando invano di avvicinarsi alla pelle protetta da
un sottile strato di dura melassa nera.
Il respiro di Noir si fece più corto, mentre i capillari nei
suoi occhi cominciavano a esplodere uno dopo l’altro,
incapaci di contenere la pressione che veniva esercitata al loro
interno dal suo sangue scuro.
- Ultima possibilità, Rakre. Non credo avrai ancora modo di
tornare indietro. –
- Balle! –
La punta del coltello premette con forza ancora maggiore per un paio di
secondi, per poi cadere pesantemente a terra, privata della presa che
la teneva sollevata.
Il corpo del mercante scivolò verso il suolo poco dopo, con
il cranio trapassato da un buco circolare.
Razer rimase un attimo immobile, come se stesse studiando la scena.
- Non mi aspettavo un potere del genere, da te. Ora, forza, nascondiamo
il cadavere, il nostro lavoro non è ancora finito.
–
Quando il cadavere del mercante fu ricoperto da uno strato di terra e
foglie sufficientemente alto, i due uomini tornarono a dirigersi verso
l’interno della città.
- Hai capito come devi colpirli? – chiese Razer frugando nel
suo zaino per tirarne fuori la maschera grigia che aveva indossato la
notte in cui Noir lo aveva conosciuto.
- Si, ma… non ho un’arma. –
- E quella roba che hai fatto prima? Non puoi rifarla? –
chiese indignato l’assassino, controllando
l’affilatura del proprio coltello.
- Non funziona a comando. Il mio potere mi protegge, non posso
controllarlo a piacere. –
Senza preavviso, Razer lanciò il coltello in direzione dello
sterno del compagno di viaggio, ma la lama di questo impattò
su una corazza nera che non si scalfì nemmeno
all’impatto.
- Funziona su tutto il corpo? – chiese ancora
l’uomo mascherato, raccogliendo la propria arma da terra.
- Si. –
- Mi basterà. Ricordati, un colpo al cuore, fai attenzione
alla fiammata di ritorno e impila i corpi a fianco dei barili. Ne
basteranno tre per far esplodere il primo orcio, gli altri lo
seguiranno. –
- Va bene… - fu la risposta insicura di Noir mentre seguiva
i passi dell’assassino che lo precedeva.
Avevano piazzato quattro orci in una via accanto all’uscita
di una birreria quasi al centro della città. Il locale era
gremito di gente e una calda luce rossastra usciva dai vetri sporchi
delle sue finestre.
- Non rischiamo. Il primo gruppo numeroso di quei mostri deve essere
nostro. – disse Razer con fermezza, sporgendosi appena oltre
il muro che lo nascondeva.
Era un uomo diverso da quello che aveva conosciuto nei giorni
precedenti, comprese Noir, osservando la figura scura che brandiva il
coltello che gli stava accanto.
Un vociare interruppe i pensieri dell’uomo dai vestiti troppo
larghi, riportandolo nel presente.
Due donne e un ragazzo che da poco doveva essere entrato nella maggiore
età si stavano avvicinando, parlando a voce alta tra di loro.
Razer si irrigidì appena, in attesa che gli arrivassero
più vicini.
- Sei sicuro che… - provò a dire sottovoce Noir,
ma venne interrotto da un gesto stizzito del suo compagno di viaggio.
Il gracchiare di un corvo si udì nella notte calante,
lontano.
Le donne si fecero ancor più vicine, seguite dal ragazzo,
intento a calciare una pietruzza sulla strada.
- Preparati. – disse unicamente l’assassino.
Il corpo dell’uomo mascherato scattò come una
molla, facendolo atterrare su una delle donne, gettandola a terra e
pugnalandola con un unico colpo.
Mentre le prime lingue di fuoco si alzavano da quel corpo, la lama del
coltello era già stata lanciata verso il suo compagno di
viaggio, che la prese con la mano protetta dalla melassa nera.
Noir ebbe un momento di ripensamento, alla vista del volto terrorizzato
della donna che aveva davanti a sé. Non appena,
però, questa fece per aprire a bocca per urlare,
l’istinto dell’uomo ebbe la meglio, facendogli
muovere la mano verso il punto che Razer gli aveva indicato.
Fiamme ardenti avvolsero il polso di Noir, ma non trovarono nulla da
bruciare, se non la solida melassa.
- Comincia a disporli. – disse l’assassino con la
voce modificata dalla maschera, rubando il coltello dalle mani del suo
complice, per poi scattare in direzione del ragazzo che era rimasto
attonito dalla scena.
Noir distolse lo sguardo, concentrandosi sul proprio compito per
spostare i corpi il più velocemente possibile verso quella
che sarebbe stata la loro posizione finale.
Un uomo comparve dal nulla a mezz’aria, atterrando in mezzo
alla strada.
Noir percepì il proprio sangue ribollire alla vista di quel
viso tatuato.
- Non vi lascerò scappare di nuovo. – disse
l’uomo dai ricci biondi a denti stretti, la sua mano,
intanto, stringeva saldamente un sottile stiletto.
Angolo dell'autore:
Incredibilmente, anche questa settimana sono riuscito a portarvi il
capitolo. Considerando che ho scritto un buon 60% solo di questa sera,
mi ritengo soddisfatto.
Innanzitutto, grazie a OldKey, la ragazza imperfetta e whitesky per...
tutto, più o meno. E, ovviamente, grazie a tutti voi che mi
seguite.
Oggi ho poco da dirvi, quindi, conoscendomi, verrà fuori un
poema in questo angolo.
Finalemente il Viandante si trova davanti a Razer e Noir, senza
nascondigli, senza modi per fuggire. Succederà qualcosa,
qualcosa di grosso. Al punto che, anche se scappassero, il nostro caro
ispettore Vander (per quanto abbia rinunciato a quelle vesti
burocratiche da un po' di capitoli) li potrebbe rintracciare con
facilità.
Piccolo spoiler. Nel prossimo capitolo il Viandante si darà
dell'idiota e, probabilmente, voi che mi seguite da tempo farete lo
stesso.
La prima delle due verità sta per venire a galla.
Alla prossima.
Vago |