Annusò
l'aria ed il suo stomaco
gorgogliò piano, deliziato. Era buona l'umana,
sì. Ne avvertiva l'odore fin lì.
Prede facili gli umani. Così prelibati.
Ridacchiò, seguita dai suoi piccoli.
Meritavano qualcosa di più di qualche bestia,
pensò. Avrebbe insegnato loro
com'è bello il suono di un osso che si spezza. Rise ancora,
passandosi la
lingua fra labbra rugose. Urla piccolina, urla bene, pensò.
E la tua carne sarà
ancor più tenera…
- Jocelyn posò la mano sul
grande specchio ovale. Vide una giovane donna, appena rischiarata dalla
luce
del tramonto, che indossava un modello dal gusto retrò,
largo sulla vita che si
stringeva all'altezza delle cosce. Una generosa scollatura a V metteva
in
risalto il suo seno e frange d'argento, ricostruite con cura lungo
tutto
l'abito, gli davano un perfetto tocco anni ‘20.
- I capelli rossi erano
arricciati con cura, gli occhi verdi, sotto il sapiente trucco,
sembravano più
luminosi. Si sentiva terribilmente femminile… e timida.
- Attese, continuando ad
osservare il riflesso con attenzione, ma non comparve nessuno alle sue
spalle.
Si spostò leggermente, ma intravide solo il grande letto
dalla trapunta color
blu notte. Oltre, vi era il comodino sui cui spiccava il suo
grammofono. Vi si
soffermò. Era bellissimo perché dava la
sensazione di essere antico, ma ogni
componente interno era rigorosamente moderno. A Duncan era piaciuto
così
tanto...
- Chinò il capo. Non
sarebbe apparso.
- La sua famiglia si era
trasferita a Salem, in quella deliziosa casa dalla facciata bianca,
quando lei
aveva quindici anni. Posta su due piani, al piano terra vi erano due
ampie
sale, una per la cucina, l'altra per il soggiorno, divise dalla
scalinata in
legno.
- Al primo, vi erano tre
stanze relativamente piccole. A causa di questo, aveva avvertito la sua
presenza fin dall'inizio. In determinati punti l'aria le era sembrata
più
fredda, compatta, mentre nel resto vi era calore. Bastavano pochi passi
per
rendersene conto. Aveva cercato di non darvi peso ma ne era rimasta
turbata.
- Tutto era cambiato il giorno
in cui aveva rischiato di cadere. Aveva attraversato il corridoio
troppo
velocemente, finendo per inciampare sul primo gradino, il volto proteso
in
avanti. Non si era fatta nulla perché lui l'aveva sorretta
circondale la vita.
- Questo aveva cambiato tutto.
- Aveva cercato un
contatto con lui, grazie alla tavola Ouija, ma senza successo. Aveva
vinto la
sua riluttanza quando avevano deciso di svuotare la soffitta e, fra le
cianfrusaglie dimenticate dai vecchi proprietari, avevano trovato dei
vecchi dischi
che partivano dagli anni 20.
- Aveva compreso quanto
li amasse perché aveva sentito una mano gelida posarsi sulla
sua. Si era ritrovata
a sorridere. Nell'ascoltarli, ne era rimasta così
affascinata…
- Una notte, al chiaro di
luna, lo aveva visto. Dietro di lei, allo specchio. Alto, fra i venti e
trent'anni. Occhi color ambra, i capelli neri che gli ricadevano in
morbide
onde ai lati del volto e con indosso un completo scuro a doppio petto.
Sembrava
uscito dal film "Il Grande Gatsby". Si era voltata, non trovando
nessuno. Aveva sorriso, provando un tuffo al cuore.
- La sua voce le era
giunta come un bisbiglio. Aveva così scoperto che non
ricordava nulla oltre il
nome. Niente gli era familiare. Si era ritrovato prigioniero di quella
casa,
senza poterne uscire.
- Non avevano più smesso
di parlare e, per i successivi anni, il suo mondo si era fermato con
lui.
Duncan era così dolce, intelligente e comprensivo! Avevano
sempre parlato di
tutto, senza timori. Era stato il primo a cui aveva mostrato i suoi
disegni.
L'aveva incoraggiata quando nessun altro aveva voluto credere in lei.
Questo
l'aveva resa una donna sicura delle sue capacità.
- Con nessun altro aveva
creato un simile legame e per causa sua non aveva mai avuto una
relazione.
Nessuno aveva retto il confronto. Duncan era… speciale.
Quante volte le aveva
fatto trovare il letto coperto di petali? Sapeva quanto li amasse.
- Lanciò un'occhiata a
destra, dove vi era un piccolo caminetto spento. D'inverno si
accucciava lì,
leggendo a voce alta per lui. Spostava
lo specchio quel tanto che bastava per darle la pallida illusione che
le fosse
accanto. Si coprì gli occhi con una mano. Così
patetico, pensò. Ma non aveva
rimpianti.
- Il loro idillio era
terminato così, lei in piedi, intenta ad osservare il suo
riflesso. Guardandola
intensamente, le aveva chiesto di scegliere un'università
che fosse ben lontana
da Salem… e di non tornare. Seppur fosse giunta alla stessa
conclusione, si era
ritrovata ad annuire fra le lacrime. Il tempo dei sogni era finito.
Doveva
vivere la sua vita.
- Per due anni aveva
evitato di tornare. Un'agonia che tuttavia non aveva vinto la
profondità dei
suoi sentimenti. Il suo cuore si riempì di tristezza. Era
per lui che si era
vestita così. «Una volta sola, Duncan. Ti
prego!»
- Dal giardino le giunse
la voce di un gruppo di bambini intenti a cantare una filastrocca.
- «Scende la
notte,
- viene con le
gambe storte
- ciondola
piano, ti porta via lontano!»
- Si affrettò ad
asciugarsi le lacrime. Avrebbero bussato per il solito "dolcetto o
scherzetto". Non era il caso di farsi trovare così.
- Respingendo ogni altro
pensiero, scese dabbasso. Cliccò sull'interruttore, posto
accanto al tavolino
dell'ingresso, su cui vi era una zucca piena di dolcetti, ma la luce
non si
accese. Un calo di corrente ad Halloween?
- Imprecando
silenziosamente, aprì il cassettino del mobile dove sua
madre, prima di partire
per il weekend, aveva lasciato varie candele e un accendino. Benedette precauzioni, pensò,
accendendone una. La inserì in un portacandele, lasciandola
sul tavolino. Lo
sguardo le ricadde sul nuovo portone. Era un oggetto antico in mogano
su cui
era stata intagliata una sinuosa fanciulla con il volto sollevato ed i
capelli
che si scioglievano sul corpo, richiamando le onde dell'oceano
irrequieto.
- «Sopravvivrà alla notte
più folle?»
- Non era insolito che
molti approfittassero di situazioni simili. Avrebbe dovuto stare
attenta. Udì
un lieve raspio. Lanciò un'occhiata al minuscolo specchio
d'argento appeso al
muro. Aveva l'aria avvilita, ma pazienza. Nessuno vi avrebbe badato.
- Blackout.
- Sbatté le palpebre. La
porta era aperta. La mano si stava aggrappando convulsamente al
pomello.
- Stava tremando… sempre
più velocemente.
- Quando? Perché?
- Vi erano due bambini
sulla soglia. Non riusciva a distogliere lo sguardo. Portavano abiti di
fattura
medievale. Alle loro spalle vi era un'oscurità penetrante,
la stessa che
dominava i loro occhi, come se avessero catturato il mondo,
soffocandolo.
- Orbite senz'anima.
- Non un suono. Una
risata.
- Indietreggiò
bruscamente, finendo quasi per inciampare sui gradini.
- «Possiamo entrare?»
- «No.»
- Non si rese conto di
averlo detto. Perché… si sentiva
così… indifesa?
- La loro espressione
parve indurirsi. Si ritrovò ad avanzare verso di loro,
contro la sua volontà,
il terrore che cresceva ad ogni passo. Era come se una miriade di vermi
le
stesse strisciando addosso, nel tentativo di ficcarsi dentro di lei. Si
aggrappò alla porta, ma si ritrovò proiettata in
avanti, sulle punte dei piedi,
vinta da una forza misteriosa.
- Una mano le oscurò la
vista. S'irrigidì.
- «Joy!»
- Vi era una sola persona
che la chiamava così…
- «Non guardarli mai negli occhi. Hanno
il potere di
persuaderti a fare quello che non vuoi.»
- Duncan.
- Fece un profondo
respiro, sollevata dall'ondata di benessere che la travolse.
Disorientata, lo
vide oltrepassarla. Qualcuno le artigliò i capelli,
strappandole un urlo. Cercò
di liberarsi e dallo specchio uscì una testa. Aveva il naso
adunco, occhi
stretti, un'impeccabile crocchia.
- «I bambini
hanno fame!» esclamò con voce
gracchiante e nefasta.
- La sua espressione di
giubilo distorto dalla follia fu più potente di qualsiasi
minaccia.
- Lei si divincolò e
Duncan corse in suo aiuto, spingendola bruscamente via. Lo vide
afferrare lo
specchio mentre la donna urlava, allungando le mani ad artiglio, nel
tentativo
di cavargli gli occhi.
- Fu come ricevere uno
schiaffo. Afferrò i tacchi e glieli lanciò
contro, colpendola in pieno. La
vecchia gridò, colta di sorpresa, e fu vitale per Duncan,
che gettò lo specchio
contro i bambini e chiuse bruscamente la porta.
- Secondo Blackout.
- Che cosa era successo?
- Realizzò di essere
stretta fra le sue braccia, le mani sul suo torace. Era così
freddo. Lo fissò
stralunata. «Ti sto toccando. E ti vedo!»
balbettò.
- Le afferrò il volto fra
le mani. «Ascoltami, abbiamo poco tempo. Su quella porta vi
è impressa la
maledizione di una potente strega. Ad Halloween conduce in un'altra
dimensione dove tutto è possibile.»
sottolineò.
- «Spiegami
perché!» urlò Joy.
- «Fuggì in quella
dimensione, giurando che non sarebbe trascorso un solo anno senza
vendicarsi
dell'Inquisizione di Salem. Così è stato. Lascia
che i suoi adepti facciano
quello che vogliono e la scelta è casuale.»
- «Un caso!» ripeté
incredula. «Come fai a saperlo, io…»
- Le strinse le braccia,
strofinandole piano. «Qualsiasi cosa accada, non uscire da
qui.»
- Seppur frastornata, lei
annuì. Le indicò la candela. Stava galleggiando a
mezz'aria.
- «Le candele devi
considerarle un segnatempo. Quando
si
spegnerà, sarà sorta l'alba. Dobbiamo solo
resistere. Non possono entrare senza
il tuo consenso.»
- Il sollievo che provò
durò poco.
- «Quella donna non è
potente quanto la strega,» esclamò Duncan,
lanciando una cupa occhiata alla
porta. «Ma lo è abbastanza da creare un passaggio
tramite gli specchi. Dobbiamo
gettarli tutti dalle finestre. È chiaro?» la
sollecitò.
- Soffocò l'impulso di
urlare. Come aveva fatto a dimenticarsene?
«Sì.»
- Fu lui a impartire gli
ordini. Lei in bagno, lui nella stanza dei suoi genitori. Quando si
allontanò,
dovette vincere l'impulso di seguirlo.
- Andò in cucina e da uno
dei cassetti tirò fuori un coltello. La finestra alle sue
spalle vibrò. Alzò la
testa di scatto. Uno dei bambini era lì, le mani premute sul
vetro.
- «Fammi entrare!»
- Joy distolse lo sguardo
e fuggì di sopra.
- Il bagno era immerso
nel buio. Sul lato destro, gabinetto e vasca. A sinistra il lavandino e
lo
specchio rettangolare. Di fronte vi era la finestra.
- Afferrare, aprire,
gettare.
- Si spostò con cautela,
rasente al muro. Lo afferrò per un angolo, inghiottendo a
vuoto. Riuscì a
sganciarlo, avendo cura di rivolgere la superfice riflettente ben
lontano da
lei. Non perse tempo. Raggiunse freneticamente la finestra. Una mano le
artigliò la gola. Annaspò in cerca d'aria. Lo
specchio cadde. La testa della
vecchia fece capolino e lei non ci pensò due volte a
piantarvi la lama. Lo
specchio si contorse in una bocca enorme. Tremando, Joy aprì
la finestra e
gettò via l'oggetto.
- Un tonfo tremendo le
strappò un sussultò. Uscì di corsa e
si scontrò contro qualcosa di solito.
Urlando, alzò le mani prima di realizzare che era Duncan.
Non ebbe il tempo di
dirgli nulla. La trascinò nella sua stanza dove il suo
specchio era riverso a
terra e si contorceva. Una figura vi stava emergendo. Lo afferrarono
insieme,
buttando via anche quello.
- Era stata lei ad aprire
la finestra? Lui?
- Lo vide afferrare la
sua trousse e gettarla via. Uscire, tornare, accedere alcune candele.
Anch'esse
presero a fluttuare nel vuoto.
- La consapevolezza di
tutto quello che era successo le piombò addosso di colpo.
Prese a tremare
incontrollabilmente e lui si scostò. Gli afferrò
la mano, scuotendo il capo.
«Non è colpa tua. Io…»
balbettò in un sussurro.
- Non riuscì ad
aggiungere altro ma lui parve comprendere e la sua espressione si
addolcì. «La
mia Joy.»
- Le sfuggì un
singhiozzo.
- «Sei stata bravissima.»
- Lo era stata davvero?
Tremò. Senza di lui non avrebbe retto.
- Le porse la mano da
perfetto gentiluomo. «Abbiamo tutta la notte e niente da
temere.»
- Joy dovette mordersi il
labbro per non piangere. Abbandonò il capo sulla sua spalla,
avvertendo la
pressione del suo braccio sui fianchi. Canticchiando Unforgettable,
danzò con lei.
- Fra le sue braccia Joy
dimenticò tutto. Il mondo, con i suoi mostri, si dissolsero.
Vi erano solo loro
due. Quanto aveva desiderato di poter vivere un momento così?
- Il corpo di Duncan
stava diventando sempre più caldo.
- «Mi sei mancato così
tanto!» bisbigliò. Avvertì le sue
labbra contro la fronte. «Sono contenta che
sia successo. O tu non saresti qui, con me.»
- Lui sembrò
impensierirsi. «Non ho mai smesso di pensare a te. Sai bene
perché mi sono
allontanato. Sei diventata una donna a cui non posso offrire
nulla.»
- «Ma ora sono qui.»
- Duncan distolse lo
sguardo ma Joy gli catturò il volto fra le mani,
avvicinandolo al suo. «Se non
ora, quando?»
- Il loro bacio fu
delicato come una carezza.
- Se il prezzo per vivere
i suoi sogni era passare l'inferno, era pronta a viverne altri cento.
Contro la
sua mano avvertì qualcosa d'inaspettato.
- «Sento i battiti del
tuo cuore.»
- Lui scosse il capo.
Cercò di scostarsi ma lei si rifiutò di lasciarlo.
- «Quando l'incanto di
quella porta si è attivato, è scattato qualcosa
dentro di me. Non sono umano.»
- «Cosa vuoi dire?»
- «I miei ricordi sono
ancora confusi, non posso essere più chiaro.»
ammise. «Sono nato in un mondo
dove i tuoi incubi sono reali.»
- La verità la colpì con
devastante chiarezza. La porta non era altro che una via fra dimensioni
diverse. Lui veniva da lì. La maledizione, come anche le
streghe e ciò che
erano in grado di fare. In che altro modo poteva sapere tutto questo?
- «Mi rifiutai di
piegarmi ai voleri di qualcuno che mi gettò qui, come
spettro, con l'intento di
punirmi. Non sono diverso da quelle creature.»
- Il cuore di Joy si riempì di amore.
Posò una mano
all'altezza del suo cuore e si portò la sua al petto.
«Conosco il tuo cuore
così come tu conosci il mio. Umano o no resti
l’amore della mia vita.»
- Gli parve di sentirlo
tremare impercettibilmente. Duncan spinse la fronte contro la sua,
strofinando
il naso sul suo, cercando infine le sue labbra. Intrecciò le
mani con le sue,
baciandole il palmo come se fosse prezioso.
- «E di fronte alla tua
soave grazia, persino io non posso che arrendermi.»
- Non vi fu più spazio
per le parole. Tutto si perse in un sogno rimasto a languire.
Desiderato da
entrambi troppo a lungo per poter resistere oltre.
- Pelle contro pelle.
Nessun lembo a dividerli. La passione li travolse. I gemiti che gli
sfuggivano
ad ogni movimento dei loro corpi… tutto la
inebriò, lasciando dentro di lei
tracce indelebili.
- Duncan la guidò in una
danza che diventò il centro del suo mondo. Joy premette la
fronte contro la
sua, affondando le mani fra i suoi capelli, amandolo lentamente,
desiderando
che non finisse mai. Nessuno l'aveva mai fatta sentire così
amata e desiderata.
Era nata per lui. Lo baciò. E Duncan aveva bisogno di lei.
Socchiudeva gli
occhi come se stesse ricevendo una grazia. Lesse nel suo sguardo le
stesse
tracce di solitudine che avevano minacciato di sopraffarla. Lo
abbracciò con
più forza, abbandonandosi alle sensazioni che li travolsero.
- Joy riprese contatto
con la realtà lentamente, ritrovandosi cullata fra le sue
braccia, distesi sul
letto, le gambe intrecciate. Per quanto la gioia fosse grande,
l'inquietudine
la investì.
- «Cosa succederà
all'alba?»
- «Non lo so. Ma non vado
da nessuna parte.» la rassicurò, coccolandola
teneramente. «Non mi potrai
vedere ma mi potrai sentire. Sarò sempre accanto a
te.»
- Per quanto ne fosse
felice, si ritrovò a stringerlo, divorata dall'ansia.
Desiderava molto di più
per Duncan. Poteva sperare che la maledizione fosse stata infranta?
- Un brusco tonfo li mise
in allerta. Veniva dalla soffitta. Non poteva esserci alcuno specchio,
pensò
Joy. A meno che sua madre… Si scambiarono un'occhiata
inquieta e senza dire una
parola, si alzarono di scatto, vestendosi in silenzio.
- Uscirono insieme,
fermandosi ai piedi della scalinata. Appesa al muro, vi era una sbarra
che lui
afferrò. Tutto quello che doveva fare era agganciarlo alla
maniglia che
s'intravedeva in alto e tirar giù la scaletta.
- «Tu resta qui.»
- «Duncan…»
- «No, Joy! Lascia che me
ne occupi io.»
- Annuì con riluttanza,
vinta non dalla sua determinazione ma dal timore di essergli
d'intralcio.
Uscendo dal bagno, per poco non lo aveva colpito. Lo seguì
con lo sguardo.
Poteva non essere umano, ma gli sarebbe bastato usare la sbarra?
- Qualcosa luccicò ai
suoi piedi. Un frammento di specchio. Così piccolo da
sembrare una perla. La
sua bocca e le braccia serrate di colpo. Sentì un fetido
respiro sfiorarle la
nuca. Guardò in alto e le si ghiacciò il sangue
nelle vene. Vi era un mostro.
Aveva il dorso di un uomo ed il corpo di un ragno. Nero come pece,
orbite rosso
sangue ed una bocca piena di canini aguzzi colmi di bava.
- Avrebbe urlato, se solo
avesse potuto. Rifiutando di arrendersi, lo morse, ritrovandosi con la
bocca
impastata da una sostanza disgustosa. Sul punto di vomitare, Joy si
ritrovò
prigioniera dei suoi artigli pelosi e trascinata via.
Rabbrividì nel vedere le
zampe arcuarsi contro i muri, ma gettando indietro la paura,
affondò le unghie,
cercando di liberarsi.
- Non poteva finire in
quel modo, pensò disperata.
- La porta era sempre più
vicina.
- L'oscurità si trasformò
in un abisso.
- Lanciò un'occhiata alle
candele. Si erano quasi completamente sciolte.
- No…
- Diventò tutto irreale.
- Duncan sarebbe sceso.
Non avrebbe trovato nessuno. Avrebbe capito.
- E dire che mancava così
poco.
- Era finita.
- Nell'atto di
oltrepassare la soglia, la bestia si bloccò, emettendo urla
strazianti.
- Tutto accadde così
rapidamente.
- Joy si ritrovò libera.
Una delle zampe la colpì, stordendola. Sbatté su
un fianco, mentre una sbarra
di ferro spuntava dal torace di quell'essere. Non riuscì a
capire, non subito.
Poi vide Duncan, l'espressione dura, gettarlo nell'abisso.
- Il tempo di sorridere…
- La bestia si aggrappò
alla gamba di Duncan, trascinandolo con sé.
Riuscì a liberarsi quando aveva
ormai attraversato la soglia. Mentre l'essere veniva trascinato via,
Joy
allungò le braccia, ma le sue mani non oltrepassarono la
porta. Vi era come un
muro invisibile. Freneticamente tentò ancora, a suon di
pugni, finché la verità
non la divorò.
- Era troppo tardi.
- Perse la capacità di
sentire. Parlare. Pensare.
- Il suo sguardo incrociò
quello di Duncan. Anche se non si muoveva, si stava allontanando sempre
di più.
Con quell'espressione così immensamente dolce, le
regalò un ultimo sorriso.
- «Vivi, Joy.»
- Era il suo modo di
dirle addio.
- Incontrollabili, le
lacrime le rigarono il volto. «No!»
urlò. «Non è giusto!»
singhiozzò. «Non
può finire così! Non
tu!»
- Lui scosse il
capo. «Non
le merito quelle lacrime.»
- Quanta tristezza
velavano quelle parole?
- «Ti amerò per sempre,
Joy.»
- «Duncan!»
- La voce di Joy risuonò
con forza e si perse nella tranquillità dell'alba. Niente
più oscurità.
- Solo il suo giardino.
Le case placidamente addormentate, fiocamente illuminate, che recavano
le
tracce della notte trascorsa.
- Joy si rannicchiò in
posizione fetale, versando lacrime disperate. Inconsolabile, non smise
un solo
istante di pronunciare il suo nome. Il suo cuore era stato
irrimediabilmente
fatto a pezzi.
- Duncan…
-
Postilla
La storia diventerà un
romanzo e proseguirà.
- Ho dovuto operare
numerosi tagli per rientrare nelle 3000 parole del contest degli
Ambasciatori
di Wattpad e non posso negare che la storia ne ha sofferto. Io ne ho
sofferto
nel rileggerla e mi son promessa che non lo avrei lasciato
così. Ecco perché ho
messo quel titolo: "Frammenti di Unforgettable. Se vi è
piaciuta almeno un
po', se volete, vi avvertirò ben volentieri appena
uscirà il romanzo, sempre
qui su Wattpad.
- Piccola Curiosità: è legato ad
un'altra storia (The Lord Of The Dark Pleasure) la cui protagonista
finisce ad
Abyssum. La pubblicherò entrò poco tempo.
- Lasciatemi ringraziare dal
profondo del cuore:
- Kiri che nonostante fosse super
impegnata, ha comunque trovato il tempo per correggerla!
- Ninive super beta che vede sempre
quello che sfugge!
- @bloodyclaudine
@_zero_e_lode_ @AbigailDyan
@Emma_Jane84.
Il vostro supporto e incoraggiamento è stato vitale!
- Infine, ma non meno importante,
il brano che ho scelto. Risulterà antiquato per molti ma per
me la musica è
senza tempo e questa, è davvero fra le più belle
al mondo. Inizialmente, volevo
un brano degli anni 20 ma una mattina mi son svegliata con il motivetto
di "Unforgettable"
in testa e per puro caso, ritrovai il video che guardai da bambina.
Erano stati
proprio loro a farmene innamorare. Mi son detta che era il destino.
Niente
poteva più competere. Non per me. Ecco perché mi
son presa la libertà di inserirvi
il testo.
https://youtu.be/MKCyUe4syc4
"Unforgettable"
Unforgettable, that's what you are
/ Indimenticabile, questo è
ciò sei tu
Unforgettable, though near or far
/ Indimenticabile,
per quanto vicina o lontana
Like a song of love that clings to me / Come una canzone
d’amore che si
aggrappa a me
How the thought of you does things to me / Come il
pensiero di te che mi
tormenta
Never before has someone been more
/ Mai
prima nessuna è stata più
Unforgettable in every way / Indimenticabile in ogni modo
And forevermore (and forevermore) / E per sempre
That's how you'll stay (that's how you'll stay) / È
così che resterai
That's why darling, it's incredible / Ecco
perché tesoro, è incredibile
That someone so unforgettable / Che qualcuno
così indimenticabile
Thinks that I am unforgettable too / Pensi che anche io
sia
indimenticabile
No, never before has someone been more /
Mai prima nessuna è stata più
Ooh unforgettable (unforgettable) / Indimenticabile
In every way (in every way) / In ogni modo
And forevermore (and forevermore) / E per sempre
That's how you'll stay (that's how you'll stay) / È
così che resterai
That's why darling it's incredible / Ecco
perché tesoro,
That someone so unforgettable / È incredibile
che qualcuno così
indimenticabile
Thinks that I am unforgettable too. / Pensi che anche io sia
indimenticabile
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