❀ SE SON ROSE FIORIRANNO ✿
Ad arrivare in ritardo, quel giorno, fu Uenoyama. A dire il vero lui
non ci voleva nemmeno andare in sala prove, ma Haruki aveva insistito.
«Ce ne hai messo di tempo, Uecchi!»,
esclamò il biondo, alzando una mano in segno di saluto.
Era seduto per terra, davanti alla batteria di Kaji, e al suo fianco
c'era anche Mafuyu. Il corvino non pensava di vederlo, a causa della
febbre che l'aveva costretto a letto dopo il loro primo live come band,
e la rabbia gli fece bollire il sangue nelle vene.
«Tu non dovresti essere qui», affermò
con tono lugubre, evitando però il suo sguardo con la scusa
di dover appoggiare la chitarra contro il muro.
«Ho mangiato tutto il pudding che mi hai portato e sono
guarito», rispose Mafuyu col suo solito candore, senza
rendersi conto dell'imbarazzo che creava ogni volta ad Uenoyama.
Haruki e Kaji incrociarono lo sguardo, parlandosi con gli occhi come
spesso facevano, poi il ragazzo dai lunghi capelli biondi si
schiarì la gola e sollevò il pc che aveva tenuto
sulle gambe fino a quel momento.
«Vi ho riunito qui oggi perché ho avuto da Take il
filmato della nostra esibizione live e ho pensato che sarebbe stato
bello guardarlo insieme».
Mafuyu guardò il bassista con espressione stupita ed
ammirata, mentre Kaji sollevò un angolo della bocca e si
alzò dal proprio sgabello per chinarsi alle spalle di Haruki
e guardare lo schermo con le mani sulle sue spalle. Uenoyama non fu in
grado di muovere nemmeno un muscolo.
La tensione pre-concerto, la voce di Mafuyu, ciò che era
successo in seguito... era pronto ad affrontare le conseguenze delle
proprie azioni?
«Uenoyama-kun», lo chiamò lo stesso
Mafuyu, allungando una mano verso di lui ad invitarlo a raggiungerlo.
Il corvino si ritrovò al suo fianco senza nemmeno rendersene
conto, come se quel ragazzo fosse il burattinaio e lui la marionetta,
comandata da corde invisibili; le stesse corde che si erano
ingarbugliate intorno al suo cuore la prima volta che l'aveva sentito
cantare, in quell'angolo baciato dal sole degli spalti della palestra
scolastica dove solitamente si concedeva un pisolino.
Erano passati solo due mesi da allora, ma gli sembrava che fosse
trascorsa una vita intera.
Haruki fece partire il video amatoriale e il cuore iniziò a
battere forte nel petto di Uenoyama, così forte che temette
che Mafuyu potesse sentirlo.
Il modo in cui le parole cantate dal castano squarciavano l'aria, come
un grido di dolore, era paralizzante. Non aveva mai sentito - mai - una voce
così carica di sentimento come la sua; forse era per questo
che il suo volto e le sue parole erano così pacate e a
tratti inespressive, perché era quello il modo in
cui era nato per comunicare: cantando.
Alla fine dell'esibizione Haruki cliccò il tasto Pausa e si
voltò a guardare gli altri membri del gruppo, carico di
aspettative.
«Beh, c'è ancora molto da migliorare, ma come
prima volta devo dire che hai spaccato, Mafuyu-chan»,
esclamò Kaji, dandogli una pacca sulla spalla. Quindi si
voltò verso Uenoyama: «Tu che ne pensi,
Ue-sama?».
Il chitarrista però non riuscì a muoversi, con
gli occhi ancora fissi sullo schermo del pc, in particolare
sull'immagine freezzata di Mafuyu che si era abbandonato col capo
contro la sua spalla e lui che sorridendo gli aveva portato una mano
tra i capelli sudati. Perché l'aveva fatto? E
perché poi, dietro le quinte, aveva fatto quella cosa?
«Uenoyama? Ehi, ti senti bene?».
No, non si sentiva bene. Affatto.
Si portò entrambe le mani tra i capelli e poi si
allargò il colletto della maglietta con due dita,
lamentandosi: «Non trovate che faccia terribilmente caldo qui
dentro?».
«Che cosa?».
«Sì, sembra un forno!».
Bassista e batterista si scambiarono un'altra occhiata e il primo, con
indosso una felpa a causa dell'aria condizionata, aprì la
bocca per rispondere che non era vero, ma rimase in silenzio per via di
Mafuyu, il quale si era sporto verso Uenoyama e gli aveva portato una
mano sulla fronte per misurargli la temperatura.
«Scotti, Uenoyama-kun», esclamò, per poi
assumere quell'espressione da cucciolo di pomerania che lo faceva
sciogliere e al contempo infuriare. «È colpa mia,
ti ho attaccato la febbre costringendoti a rimanere con me l'altro
giorno».
Uenoyama trasalì e reagì come non avrebbe dovuto,
scacciando via la sua mano e rispondendogli con tono stizzito:
«Smettila di fare l'idiota».
Quindi si alzò ed ignorando le domande degli amici
uscì dallo studio.
Si rifugiò nell'area fumatori, nella speranza che nessuno
andasse a cercarlo lì visto che non aveva mai toccato una
sigaretta in vita sua. L'odore di fumo non fece che peggiorare il suo
mal di testa, ma poteva sopportarlo pur di stare da solo. Purtroppo non
lo rimase a lungo: Akihiko Kaji, il batterista dai capelli rossi e con
la faccia spaventosa, entrò nella stanza e gli rivolse un
ghigno derisorio.
«È la febbre che ti rende così
scontroso, Uecchi?».
Il chitarrista voltò il capo e chiuse gli occhi, mugugnando:
«Lasciami in pace».
Kaji si sedette al suo fianco e tirò fuori il pacchetto di
sigarette per prenderne una direttamente con le labbra ed accendersela.
Aspirò a lungo e poi soffiò il fumo verso il
soffitto, rispondendo: «Come vuoi. Sappi però che
Mafuyu ci è rimasto molto male. Pensa che tu sia arrabbiato
con lui per qualche motivo».
«Non è così».
«Allora con chi ce l'hai?».
Uenoyama strinse gli occhi e li aprì, voltandosi verso il
più grande. «Con me stesso»,
confessò.
Kaji ridacchiò. «Inizi ad assomigliarmi un po'
troppo, lo sai?».
Gli scompigliò i capelli con una mano, mentre con l'altra si
toglieva la sigaretta dalla bocca e lasciava cadere la cenere nella
torretta davanti a loro.
«Raccontami che cos'è successo, avanti».
Il corvino abbassò gli occhi sulle proprie mani, le stesse
mani che avevano accarezzato i capelli di Mafuyu e il suo volto, e si
disse che Kaji era già stato in grado di aiutarlo una volta,
parlandogli della propria esperienza. Di certo l'amico ne sapeva
più di lui in fatto di drammi amorosi, tanto valeva
ascoltare il suo parere.
Uenoyama gli spiegò di essere andato a casa di Mafuyu dopo
aver saputo della sua malattia e di averlo guardato dormire per quelle
che gli erano sembrate ore. Tanti pensieri gli erano passati per la
testa - uno tra tutti di voler diventare il protagonista della sua
prossima canzone - e altrettanti dubbi. Non era riuscito infatti a
chiedergli se anche lui provasse i suoi stessi sentimenti e
più tempo trascorreva più iniziava a temere di
essersi semplicemente lasciato trasportare dall'adrenalina del momento.
«E se l'avessi baciato solo per via di quella canzone? Se non
fossi innamorato di lui, ma della sua voce?».
Kaji, rimasto in silenzio fino ad allora, spense il mozzicone della
sigaretta e poi gli avvolse un braccio intorno al collo, attirandolo a
sé per scompigliargli i capelli con maggior vigore.
«Oi, Kaji-san, smettila!».
«La smetto se ammetti di essere uno stupido».
«E perché dovrei? Io...».
«Ti ricordi la prima volta che portasti qui
Mafuyu?».
Uenoyama alzò gli occhi in quelli di Kaji, confuso.
«Certo, ma questo che cosa c'entra?».
«Allora non l'avevi mai sentito cantare, o
sbaglio?».
Quelle parole lo lasciarono letteralmente a bocca aperta e il
batterista sogghignò, ritenendosi soddisfatto. Lo
lasciò andare e guardando dritto di fronte a sé
ammise: «Mi sono posto anche io la tua stessa domanda, tanto
tempo fa. Capire se si è innamorati di una persona o della
sua musica non è semplice, ma nel tuo caso lo è.
Non per questo però devi buttarti a capofitto su Mafuyu,
eh!».
«Che cosa?!». Uenoyama, rosso d'imbarazzo, scosse
il capo. «Non ne ho alcuna intenzione!».
«Dagli tempo», aggiunse il batterista.
«Com'era quel proverbio? Se son rose fioriranno».
Uenoyama pensò che quel proverbio era proprio azzeccato:
spesso e volentieri, chissà perché, aveva visto
intorno a Mafuyu un'aura rosata e piena di fiorellini.
Quindi posò il mento contro lo sterno ed incrociò
le gambe, sentendosi all'improvviso stanchissimo, tanto da non riuscire
a tenere aperti gli occhi. Ma c'era assolutamente una cosa che voleva
chiedere all'amico.
«Kaji-san...».
«Uhm?».
«Tu come sei riuscito a capire se eri innamorato di quella
persona o della sua musica?».
Il silenzio che ottenne in risposta lo costrinse ad alzare il volto.
Non si aspettava di scorgere un sorriso venato di tristezza aleggiare
sulle labbra del pel di carota, per questo si ritrovò a
sgranare gli occhi. Tuttavia prima che potesse rispondere la porta
della stanza si aprì e Haruki capitolò
all'interno, sorridente come sempre.
«Finalmente vi abbiamo trovato!»,
esclamò e Uenoyama notò alle sue spalle anche
Mafuyu, con gli occhi bassi e il collo stretto tra le spalle.
Ah, non riusciva proprio a resistergli! Innamorato o meno, nei suoi
confronti avrebbe sempre provato una sorta di istinto protettivo, lo
stesso istinto che gli aveva impedito di declinare la sua richiesta di
diventare il suo insegnante di chitarra.
Il corvino si alzò e lo raggiunse per posargli una mano tra
i capelli ed abbozzare un sorriso. «Mi dispiace per prima,
non ce l'ho con te».
Mafuyu lo guardò con quei suoi occhi incredibili che,
insieme al sorriso che gli rivolse, furono in grado di fargli perdere
definitivamente le forze.
Avvertì le palpebre abbassarsi e il suo corpo diventare
leggerissimo, poi due braccia sorreggerlo. L'ultima cosa che
sentì prima di svenire fu il profumo di Mafuyu nelle narici.
Quando riaprì gli occhi riconobbe la sua camera e con fatica
si tirò sui gomiti, domandandosi come ci fosse arrivato.
Si tolse la pezza bagnata che aveva sulla fronte, ormai tiepida, e, al
contrario del caldo che aveva provato in studio, uscendo dal piumone
venne attraversato dai brividi di freddo. Ciò nonostante
aprì la porta e percorse il corridoio fino a raggiungere la
soglia del salotto, da dove provenivano delle voci.
Sentì i capelli rizzarsi quando vide sua sorella e Mafuyu
seduti l'uno davanti all'altra al tavolino basso e con una tazza di
té tra le mani.
Che diavolo ci faceva lui lì? E di che cosa potevano mai
parlare quei due?
«Yayoi-san, posso farti una domanda?».
La ragazza, dai capelli corvini come il fratello, bevve un sorso di
té ed annuì.
«Uenoyama ha la ragazza?».
Il chitarrista si portò le mani sulla faccia, desideroso di
cavarsi gli occhi, ma tenne ben tese le orecchie.
«Non credo, no. Da quando ti ha conosciuto c'è
stata solo la musica nei suoi pensieri. Ma perché me lo
chiedi?».
Il castano si strinse di nuovo nelle spalle e parlò col
solito tono pacato: «Qualche settimana fa l'ho visto con una
sua compagna di classe e nonostante fossi curioso non volevo che
pensasse che fossi un impiccione, così non gli ho chiesto
nulla».
«Capisco».
«Ho sentito che è molto popolare tra le
ragazze...».
«Oi!», sbottò Yayoi, fissandolo con gli
occhi stretti a due fessure. «Non credo che tu sia solo
curioso, sai? Non è che per caso ti piace mio
fratello?».
Oh mio Dio!
Uenoyama, ancora nascosto dietro l'angolo, avrebbe voluto sprofondare.
Raramente pensava che avere una sorella così diretta fosse
un vantaggio e quella non era decisamente una di quelle rare volte.
«Certo che mi piace. Uenoyama-kun è il
massimo», fu la semplice risposta di Mafuyu, e la sua voce
tranquilla fu in grado di spiazzare entrambi i fratelli, anche se in
modi molto diversi: Yayoi lo catalogò un sempliciotto che
non aveva ben capito il reale significato della domanda - e per questo
decise di non approfondire - mentre Uenoyama si sentì
vibrare da capo a piedi: le corde del suo cuore erano appena state
accarezzate ed avevano prodotto il più bello ed armonico
degli accordi.
«Vado a vedere se la febbre si è
abbassata», sospirò Yayoi ad un tratto, alzandosi.
Il chitarrista si affrettò a tornare in camera da letto per
infilarsi sotto il piumone e fingere di essersi appena svegliato.
«Ah, allora sei vivo!», esordì la
sorella con un ghigno, avvicinandosi per prendere la pezza umida dal
comodino ed immergerla in una bacinella d'acqua fredda.
«Akihiko ti ha portato qui in spalla, lo sai? È
davvero un figo...».
Yayoi sospirò afflitta per via di quell'amore non
corrisposto e gli sistemò la pezza di nuovo fresca sulla
fronte.
«Ah, di là c'è il tuo nuovo amico. Ha
insistito per rimanere, ma se vuoi posso mandarlo via. Sarà
anche bravo a cantare, ma mi sembra un po' strano».
«No, uhm... fallo venire qui».
La sorella lo scrutò per qualche istante, con un
sopracciglio inarcato; poi scrollò le spalle e se
andò.
Uenoyama aspettò l'arrivo di Mafuyu col cuore che gli
correva nella cassa toracica, ma quando lo vide sulla soglia si
tranquillizzò immediatamente.
«Non era necessario che restassi», gli disse mentre
si avvicinava al suo letto.
Mafuyu gli sfiorò la guancia con la mano, più o
meno come aveva fatto lui qualche giorno prima, e gli rivolse uno dei
suoi rari sorrisi.
«Tu sei rimasto per me».
«E guarda che cosa mi ha portato».
«Mi dispiace».
Vedendolo rabbuiarsi, il corvino si diede dell'idiota e
ridacchiò, afferrandogli la mano che aveva allontanato.
«Ehi, stavo scherzando!».
Riottenuta la sua attenzione, aggiunse piano: «Sono contento
che tu sia qui».
Rimasero in silenzio a lungo, godendo semplicemente della presenza
dell'altro, e Uenoyama avrebbe trascorso tutta la vita in quel modo,
alternando momenti di lucidità ad altri di dormiveglia con
un'unica costante: la mano di Mafuyu stretta nella propria. Ad un
tratto però la sua mente decise di infrangere la quiete
riportando a galla i timori espressi a Kaji e l'inquietudine crebbe
fino a quando non riuscì più a rimanere in
silenzio.
«Mafuyu...».
«Dimmi».
Mi dispiace.
Ho fatto bene a baciarti?
Sono geloso del tuo ex.
Tu cosa provi per me?
Sono uno stupido.
Mille cose gli passarono per la testa, ma nessuna raggiunse le sue
labbra.
«Se son rose
fioriranno».
«Per quanto tempo puoi rimanere?», gli
domandò alla fine, senza trovare il coraggio di aprire gli
occhi per incrociare i suoi.
«Per tutto quello che vorrai».
Uenoyama rinsaldò la presa delle loro mani e sorridendo si
riaddormentò.
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Okay, ciao!
Ehm... Che dire? Chi mi segue sulla mia pagina
facebook sa che recentemente sono andata in fissa per
"Given", questo manga che ho scoperto per caso mentre controllavo le
uscite di novembre. (Il primo numero esce in Italia il 10, quindi
andate tutti in fumetteria a comprarlo!) Su internet ho letto e riletto
i primi 12 capitoli, gli unici tradotti in inglese al momento, e
niente... sto in fissa. Così in fissa che ieri ho scritto
questa piccola OS sulla OTP che presto diventerà canon, ne
sono certa. Ci vuole qualche gioia nella vita e loro lo sono!
♥
Ringrazio chi
ha letto fino a qui e chi mi farà sapere che cosa ne pensa!
Un bacio e a presto!!
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