Navigare con fermezza

di SparksFly13
(/viewuser.php?uid=260463)

Disclaimer: questo testo è proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


 

Chi sono? Chi voglio essere?

Navigo su una barca senza remi in balia delle onde.

Ondeggia a destra, a sinistra, su, giù.

Quando il mare si calma, la barca naviga con tranquillità verso un porto a me sconosciuto.

Le stelle indicano la strada, ma la tentazione di perdersi è troppo forte.

Girare il timone nel senso giusto non è il mio forte, non lo è mai stato.

Non lo è neanche remare con fermezza.

La tentazione di cedere alla corrente è dirompente e così, senza neanche accorgermene, il vento mi spinge lontano dal nord.

Il nord, il nord, il nord. Da sempre punto di riferimento di molti marinai, obiettivo costante, sicurezza indiscutibile. E mentre cerco il mio nord sembro tornare indietro, protendermi verso un'altra meta.

Navigo su una nave troppo stretta, non è capace di contenere tutto ciò che mi porto dentro.

Comincio a gridare, ma non dico niente.

Nessuno può sentirmi.

Mentre mi specchio nel mare mi vedo diversa, mi vedo nuova, e ad ogni onda l'immagine cambia e muta come muta il tempo.

Pioggia, neve, grandine, vento. Ondeggio e navigo.

L'obiettivo sfuma mentre torna il sereno. 

L'importante è rimanere a galla ripeteva sempre mia madre. Adesso, però, la sua voce mi sembra diversa, nuova, ma soprattutto, mi appare lontana. 

Il canto materno sfuma con la nebbia e rimane in me una strana dolcezza.

Non c'è nessuno a guidarmi con il suo canto.

Tutti vogliono farmi credere che ormai sono diventata grande, adulta, indipendente.

La realtà dei fatti, però, è che non si smette mai di avere bisogno di certezze, di sicurezze e di un consiglio amico.

Voglio tornare indietro, invertire la rotta, recuperare il cammino, ma mentre grido aiuto, vedo la terra.

O' che gioia nel vedere un porto sicuro a cui approdare, che gioia vedere che esiste, dopo tutto, una certezza.

La nave, però, arranca, fatica ad andare avanti. Le mie insicurezza salgono a bordo e la rendono sempre più pesante.

Giù, giù, più giù. Non vedo la luce. Ho bisogno di aria. 

Troppi fori sul fianco della nave, troppi dubbi si insinuano nella mia mente. 

Sprofondo in quella parte del mare in cui alla luce non è concesso arrivare.

Non c'è fondo in questo abisso, non c'è appiglio per darmi la spinta e risalire. 

Ora capisco di non essere una persona adatta ad approdare, a toccare la terra ferma. 

Il mio posto è l'ondeggiare delle onde, il vento che fa scompigliare i capelli, la libertà di non avere meta.

Mi abbandono dunque a quello che sarà, al futuro incerto, senza previsioni. 

Il mare, se vuole, mi sussurrerà dove andare.

È ora di cercare l'equilibrio, il mio equilibrio, un equilibrio nuovo. 

Non c'è nessuno a dirti dove andare, nessuno ad indicarti il nord. 

Devi nuotare con le tue gambe, trovare in te la spinta per risalire.

Non guardarti indietro; la terra ormai è lontana. 

Non ci sono mani pronte a sorreggerti, non ci sono canti di culla pronti a consolarti. 

 

 

Sento il bisogno di lottare, intuisco la necessità di provare, credere, avere fede.

La nave è affondata, ma la vita, o' cara vita, si riaffaccia e mi chiede di credere in lei. 

Ho anch'io un posto nel mondo? Esiste un porto in cui ripararmi?

Forse sì o forse no, ma vale la pena tentare.

È tempo di credere in me e essere libera perché il nord non è una meta, ma una ricerca continua.





Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3718624