Capitoli di efp
La
debole magia del suo corno illuminava a malapena le nude pareti della
grotta; l’oscurità densa e compatta la costringevano a
procedere lentamente, tastando con lo zoccolo ogni metro che faceva
prima di avanzare. Era già inciampata una volta, ed uno sperone
di roccia le aveva graffiato il ginocchio destro. Più avanzava,
più lo sentiva bruciare.
Ma
la sua determinazione era tanta, e comunque non avrebbe dovuto mancare
ancora molto - quella con cui si stava esercitando con Spring Rain e
Glitter Drops era una palla grossa e pesante, non poteva essere
rotolata via come una pallina da tennis!
L’unica
cosa buona di quell’immensa grotta era la sua linearità.
La piccola pony non aveva dovuto confrontarsi con un bivio o con dei
bruschi cambiamenti di percorso, giusto una leggera curva che era
peró bastata a impedirle la visuale dell’entrata. Da quel
punto si era fatto tutto più buio e silenzioso, ma la bambina
aveva la sensazione di esserci quasi.
“Non
può distare molto di più - si disse mentre controllava in
quel metro quadrato di grotta - deve essersi fermata da queste
parti…”
Mentre
zampettava cautamente in cerca della palla, si ritrovò a fissare
due profondi solchi impressi nella roccia. Lì per lì non
capì di cosa si trattasse, ma quando un malsano odore di putrido
le pizzicò il naso, tutto si fece drasticamente più
chiaro.
Voltando
la testa, si ritrovò ad osservare un mucchietto di tranci di
carne andati a male, pezzi di animali che un tempo dovevano essere
stati anche parecchio grandi. Subito le prese un blocco allo stomaco, e
sentì le sue zampe pietrificarsi per un attimo, e la criniera
rizzarlese addosso.
Qualche
animale molto grosso doveva abitare quella grotta, qualcosa di
abbastanza grosso da poter incidere con unghie e zanne le pareti della
caverna, qualcosa di abbastanza pericoloso e forte da poter abbattere
un cervo e farlo a pezzi.
La
puledrina sentì un sudore freddo scenderle lungo le tempie e un
brivido passarle rapido per la spina dorsale. Si sentì mancare,
per un attimo, e credette di star per svenire. Ma in qualche modo,
riuscì a sopravvalere sulla paura e a spostarsi di un passo in
avanti.
“Qualsiasi
cosa sia… - ignorò i solchi per terra e cercò di
non pensare al fetore - non può essere qui dentro,
adesso… la palla l’avrebbe svegliato, no? Quindi se non ho
ancora visto niente significa che non è in casa…”
Mentre
provava a convincersi a non aver paura, con lo zoccolo toccò
qualcosa nel buio, e quel contatto le fece prendere uno spavento non da
poco. Balzò all’indietro soffocando un gridolino, con il
cuore in petto che le martellava come un tamburo impazzito. Ma
abbassando la testa per illuminare la zona, si lasciò andare ad
un sospiro di sollievo quando vide che aveva urtato proprio la palla
che stava cercando.
«Ah…
finalmente...» sospirò sotto voce a sé stessa, con
le zampe che ancora le tremavano dallo spavento.
Utilizzò
una magia di levitazione, con la quale era piuttosto brava, e
sollevò la palla gialla e rossa all’altezza della sua
testa.
«Bene
- bisbigliava con un impercettibile tono di voce - bene, eccoci qui.
Ora… ora faremo meglio ad andarcene...»
Ma
sentì le sue gambe resisterle, di nuovo. Il cuore le era ripreso
a batterle con forsennazione. Rizzò le orecchie, credendo di
aver sentito qualcosa.
«...Non era niente...» si disse, ma intensificò la magia del corno per fare più luce.
Con gli occhi sgranati, scrutava l’ombra informe davanti a lei, con il terrore di scorgere un qualche movimento.
Con
un’enorme forza di volontà, staccò una zampa
posteriore da terra, con l’intento di indietreggiare, ma un nuovo
rantolo la gelò.
Un cupo brontolio, per un attimo, aveva rotto il silenzio.
Davanti
a sé, credette di aver visto qualcosa muoversi. Appoggiò
la zampa in terra, e combattendo la paralisi iniziò a sgusciare
lentissimamente indietro. Con le orecchie ancora ben dritte, i sensi
acutizzati, indietreggiava lentamente facendo attenzione a non far
rumore. Ma qualcosa nel buio lo fece al posto suo. Vide della pagliuzza
volarle davanti agli occhi, e qui la pony lanciò un gridolino.
Poi un altro, profondo muguglio, un borbottare soffuso che ricordava il
russare di un drago.
“Ma i draghi vivono in montagna… di solito” cercava di rassicurarsi lei, senza molti risultati.
Sapeva
che la cosa più logica da fare, nella posizione in cui si
trovava, sarebbe stata voltarsi e correre - i pony vantavano una
muscolatura perfetta per correre velocemente e per lunghe distanze, era
risaputo che spesso si salvassero scappando quando in
difficoltà. Ma era al buio, in una grotta dal pavimento
instabile e aspro, e correndo avrebbe potuto attirare con più
facilità l’attenzione di
qualsiasi-cosa-si-nascondesse-lì su di sè.
Un altro borbottio, più lungo e acuto, e poi un paio di brillanti occhi gialli le apparvero improvvisamente davanti.
L’unicorno
strillò, lasciando cadere la palla e voltandosi nello stesso
momento in cui l’Ursa Minor si stava alzando in tutta la sua
imponenza ruggendo all’intrusa.
Non
potè avanzare di tre passi che una potente zampata la
investì, lanciandola dall’altra parte della grotta -
momenti di panico in cui non sentì il terreno sotto i piedi -
per poi farla schiantare contro la dura roccia. Picchiò la testa
con violenza, e per un attimo perse i sensi. Appena riaprì gli
occhi vide la gigantesca figura dell’orsa fissarla a qualche
metro di distanza, mentre avanzava verso di lei con pesanti passi. E
appena realizzò di essere ancora viva, nonostante
l’ingente colpo che avesse preso, riuscì ad alzarsi e a
trottare verso l’uscita.
Sentiva
l’adrenalina, venutale in soccorso, bruciarle nelle vene, mentre
il respiro le si spezzava in petto e lacrime di dolore iniziavano ad
affiorarle al bordo degli occhi. L’Ursa dietro di lei
continuò ad inseguirla, ma lei non si guardò mai
indietro, correndo il più velocemente possibile completamente
alla cieca.
Per
un paio di volte inciampò e subito si rialzò. Non stette
a pensare al dolore del ginocchio, al bruciore dei polmoni che aveva in
petto, la ferita che le aveva inferto la gigantesca bestia con i suoi
artigli. Continuava a correre, con la testa libera da ogni pensiero, e
corse fino ad intravedere l’uscita. Corse verso la luce, con le
lacrime agli occhi, intravedendo le shilouette dei suoi due amici.
«Scappate! - sentì sgorgarle dal profondo della gola - scappate! C’è un’Ursa Minor!»
Poi uscì alla luce. E tutto si fece bianco.
La
giovane unicorno si svegliò di colpo, con il cuore in gola. Era
la terza volta che si svegliava quella notte. Rabbrividì,
nascosta sotto le coperte, e sempre con la mente annebbiata
iniziò ad interrogarsi se tutti quei sogni, in realtà,
non fossero altro che sogni. Una silenziosa speranza che iniziò
ad affiorarle nel petto. Non era così raro che dei sogni si
spacciassero per realtà, e che fosse impossibile stabilire
chiaramente se fossero sogni o realtà, appena svegliati.
Nascondendo
anche a sé stessa la sua idea, con la paura che potesse
trattarsi di una vana speranza, scivolò silenziosamente
già dal letto. Sentì subito il ginocchio farle male, ma
non volle rinunciare alla sua speranza. Magari era solo un crampo
dovuto ad una posizione strana che aveva assunto nel sonno.
Avanzò, attenta a non far rumore per svegliare i suoi, verso il
bagno. Entrò a testa bassa, senza il coraggio di guardarsi allo
specchio. Sentiva il suo giovane cuore robarle in petto, dicendole che
era la verità, che era successo davvero. Ogni fibra del suo
corpo iniziò a ricordarsi della giornata precedente. Ogni ferita
iniziò a pulsare con dolore, l’occhio martoriato
continuava a lacrimare. Lei non si arrese, nonostante sentisse il suo
volto venire rigato da lacrime amare. Accese la luce, ad occhi chiusi,
e si portò davanti allo specchio. Alzò lo sguardo con
vaga fierezza, come per ricordarsi che era coraggiosa e non doveva
temere la verità. Poi aprì gli occhi.
Si
ritrovò di fronte un piccolo pony, impaurito e sperduto, dal
manto prugna strappato in alcuni punti, parti che erano state fasciate
con bende candide. Vide il volto di una giovane puledra, la sua aria
distrutta, i suoi capelli spettinati. Vide l’occhio destro,
ancora rosso, attraversato di netto da una mostruosa cicatrice rosea;
rammentò le parole del dottore: “E’ un vero miracolo
che tu ci veda ancora! Non preoccuparti, la vista tornerà come
nuova in una manciata di giorni”.
Ma
se le ferite potevano rimarginarsi, le cicatrici smettere di bruciare,
il suo occhio tornare a funzionare… poteva il suo corno
ricrescere?
Un
moncone puntuto, ecco cosa vide. Il suo corno spezzato, o il rimasuglio
di quello che era stato il suo corno. Sentì un brivido scuoterla
nel profondo. Poi il primo singhiozzo, poi un altro. Vide la sua
immagine riflessa mordersi le labbra per non riprendere a piangere,
come aveva fatto per tutta la sera, dopo che si era accorta della
perdita. Ma non poteva fermarsi, non ne era capace. Vide le prime
lacrime scenderle copiose sulle guance, e a quel punto abbassò
lo sguardo, chiuse gli occhi e pianse, prima in silenzio, poi scossa da
singhiozzi sempre più prepotenti. Pianse per dei minuti.
Continuò
a piangere quando, impauriti, i suoi genitori erano accorsi per vedere
cosa fosse successo. Continuò a piangere quando suo padre la
prese sotto una zampa per dirle che sarebbe andato tutto bene,
continuò a piangere quando anche sua madre
l’abbracciò. Un vuoto profondo era l’unica cosa che
provava in quel momento. Un dirupo oscuro che non avrebbe più
smesso di allargarsi per molto tempo, e che mai si sarebbe rimarginato
del tutto.
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Commento d'autore
Da
anni grandissima fan dei My Little Pony, tento oggi di approdare su
questo lato di EFP dedicato ai pony colorati più famosi del
mondo.
Dopo un periodo di piattezza, la magnificenza di Tempest Shadow mi ha
fatto riscoprire il magico mondo dei pony. E la sua triste storia
passata mi ha acceso per la prima volta l'idea di scrivervi sopra una
fan fiction - mai avevo scritto qualcosa sui Pony, se non sporadici
fumetti!
Spero che la storia sia di vostro gradimento. Qui allego il link del
libro da cui ho tratto ispirazione, un estratto offerto dalla Hasbro
sulla storia di questa magnifica villain:
https://www.hasbro.com/common/assets/image/Printables/f0c7980050569047f5de28496ca8092b/99141fe650569047f5a192596fd00d7b/991A025850569047F5CFEE3FE09E84AD.pdf
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