Alice guardò fuori dal finestrino dell’auto:
c’era un bel sole in cielo, e poche nuvole. Sua sorella
sonnecchiava accanto a lei, dopotutto stavano viaggiando da
più di due ore. Non sapeva con certezza dove
stessero andando, sapeva solo che si trattava di un altro orfanotrofio.
Un altro fottutissimo orfanotrofio. Dorothy aprì un occhio e
si guardò intorno.
-Quanto manca ancora?-
-Non molto, appena una mezz’ora.-
Quando arrivarono non si stupirono molto, dopotutto era solo un
semplice orfanotrofio, come molti altri.
-”Wammy’s House”..chissà
questa volta quanto resteremo qui..- Dorothy ripetè ancora
una volta il nome, a bassa voce. Poi presero i rispettivi bagagli.
All’ingresso, ad aspettarle, c’era un signore
anziano.
-Ciao, benvenute, io sono Roger-
-Salve, io mi chiamo Alice e questa è mia sorella-
-Dorothy-
-Piacere di conoscervi. Bene, se volete seguirmi, vi
mostrerò la vostra camera- Mentre attraversavano il
corridoio, Roger mostrava loro le stanze: le classi, la biblioteca, la
mensa..
La loro era una normale camera, con una finestra che dava sul cortile a
lato dell’edificio. Dopo aver disfatto le valigie, Alice
andò a curiosare in giro, mentre Dorothy restò
nella stanza ancora per un po’. Dette un’occhiata
fuori dalla finestra: giù nel cortile alcuni ragazzi stavano
giocando a calcio. Li guardò giocare ancora per un
po’, poi andò a farsi una doccia.
Alice si guardò intorno. In realtà non sapeva
bene dove andare..in giro c’erano tanti ragazzi e ragazze.
Due ragazzi sudati, uno rosso e uno biondo, le passarono vicino. Le
classi erano vuote, in mensa e nella biblioteca non c’era
quasi nessuno. Mentre camminava notò un ragazzo senza scarpe
accovacciato vicino al muro che stava facendo un puzzle completamente
bianco. Ma non era solo il puzzle ad essere bianco: il ragazzo infatti,
che doveva avere all’incirca la sua stessa età,
aveva dei capelli spettinati e molto chiari, bianchi. La
ragazza rimase un po’ a guardarlo mentre faceva e disfaceva
il puzzle con una velocità impressionante. Nessuno gli
rivolgeva la parola, allora gli si avvicinò.
-Ciao!- Alice non voleva essere scortese, così
aspettò che il ragazzo le rispondesse
-Ciao..- disse con tono distratto, continuando a mettere pezzi bianchi
sul puzzle.
-Io mi chiamo Alice, sono arrivata da poco con mia sorella, tu come ti
chiami?>
-Mi chiamo Near..-
-Perché non sei a giocare con gli altri ragazzi?-
-Sto bene così..- Non sembrava che a Near
dispiacesse chiaccherare, anche se il tono della sua voce,
così distratto, potesse far pensare il contrario. Parlarono
ancora un po’, poi Alice fu richiamata dalla voce di sua
sorella.
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