Oggi
è il terzo anniversario della mia prima pubblicazione su EFP.
Dedico questa storia a tutti voi, come ringraziamento per avermi
sopportato (e supportato), leggendo i miei racconti. Ciò che vi
apprestate a leggere è una fiaba, composta da tre capitoli, che
saranno pubblicati tutti oggi. Questa favola è stata pensata
come storia della buonanotte per i figli di Mycroft e Greg, nello
strano universo Omega della serie che sto pubblicando ora “E le
stelle stanno a guardare”. Per chi non lo conoscesse, in quello
strano mondo gli Alfa sono vampiri, i Beta sono licantropi e gli Omega
sono gli unici procreatori per entrambe le razze, altrimenti sterili.
Per leggere questo racconto, comunque, non è necessario
conoscere la serie, in quanto sono storie completamente indipendenti.
I personaggi di “Sherlock” non mi appartengono. Questo
racconto non ha scopo di lucro. Se dovesse ricordare altre storie,
chiedo scusa, ma sarebbe involontario.
Buona lettura.
C’era un tempo, oramai lontano, in cui sulla Terra viveva la
nobile razza dei Draghi. Animali intelligenti e fieri, erano di grandi
dimensioni, potendo arrivare fino a venti metri di altezza; camminavano
eretti su due grandi zampe e ne avevano altre due più piccole
alle cui estremità c’erano le mani con lunghi e affilati
artigli al posto delle unghie. Su un collo grosso e corto era poggiata
la grande testa, dotata di una cresta dura e tagliente, che difendeva
tutta la fronte. Il muso era allungato con le narici alle
estremità; gli occhi, con le iridi generalmente gialle,
risaltavano come gemme illuminate dal sole. Tutto il corpo era coperto
da sottili squame, che variavano nelle molte tonalità del verde,
del marrone o del nero e che proteggevano i Draghi
dall’acqua, in caso di pioggia, o respingevano il calore del
sole, quando era piena estate. All’estremità opposta della
testa c’era una lunga coda liscia e avevano grandi ali, che
permettevano loro di volare. Erano, inoltre, capaci di comunicare con
tutti gli altri animali. Se la loro imponente figura non era
sufficiente a spaventare possibili aggressori, potevano difendersi con
il fuoco che facevano uscire dalla bocca. I Draghi erano
generalmente di indole docile e pacifica, ma, come in ogni specie,
esistevano delle eccezioni e quando un drago era malvagio, era molto
difficile difendersi dal suo attacco.
Essi vissero sicuri e tranquilli fino alla comparsa di una nuova specie
di mammiferi, che cominciò a popolare la Terra, sempre
più numerosa: l’Uomo, che, spaventato dalla potenza e
dalla imponenza fisica dei Draghi, iniziò a cacciarli,
distruggendone le uova e portandoli sulla via dell’estinzione.
Essi furono, così, costretti a nascondersi nei luoghi più
remoti della Terra, per cercare di sopravvivere.
I posti in cui i Draghi potevano nascondersi divennero sempre meno
numerosi e sempre più inaccessibili. Oramai ridotti a pochi
esemplari, i Draghi trovarono rifugio in una valle nascosta da montagne
impervie e qui vissero, dimenticati dagli Uomini.
Il ricordo della loro reale esistenza si perse con il trascorrere dei
secoli e rimasero solo le favole, che le mamme raccontavano ai figli
per farli addormentare.
In realtà, essi vivevano nella Valle dei Draghi e non avevano
più avuto contatti con gli Uomini. Solo i racconti dei Draghi
più anziani ricordavano il terrore di quei tempi bui, ma per i
giovani erano solo favole narrate per impedire loro di andare oltre
l’altissima parete, che proteggeva la valle dal mondo esterno.
Erano state messe persino delle sentinelle, affinché i piccoli
non potessero avventurarsi fuori, mettendo in pericolo la sopravvivenza
della specie. Inoltre, erano state stabilite punizioni severissime per
chi cercasse di passare i pochi valichi aperti. Nella valle c’era
tutto ciò di cui essi avevano bisogno: acqua e piante con cui
nutrirsi, grotte in cui ripararsi e spazio a sufficienza per muoversi.
Ciononostante, capitava che qualche giovane drago cercasse di passare
oltre le montagne, pensando che la vita nella valle fosse noiosa e
desiderando esplorare l’esterno in cerca di avventura. I
controlli, però, erano stati sempre molto severi ed erano secoli
che nessun Drago lasciava la valle.
Un incontro imprevisto
Era una mattina come tante altre. Il sole era alto nel cielo, ma non
faceva ancora tanto caldo. Gli adulti sedevano pigramente sotto gli
alberi in riva al lago azzurro, in cui si riflettevano nuvole bianche
dalle forme bizzarre, che si spostavano nel cielo sospinte da una
leggera brezza. I draghi più piccoli stavano giocando
allegramente a nascondino, mentre quelli adolescenti avevano formato un
gruppetto seduto non molto lontano dagli adulti.
“Che noia. – sospirò Ecciù, un maschio dal
manto verde scuro – Tutti i giorni le stesse cose. Ci
alziamo, mangiamo, veniamo a sdraiarci in riva al lago, mangiamo,
torniamo qui, aspettiamo che il sole cali e andiamo a dormire. E il
giorno dopo ricomincia tutto da capo, uguale al precedente.”
“Che cosa proporresti di fare di diverso?” chiese Beal, una femmina dal manto nero.
“Non saprei… sarebbe bello sapere che cosa ci sia oltre le montagne.”
“E proprio tu avresti il coraggio di superare le sentinelle e i
valichi?” lo canzonò Xint, un maschio dal manto marrone
chiaro.
“Credi che non ne sarei capace?” si scaldò Ecciù.
“Vuoi scommettere?” insistette Xint.
“Ragazzi, non dite assurdità. – si intromise Ylial,
una femmina dal manto verde chiaro – Sapete benissimo che
esistono leggi e punizioni severe contro chi tenti di superare la
barriera.”
“Certo che lo sappiamo. – ribatté Xint, con
sufficienza – Ed è per questo che sono sicuro che
Ecciù non avrà mai il coraggio di trasgredire alle
regole. Ce lo vedete il bravo, dolce, remissivo e pavido Ecciù
fare qualcosa che mammina non approverebbe?” Terminò,
esibendosi in una risatina derisoria.
Ecciù era furibondo. Lui e Xint non erano mai stati
particolarmente amici, ma non poteva permettere che lo denigrasse
davanti agli altri giovani draghi. Soprattutto davanti a Ylial!
“Ti farò vedere io chi è che non ha coraggio!” sibilò e si allontanò dal gruppo.
Ylial gli corse dietro: “Ecciù fermati! Che cosa vuoi
fare? Lascia stare quello che ha detto Xint, sai che gli piace
provocarti. Non puoi fare una cosa così stupida solo per non
dargliela vinta.”
“Credi anche tu che io sia un vigliacco attaccato alla coda della mamma, vero?!”
“No! Lo sai…”
“Lasciami in pace!” Ed Ecciù corse via lasciando di sasso la povera Ylial.
Per sbollire la rabbia, Ecciù continuò a camminare senza
meta, fino a trovarsi nei pressi di uno dei valichi. Si fermò e
guardò a lungo l’alta catena montuosa che circondava la
valle proteggendola dall’esterno. I draghi guardiani ne
sorvegliavano gli ingressi per impedire che qualcuno uscisse o
entrasse, ma era da così tanto tempo che non accadeva nulla, che
l’attenzione era molto calata. Infatti Ecciù sentì
un leggero russare e, seguendo quel debole suono, arrivò vicino
a una feritoia, davanti alla quale dormiva placidamente un adulto.
C’era spazio sufficiente per passare. Avrebbe potuto uscire,
prendere qualcosa, che nella valle non esisteva, per dimostrare che
fosse stato all’esterno, e tornare prima di sera. Avrebbe
ricacciato in gola a Xint la sua stupida risatina beffarda. Avrebbe
dimostrato a Ylial che lui era un drago degno di lei. E se anche lo
avessero scoperto e punito, ne sarebbe valsa la pena.
Facendo meno rumore possibile, girò intorno al guardiano e si
infilò nella stretta fessura. Dovette strisciare contro la dura
parete e percorrere un lungo sentiero impervio, ma giunse alla fine
della stretta galleria e si ritrovò in una grotta profonda. Con
molta circospezione uscì dall’anfratto e cominciò a
perlustrare il bosco che ne nascondeva l’entrata, alla ricerca
della prova che avrebbe dimostrato il suo coraggio a Xint e Ylial. Non
trovando nulla che lo soddisfacesse, lentamente si spinse sempre
più lontano, ma, improvvisamente, si rese conto di avere perso
ogni punto di riferimento.
Preso dal panico, iniziò a correre, cercando la via di casa, ma inutilmente.
Sul fare della notte, si accovacciò sotto la folta chioma di una
grande quercia secolare e pianse disperatamente. Come poteva tornare a
casa? Che cosa avrebbero pensato di lui i genitori e gli amici, se non
che era stato sciocco e avventato? Come avrebbe potuto nascondersi ai
terribili Uomini, contro cui la madre lo aveva tanto messo in guardia?
Era sì un giovane drago, ma pur sempre alto oltre sette metri e
lungo dieci, coda compresa! Era difficile che riuscisse a passare
inosservato per molto tempo. Sapeva che nessuno sarebbe venuto a
cercarlo, per non mettere in ulteriore pericolo il loro rifugio sicuro.
Era solo, in un mondo sconosciuto e ostile.
Preso da questi pensieri disperati, il giovane drago pianse fino ad addormentarsi.
Il bosco, nel quale Ecciù si era addormentato, faceva parte di
un piccolo regno, che si affacciava sul mare da una parte ed era
circondato da alte montagne dall’altra. Re Andrew Watson di
Bradley, ultimo discendente maschio e Alfa della famiglia che governava
da lungo tempo su quelle terre, le amministrava con giustizia e
saggezza. Anche la sua sposa, la regina Kathrine, era molto amata dal
popolo. Il matrimonio era stato allietato dalla nascita di un unico
figlio, John, che era un Omega. Il principe era un giovane bellissimo,
con i capelli biondi e occhi azzurri, che presto avrebbe compiuto venti
anni. Molte famiglie avevano proposto i propri figli, come consorti per
il principe John, ma lui ostentava un carattere terribile, che faceva
fuggire ogni pretendente, causando non pochi dispiaceri ai regali
genitori. A dire il vero, il giovane era sempre generoso e disponibile,
ma diventava inesorabilmente intrattabile appena il padre gli
presentava qualche principe aspirante a sposarlo.
Essi vivevano in un castello intorno a cui sorgeva un villaggio e alte
mura massicce li proteggevano entrambi da eventuali nemici. In
realtà, le mura erano molto antiche, perché da lungo
tempo il regno viveva in pace e armonia con i vicini. Tutti sapevano
che, se John si fosse sposato e re Andrew fosse morto, il regno di
Bradley avrebbe finito di esistere, assorbito nei possedimenti del
regale consorte del principe. E se anche lui si fosse rifiutato di
sposarsi, difficilmente sarebbe sopravvissuto un regno governato da un
Omega. Era per questo che il re cercava un degno erede da far sposare
al figlio, ma John era ostinatamente contrario e il padre non aveva
cuore per imporsi perché non voleva renderlo infelice.
Quel giorno John lasciò il castello con una piccola scorta per
andare a trovare una principessa di cui era molto amico. La carrozza su
cui viaggiava passò attraverso il bosco in cui il drago si era
addormentato. Vi erano entrati da poco, quando il cocchiere fu
costretto a frenare d’improvviso: davanti ai cavalli si erano
parati tre uomini mascherati e armati. Le guardie della scorta
tentarono di intervenire, ma vennero fatte cadere da cavallo da altri
uomini usciti improvvisamente dal bosco. John si affacciò al
finestrino: “Che cosa sta succedendo? Perché ci siamo
fermati in questo modo?”
“Ci scusiamo con vostra altezza, - disse uno dei banditi, con
voce rauca e canzonatoria – ma vorremmo invitarla a unirsi a noi
per qualche minuto. Giusto il tempo di prendere la chincaglieria che
porta addosso, poi la lasceremo andare al suo importantissimo
appuntamento.”
Gli altri banditi risero sguaiatamente. John scese dalla carrozza
impettito e paonazzo: “Signori, voi non sapete chi sono io.”
“Oh, si sbaglia, sappiamo benissimo chi lei sia, principe John.
E’ per questo che siamo sicuri che abbia con sé tante
belle cosette, di cui può tranquillamente disfarsi senza morire
di fame. Mi consegni i suoi gioielli e il suo denaro senza fare tante
storie e andremo tutti per le nostre rispettive strade felici e
contenti.”
Il principe lo guardò dritto negli occhi per nulla intimorito
dalla situazione: “Vieni a prenderli, se hai coraggio,
fellone.”
I banditi rimasero sorpresi da tanta spavalderia, ma il loro capo non
poteva certo farsi mettere i piedi in testa da un spocchioso ragazzino,
oltretutto Omega. Così si avvicinò per strappare la
collana dal collo del principe. John, con una mossa improvvisa,
estrasse la spada e lo colpì alla mano.
L’uomo urlò dal dolore: “Maledetto! Adesso ti
farò vedere io! Prendetelo e dategli la lezione che si
merita!”
Due uomini si avvicinarono al ragazzo. John ferì un altro
bandito, ma il secondo riuscì ad afferrarlo per le braccia.
Subito un altro malvivente andò a dare man forte a quello che
aveva bloccato John, che si divincolò e tirò calci, ma
non riuscì a liberarsi dalla loro salda presa.
“Lasciatemi! – iniziò allora ad urlare – Se
non mi obbedite subito, vi farò staccare la testa!”
Il trambusto svegliò il drago, che si avvicinò per vedere che cosa stesse accadendo.
Si trovò, così, davanti una strana scena: c’erano
quelli che dovevano essere uomini, dalle descrizioni fatte dalla madre
e dagli altri anziani. Alcuni uomini, di cui non poteva vedere il viso,
perché era coperto da uno strano indumento, stavano bloccando un
giovane dai capelli chiari, che si dimenava furiosamente. Sempre
più incuriosito dall’inspiegabile interazione fra gli
Umani, il drago cercò di sistemarsi in una posizione migliore,
ma si appoggiò troppo ad un albero che si inclinò
pericolosamente verso la radura in cui era stata bloccata la carrozza.
Tutti alzarono gli occhi verso l’albero che si piegava e si
trovarono di fronte il muso di un drago spaventoso. Terrorizzati
dall’apparizione di un essere che credevano esistesse solo nelle
fiabe, gli uomini, comprese le guardie del castello, fuggirono in ogni
direzione.
Anche il drago, spaventato dalla reazione degli uomini, si voltò
e si mise a correre, ma gli alberi gli impedivano una rapida fuga. Si
fermò, sperando di aver seminato eventuali inseguitori, invece
sobbalzò al suono di una voce ansimante: “Per fortuna ti
sei fermato! Ho fatto molta fatica a starti dietro. Corri veloce per
essere così grosso, sai?”
Il drago si girò spaventato. John si stava passando una mano fra
i capelli scompigliati, poi si aggiustò il vestito: “Sei
un drago, vero? E’ buffo. Pensavo che foste solo personaggi dei
racconti popolari. Tu mi capisci?” E si esibì in un
sorriso rassicurante e curioso. Il drago rimase per un attimo
interdetto e si sorprese lui stesso a sentire la propria voce profonda
che rispondeva: “Sì.”
“Oh, bene!” disse allegramente John guardandosi intorno per
trovare un posto in cui sedersi. Vide una radice affiorante dal terreno
e decise che non avrebbe trovato di meglio. Si sedette e iniziò
a fare conversazione con il drago come fosse la cosa più normale
al mondo: “Io mi chiamo John Watson e sono il figlio del re di
questo regno. E tu? Hai un nome, vero?”
“Ecciù.”
“Salute.”
“Salute a te,” ricambiò il drago.
“Io sto bene, grazie.” disse John.
“Anche io sto bene.”
Si studiarono per qualche minuto, entrambi perplessi.
“Come ti chiami?” Chiese di nuovo il principe.
“Ecciù,” ripeté il drago.
“Salute di nuovo. Sei molto raffreddato?”
“No. Sto bene.”
“Però starnutisci in continuazione e non mi dici il tuo nome!” Ribatté John, pazientemente
“Mi chiamo Ecciù.”
John scoppiò a ridere: “Scusa. Pensavo stessi starnutendo.
Il tuo nome è davvero carino, ma può essere frainteso.
Come posso chiamarti? – rimase un attimo a riflettere – Per
te va bene se ti chiamo Sneeze?”
Il drago rifletté un attimo e trovò il nome simpatico: “Va bene. Mi piace.”
“Perfetto. Da dove vieni, Sneeze?”
“Non lo so,” rispose il drago e raccontò a John di
come si fosse allontanato dalla Valle dei Draghi e non fosse più
riuscito a trovare la strada di casa.
L’Omega rimase molto colpito: “Devi trovare un posto in cui
nasconderti. I cacciatori di draghi sono personaggi da favola, ma se
quei banditi spargono la voce che ti hanno visto… io farò
di tutto per mettere a tacere la cosa, naturalmente, ma se qualche
cavaliere in cerca di fama credesse loro, tu saresti in grave pericolo.
Senza offesa, Sneeze, sei grande e grosso, ma non mi sembri molto
minaccioso.”
“Oh, non mi offendo, John. Vorrei tanto tornare a casa.”
“Lo capisco, ma non saprei come aiutarti a ritrovare la Valle dei
Draghi e tu non puoi certo andare in giro a cercarla. Dobbiamo trovare
un posto sicuro in cui puoi vivere. Che cosa mangi?”
“Noi Draghi siamo erbivori.”
“Ci sono delle grotte sulla scogliera. Alcune si possono
raggiungere solo dal mare. Tu, però, potresti arrivarci in volo
ed io convincerò mio padre a proibire a chiunque di andarci. Tu
sai volare, vero? Quelle sono ali, giusto?”
“Sì, posso volare.”
“Bene! – continuò John soddisfatto – Di giorno
starai nascosto nelle grotte e di notte, quando nessuno ti potrà
vedere, potrai uscire per mangiare. Ora andiamo. Ti accompagno fino
alla scogliera. Mi raccomando, Sneeze, cerca di non farti vedere. Io
verrò a trovarti. Una delle grotte può essere raggiunta
scendendo una scalinata, che parte dal giardino del castello. Comunica
con le altre, ma solo poche persone possono usarla. Quando potrò
venire da te, scenderò di lì e ti chiamerò.”
Erano, intanto, arrivati al limitare del bosco e potevano sentire il
fragore del mare, che si infrangeva tempestoso sulla scogliera.
“Eccoci. Quando sarà buio, potrai volare sotto di noi.
Scegli la grotta che ti è più comoda. Puoi sistemarla
come meglio credi. So che sarà noioso perché molto spesso
sarai solo e sentirai la mancanza dei tuoi simili, ma la cosa
più importante è che tu ora stia al sicuro, poi
cercheremo il modo di farti tornare a casa.”
“Grazie, John, sei molto gentile.”
“Tu mi hai salvato da quei banditi e il minimo che io possa fare
è aiutarti. Ora torno al castello, ma verrò presto a
trovarti. Ciao, Sneeze, e stai attento.”
“A presto, John.”
Il Drago osservò l’Umano, che si allontanava. Forse non
sarebbe più riuscito a tornare a casa, ma aveva trovato un nuovo
amico e non sarebbe mai stato solo.
Angolo dell’autrice
Il primo capitolo finisce qui. Il prossimo sarà pubblicato verso le 13.30.
Grazie a chi si sia avventurato in questa nuova storia.
Ciao.