Capitolo
Diciannove: Pain
“A
volte bisogna commettere un grande errore per capire
qual
è la cosa giusta da fare”
~
Danny Duquette, “Grey's Anatomy”
Il
pugno si abbatté con forza sul volto inerme di Steve, che pur
vedendolo arrivare, non provò minimamente a difendersi.
«Lo
sapevi? L'hai sempre saputo?» mormorò alterato Tony.
Il
capitano tornò a guardarlo, mentre la guancia andava rapidamente ad
arrossarsi. I suoi occhi limpidi erano un misto di orgoglio, colpa e
tristezza. Per il miliardario era troppo quello sguardo, non riusciva
a tollerarlo; si lanciò nuovamente contro di lui, afferrandolo per
la divisa e facendolo arretrare fino a farlo sbattere con forza
contro il muro. Non sarebbe riuscito a muoverlo di un millimetro se
non fosse stato Steve stesso a permetterglielo, il suo corpo
disarmato gridava disperato la sua colpa e ciò lo fece imbestialire
ancora di più.
Levò
indietro il braccio, ancora avvolto dall'armatura, pronto a colpire.
Ma non lo fece.
Natasha
si era appena materializzata tra il suo pugno e il supersoldato. Si
stagliava fra loro, silenziosa e severa. Il resto dei loro compagni
era troppo esterrefatto per intervenire prontamente in qualche modo,
ma non lei.
Guardò
Tony dritto in faccia, i suoi occhi non tradivano alcuna emozione, se
non una certa gravità.
«Vuoi
colpire anche me?» gli chiese calma. Un guizzo accese gli occhi di
Steve, non avrebbe mai permesso a Tony di accanirsi su di lei per una
sua mancanza; Iron Man sgranò lo sguardo, come se l'avesse appena
messa a fuoco, e abbassò automaticamente il braccio. Ma ciò che lo
fece davvero desistere fu il rumore di una porta sbattuta con
violenza. Il resto dei presenti si guardò intorno e si resero conto
che Sharon aveva lasciato la stanza.
Il
genio guardò un'ultima volta il capitano e se ne andò senza dire
una parola, il suo intero corpo era pervaso da tremori di rabbia.
Natasha
si voltò indietro verso Steve, nei suoi occhi vi lesse del biasimo e
lui si ritrovò a sospirare pesantemente.
«Erano
i genitori di Stark?» domandò Clint scioccato e Vedova annuì
solamente.
«Da
quanto lo sapevate?» chiese Sam, ormai conosceva abbastanza bene la
coppia per comprenderli senza fare troppo domande. Nella sua voce non
c'era accusa, ma solo curiosità mista a perplessità.
«Dalla
caduta dello S.H.I.E.L.D.» gli rispose Natasha sottotono, avvertiva
la stanchezza incombere su di lei, sbatté più volte le palpebre.
«Non
ha agito per sua volontà» mormorò Steve, ostinato.
«Nessuno
sta dicendo questo...» replicò Clint per tranquillizzarlo «Ma
Stark non l'ha presa bene e questo è comprensibile amico»; il
capitano annuì tristemente. Il dolore al viso cominciava a farsi
sentire, normalmente gli avrebbe causato semplicemente del fastidio
ma il suo senso di colpa pareva essersi concentrato nel livido che
Tony, giustamente, gli aveva impresso.
Avvertì
Natasha accostarsi a lui con noncuranza, ma in realtà alla ricerca
di un sostegno. Lui l'accolse nel suo petto, le loro mani si
cercarono e si intrecciarono.
«Ora
puoi dirlo...» sospirò il supersoldato;
«Te
la sei cercata, te l'avevo detto» l'accontentò lei senza alcun tono
in particolare. D'altronde anche lei sapeva, ma era anche una spia
abituata, addestrata al silenzio.
«Forse
è il caso di prenderci una pausa. Quella maledetta è riuscita nel
suo intento, ad ogni passo che facciamo verso l'HYDRA, loro
rispondono con più violenza» ragionò Clint guardando i presenti
che annuirono amaramente.
«Dovrei
andare a parlargli-» ma Natasha gli posò una mano sul petto;
«Non
ora. Lui non vuole ascoltare, non è pronto. Come tu ti sei preso del
tempo per assimilarlo, ora lui si prenderà il suo» gli disse «C'è
una persona che però potresti chiamare» continuò guardandolo di
sottecchi e lui annuì. Si separarono e Steve per un momento si sentì
senza alcun appiglio.
«Dove
vai?»
«Sharon»
sussurrò lei.
Natasha
spostò con tocco silenzioso la porta socchiusa. I suoi occhi grandi
e cristallini indugiarono sulla figura di Sharon in ginocchio,
intenta a piegare con eccessiva cura dei vestitini da neonato.
La
stanza per il bambino era ancora spoglia, fatta eccezione per
un'elegante cassapanca in legno chiaro, in cui la russa scorgeva la
mano dell'arciere. Osservò per un attimo i contorni della camera:
quadrata, lineare e con tanta luce, grazie al terrazzo comunicante
con quella sua e di Steve.
Con
attenzione, Natasha si lasciò scivolare accanto all'amica, il
pancione cominciava a diventare ingombrante.
«Credo
che la cassapanca non basterà» esordì la bionda agente con voce
tremula. Tirò su col naso e poi sospirò lasciando perdere la tutina
e guardando l'amica con i suoi occhi scuri e lucidi.
«Perché
non mi sembra di far altro che piangere?» mormorò esasperata da se
stessa «Da quando lui se n'è andato...» non riuscì a continuare.
«Cosa
ti sconvolge di più?» domandò pacatamente Natasha.
«I
suoi occhi...» articolò a fatica premendosi le mani sul volto
«Erano assenti, privi di qualsiasi espressione... E' stato come
tornare a quel giorno quando mi ha aggredita, aveva quegli stessi
occhi! - la voce venne meno e si ritrovò scossa dai singhiozzi –
Non sentiva nulla, le mie suppliche non riuscivano a raggiungerlo.
Hai visto anche tu, ha spezzato la vita di Maria e Howard privo di
qualsiasi sentimento... Ma Natasha, James non è così. I suoi occhi
sono pieni di vita, di sofferenza e malinconia e io... … …Mi
sono innamorata del suo sguardo e quello, non sono Steve, ma te lo
posso giurare non era lui! Com'è possibile che l'Hydra sia riuscita
a ridurlo così? Penso a N e vedo così tanto di James in lui. Io -io
penso a Tony e mi spiace così tanto, non conoscevo benissimo i suoi
genitori ma erano in buoni rapporti con zia Peggy e ho un buon
ricordo di loro anche se vago... Ma quanto posso essere crudele?
Perché mi dispiace è vero, ma sono più terrorizzata da quello che
Tony potrebbe fare a James se solo fosse qui. Sono una persona
orribile?» domandò esausta con un sorriso che di sereno non
possedeva nulla.
Natasha
fece una cosa che non si permetteva di fare spesso; afferrò
gentilmente Sharon e lasciò che le poggiasse il capo sulle gambe ed
iniziò delicatamente ad accarezzarle i capelli lunghi e biondi che,
come un sipario, divideva lei dalla cruda realtà.
«Il
tuo peccato Sharon è che lo ami. Se questo si può considerare
tale... Nessuno crede che James l'abbia fatto di sua volontà, e Tony
lo sa come tutti noi. Non per questo il processo di accettazione è
più facile. È furioso... anche se credo di più con Steve –
attese un istante – per non averglielo detto. È stato egoista, non
lo nego... Steve non ha mai accettato fino in fondo il fatto che
James non fosse più come nei suoi ricordi, ha dovuto imparare a
convivere con questo. Non dicendolo a Tony ha tentato di proteggere
sia Bucky da se stesso, sia se stesso da questa consapevolezza.
Non
siamo persone orribili Sharon. Mai come in questo momento, portando
un bambino nel mio grembo, mi sono resa conto di essere un essere
umano, e come tale noi tutti siamo soggetti a debolezze. Il problema
sta, che data la nostra “condizione”, il nostro “status” i
nostri errori, le nostre debolezze, tendono ad essere più visibili
di quelli delle persone comuni. L'impatto delle nostre azioni ha
risonanza maggiore e ciò che proviamo si amplifica.» replicò con
tono pacato.
«Il
mio nipotino è fortunato ad avere una madre così» ribatté
l'agente 13 con grande sorpresa di Natasha, che senza darlo a vedere
si sentiva imbarazzata ma al tempo stesso compiaciuta.
«In
ogni caso, io più che di Tony temo la tua reazione quando ce l'avrai
davanti» disse la rossa con un sorrisetto irriverente, provocando
nell'amica una smorfia leggermente divertita.
«Vorrei
che Jace ne sapesse il meno possibile di questa faccenda, okay?»;
«Non
sarà facile, ma ci proveremo» concordò Natasha.
«Come
credi andrà a finire?».
La
russa si prese un momento prima di rispondere, lo nascondeva molto
bene, ma tremava al pensiero di quello che sarebbe successo se quei
due testardi del suo compagno e di Tony non si fossero chiariti.
«Una
cosa è certa, divisi non abbiamo alcuna speranza di farcela» “...e
questa è una cosa” pensò la
donna “che non posso in alcun modo permettere”.
Si
guardò attorno e per una frazione di secondo lasciò libera la sua
immaginazione; la stanza improvvisamente si riempi di oggetti, e la
pareti si tinteggiarono di verde pastello. Respirò a fondo, no. Non
poteva davvero permetterlo.
«Non
lo permetterò. Nessuno di noi lo permetterà» affermò Sharon,
mettendosi seduta e fissandola decisa negli occhi. La russa inclinò
il capo e sul suo volto apparve un accenno di sorpresa. Le aveva
letto dentro.
«Qualsiasi
cosa succeda, conta su di me» affermò la bionda, trattenne il fiato
«Sei la mia persona Nat» terminò con semplicità.
Natasha
tese la mano e gliela strinse con forza, commossa nel profondo.
Il
saldatore elettrico emetteva piccole scintille gialle e blu a
contatto con il metallo, ma la sua mano non era ferma e sicura come
al solito.
Tony
si tolse stizzito gli occhiali protettivi e con gesto secco allontanò
il saldatore, abbandonando del tutto l'idea di riparare la sua
armatura.
Non
aveva nemmeno notato che all'esterno, il mondo aveva continuato a
girare e ad andare avanti e il buio della sera era calato
delicatamente su tutti loro. No, lui non l'aveva notato perché la
sua efficientissima mente, che lo accettasse o meno, era ormai
imprigionata in un orripilante loop.
Sua
madre, la sua adorata madre... e suo padre. No, Tony non voleva
nemmeno cominciare ad analizzare i sentimenti contrastanti e
prepotenti che si erano scatenati in lui. Non era mai stato un
granché con le emozioni, meglio formule, numeri, dati... Sì, su
quelli aveva un controllo, erano certi, racchiusi entro confini
definiti, avevano uno scopo. Equazioni, calcoli portavano ad un
risultato, una soluzione su cui lui poteva ragionare e ponderare,
senza rischiare di impazzire. Nel campo della scienza lui era un
genio, una certezza, si muoveva sicuro senza doversi guardare dentro
e constatare che era l'ennesimo disadattato sregolato, con un
rapporto tutt'altro che semplice con i genitori.
«...Entrare
signor Stark». La voce dall'AI lo colse di sorpresa, non aveva che
percepito poche parole.
«Non
voglio vedere nessuno, JARVIS. Sto lavorando» borbottò Tony
agitando la mano in aria.
«Bistrattare
la tua armatura sarebbe lavorare? E io cosa starei facendo?» esordì
Virginia Potts comparendo alle sue spalle. Il tono volutamente
sarcastico stonava con l'espressione seria.
Vi
era una sorta di perfezione formale in Pepper, una simmetria pura nei
lineamenti, un'eleganza per nulla forzata nei modi, che Tony trovava
conturbante. Era una donna sofisticata la sua Virginia,
precisa, orgogliosa, sicura ma al tempo stesso possedeva una
gentilezza distinta ed una tolleranza smisurata verso di lui. Un caso
umano.
Possedeva
una mente brillante Iron Man, eppure non aveva mai compreso fino in
fondo come facesse quella donna luminosa ed abile a sopportarlo, a
cullarlo come si fa con un infante irrequieto ma anche ad affrontarlo
e tenergli testa.
La
guardò smarrito, gli occhi scuri sgranati, come un bambino privo di
difese. Guardò la sua luce. Si concentrò sui suoi occhi
zaffiro, incorniciati da ciuffi biondo rame, che scivolavano pacati
sugli zigomi spruzzati delicatamente da piccole efelidi leggermente
più brune dell'incarnato color pesca.
Pepper
aveva già visto quello sguardo e le si strinse dolorosamente il
cuore; Steve l'aveva messa al corrente e lei aveva mollato tutto e si
era precipitata da lui.
«Di
cosa hai bisogno?» gli domandò allargando piano le braccia. Tony si
irrigidì, chiuse gli occhi, ma non c'era via di scampo da quelle
terribili immagini perché erano impresse a fuoco nella sua testa.
«Non
era necessario che venissi. Chi è stato? Steve!? Beh poteva pensarci
prima! Ho voglia di rovinargli quei suoi bei dentini, sai? Come si è
permesso!?» i suoi gesti erano sconnessi, le palpebre si aprivano e
chiudevano velocissime «Sai cosa farò ora? Andrò da
Mister-ghiacciolo-integerrimo-solo-quando-gli-comoda e gli chiederò
di ridarmi quello scudo, non appartiene a lui. È di mio padre,
capito?! Mio padre, che è stato ucciso da quel dannatissimo del suo
migliore amico!» sbottò furioso.
Pepper
non si mosse per tutto il tempo di quello sproloquio, di quello
sfogo. Poteva solo immaginare cosa potesse provare in quel momento,
ma se era arrivato al punto di rivendicare il mitico scudo di Captain
America, mettendo in mezzo suo padre Howard – quel padre che così
tante tensioni aveva fatto nascere in lui – significava che tutto
in lui era sul punto di crollare.
«Tony...»
tentò;
«No!
Lui- Lui ha... ucciso i miei genitori... Mia madre!» balbettò
guardandosi attorno, perso.
La
donna l'abbracciò di slancio, tenendoselo stretto contro il petto,
quasi fosse un bambino.
Tony
lentamente, quasi timidamente rispose all'abbraccio della fidanzata,
aggrappandosi alla sua schiena. Non pianse, ma il dolore che sentiva
era insopportabile; si rese conto che se Pepper si fosse scostata,
lui si sarebbe spezzato.
«Ti
farebbe stare meglio prendere quello scudo?» gli sussurrò
amorevolmente scostandosi appena per poterlo guardare in volto. Gli
accarezzò il volto, volendolo far sentire al sicuro.
Il
magnate distolse lo sguardo lucido guardandosi attorno e respirando
un po' più forte. Conosceva la risposta, ma in quel momento si
sentiva un bambino che aveva perso i genitori. Era come rivivere quel
trauma due volte e lui non riusciva ad accettarlo, forse perché non
era riuscito ad affrontarlo nemmeno la prima volta.
«Non
mi restituirebbe i miei, è questo che mi stai dicendo?» berciò
Iron Man infastidito. Pepper si limitò ad alzare un sopracciglio.
Lei era così; non gli avrebbe mai fornito la soluzione su un piatto
d'argento o forse anche sì, ma non senza prima avergli fatto provare
le pene dell'inferno e averlo costretto ad usare il suo brillante
cervello.
«No
certo che no... Non saprei che farmene» rifletté con un sorriso
amaro, poi guardò la bionda negli occhi «Io ora come ora voglio
vederlo morto» articolò serio, gli occhi scuri dilatati. Si stava
riferendo al Soldato d'Inverno.
«Tony...»
cominciò Pepper «E' davvero questo che vuoi? Assurgerti a giudice,
giuria e boia?»;
«Non
è così che ha fatto lui?» replicò acido.
«E'
così che ha fatto l'HYDRA» cercò di farlo ragionare lei. Sapeva
che Tony quando voleva si chiudeva nel suo egoismo, rifiutandosi di
vedere la realtà, di analizzare i fatti.
«Pepper!
Lui è l'assassino di mia madre!» ringhiò il miliardario, non
volendo ascoltare. Il suo dolore era l'unica cosa che contava per
lui.
«Va
bene. Vuoi restare qui a crogiolarti nei tuoi tormenti? Fallo! Vuoi
progettare stupidi piani di vendetta contro James Barnes? Fallo! Ma
prima o poi Tony dovrai affrontare tutto questo, compresa la morte
dei tuoi genitori. Tu hai delle responsabilità che tu lo voglia o
meno! Io ti amo ma non assisterò un'altra volta alla tua
autodistruzione... Tu sei migliore di ciò che provi in questo
momento!» sbottò la bionda, girando poi sui tacchi ed andandosene.
Nel
momento stesso in cui lei scomparve dal suo campo visivo, Iron Man si
afflosciò su se stesso, si prese la testa fra le mani e chiuse gli
occhi.
Un
nuovo giorno era sorto sull'Avengers Tower, ma ciò non aveva
schiarito gli animi. Un'atmosfera pesante impregnava ogni cosa della
residenza dei Vendicatori.
Steve
abbatté l'ennesimo sacco da box, sotto lo sguardo preoccupato di
Sam, che però aveva preferito non ancora proferire parola.
Il
capitano era sempre più conscio che la sua decisione era stata
stupida, dettata più da vigliaccheria che da reale senso di
protezione sia nei confronti di Tony che di Bucky.
Ci
aveva creduto davvero, era convinto di aver preso la decisione
giusta, ma la reazione di Tony gli aveva mostrato, senza tante
cerimonie, il suo errore.
«Sono
stato un idiota» esordì, spezzando finalmente quel silenzio
opprimente. I due amici si fissarono in volto e Sam gli sorrise
appena, comprensivo.
«Ehi.
Stavi solo cercando di agire per meglio...»;
«Davvero?
Perché io non ne sono più tanto sicuro. Forse volevo solo
proteggere me stesso dalla verità-»
«Tu
non sei infallibile.» lo fermò Sam «Per il resto del mondo sei
semplicemente Captain America la leggenda, ma qui, in mezzo a noi,
no. Io ti conosco e so esattamente chi sei, i sacrifici che hai
scelto di fare... Solo conoscendoti ho potuto capirti appieno, sei un
uomo di saldi principi e non hai paura di andare contro tutti pur di
restarvi fedele, e io ti rispetto per questo. Ho deciso di seguirti
per questo, ma sei pur sempre un essere umano e noi errori ne
facciamo, amico» terminò con un'alzata di spalle e un semplice
sorriso di scuse.
«Una
volta ti dissi che Bucky era qualcuno da fermare, sbagliai, perché
se fossero venuti a dirmi che Riley era vivo ed era diventato un
assassino a sangue freddo, pensi che questo mi avrebbe fermato dal
cercarlo?» Sam incrociò le braccia muscolose al petto e negò col
capo mantenendo sempre quel sorriso disarmante «No certo che no.
Avrei tentato l'impossibile e tu l'hai fatto. Ma non hai detto nulla
non solo per proteggere te stesso, ma anche loro due. Questo te lo
devi riconoscere...»
«Ma
non cambia il fatto che ho sbagliato, io volevo solo-» si mise le
mani sui fianchi e sospirò «-Non lo so».
«Pace»
celiò con voce chiara Natasha, attirando l'attenzione dei due. La
donna osservò il compagno, trasmettendo un tale amore che Steve si
sentì immediatamente rincuorato.
«Non
volevi che qualcuno soffrisse ancora e hai deciso tu per tutti,
accollandoti quel peso. Ma Steve, non è mai stato tuo quel peso.»
continuò andandogli incontro, poi sollevò lo sguardo su di lui «Sei
stato egoista, quasi quanto Tony lo è in questo momento»;
«Due
facce della stessa medaglia» disse Sam. Lui e Natasha si scambiarono
uno sguardo divertito.
«Voglio
rimediare ma lui non vorrà ascoltarmi» mormorò affranto il
capitano, ma la russa non era della stessa opinione;
«Lo
farà» affermò sicura «Pepper lo ha scosso quel che bastava.
Questa è la nostra famiglia, disfunzionale certo, ma non possiamo
lasciarci andare alla deriva».
«Senza
contare che i nostri nemici ne approfitteranno» ricordò loro
Falcon.
«Devi
tentare» sussurrò Natasha e Steve annuì.
Avrebbe
accettato tutto quello che Tony gli avrebbe riservato.
*
«Se
avessi mosso il culo prima mi avresti risparmiato un bel po' di
seccature, lo sai Ivan?» disse Fury guardando di sbieco
l'uomo al suo fianco. Lui rimase in silenzio per qualche attimo prima
di replicare:
«Io
arrivo quando devo arrivare, né prima né dopo» la sua voce era
asciutta e sottile, ma l'aura che emanava la sua figura possedeva un
che di pericoloso.
«Fortuna
che il ragazzo ha avuto l'intuizione giusta... Anche se ha rischiato»
rifletté la spia delle spie.
«Certi
errori si pagano» commentò l'uomo di nome Ivan;
«Tu
ne sai qualcosa vero?» Fury non voleva provocarlo, la sua era una
semplice constatazione che però venne lasciata cadere dall'altro.
«Il
mio coinvolgimento deve restare segreto, inutile che te lo dica»;
«Perfettamente
inutile» ribadì l'ex direttore. Lo conosceva da anni, impossibile
da quantificare malgrado tutto conservava quell'aura di mistero e
segretezza che gli ricordava moltissimo sé. Non aveva mai conosciuto
tutti i suoi segreti ma questo valeva anche per lui. Un discreto
tossicchiare spostò la sua attenzione; con il suo occhio sano, Fury,
fissò per bene il nuovo arrivato.
«Cosa
mi può dire, dottore?».
___________________________________________________________________________________Asia's Corner
Buonasera a tutti miei cari lettori! Non proprio giusti ma ci siamo!
Allora eccoci arrivati al DUNQUE! A ciò che succede dopo che la
bomba (grazie tante Sin) è stata sganciata! Non mi sento di
commentare molto, credo che il capitolo spieghi bene lo stato d'animo
dei nostri eroi... E preferisco che siate voi, poi a trarre le
conclusioni (che spero di leggere nei vostri commenti ^^) Posso dire
che questo lo vedo come una sorta di prima parte di un capitolo molto
più ampio, inizialmente aveva previsto un capitolo più
corposo ma durante la stesura mi sono resa conto che la vicenda merita
- non solo di essere trattata coi guanti - ma di una distensione
più ampia, molte cose vengono dette e pensate e devono avere il
giusto tempo e peso.
Spero che vi sia piaciuto il momento Pepper x Tony, personalmente
è una coppia che adoro (e Pepper è l'unica che riesce a
farmi apprezzare Iron Man XD) quindi la sua mancanza per ben due film
per me è stata devastante! E come sempre spero di aver fatto un
buon lavoro con lei.
Passando alla fine del capitolo... Beh se Fury compare vuol dire che qualcosa di grosso si sta muovendo! Non vedo l'ora di sentire le vostre opinioni :D
Come
sempre io vi ringrazio! Non solo per le recensioni ma anche per i
messaggi che mi mandate, davvero vi adoro! Non sapete che cosa
significhi per un autore avere un confronto diretto con i suoi lettori!
Ovviamente un ringraziamento speciale anche a chi ha inserito questa ff
nelle liste speciale e a chiunque sia giunto a leggere sin qui! Un
bacione!!
Io vi saluto e vi do appuntamento a VENERDI 8 DICEMBRE! Per qualsiasi cosa contattatemi sulla mia pagina FB "Asia Dreamcatcher"
ps. La risposta alle recensioni del capitolo precedente arriveranno nel pomeriggio di venerdi!