Blaziken puntò il suo becco verso l’alto, verso il
cielo coperto dalle nubi temporalesche.
Forse avrei dovuto scollegare il mio PokèNav dal
pc, prima di andarmene… Vabbè, dubito che Karden
o Mary avrebbero avuto tempo per usarlo in qualche modo.
Mentre uscivo, avevo visto di sfuggita la porta per il dormitorio
chiudersi alle spalle di Mary. La situazione per i ragazzi che avevano
messo lì non sembrava così terribile, avremmo
avuto solo bisogno di parecchie bende e antidolorifici ad uso
veterinario, probabilmente.
Per Hasi e quell’altro allenatore sfigato la situazione
invece era un po’ più seria. Se Mary non mi avesse
detto il contrario, li avrei dati entrambi per morti, dentro quelle
bocce di vetro piene di quel liquido verdastro.
In ogni caso i loro parametri vitali erano costantemente tenuti sotto
controllo dal programma della consolle dalla quale avevo scoperto il
vero nome di Mary, fosse successa qualsiasi cosa ero certo che almeno
un paio di sirene ce lo avrebbero segnalato.
Cercai di tornare al presente.
Fossimo riusciti a fermare tutto quel casino in poco tempo, avremmo
potuto scaricare il problema dei feriti all’ospedale
più vicino e io me ne sarei potuto tornare alla mia vita
tranquilla.
Chissà se quel moccioso della palestra è riuscito
ad allenare i suoi pokémon, oppure neppure questa fine del
mondo di merda è riuscita a fargli cambiare idea.
Scrollai il capo.
Il presente, dovevo rimanere ben saldo sul presente.
Sentivo la fronte pesante e le palpebre che tentavano pian piano di
chiudersi.
Ero in debito di troppe ore di sonno e avevo ancora un gesso da far
controllare a Mary.
Sarebbe stata comunque una lunga giornata, quella che mi si prospettava
davanti.
- Forza, Blaziken. – dissi, sedendomi per terra, sul fango
che ormai mi rappresentava l’unica certezza di quel viaggio
- Inferno verso il cielo, finché non ti senti
troppo esausto per continuare. –
Avevo fatto i compiti a casa.
Inferno avrebbe creato lampi di fuoco estremamente accesi e il tempo di
ricarica tra un utilizzo e l’altro avrebbe creato degli
intervalli regolari tra i segnali.
La mia guancia destra venne scaldata improvvisamente dalla fiammata che
si aprì sopra le nostre teste.
Storsi la bocca, sovrappensiero.
Non avevo ancora nemmeno preso la sfera di Swellow dal cassetto in cui
l’avevo lasciata. Poteva anche non essere in grado di far
nulla, ma mi dava fastidio lasciare un mio compagno di viaggio a
prendere polvere, tra l’altro per un mio errore di
valutazione sullo sforzo da fargli fare.
Me lo sarei portato dietro, da lì in poi. Almeno
finché non avessi trovato un transfer che mi permettesse di
mandarlo al ricovero che mi era riservato, al mio Box. Lì si
sarebbe potuto rimettere in sesto in tutta calma.
Un boato alla mia destra mi fece tornare alla realtà.
Ero troppo stanco, mi resi conto, la mia mente continuava a divagare.
Voltai il capo in direzione della riva da cui era arrivato quel suono,
pronto ad affrontare qualsiasi cosa si fosse presentata, fosse Arceus
in persona.
La mia mano tornò a rilassarsi, lasciando la presa sulla
sfera sulla quale si era posata.
Era crollato un altro pezzo della pista ciclabile e i detriti si erano
riversati nell’acqua, sollevando numerose onde in direzione
dell’isoletta sulla quale ero seduto.
Nessuna battaglia in vista, per fortuna.
Il calore prodotto da un’altra fiammata mi investì.
Sarei rimasto fino al calare del buio lì seduto,
probabilmente.
Poggiai il palmo della mano destra dietro la schiena, puntellandomi su
di questo per distendere la schiena all’indietro. Tornai poi
a puntare il capo verso il cielo.
Le goccioline di pioggia tornarono a picchiettare debolmente sul mio
viso.
Non era poi così fastidioso, quel tempo.
Storsi di nuovo la bocca.
Non capivo se fosse solo la stanchezza o quel viaggio e gli avvenimenti
che si era portato dietro mi avessero effettivamente reso
più apatico.
Ero sempre stato uno stronzo, non ho mai provato nemmeno a negarlo, ma
almeno lo ero solamente con le persone che se lo meritavano. Adesso, mi
sembrava quasi che tutti quanti se lo meritassero…
Mi sarebbe piaciuta un’altra tazza di te bollente, in quel
momento. Forse quello mi avrebbe fatto star meglio.
Un’altra folata d’aria calda.
Probabilmente anche vedere il sole mi avrebbe fatto star meglio.
Bluruvia mi aveva abituato troppo bene alle temperature marine.
Provai a muovere distrattamente il braccio sinistro, cercando di
appoggiarlo a terra per sistemarmi meglio, ma una fitta di dolore mi
fece immediatamente salire le lacrime agli occhi.
Giusto. Ho un braccio rotto.
Come ho fatto a dimenticarmene?
L’inferno di Blaziken tornò ad illuminare il
cielo, ma la cosa non mi distrasse più di tanto dai miei
pensieri.
L’attuale divisione di allenatori in base al loro livello di
forza era obiettivamente una grandissima minchiata, mi resi conto.
Allenatori in erba, campioni della lega, impiegati in una palestra,
capipalestra, superquattro, campione. Cosa mi rappresentavano davvero?
Se io, dopo aver sconfitto Adriano, avessi deciso di non fare domanda
per entrare a lavorare in una palestra ma avessi preferito
un’altra carriera, magari che non centrasse direttamente con
le lotte, questo non avrebbe fatto di me un allenatore peggiore di quel
che sono ora.
Sono indubbiamente più forte di quel moccioso che tentava di
battermi per arrivare a Rudi, infatti riuscivo a batterlo pur usando
pokémon che non avevo allenato io.
Mi sono rivelato più forte di quello stronzo ubriaco di
Pratopoli.
Ma Jacob? Ero più forte di lui o no?
Sarebbero incredibilmente utili dei parametri numerici che descrivono
la bravura di un allenatore.
Se non ci fosse stata Mary, a Ceneride, tutto sarebbe andato in maniera
completamente diversa. Absol non avrebbe subito quel primo danno, Jacob
avrebbe avuto un solo avversario, non ci sarebbe stata quella spranga,
magari avrei vinto quella lotta, magari l’avrei
persa…
Un’altra folata di vento caldo.
E Rocco? Quale sarebbe il suo punteggio di potenza? Quanto è
un allenatore migliore di me?
E Adriano? Lui ha preso il posto di Campione quando Rocco si
è ritirato, lui quanto è forte quando usa la sua
squadra nelle vesti di allenatore e non di Campione che mette alla
prova chi arriva a sfidarlo?
Mi sarebbe piaciuto avere ancora mio padre al mio fianco. Non tanto per
affetto paterno o cazzate del genere, era occupato per sedici ore al
giorno alla lega, lo vedevo la sera e in quelle rare vacanze che gli
concedevano.
No, mi sarebbe piaciuto sfidarlo per poter valutare quanto ero ancora
distante dall’essere il miglior allenatore di tipo Buio che
ci fosse a Hoenn.
Qualcosa scintillò nel cielo, come se qualche cretino avesse
tirato una pietra in aria.
Quanto tempo poteva essere passato da quando ero uscito?
Avevo le mani e i piedi intorpiditi e, ormai, il colletto della maglia
che portavo sotto la giacca era fradicio.
Forse un’ora, un’ora e mezza al massimo.
Ero cautamente ottimista che fosse Rocco la causa di quello scintillio.
Scintillio che si ripeté, più vicino, questa
volta.
Era decisamente un pokémon che, dopo una larga curva, stava
scendendo verso di noi.
Mi rimisi in piedi, preparandomi a prendere una delle mie sfere in caso
di necessità.
Era comunque meglio non prendersi nessun rischio inutile, vista la
nostra situazione generale.
Uno Skarmory volava rapido nella nostra direzione.
Ancora non mi spiego come un affare del genere possa volare. La sua
corazza in ferro dovrebbe pesare, da sola, quanto una persona, almeno.
Sul suo dorso c’era un uomo.
- Basta così, Blaziken. – dissi a voce bassa.
Ero leggermente più ottimista di prima. Poteva essere
effettivamente Rocco quello che stava arrivando. Non abbastanza
ottimista, però da permettermi di respirare.
I miei polmoni sembravano non aver intenzione di rilasciare
l’aria che c’era in loro per la tensione del
momento.
Finalmente potei sospirare quando riuscii a riconoscere la zazzera
grigia dell’allenatore del tipo Acciaio farsi avanti sul
fango che ricopriva quell’isoletta.
Gli andai incontro, sorridendo di cuore. Per un attimo avevo temuto il
peggio.
Lui, però, non sembrava altrettanto rilassato vedendomi vivo.
- Nail, temevo che tu fossi qui. Stai bene? Non ti hanno ferito, vero?
Ti stanno controllando? Non ti hanno ricattato, vero? –
Bene, il concetto di paranoia aveva appena assunto un altro significato
nella mia testa.
- Rocco, calmati. Io sto bene e l’unico stronzo che ha
provato a uccidermi, adesso, ha la testa fracassata. Rilassati. Ora,
devi spiegarmi un paio di cose. Come fai a conoscere Mary? E Karden? E
su questo posto sai dirmi qualcosa? C’entravi anche tu in
qualche modo? Mary sembrava non averti mai visto prima. –
- Dobbiamo parlare. – mi rispose con un tono preoccupato
– Ma non qui. Dobbiamo trovare un posto sicuro. –
- No, al contrario. Lo faremo qui. Anzi, adesso scendiamo di sotto e
spieghi a tutti e tre questa faccenda. Siamo tutti coinvolti e abbiamo
il diritto di sapere che cazzo sta succedendo qua fuori. –
- Nail, non capisci… Quei tizi sono pericolosi, quella
ragazza, Mary, come la chiami tu, è pericolosa. –
- Si, lo so perfettamente. L’ho vista mentre uccideva un uomo
a randellate. Ma guarda caso la sua pericolosità mi ha
salvato il culo in quel momento e, mi spiace dirtelo, al momento sono
più grato a lei che a te. Quindi, vuoi entrare? –
Rocco parve realmente in dubbio sul da farsi. Probabilmente, se ne
avesse avuto modo, mi avrebbe steso per portarmi via di là.
Fortunatamente la sola presenza di Blaziken era un deterrente
sufficientemente forte a farlo desistere da quell’idea.
Lo Skarmory scomparve all’interno della sua sfera.
- Non sono per niente tranquillo per quello che stiamo per fare.
– ci tenne a farmi sapere Rocco.
Non che mi importasse molto sapere come si stesse sentendo.
Lo condussi per il corridoio d’ingresso, facendo richiudere
alla nostre spalle la serranda da Blaziken.
Avremmo usato il laboratorio con la mappa di Hoenn sullo schermo
attaccato alla parete, decisi. Piccolo e tranquillo.
Lì condussi Rocco, per poi lasciarcelo solo mentre io
tornavo sui miei passi per andare chiamare i due Custodi.
Mi stupii nel vedere Karden e Mary, ma soprattutto Darkrai e Cresselia,
pacificamente nella stessa stanza. Per un attimo mi venne il dubbio che
quello fosse solamente un sogno.
Si stavano prendendo cura di due ragazzi che, sembrava stessero
lentamente riprendendo coscienza, smaltendo gli effetti dei sedativi
che dovevano avergli somministrato al centro medico dal quale li
avevamo presi.
- Voi due. – dissi, forse in maniera troppo brusca
– Il mio “amico” è arrivato e
credo abbia qualcosa di interessante da dire a tutti noi. Venite con
me, poi torniamo qui per pensare a loro. –
- È davvero così importante? – mi
chiese Mary, sollevando il capo dal bendaggio che stava stingendo.
- Si. Ho paura che sia davvero importante. Ed ho anche paura che possa
avere a che fare con voi. –
A quelle parole un’aria di tensione si levò nella
stanza.
- Con noi? – mi chiese Karden, lasciando il letto del ragazzo
che stava seguendo.
- Di là c’è Rocco Petri. Uno dei
migliori allenatori della regione, se non il migliore, e sembra
conoscervi. Mary in maniera particolare. Potrebbe essere a conoscenza
di quello che stava succedendo qui dentro, se non qualcosa in
più. Non penso però che sia quello che ha ucciso
tutti i ricercatori implicati nella faccenda, Mary. –
- Ne sei sicuro? – mi chiese la ragazza dai capelli bruni.
- Abbastanza. In caso contrario, comunque, saremmo tre contro uno.
–
Ci avviammo con un passo quasi funereo nel Laboratorio B, dove Rocco ci
aspettava seduto su una delle poltroncine impolverate che riposavano
dietro i banchi di lavoro.
L’allenatore si irrigidì al nostro arrivo, non
tanto per noi, quanto per i due leggendari che ci seguivano a debita
distanza l’uno dall’altro, stringendo le dita sui
braccioli.
Al contrario, i due Custodi non parvero riconoscerlo.
Una serie di pensieri rapidi saettarono nel mio cervello.
Non era uno dei ricercatori che avevano cresciuto Mary.
Non era l’uomo che aveva detto a Karden di scappare e, di
conseguenza, non era l’uomo che aveva chiesto al Custode di
Darkrai di proteggermi.
Non sapevo se essere contento o meno di quest’intuizione.
Raggiunsi quello che avevo deciso sarebbe stato il mio posto, per poi
lasciarmi cadere sulla sedia che lì mi aspettava.
Mi permisi un respiro profondo per mettere insieme le idee frammentarie
che mi affollavano la mente, aspettando che anche Karden e Mary si
sedessero.
Non avevo idea di come quella discussione sarebbe potuta andare a
finire.
Il soffitto era relativamente basso, scomodo per muoversi per un
qualunque pokémon volante.
Le dimensioni della stanza e i banchi che la occupavano avvantaggiavano
forse i pokémon piccoli o quelli con attacchi speciali, i
combattenti corpo a corpo erano certamente svantaggiati.
Gardevoir era la più indicata della mia squadra ad
affrontare un’eventuale lotta, forse supportata da Umbreon.
Mi sarebbe però dispiaciuto finire il tutto con una lotta,
il maxi-schermo che avevo alle spalle e che continuava stoicamente a
mostrare l’immagine satellitare della regione in cui ci
trovavamo si sarebbe potuto rompere.
- Bene. Ora che ci siamo tutti, Rocco, comincia pure a parlare.
– dissi.
L’allenatore del tipo Acciaio deglutì vistosamente
un grumo di saliva che gli aveva occupato la bocca, per poi cominciare
a parlare.
- Da cosa devo cominciare? Il motivo per cui non sono riuscito ad
arrivare a Ceneride o di quello che so su questi due? –
- La seconda. Mi sembra sia quella più urgente. –
gli risposi.
Comunicazione di servizio:
A causa di grossi problemi tecnici, la prossima settimana non
verrà pubblicato il capitolo.
Le pubblicazioni dovrebbero riprendere sabato 2 dicembre.
Vago |