The Things We Do
for Love
Owen
non era sicuro di come agire, il Nucleo era avvolto nel silenzio dopo
tutta la
confusione di quella sera, era in totale disordine con sedie
rovesciate,
rapporti e fogli che erano volati in ogni direzione, libri a terra e
nell’acqua,
uno dei computer aveva un buco ancora fumante in mezzo allo schermo.
Ianto
sedeva immobile sul divano contro al muro, teneva la testa bassa, gli
occhi
fissi sul pavimento, il medico non era sicuro che lo stesse guardando,
una
parte di lui non era nemmeno certa che il giovane fosse cosciente. Gwen
era
tornata a casa da Rhys non appena avuta l’occasione, aveva
scoccato a Ianto un’occhiata
strana, a metà tra la pena e il risentimento. Tosh era
rimasta indecisa solo un
paio di minuti poi si era fatta strada tra la confusione a terra e si
era
seduta accanto a Ianto, gli aveva messo un braccio sulle spalle e
tirato verso
di sé finché la testa del ragazzo non si era
posata sulla sua spalla, non lo
aveva lasciato andare nemmeno un attimo e Ianto non aveva dato alcun
segno di
volersi muovere. Jack invece… oh Jack si era chiuso nel suo
ufficio sbattendo
la porta nel modo più rumoroso che potesse trovare e Owen lo
vedeva camminare
avanti e indietro nella stanza, ogni tanto si fermava, si voltava verso
i tre
ancora nel Nucleo, fissava lo sguardo su Ianto, la fronte corrucciata e
l’espressione
impenetrabile, poi riprendeva a camminare. No, Owen davvero non sapeva
come
agire.
Aveva
visitato Ianto velocemente, quel che basta sul momento per sapere che
sarebbe
sopravvissuto ma nulla di approfondito, la verità era che
non credeva che il
giovane sarebbe stato d’accordo a farsi visitare, come
punizione per il suo
errore, e Owen avrebbe messo la mano sul fuoco che per Ianto il solo
errore era
stato di non essere stato in grado di salvarla. Per quanto ci provasse
Owen non
riusciva a restare arrabbiato, più ci provava più
il volto di Lisa si
sovrapponeva a quello di Katie. Nel primo momento dopo averla scoperta
si era
arrabbiato, era furioso, tradito, Ianto li aveva messi in pericolo
tutti solo
per—Poi il flusso di pensieri si era interrotto, si era
sentito svuotato, la
rabbia era mutata e il ricordo di Katie, la sua bella Katie, la sua
quasi
moglie era riaffiorato in un vortice di “Se” e non
era più riuscito a
scrollarselo dal petto.
Si
voltò
nuovamente verso la finestra dell’ufficio, Jack era fermo a
guardarli, le
braccia conserte e lo sguardo pensieroso, stava probabilmente decidendo
cosa
fare di Ianto dopo quel giorno. Ucciderlo? Usare il Retcon? E in quale
dosaggio? Eliminando quanti ricordi? Ogni cosa relativa a Torchwood,
inclusa la
divisione di Londra? Owen aveva letto il file di Ianto la prima volta
che era arrivato,
distrattamente, saltando di parte in parte, troppo preciso e
dettagliato
secondo lui, e in fondo gli interessava solo la parte medica, ma una
cosa era
saltata all’occhio quasi immediatamente, per quanto potesse
essere l’ultimo
arrivato nella loro piccola squadra era superato in esperienza e anni
di
servizio solo da Jack. Il file non diceva molto di più, era
solo un giovane
ricercatore che principalmente lavorava all’archivio di
Torchwood Uno ma lo faceva
da più tempo di tutti loro. Un dosaggio così
massiccio e improvviso di Retcon
lo avrebbe quasi certamente ucciso. Avrebbe parlato con Jack, ma non in
quel momento.
Espirò lentamente avvicinandosi a Ianto fino ad entrare
completamente nel suo
campo visivo, le gambe a pochi centimetri dalle sue ginocchia,
allungò le mani,
il palmo aperto verso l’alto sperando che il giovane
comprendesse quel gesto. Ianto
rimase immobile, la testa ancora posata sulla spalla di Tosh, le mani
sulle
gambe e gli occhi socchiusi, la ragazza si spostò
leggermente cercando di
fargli posare l’attenzione sul medico.
«Su
forza Ianto, vieni. Ti accompagno a casa.» Quando si rese
conto che non si sarebbe
mosso nemmeno se l’intera torre fosse collassata su
sé stessa si inginocchiò
davanti a lui dapprima sfiorando solo le mani con le sue poi
prendendole con
una gentilezza che non mostrava quasi mai.
«Non
puoi restare qui Ianto, vieni forza.» Al contatto Ianto
spostò lentamente,
molto lentamente, troppo lentamente,
sottolineò la mente di Owen, lo sguardo sul medico, la
scintilla di vitalità
sembrava essere stata inghiottita dal vuoto. Ognuno reagisce al dolore
e alla
perdita in modo completamente differente, chi lo accetta, chi si
arrabbia con
il mondo intero, chi si lascia schiacciare dal peso del mondo come se
ogni
singolo sbaglio di ogni singola persona fosse il proprio. Owen si era
arrabbiato, quattro anni prima, aveva colpito Jack in faccia come prima
cosa
dopo il funerale, prima ancora di sentire una parola, lo aveva ritenuto
responsabile pur di non ammettere davanti a lui di quanto in
realtà si sentisse
responsabile lui. La sua mente
viaggiava più veloce che mai, in un circolo che ricadeva
sempre sulle stesse
parole, “Dovevi accorgertene prima.
Dovevi intervenire prima. Che razza di dottore sei se non salvi
l’unica persona
che conta?”. Ianto si era chiuso in un silenzio
ermetico nella speranza che
ogni cosa gli scivolasse addosso, nella speranza che anche il dolore e
i
ricordi scivolassero via smettendo di ferirlo, nella speranza che il
mondo si
dimenticasse di lui e dei suoi fallimenti. Obbiettivo discretamente
difficile
da raggiungere quando Owen aveva deciso di prendergli il volto tra le
mani
sollevandolo finché non si guardavano negli occhi.
«Va
tutto bene. È normale sentirsi così, svuotati,
come se nulla sia più
importante. È tutto a posto Ianto, devi credermi.»
Disse con voce innaturalmente
dolce, il pollice gli accarezzava la guancia lentamente. «Non
è stata colpa
tua, ed è la verità anche se pensi il contrario.
Ora devi venire con me, va bene?
Ti porto a casa, hai bisogno di riposo e quando starai bene vedrai che
avevo
ragione. Come sempre.» Gli prese nuovamente le mani alzandosi
e tirandolo in
piedi con sé. Tosh lo fermò mentre sosteneva
Ianto e si avviava verso l’uscita,
le mani strette in grembo e un’espressione sinceramente
preoccupata in volto.
«Chiamami,
per qualunque cosa, se hai bisogno.» Si rivolgeva ad entrambi
i ragazzi ma,
mentre Ianto parve non averla sentita, Owen abbozzò un
sorriso annuendo prima
di uscire.
Farlo
salire in macchina, farlo scendere e riuscire a raggiungere il suo
piano una
volta arrivati occupò ben più tempo di quello che
avrebbe impiegato
normalmente, pescò il mazzo di chiavi dalla tasca della
giacca di Ianto e le
provò quasi tutte prima di trovare quella giusta, tra uno
sbuffo e l’altro. L’appartamento
non era nulla di particolare, se doveva essere sincero era anche
abbastanza
spoglio e disordinato, con una libreria spoglia e i libri impilati sul
tavolino
storto in mezzo al salotto davanti ad un piccolo divano dal colore
indefinibile
nella luce flebile della lampada, metà del quale occupato da
vestiti informali
ammucchiati forse in attesa di essere stirati o forse semplicemente
dimenticati
lì.
Farlo
stendere a letto dopo essersi cambiato fu molto più
semplice, Ianto aveva
smesso di cercare di resistergli, Owen non sapeva se per fiducia o
perché era
talmente esausto da non aver più le forze di opporsi.
«Rimango
qui stanotte, va bene?» Gli parve di vederlo annuire ma Ianto
aveva già chiuso
gli occhi sprofondando in quello che sperava essere un sonno senza
sogni.
Owen
si guardò intorno scandagliando la stanza spoglia come il
resto della casa in
cerca di qualcosa con cui distrarsi. Non voleva tornare a casa e
lasciarlo
solo, non in quelle condizioni, nessun medico sano di mente lo avrebbe
fatto, e
lui si era sempre vantato di essere un ottimo medico. (Tutto
pur di non ricordare costantemente il suo più grande
fallimento.). Recuperò dalla cucina una sedia e
tornò in camera con un
bicchiere d’acqua che lasciò sul comodino prima di
andare a curiosare tra i
libri impilati sul tavolo nella speranza di trovare qualcosa con cui
passare la
notte. Stava scorrendo leggendo distrattamente i titoli ordinati nella
libreria
quando notò il primo dettaglio che definiva quel posto
effettivamente la casa
di Ianto, una cornice argentata sottile, senza fronzoli o dettagli
inutili,
perfettamente lucidata e tenuta come nuova, la prese per osservarla
più da
vicino, lasciò scorrere l’indice sulle due figure
sorridenti, Ianto sembrava
così giovane, poco più che ventenne,
così felice, così
innamorato. Si voltò in direzione della camera,
doveva
assolutamente parlare con Jack prima che prendesse una decisione
drastica.
«Non
puoi cancellargli la memoria.» Jack non era pronto ad
affrontare quella
conversazione di primo mattino, per quanto l’orologio sul
muro segnasse ormai
le 11. Jack proprio non poteva affrontare quella conversazione senza
una
singola goccia di caffè in corpo, Owen era testardo, lui non
aveva dormito, e
se avesse prestato attenzione al volto di Owen e alle occhiaie che
aveva
avrebbe intuito che entrambi avevano passato la notte in bianco, e non
c’era
caffè.
«Ti
stai ripetendo. Da dieci minuti.» Disse passandosi una mano
sul viso.
«Non
puoi farlo!» Esclamò il medico una quinta volta
sventolando in aria le mani con
un tono vagamente isterico, come se Jack non capisse quello che diceva.
«Almeno
spiegami la ragione se devi andare avanti a ripeterlo.»
Gemette arreso Jack. Aveva
passato la notte a soppesare le opzioni che aveva, uccidere Ianto per
tradimento e per aver messo a repentaglio prima di tutto la squadra e,
secondariamente,
l’intera città, se non pianeta, usare il Retcon ed
eliminare ogni ricordo di
Torchwood, una scelta clemente che gli avrebbe concesso di iniziare una
nuova
vita, non tutti sarebbero stati d’accordo probabilmente.
Aveva anche una terza
opzione, si era fatta strada tra le prime due alle prime luci del
mattino,
tenerlo con loro, in fondo erano una squadra così piccola
che una mano in più
faceva sempre comodo. Non era solo quello però, Jack lo
sapeva.
Owen
prese un respiro prima di iniziare a parlare nel tono che
più si avvicinava a
quello professionale.
«Eliminare
ogni ricordo di Torchwood al 90% finirebbe con l’ucciderlo.
Dovresti cancellare
ogni riferimento a Torchwood Uno e Ianto ha iniziato a lavorare
lì a soli 19
anni. Eliminare ogni ricordo fino ad allora sarebbe fatale.»
Era una ragione
valida, Jack lo sapeva, non ci aveva pensato finché Owen non
glielo aveva
ricordato, ma aveva ragione, non si trattava di cancellare un paio di
giorni o
un anno, era un rischio troppo grande da prendere anche verso qualcuno
che li
aveva traditi e quasi fatti uccidere. Osservò Owen in attesa
di qualche altra
motivazione, non che gli servisse, che di certo il medico aveva,
notò come i
lineamenti si addolcivano e le spalle si rilassavano,
avvertì il cambiamento
nel suo tono, una sorta di affetto che non aveva mai visto Owen
mostrare nei
confronti di Ianto ma che in quel momento era presente e stava avendo
la meglio
sul giovane medico. Owen aprì la bocca cercando le parole
giuste che in quel
momento lo eludevano abilmente, proprio a lui che aveva una risposta
sempre
pronta per tutto. Ripensò alla notte trascorsa, a Ianto
rannicchiato sul letto
quando era tornato in camera senza nessun libro, al modo in cui si era
aggrappato a lui quando Owen si era seduto in un angolo del letto e
aveva
iniziato ad accarezzargli i capelli come ad un bambino spaventato, alla
voce
piccola e rotta che aveva continuato a chiedere scusa finché
non si era
addormentato di nuovo, Owen non era sicuro di sapere con chi si stesse
scusando, se con loro, se con Lisa, se con entrambi o qualcun altro.
Ripensò al
fatto che aveva passato la notte così, in una posizione
tutt’altro che comoda,
su un letto troppo piccolo per due, con le gambe semi incrociate e un
braccio
appoggiato alla testiera del letto con la mano che gli reggeva il viso
mentre
cercava di stare sveglio, una scena così familiare alle
notti in bianco passate
vegliando su Katie. E la cornice sulla libreria, lucida e curata, la
fotografia
che racchiudeva qualunque ragione per cui Ianto aveva fatto ogni cosa.
Owen
sospirò guardando Jack con espressione improvvisamente
esausta.
«Le
cose che fai per amore…» Disse piano prima di
voltarsi lasciando Jack da solo in
ufficio.
“Non
puoi incolparlo di averla amata
fino a quel punto.”
Sembravano dire quelle parole per Jack. “Avrei
fatto lo stesso per Katie al posto
suo.” Dicevano ancora, e Jack sapeva che era vero,
non poteva prendere lui
quella decisione nemmeno se era il capo. Ianto. Ianto avrebbe deciso
cosa fare,
sperava solo che Owen riuscisse a convincerlo così come
aveva fatto con lui.
Angolino dell'autrice: Salve!
Dopo tempo ho deciso di fare un rewatch di Torchwood e questa fic si
è scritta praticamente da sola tutta in una volta. Di solito
mi riusciva semplice scrivere di Ianto visto che è quello
con cui maggiormente mi identifico, invece Owen si è
rivelato molto naturale, o almeno in questa!
è una cosa completamente a sè stante, senza
continui (anche perchè ho una long che mi sta ringhiando
addosso per non essere andata avanti con lei in questo sprazzo di
ispirazione D: ), nel caso potrei gettarmi su qualunque coppia
possibile, e non. Soprattutto ora che ho avvicinato e trovato un po' di
terreno comune tra Ianto e Owen (e per il fatto che anche se non come
otp li shippo. Tanto.)
Anyway... spero vi sia piaciuta se qualcuno l'ha letta e...
Bye Bye~
Aki
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