Il Consiglio degli Anziani era un'istituzione davvero particolare.
Fondato da Sant'Alessia assieme all'Impero, ne aveva attraversato tutte
le vicissitudini senza mai perdere il suo potere. Mentre le dinastie
degli imperatori sorgevano e cadevano, il Consiglio rimaneva saldo nella
sua autorità, in modo che all'Impero non mancasse mai un governo. Se
c'era qualcuno che, nel Consiglio, incarnava al meglio la continuità di
governo, questo qualcuno era senza dubbio il Cancelliere Abnur Tharn.
Dopo ogni riunione, Tharn era solito compilare un rapporto nella
solitudine e nel silenzio del suo studio nella Torre d'Oro Bianco. Quel
giorno, tuttavia, il Consiglio si era riunito per un'occasione
particolare: il riconoscimento ufficiale del nuovo imperatore.
Il Cancelliere redigeva il rapporto con la scioltezza che era maturata
da anni di esperienza alla guida del Consiglio. Scriveva con una grafia
elegante e curata, le parole si seguivano sul foglio, una dopo l'altra,
senza intoppi od indecisioni, ed ogni tanto si fermava per sorseggiare
da un calice un vino rosso scuro. Questa gestualità, quasi rituale,
venne interrotta quando la porta si aprì bruscamente, e una donna dalla
statura imponente irruppe nella stanza. L'uomo sussultò, ed evitò per
poco di macchiare il foglio con l'inchiostro.
«Tharn!» la donna si rivolse al Cancelliere, con un tono concitato.
«Sai dov'è andato Varen?»
L'uomo fece un profondo respiro. «Lyris, non ti ha insegnato nessuno
che è buona norma bussare prima di entrare?» disse, caustico.
«Non ho tempo da perdere» replicò seccamente la donna. «Sai dov'è
andato Varen?» ripeté.
«Perché dovrei saperlo? Sono il Cancelliere, non la balia
dell'imperatore. Non è nei suoi alloggi?»
«No, sono andata a controllare. Le guardie hanno detto che è uscito da
solo».
«Sei un'ottima guardia del corpo, non c'è che dire» disse Tharn,
schernendola. «Buona fortuna per la ricerca, io non so dove sia andato».
La donna serrò i pugni e si avvicinò alla scrivania «Potresti smetterla
un momento con il tuo solito cinismo e provare a darmi una mano?»
sibilò le ultime parole a denti stretti, con frustrazione. «Ora che
Varen è diventato imperatore potrebbe diventare il bersaglio di sicari,
forse anche del Morag Tong! Devi mandare alcuni uomini a cercarlo!»
«Del Morag Tong?» ripeté l'uomo, incredulo, per poi scoppiare a ridere.
Lyris scattò. Allungò il braccio oltre la scrivania ed afferrò Tharn
per il bavero del mantello rosso, facendolo alzare in piedi. «Che
cos'hai da ridere, si può sapere?» ringhiò rabbiosamente.
Tharn si divincolò subito dalla presa. «Vuoi calmarti, sciocca
ragazza?» le disse, incollerito. «Non posso mandare dei soldati a
setacciare la Città Imperiale solo per assecondare le tue fantasie
persecutorie!»
«Non sono fantasie, per le Ossa di Shor! Sono concrete possibilità, ed
è mio dovere contemplarle tutte!»
«Mia cara, nel caso te lo fossi dimenticato, ti rammento che non siamo a
Morrowind» spiegò Tharn con una ostentata pazienza, come se stesse
parlando ad un bambino. «Ed è dai tempi dei Monarchi Akaviri che il
Morag Tong non si azzarda più ad attaccare obbiettivi di così alto
profilo».
«E che mi dici della Confraternita Oscura?» ribatté Lyris, incrociando
le braccia. «Hai sentito quello che stanno combinando nella Costa d'Oro,
vero? Hanno anche minacciato il Primate di Akatosh».
«Certo che lo so, ma il ragionamento è lo stesso» disse Tharn, stizzito
da quell'insistenza. «Le gilde di assassini uccidono per contratto e non
per diletto, quindi finché qualcuno non li pagherà, e tanto, per
uccidere l'imperatore, nessuno di loro muoverà un dito».
«E secondo te non dovrei preoccuparmi? Vorresti farmi credere che in
quel covo di serpi del Consiglio non ci sia nessuno che abbia già
pensato a farlo?»
«E secondo te pensi che io non l'abbia considerato? Non sono
arrivato ieri, sono il Cancelliere da centododici anni, conosco i
consiglieri uno per uno e so di cosa sono capaci. Se avessi anche il
minimo sospetto di un complotto, sarei il primo ad avvertire subito
l'imperatore».
Lyris sbuffò. «Detto da uno che ha complottato alle spalle dell'ultimo
imperatore, c'è da fidarsi».
L'uomo non accusò minimamente la frecciata, ed un sorriso sornione gli
si disegnò sul volto. «Sai essere arguta e tagliente, te lo concedo, ma
se fossi in te farei attenzione a quello che dici, stai forse mettendo
Leovic e Varen sullo stesso livello?»
La donna sembrò presa alla sprovvista, ma replicò prontamente. «È
inutile che usi questi trucchi retorici, con me non attaccano».
«Nessun trucco, era solo implicito nella tua insinuazione. Ad ogni
modo, Varen ha il mio pieno appoggio e supporto, altrimenti non l'avrei
aiutato di persona nella sua rivolta contro Leovic».
«Allora meno chiacchiere e più fatti. Vuoi aiutarmi a trovare Varen
prima che gli succeda qualcosa?» ripeté Lyris per l'ennesima volta.
Tharn stava per cedere, ma una voce anticipò la sua risposta.
«Non è necessario».
Entrambi si voltarono verso l'ingresso della stanza. Sulla soglia si
stagliava la figura di un altmer incappucciato, con una lunga veste
completamente nera.
«Oh sei tu» Lyris lo riconobbe e strinse gli occhi con sospetto.
«Perché non sarebbe necessario? Sai dov'è andato Varen?» gli chiese.
«Ma certo, mia cara» rispose l'altmer con un tono mellifluo, entrando
nello studio. «L'imperatore Varen è al Tempio dell'Unico in questo
momento».
«Come fai a saperlo?»
«Perché l'ho incontrato, ovviamente. Abbiamo parlato, ma poi ha chiesto
di rimanere solo, e quindi l'ho lasciato alle sue preghiere».
«Molto bene. Vogliate scusarmi» la donna si congedò bruscamente e se ne
andò.
Tharn tornò a sedersi con uno sbuffo esasperato. «Non vorrei essere al
posto dell'imperatore, con una guardia del corpo così soffocante».
«Suvvia, Cancelliere, non essere così duro con la giovane Lyris. Sono
sicuro che lo faccia con buone intenzioni».
«La strada per il disastro è sempre lastricata di buone intenzioni»
disse Tharn, prima di sorseggiare di nuovo dal calice. Vedendo che
l'elfo non accennava ad andarsene, gli chiese: «Vuoi dirmi qualcosa,
Mannimarco?»
«Sì, a dire il vero» rispose. «Vedi, quando ho parlato con l'imperatore
mi ha confidato alcune... insicurezze».
«Riguardo cosa?»
«Riguardo la sua successione al precedente imperatore. Varen è convinto
che la sua salita al trono non sia più legittima di quella di Leovic».
«Oh, per favore!» sbottò Tharn. «Di nuovo con questo paragone? Leovic
non era altro che l'ultimo rampollo di una casata di barbari del Reach.
I Casalunga non hanno mai avuto rispetto per le tradizioni e la cultura
dell'Impero, e dubito che qualcuno possa rimpiangerli. Varen è un duca
coloviano, discendente di una famiglia nobile e rispettabile, al
confronto con Leovic, è come se fosse il primogenito di Sant'Alessia».
«Un paragone calzante» disse Mannimarco con una leggera risata. «Non
posso darti torto, ma devi ammettere che anche Varen ha usato la forza
militare per salire sul trono, proprio come i Casalunga».
«Varen ha guidato una ribellione popolare» specificò il Cancelliere.
«Ha deposto un imperatore indegno, che aveva avuto l'idea oltraggiosa di
legalizzare il culto dei daedra a Cyrodiil».
«E aveva avuto anche l'idea di sposare tua figlia» aggiunse Mannimarco,
con una provocatoria noncuranza.
Tharn gli lanciò un'occhiataccia. «Quella era un'abitudine che aveva
iniziato Durcorach, il capostipite dei Casalunga, quindi non era una
novità».
«Un'abitudine che ha preso anche Varen...» insinuò l'elfo.
«Ho offerto io la mano di mia figlia a Varen, spontaneamente.
C'è una sostanziale differenza».
«Ma a conti fatti il risultato è lo stesso...»
«Non farmi perdere tempo, Mannimarco, dove vuoi arrivare?»
ringhiò Tharn.
«È semplice» rispose. «Come vedi, il paragone con Leovic non è poi così
forzato, nonostante il nobile lignaggio del nostro imperatore, ed è
normale che ne senta il peso nella pubblica opinione».
«I detrattori ci saranno sempre» disse Tharn, per poi sorseggiare altro
vino. «Se Varen sarà un buon imperatore, il popolo non ci farà più
caso».
«Vero» concesse Mannimarco. «Ma ho pensato ad un modo per dare ancora
più forza alla sua investitura».
Tharn lo guardò, scettico. «E sarebbe?»
«Come hai detto tu, i Casalunga erano alieni alla cultura dell'Impero.
Quindi quale modo migliore per segnare un netto distacco, se non
riportare in auge le vecchie tradizioni dell'Impero?» Mannimarco piantò
entrambi i palmi delle mani sulla scrivania «Ritrovare l'Amuleto dei Re,
e riaccendere i Fuochi del Drago. Ecco quello che ho proposto
all'imperatore» disse a Tharn, con una impazienza quasi famelica negli
occhi.
«Recuperare l'Amuleto dei Re sarebbe un buon inizio, ma non basterebbe.
Solo un Sangue di Drago può indossare l'Amuleto ed accendere i fuochi.
Che io sappia, Varen non possiede tale dono».
«Non ancora» specificò l'elfo, con un sorriso obliquo.
Tharn alzò un sopracciglio, ancora più scettico. «Dunque tu
conosceresti un metodo per permettere ad un mortale di diventare un
Sangue di Drago?»
«Non ancora» ripeté, «Ma un modo certamente esiste! Dopotutto, nemmeno
Alessia era nata come Sangue di Drago».
«Alessia strinse un patto di fedeltà con Akatosh, un'impresa più unica
che rara».
«Beh, Alessia si ribellò contro gli Ayleid adoratori dei daedra, e
Varen si è ribellato contro i Casalunga adoratori dei daedra. È già
qualcosa, non pensi?» osservò l'elfo, ironico.
Il Cancelliere roteò gli occhi. «Questi paragoni ci stanno sfuggendo di
mano. Taglia corto e dimmi cos'hai in mente».
«Io sono convinto che modificando il rituale di accensione dei Fuochi,
sia possibile persuadere Akatosh a concedere la sua benedizione».
«Ne sei convinto? Io ho qualche dubbio».
«Abbi fiducia in me, Cancelliere, non parlo mai a sproposito».
«Lo spero bene. In ogni caso non spetta a me decidere, quindi perché me
ne stai parlando? Quale sarebbe il mio ruolo in tutto ciò?»
«Ma è ovvio! Il tuo contributo sarebbe fondamentale per il ritrovamento
dell'Amuleto! Chi meglio di te conosce i segreti e la storia
dell'Impero?»
Tharn lo guardò per qualche secondo. «Era una domanda?»
«No, era un complimento».
Tharn sbuffò. «Non ho bisogno delle tue lusinghe. Se l'imperatore
chiederà il mio aiuto per ritrovare l'Amuleto, io non mi tirerò
indietro. Soddisfatto?»
«Certamente...» Mannimarco osservò con curiosità mentre il Cancelliere
si versava altro vino, e qualcosa colpì la sua attenzione. «Oh? Cosa
vedo!» afferrò la bottiglia dalla scrivania, per leggere meglio
l'etichetta. «Vino del West Weald?» chiese, con malcelata ironia. «Un
illustre esponente della razza e della cultura nibenese che beve un vino
coloviano?»
Tharn rise suo malgrado. «La gente di Skingrad è abbastanza vicina al
Niben da non aver preso troppe abitudini dai nostri... cugini di Skyrim»
disse alzandosi, e dirigendosi verso una credenza. Prese un altro
calice, lo riempì dalla stessa bottiglia e lo porse a Mannimarco. «In
particolare, non hanno preso la brutta abitudine di fermentare il miele
per ottenere quella bevanda stucchevole» disse con una smorfia.
L'elfo prese il calice che gli veniva offerto. «Intendi l'idromele?»
«Esatto, e non ne ho mai sopportato il sapore. D'altra parte, la birra
è spesso dozzinale, prodotta con poca cura. Il vino del West Weald
invece non mi ha mai deluso» levò in aria il calice «Lunga vita
all'Impero!»
Mannimarco lo imitò «Lunga vita all'Impero» disse, con un sorriso
gelido sulle labbra.