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"Maura! Maura!"
La pioggia continuava a cadere
incessante e la voce che mi chiamava, come a implorare il mio aiuto, si
faceva più chiara. La strada che stavo percorrendo mi condusse
in un bosco buio a me sconosciuto, nonostante non fossi molto distante
da casa. O almeno così credevo.
"Maura! Maura!"
Avanzavo sempre più a fatica
nel fango che cercava di impedire i miei movimenti e poter così
raggiungere quella voce familiare, ma che non capivo esattamente di chi
fosse.
"Maura! Maura!"
Sentivo la stanchezza pervadere il
mio corpo, quando vidi un capanno scarsamente illuminato qualche metro
avanti a me. Inziai a correre per raggiungerlo, caddi inciampando in
quella che pensavo fosse una radice. Appena misi a fuoco, vidi che a
causare la mia caduta fu un braccio mozzato che che sbucava dal
terreno. Spalancai la bocca per urlare , ma uscì solamente un
suono sordo.
Mi svegliai di soprassalto e una sensazione di nodo alla gola mi
impediva quasi di respirare. Spalancai la finestra e inspirai l'aria
fredda della notte, cercando di calmarmi.
"Uno dei tuoi soliti incubi?"
"Già. Scusa se ti ho svegliato."
"Tranquilla, ora torna a letto...devi riposare."
Mi infilai sotto le coperte e Frank mi strinse tra le sue braccia. Mi
posò un delicato bacio sulla fronte mentre mi accarezzava la
schiena.
"Grazie."
"Di cosa?"
"Di essere così paziente con me." Negli ultimi mesi ero
constantemente agitata, soprattutto per via della malattia di mio
padre. Anche il mio ultimo lavoro aveva portato altro stress nella mia
vita e gli incubi ricorrenti ne erano il frutto. Spostai il mio sguardo
su Frank che nel frattempo si era di nuovo addormentato e subito mi
venne in mente la prima volta che lo incontrai.
Estate del 2015, avevo da poco finito i miei studi di giornalismo e
lavoravo come cameriera da Mill's, tavola calda e principale punto di
ritrovo a Dunhill. Ero dietro al bancone a sistemare le tazze, quando
entrò la mia amica d'infanzia Teresa McEvoy, seguita dal
fratello maggiore Dylan e da un altro ragazzo.
"Hey Maura! Ho provato a chiamarti prima, volevo chiederti se stasera
ti va una pizza insieme a noi. Volevamo portare in giro Frank per la
città, fargli conoscere la movimentata vita notturna di
Dunhill." mi spiegò Teresa ridendo.
"Beh, non so a che ora finisco qui..."
"Ti prego, non potrei sopportare di passare un'altra sera solo con i
McEvoy. Se venissi con noi te ne sarei eternamente grato!" disse il
ragazzo, cercando d'usare un tono drammatico.
"Allora verrò in tuo soccorso, so che questi due insieme possono
essere tremendi." risposi indicando Teresa e Dylan. Dopo avermi
ringraziato, i due ragazzi andarono a sedersi mentre Teresa rimase
lì al bancone con me.
"Ammettilo."
"Cosa?" chiesi perplessa.
"Che hai accettato perchè Frank non è niente male" spiegò facendomi l'occhiolino.
"Forse" risposi guardandola, per poi continuare ad asciugare le tazze.
"Lo conosco quel sorrisetto! Ci vediamo più tardi!" esclamò raggiungendo gli altri due al tavolo.
In seguito a quella prima uscita, io e Frank iniziammo a frequentarci
regolarmente dopo il suo trasferimento definitivo a Dunhill per lavoro.
Aveva ottenuto la cattedra come insegnante di filosofia al liceo
Jefferson, lo stesso che avevo frequentato io. Considerata da sempre
come un'ottima scuola, negli ultimi mesi era stata teatro di
fatti spiacevoli e alquanto strani.
"Lavori sempre troppo di fantasia. Sono solo dei ragazzini, non dei
geni del crimine!" diceva Teresa prendendomi in giro e forse aveva
ragione. Io vedevo misteri dietro a qualsiasi cosa succedesse, anche la
più piccola sciocchezza. Proprio questa mia caratteristica
bizzarra, se così vogliamo definirla, mi aveva portato a
intraprendere la carriera giornalistica. Fin da piccola ero sempre
stata affascinata dalle storie ricche di enigmi e segreti, che fossero
reali o meno. Quando i miei compagni di scuola leggevano libri per
ragazzi, io divoravo i gialli di Agatha Christie e sognavo di diventare
una grande scrittrice come lei. I miei genitori avrebbero voluto che
frequentassi una facoltà che un domani mi avrebbe dato un lavoro
sicuro, tipo medicina, ma non era quello che desideravo. Grazie alla
mia testardaggine non mi sono mai lasciata scorraggiare e ho continuato
con determinazione a perseguire i miei obiettivi. Ed ora eccomi qui, la
sera prima dell'inizio del mio nuovo lavoro come giornalista al Dunhill
Report. Non era di certo un quotidiano di fama internazionale, ma
sentivo che sarebbe stato il mio trampolino di lancio. Ne ero certa. E
di solito su queste cose non mi sbagliavo. O almeno quasi mai.
Finiti i miei sproloqui mentali chiusi gli occhi, sperando di non avere altri incubi per il resto della notte.
La mattina seguente mi alzai di buon umore, cosa che capitava
raramente. Frank era uscito di casa presto per non rischiare di trovare
troppo traffico, visto che la mia casa non si trovava così
vicina al liceo. Si, casa mia. Frank e io non abitavamo inisieme, lui
viveva con i suoi genitori ma ogni tanto si fermava da me. Sinceramente
al momento preferivo così. Stavo bene insieme a lui, però
amavo avere i miei spazi e una casa tutta per me era sempre stato
il mio sogno. In più mi reputavo una persona estremamente
abitudinaria e miei "rituali" giornalieri erano il punto fermo di ogni
giornata.
Appena sveglia aprivo immediatamente la finestra della camera, per
poter ammirare i prati verdi e curate delle altre case, il cielo
azzurro primaverile ma soprattutto sentire il profumo delle torte della
signora Butler. Ogni mattina si alzava all'alba per sfornare montagne
di dolci per coccolare i clienti della sua caffetteria, la più
conosciuta di Dunhill.
Poi era il turno della doccia bollente, seguita da caffè e
notiziario sul canale 34. Lo so, nonostante amassi la tecnologia e
disponessi di tablet e affini, preferivo sapere i fatti appena accaduti
seguendo il notiziaro della tv locale.
"Un fatto spiacevole per tutta la comunità di Dunhill..."
Smisi di preparare i pancakes, mi girai verso lo schermo del televisore e alzai il volume.
"...il sindaco Berry e la moglie Emily hanno comunicato la scomparsa
della figlia Lauren, studentessa al liceo della nostra città."
annunciò la voce del giornalista.
Circa un mese prima era già capitato un caso simile, che vedeva
come protagonista una studentessa del Jefferson e non era ancora stata
ritrovata. Ormai tutti pensavano al peggio, me inclusa.
"Chiunque avesse notizie di Lauren è pregato di contattare il
commissariato di polizia di Dunhill." concluse il giornalista.
Nessuno della città aveva fatto realmente qualcosa per queste
ragazze: forse ora il mio lavoro al Dunhill report avrebbe avuto uno
scopo ben preciso.
Dopo la solita visita mattutina ai miei genitori, mi diressi al
giornale. Si trovava nel centro della città, di fronte al parco
dove andavo sempre da piccola. Esternamente era un semplice edificio a
due piani con la facciata in mattoni rossi e le finestre di legno
bianco. Ma quello che adoravo era l'interno. Appena varcato il piccolo
portone a vetri, ci si ritrovava catapultati indietro di decine di
anni. Un odore di caffè aleggiava per i corridoi e lo
scricchiolio dei vecchi pavimenti in legno faceva da accompagnamento al
tichettio delle veloci dita dei giornalisti sulle tastiere dei pc.
Nonstante il loro lavoro frenetico, c'era un atmosfera calma e rilassante.
Nello stesso tempo venni urtata alla spalla da qualcuno che entrò correndo.
"Oddio, mi dispiace! Ti ho fatto male?"
Alzai lo sguardo e vidi una ragazza dai capelli scuri tutti spettinati e con una macchia di caffè sulla camicetta bianca.
"No, tranquilla tutto a posto. Può succedere." le risposi sorridendo.
"Quando sono in ritardo combino sempre dei casini!" esclamò
guardando l'orologio che portava al polso, mentre passava un
fazzolettino sulla macchia di caffè, allargandola sempre di
più.
"Keileen, Keileen!" urlò una voce dal fondo di un corridoio.
"Eccomi, sono qui!"
"In ritardo anche stamattina eh?" le chiese quasi rassegnato il direttore Canavan, che comparve davanti a noi.
"Mi scusi capo, però le ho portato la signorina O'Reilly"
rispose Keileen indicandomi, voltandosi verso di me per farmi
l'occhiolino.
"Ah si certo, buongiorno Maura. Ben arrivata!" disse il direttore stringendomi la mano.
"Grazie direttore Canavan."
"Keileen, fai accomodare Maura nel mio ufficio. Cinque minuti e arrivo." annunciò per poi sparire dietro ad una porta.
"Scusa, come facevi a sapere che ero io?" chiesi a Keileen una volta rimaste sole.
"Sono la segretaria del capo, vedo tutti i fascicoli dei nuovi assunti
e ho una buona memoria fotografica." mi spiegò sfoderando un
sorrisino compiaciuto, mentre ci dirigevamo presso l'ufficio del
direttore. Ci fermammo alla fine del corridoio che sembrava
interminabile, davanti ad una porta di legno scuro.
"Eccoci, accomodati pure." disse indicando una poltrona di pelle marrone, dall'aspetto vissuto.
"Ci vediamo dopo per la visita alla redazione." aggiunse sorridendomi, per poi uscire dall'ufficio.
Nell'attesa mi guaradi un po' in giro: una grande finestra, che offriva
una stupenda vista sul parco, illuminava la scrivania in legno pregiato
sulla quale erano impilati dei fascicoli in maniera ordinata. Vicino
all'imponente libreria ricolma di volumi provenienti da ogni parte del
mondo, c'era una vetrinetta di vetro contenente eleganti bottiglie di
vini e liquori. Probabilmente costavano quato il mio appartamento. La
cosa che attirò la mia attenzione fu il fatto di non vedere
alcun pc. Al centro della scrivania campeggiava una vecchia macchina da
scrivere. Erano la mia passione. Mi alzai per andarla a vedere
più da vicino.
"Me la regalò mio padre all'età di 16 anni, quando
capì che scrivere era la mia più grande passione. Ed ora
eccomi qui, a dirigere un giornale." mi spiegò il direttore
entrando nella stanza.
"E' un bellissimo modello di Brother, una delle mie preferite:"
"Vedo che se ne intende!"
"Si, ho una passione per le macchine da scrivere e per l'antiquariato in generale."
"Quando non c'erano i computer e i cellulari si stava meglio. Essere
raggiungibile ovunque e a qualsiasi ora...Ah, non ho più
l'età per fare questo lavoro." sussurrò quasi tra se.
"Immagino che con tutto quello che sta succedendo a Dunhill siano
giornate abbastanza impegnative." dissi riferendomi implicitamente alla
vicenda della figlia del sindaco.
"Non abbiamo un attimo di tregua per riuscire sempre ad essere
aggiornati. Pe fortuna che da oggi abbiamo un nuovo valido aiuto nella
nostra redazione. Anzi Maura, quando vuole può già
mettersi all'opera." annunciò il direttore consegnandomi un
fascicolo.
Quando lo aprii rimasi abbastanza delusa.
"Dovrei occuparmi del matrimonio dell'avvocato Adams?"
"Al momento nessuno riesce ad occuparsi della cronaca rosa. Però
è una pagina di grande rilievo." precisò il capo.
"Ne sono certa e la ringrazio per l'opportunità. Però
vede, mi piacerebbe davvero tanto poter collaborare con i colleghi
della cronaca nera."
"Mi dispiace Maura ma al momento non posso accontentarla. La prenda come una cosa temporanea, giusto per iniziare."
"Va bene, farò del mio meglio." risposi rassegnata. Non era
l'incarico che mi aspettavo, ma volevo dimostrare a tutti che Maura
O'Reilly non si lasciava abbattere così facilmente.
"Tu? Cronaca rosa?" mi chiese Teresa incredula, scoppiando in una risata fragorosa.
"Bhe dai, non è poi così male." dissi cercando di convincere me stessa, ma la cosa non stava funzionando affatto.
"Lo sai che per questa cosa ti prenderò in giro a vita, vero?" continuò senza smettere di ridacchiare.
"Sarà meglio che torni in servizio detective McEvoy, invece che stare al telefono a divertirsi."
"Hai ragione, devo mangiare una cosa al volo e tornare al lavoro. Ci vediamo domani sera!" disse riattaccando.
Dopo essere uscita dall'ufficio del direttore mi ero rifugiata un
attimo nel bagno. Avevo bisogno un paio di minuti per carburare il
tutto e affrontare al meglio il mio nuovo incarico.
Mi diedi una veloce rinfrescata al viso.
"Forza Maura, esci di qui e datti da fare" dissi guardandomi allo
specchio. Si, spesso parlavo da sola e mi facevo dei piccoli discorsi
d'incoraggiamento.
"Eccoti, iniziavo a pensare che fossi scappata!" esclamò Keileen entrando in bagno.
"Mi stavi cercando?"
"Il giro della redazione, ricordi?" chiese prendendomi per la mano e
trascinandomi fuori nel corridoio. Iniziò subito ad elencarmi
tutte le varie stanze e uffici presenti.
"A destra c'è la stanza delle fotocopie, vicino al ripostiglio
della donna delle pulizie. Una volta ci hanno trovato Edward, quello
che si occupa di economia, insieme a Diana, la signora della rubrica di
cucina."
"Potrei usarlo per un mio articolo di cronaca rosa." dissi quasi tra me e me.
"Se al giornale esistesse la rubrica di gossip avremmo un sacco da
scrivere, soprattutto su di lui." aggiunse Keileen indicando un ragazzo
alto, dal fisico scolpito e i capelli rossi.
"Chi è?"
"Conor Gallagher, uno dei responsabili della cronaca nera. Ecco, sta
arrivando. A quanto pare ha sentito il richiamo di carne fresca."
annunciò la ragazza sbuffando, vedendolo camminare verso di noi.
"Signorine buongiorno! Keileen non mi presenti la nostra nuova collega?"
Con la coda dell'occhio la vidi alzare gli occhi al cielo.
"Posso anche presentarmi da sola, sono Maura O'Reilly." dissi stringendogli la mano.
Era evidente che tra i due non scorreva buon sangue.
"Piacere, Conor. Non so se Keileen ti abbia già detto qualcosa
su di me...in tal caso non farti infuenzare. Come avrai notato la
signorina Canavan non mi sopporta, anche se non ho ancora capito il
perchè. Forse non sono abbastanza noioso per i suoi standard?"
chiese sfoderando un'espressione pensierosa.
"Sempre molto simpatico Gallagher. Mi piacerebbe restare qui a parlare
con te, ma abbiamo da lavorare noi." puntualizzò trascinandomi
via. Di nuovo.
"Quando vuoi divertirti chiamami!" esclamò Conor facendomi l'occhiolino.
"Lui e le sue frasi sempre troppo ambigue." commentò Keileen.
"A me sembra simpatico."
"Non lasciarti ingannare, fa così con tutte." rispose con una punta d'acidità.
Forse era meglio non continuare con il discorso "Conor", però
sicuramente sarei andata a trovarlo più tardi. Era comunque il
responsabile della cronaca nera e tenermelo amico avrebbe potuto
giocare a mio vantaggio.
"Ma quindi il tuo cognome è Canavan, ho capito bene?" chiesi a
Keileen. Eh si, non mi facevo mai gli affari miei, ma io la chiamavo
deformazione professionale.
"Già, sono la nipote del direttore. Ma non per questo voglio
trattamenti di favore, sia chiaro. Ci tengo sempre a precisare che sono
arrivata qui grazie ai miei sforzi. Lo zio non mi ha mai agevolato in
alcun modo. Sai, non è facile lavorare in questo ambiente quando
hai rapporti di parentela così."
"Posso immaginare, ma si vede che sei una ragazza in gamba."
"Sei diventata ufficialmente la mia collega preferita! Ora che il giro della redazione è finito ti lascio al tuo lavoro."
"Già, l'avvocato Adams mi aspetta." dissi sospirando, mostrandole i fascicoli.
"Lo so che non è quello che vorresti fare, ma vedrai che arriverà la tua occasione quando meno te lo aspetterai."
SPAZIO AUTRICE
Ciao a tutti!
Ecco il primo capitolo della mia storia (è la prima non FF che scrivo, quindi siate clementi please!).
Ringrazio in anticipo coloro che decideranno di dare un'occhiata al mio racconto (spero che qualcuno lo faccia).
Nel caso fosse così, sarei davvero felice di sapere le vostre opinioni a riguardo :)
Ci vediamo presto con il prossimo capitolo,
Jane
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