5 anni prima...
La
campanella, come ogni sviscerante mattina, suonò
procurandole un lungo brivido freddo che le percorse la schiena fino ad
arrivare alle gambe, che tremarono. Sophie alzò lo sguardo e
lo posò sull'enorme edificio in mattoni che era il suo
liceo, un luogo orribile e tetro che la spaventava più degli
inviti a danzare del baronetto Von Claus, un ragazzo borioso e pieno di
sé con gravi - molesti - problemi gastrici. Da quando si era
trasferita in America ogni mattina viveva un incubo ad occhi aperti,
eppure era stata proprio lei a pretendere di frequentare l'ultimo anno
di liceo lì ed i suoi genitori, seppur contrari, alla fine
avevano ceduto. Quel paese per lei era sempre stato un sogno, ma non
aveva mai lasciato il suo piccolo paesino e non le era mai stato
permesso intrattenere rapporti con persone che non provenissero dal suo
stesso rango sociale; questo era ciò che sua madre le aveva
ripetuto, sin dalla nascita, in continuazione. Quest'impedimento
però non le aveva impedito di studiare culture diverse ed
innamorarsi di paesi e persone che non aveva mai visto, e quella
piccola vittoria ai suoi genitori per lei era stata una svolta nella
sua vita. Era stanca di sottostare a delle regole irragionevoli e del
tutto prive di senso, almeno per una volta voleva vivere nel modo in
cui aveva sempre sognato di fare e ci era riuscita.
Ma
la realtà si era scontrata contro il suo viso con la stessa
intensità di un palo preso a duecento chilometri orari. Il
primo giorno in quel liceo, che a lei era sembrato stupendo, si era
rivelato un vero incubo ed i giorni seguenti anche peggio. Finalmente
mancavano solo due settimane alla fine di quell'incubo, una volta
diplomata sarebbe tornata a casa ed avrebbe studiato economia e scienze
politiche, proprio come volevano i suoi genitori, questo era stato il
patto per permetterle di studiare in America. Aveva patteggiato per
vivere mesi d'inferno e se ne pentiva, odiava l'economia ed ancor di
più le scienze politiche ma quando una persona è
disposta a tutto pur di veder realizzato il proprio sogno non bada a
risvolti negativi né ci pensa. Se avesse potuto tornare
indietro non avrebbe commesso quell'errore... o forse sì?
Perché, nonostante le prese in giro nei corridoi o nei
bagni, una cosa positiva lei l'aveva trovata ed era l'unica
consolazione che le dava la forza di alzarsi ed andare a scuola: Kevin.
Kevin
faceva parte della squadra di football ed all'inizio Sophie lo aveva
guardato con disprezzo esattamente come guardava tutti i suoi compagni
di squadra, un branco di rozzi energumeni privi di grazia o di
qualsiasi forma di buona educazione. Nonostante fosse cresciuta tra
damerini che si fingevano gentiluomini, Sophie sapeva che le persone -
soprattutto i maschi - erano meno "cortesi" e non usavano sempre le
buone maniere, ma quegli individui superavano ogni sua più
cupa immaginazione, anche solo passare accanto ai loro spogliatoi aveva
il potere di mandarti in tilt l'olfatto ed alcune cellule celebrali
tanto era il tanfo. E per lei, che era seduta proprio accanto al loro
capitano, la cosa era anche peggiore perché Connor Smith era
uno dei colpevoli dell'incubo che da più di otto mesi
viveva. In ogni secondo della giornata non faceva altro che
punzecchiarla con parole cattive o lanciarle addosso pezzetti di carta
intrisa di bava di australopiteco tutto muscoli e niente cervello, per
poi riderne con i suoi compagni. Tranne Kevin, lui non aveva mai riso
anzi, l'aveva anche difesa in molte occasioni riprendendo il proprio
capitano - che stranamente sembrava aver timore di lui. Per lei era
come una specie di Zorro, pronto a venire in suo aiuto appena ne aveva
bisogno, ma a parte salvarla dalle grinfie di Connor, non avevano mai
avuto una discussione anzi, non si erano nemmeno mai rivolti la parola.
Lei si limitava ad ammirarlo e ringraziarlo da lontano, sapendo di non
poter mai far altro sia perché era impossibile che uno come
lui si interessasse a lei, sia perché aveva paura di
attirare su di sé altre prese in giro se gente come Connor
avessero scoperto la sua cotta segreta per Kevin.
Prendendo
un lungo respiro, Sophie si fece coraggio ed entrò
nell'edificio, era anche in ritardo di cinque minuti e di sicuro si
sarebbe presa una bella strigliata dal professore, un ottimo inizio di
giornata. Superò i corridoi della scuola a testa bassa,
stringendo le spalline dello zaino tra i pugni per darsi forza ed
entrò in classe a spasso spedito; marciando veloce verso il
suo banco in prima fila.
«Sof!
Cinque minuti di ritardo? Non è da te!» la voce di
Jane, l'unica amica che aveva in quel posto, la fece sobbalzare e le ci
volle qualche secondo per connettere. Era presa di mira così
spesso, che non era riuscita nemmeno a riconoscere la voce della sua
migliore amica a causa dell'ansia e della paura.
«S...
sì, sono rimasta ferma fuori per decidere se entrare o
scappare» le rispose, tentando di placare il battito furioso
del suo cuore ed il respiro affannato.
Jane
fece una risatina che di divertito aveva ben poco. «Io ti
avrei consigliato di dartela a gambe e tornare a casa tua,
lì hai di certo una vita migliore di quella che hai
qui.»
Lei
era l'unica che conosceva le sue vere origini, dove abitava prima di
trasferirsi lì e cosa le aspettava dopo. Ed aveva ragione,
tanto valeva ormai tornarsene a casa ma non poteva, non dopo aver
patito così tanto! Mancava poco al diploma, doveva tener
duro solo un altro po'...
«È
occupato?» chiese una voce familiare accanto a lei, ma persa
com'era nei suoi pensieri non vi dette troppo peso e fece un veloce
gesto affermativo con la mano. Il ragazzo, perché la voce
familiare era quella di un ragazzo, la ringraziò e prese
posto alla sua sinistra.
«Ehi,
Kevin!» urlò Connor dall'ultima fila.
«Goditi il tuo posto in prima fila accanto a
CesSophie!» Rise, venendo presto imitato da quasi tutta la
classe.
Solo
in quel momento Sophie collegò e si voltò verso
il ragazzo che solo poco prima le aveva rivolto la parola e che lei
aveva bellamente ignorato, scoprendo che si trattava proprio di Kevin!
Proprio
il ragazzo per cui aveva una cotta, lo stesso con cui non aveva mai
parlato; e proprio quando lui le rivolgeva la parola lei lo liquidava
con un gesto veloce della mano, proprio come si scaccia una mosca!
Brava, Sophie, davvero molto brava...
Sentendosi
fissare, Kevin si voltò verso di lei e fraintendendo il suo
sguardo le disse; «Non pensare a quegli idioti, credono di
essere fighi prendendo in giro gli altri.»
Abbozzò
un timido sorriso, o almeno ci provò, ringraziandolo muta
per il suo supporto. «Ci sono abituata»
sussurò.
«Comunque
grazie per avermi permesso di sedere accanto a te,»
continuò lui. «Il mio posto è stato
occupato da una piovra.» il ragazzo voltò lo
sguardo verso uno dei banchi in ultima fila e Sophie fece lo stesso. Al
posto in cui di solito sedeva Kevin, si trovava Lara, una ragazza dagli
eccentrici capelli blu che le chiedeva appunti in ogni materia, che
aveva unito il banco con quello del ragazzo accanto e si stavano
scambiando la saliva come due animali in preda agli istinti sessuali.
Si
voltò verso la sua cotta segreta, scoprendolo a fissarla
curiosa e ridacchiò per stemperare l'imbarazzo.
«Tranquillo, qui non ci sono piovre, ma soltanto io. Certo
non ho tentacoli e sicuramente non attenterò a nessuno dei
tuoi arti, ma visto che tutti mi evitano come la peste probabilmente ho
un enorme foruncolo che spaventa gli altri. O potrebbe essere solo la
mia faccia.»
Aspetta... ho appena detto cosa?!
Appena
ebbe collegato tutte le parole che erano uscite come un treno in corsa
dalla sua bocca, Sophie trattenne l'impulso di correre fuori dall'aula
e sbattere con la testa contro il primo muro disponibile. L'unica
fortuna era che nessuno, a parte Kevin, aveva sentito il suo delirio.
In quel preciso istante però, la risata divertita del
ragazzo attirò l'attenzione di tutta la classe, che si
zittì.
«Cosa
c'è di così divertente da ridere in quel
modo?» chiese Connor, procurandole un brivido freddo lungo la
spina dorsale.
«Non
sono affari tuoi, Smith» rispose Kevin. «Invece di
immischiarti in cose altrui perché non continui a ripetere
letteratura inglese? Non vorrai farti bocciare e perdere la tua borsa
di studio, vero?» il sorrisino serafico che
comparì sul volto del ragazzo lo consacrò come
suo eroe personale e se avesse potuto lo avrebbe eletto eroe nazionale
del suo paese.
Lui
si voltò nuovamente verso di lei, ignorando lo sguardo
carico d'odio che gli lanciò Connor. «Posso
assicurarti che non hai nessun foruncolo in faccia. E, ripeto, non
pensare a quello che dicono gli altri, sono solo un branco di
cavernicoli senza cervello.»
«Grazie
mille» gli sorrise grata.
La
campanella che annunciava l'inizio della prima ora suonò e
l'insegnante di aritmetica entrò in classe, zittendo tutti.
*
* *
«Voglio
scappare da questo posto, ora!» brontolò Jane,
mentre lei e Sophie si dirigevano verso l'aula di chimica.
«Non
fare la melodrammatica, chimica non è poi così
male anzi, è una delle materie che preferisco» ed
era così, lei adorava tutte le materie tranne matematica, in
cui riusciva a stento ad avere la sufficienza. Anche se iniziava ad
amare l'aritmetica, se ad ogni lezione avrebbe avuto Kevin accanto,
com'era successo poco prima. Finalmente era riuscita a parlare con lui,
anche se in realtà aveva delirato più che parlato
ma era felice ugualmente! E come sempre l'aveva difesa, era proprio
vero che i ragazzi d'oro esistevano ed era ancora più strano
trovarne uno che fosse un giocatore di football.
«Tu
non conti, visto che sei una secchiona!» esclamò
l'amica, ricatturando la sua attenzione. Entrarono in classe e le due
si separarono, Jane andò a sedersi accanto al compagno che
l'insegnante aveva scelto per lei.
Odiava
quella stupidaggine dei posti assegnati, per fortuna lei era capitata
da sola visto che erano dispari in classe. Meglio sola che accanto ad
uno come Connor...
Represse
un brivido di disgusto e si accomodò sullo scomodo sgabello
in plastica, aprendo il quaderno degli appunti.
«Di
nuovo vicini, mi prenderai per uno stalker.»
Il
suo cuore iniziò a battere furioso, aveva paura di voltarsi
e scoprire che la voce sentita era una sua allucinazione acustica. Ma
la sagoma che scorgeva accanto a lei era di sicuro vera. Si
voltò lentamente e vide, con sua grande gioia, che si
trattava proprio di Kevin. Di nuovo.
«Di
nuovo piovre che ti rubano il posto?» gli chiese, reprimendo
sul nascere un gridolino acuto e leggermente imbarazzante.
Lui
rise, per la seconda volta in meno di due ore, e lei volò
direttamente in paradiso. «No, nessuna piovra questa volta,
ma la professoressa crede che io faccia copiare Steve quindi mi ha
spostato accanto a qualcuno che non ha bisogno di copiare» il
suo sguardo la sondò intensamente e a lungo, tanto da farla
tossichiare nervosa e spostare lo sguardo sul quaderno degli appunti
che aveva davanti. Nessuno l'aveva fissata mai così
intensamente, di sicuro il suo viso era più rosso del
composto chimico a base di ferro che la professoressa aveva lasciato su
ogni banco per la lezione di quel giorno.
«Allora...»
disse per allentare la tensione. «Se la professoressa teme
che tu faccia copiare gli altri, significa che te la cavi in
chimica?» chiese, ma conosceva già la risposta.
Kevin era secondo solo a lei in quelle materie, tranne in matematica in
cui era il migliore dell'intera classe.
«Be',
non per vantarmi, ma posso definirmi il re del laboratorio»
il ragazzo si spostò con fare femminile e vanitoso una
ciocca di capelli immaginaria dalla spalla, facendole scappare una
risatina troppo forte che li fece riprendere dell'insegnante. Per tutto
il resto dell'ora restarono in silenzio, concentrati sull'esperimento
chimico, scambiandosi la parola solo se necessario. I minuti volarono
fin troppo veloci per Sophie, e quando la campanella
annunciò la fine dell'ora, lei avrebbe tanto voluto
possedere una macchina del tempo e ripetere i sessanta minuti daccapo.
Ma da persona realistica qual era, prese le sue cose e
salutò Kevin per raggiungere Jane che l'aspettava fuori
dall'aula.
«Eccomi
Jane, scusami se ti ho fatta aspettare» l'amica se ne stava
appoggiata con la schiena ad uno degli armadietti blu dell'istituto e
stava trafficando con il cellulare.
«Tranquilla,
ho visto che eri piuttosto impegnata con Kevin e non ho voluto
interrompervi» forse era solo sua impressione, ma le
sembrò che la voce di Jane avesse un timbro strano che non
aveva mai sentito prima. La ragazza rispose il cellulare in tasca e le
sorrise dolcemente. Sì, si era sicuramente immaginata tutto,
la lezione di chimica l'aveva davvero stesa.
«La
prossima ora è quella di ginnastica, vero?»
chiese, tremando già al solo pensiero.
«Sì, quindi ti conviene posare quegli orribili
libri di chimica, cambiarti e raggiungere la palestra. Io ti precedo,
se per te va bene.» Sophie annuì e
salutò l'amica. Si avvicinò al suo armadietto e
lo aprì, per posarvi i libri; nello stesso istante un
bigliettino azzurro cadde a terra e lei ripose in fretta e
sgraziatamente i libri prima di raccoglierlo. Lo aprì
alquanto intimorita, chi le aveva infilato quel biglietto
nell'armadietto? Forse Connor o uno dei suoi amici? Ed in quel caso,
cosa c'era scritto? Sicuramente nulla di carino.
Eppure,
Connor non l'avrebbe presa in giro con un semplice biglietto, a lui
piaceva umiliarla pubblicamente. Lo aprì e lesse lentamente;
Cara Sophie,
È scioccante pensare che ci siano
persone come te in questa scuola, e che io non ti abbia mai notata. Le
poche ore passate insieme mi hanno fatto capire che voglio conoscerti
di più, se me lo permetterai. Se anche tu provi lo stesso,
lasciami un biglietto nell'armadietto. Spero in una tua risposta
(affermativa),
Kevin.
Oddio,
era una candid camera? Perché se così fosse
stato, non era per nulla divertente. Lesse il biglietto per altre due
volte e si guardò in giro per vedere se qualcuno stesse
spiando la sua reazione, ma i corridoi erano deserti e tutti gli alunni
avevano già raggiunto le loro classi.
«Mio
Dio, può davvero essere reale?» il cuore
iniziò a battere così forte che temette potesse
esplodere da un secondo all'altro. In fretta, prese il blocchetto degli
appunti e scrisse la sua risposta a Kevin, confessandogli i suoi
sentimenti ed il suo segreto. Errore che avrebbe pagato caro...
Una
volta infilato il biglietto nell'armadietto del ragazzo,
andò nello spogliatoio per cambiarsi prima di raggiungere la
palestra. Pregava solo che l'insegnante non l'avrebbe ripresa per il
suo ritardo, in quel caso avrebbe mentito dicendole che si era sentita
poco bene.
Raggiunse
la palestra e notò l'assenza dell'insegnante.
«Però,
ce ne hai messo di tempo per raggiungerci» la
rimproverò bonariamente Jane, avvicinandosi a lei.
«La
signorina Spencer non è ancora arrivata?» le
sembrava alquanto strano che la donna non fosse già
lì per stenderli con i suoi essercizi al limite
dell'impossibile.
«No,
a quanto pare ha preso una storta alla caviglia cadendo dalle scale
durante la seconda ora e si è fatta accompagnare
all'ospedale. Ora stiamo aspettando che decidano a quale supplente
affidarci» l'amica non sembrava per nulla preoccupata o
dispiaciuta per l'insegnante mentre a lei dispiaceva che la donna si
fosse ferita, per quanto insopportabile.
«Scusate,
posso avere la vostra attenzione?» Carly, la ragazza di
Connor e suo secondo incubo peggiore, era salita sui piccoli spalti che
"abbellivano" la palestra. «Ho un importante cosa da dirvi,
miei compagni ed amici.»
Tutti
i suoi compagni di classe, compresa lei e Jane, si avvicinarono alla
ragazza per ascoltare. Un sorrisino saputo comparì sul suo
volto perfettamente truccato.
«Sapevate
che c'è una persona di sangue reale qui tra noi?»
un coro di risatine divertite si levò dai suoi compagni,
convinti che Carly li stesse prendendo in giro.
Lei
invece si congelò sul posto, le orecchie iniziarono a
fischiare ed il cuore iniziò una maratona infinita.
«Proprio
così» continuò la ragazza.
«Ovviamente non sarei mai riuscita a saperlo nemmeno io, se
non fosse stato per una persona. Il nostro meraviglioso
Kevin.» Carly applaudì e tutti iniziarono a
guardarsi intorno in cerca del ragazzo, ma di lui o dei suoi amici non
c'era traccia.
No. Non è possibile, Kevin non poteva
aver raccontato a Carly del suo segreto!, tentò
di rassicurarsi. Ma il sorriso soddisfatto e cattivo sul viso della
compagna le raccontava altro.
«Ora
vi leggerò una lettera che una sua ammiratrice le ha
scritto, dove confessa sia il suo amore che la sua reale
discendenza» la ragazza estrasse dalla tasca dei pantaloncini
sportivi un foglietto, un foglietto che lei riconobbe: era quello che
aveva lasciato nell'armadietto di Kevin.
Oddio, non può star succedendo davvero...
Presa
dall'ansia, la vista iniziò a sfocarsi e le gambe sembravano
sul punto di cedere.
«Caro
Kevin...» iniziò a leggere Carly, facendole salire
la nausea. «Sono felice di sapere che entrambi proviamo le
stesse cose. Anche per me le poche ore passate assieme sono state
meravigliose, sei una delle poche persone con cui riesco a parlare. In
questa scuola non mi sono fatta grandi amici, ma quei pochi mi bastano.
Inoltre, c'è una cosa che nessuno sa ma vorrei confidare a
te, pregando che tu non mi prenda per pazza. Come quasi tutti sanno, io
non sono di queste parti ma fino a poco tempo fa la mia casa si trovava
in Europa. In un piccolo principato, per essere precisi, ed io ne sono
la futura erede al trono; Sophie Beatrice McIntosh. So che tutto questo
può sembrare assurdo, ma se me ne darai
l'opportunità ti dimostrerò che è la
verità. Pregando che tu non fugga, Sophie» finito
di leggere, ci fu un attimo di silenzio e nessuno aprì
bocca, poi un coro di risate le ferì i timpani e tutti si
voltarono verso di lei.
In
quel momento avrebbe voluto scappare, ma il suo corpo era completamente
incorato al suolo. Non riusciva a credere a ciò che stava
succedendo, Kevin non poteva davvero averla data in pasto ai suoi
compagni di classe.
«Come
ben vedete, abbiamo una reale qui tra noi»
continuò Carly, scatenando altre risate.
«Allora
Sophie, dobbiamo inchinarci?» la prese in giro la voce di una
ragazza che in quel momento non riuscì a distinguere.
Poi
ci furono di nuovo risate. Risate. Risate ed ancora risate.
«Sophie,
quegli abiti orrendi provengono da qualche principesca boutique del tuo
paese?»
Si
ripetevano, le risate. Risate. Crudeli risate.
Finalmente
il suo corpo si riprese e, prima che gli altri potessero vederla
piangere, fuggì via, lasciandosi dietro le risate dei
compagni e la voce di Jane che la chiamava.
Come
aveva potuto Kevin tradirla in quel modo? Perché l'aveva
fatto? L'aveva sempre difesa ed era stato incredibilmente gentile con
lei solo qualche ora prima. Evidentemente era stata tutta una messa in
scena, organizzata con Connor e tutta la squadra di football solo per
prendersi gioco di lei.
Era
stata davvero stupida a cascarci, come aveva potuto credere che Kevin
fosse diverso dai suoi amici? Era bastata qualche parolina carina per
metterla nel sacco.
Con quale coraggio sarebbe andata a scuola il giorno dopo? Non poteva.
Non poteva più guardare in faccia nessuno, soprattutto
Kevin, non dopo quello che le aveva fatto.
Era
giunto il momento di tornare a casa ed affrontare la realtà.
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