Oblivion
Inclinò
leggermente la matita di lato mentre, con l’aiuto
dell’altra mano, tendeva energicamente la palpebra, decisa a
lasciarvi sopra impressa una linea nera perfetta, senza sbavature
troppo evidenti.
Ripetè
meccanicamente lo stesso insieme di azioni anche per l’altro
occhio e si guardò soddisfatta nel riflesso dello specchio,
schioccando la lingua in segno di approvazione.
Si piaceva
particolarmente quella sera, oh se si piaceva.
Chissà,
magari sarebbe riuscita a trovare anche quella notte un po’
di piacevole compagnia…
Un leggero colpo di
tosse seguito da un sospiro ormai canonico la riportarono alla
realtà, costringendola a distogliere lo sguardo
dall’ovale perfetto del proprio viso. Senza nemmeno scostare
gli occhi da quello specchio fece scivolare lo sguardo lungo la sua
superficie argentea, incrociando con un sorrisetto di dubbia
entità un paio di occhi oltremare.
<<
Tomoyo. >>, biascicò appena, scoccandole
un’occhiata fugace; riprese poi a guardare il proprio
riflesso quasi con ammirazione, tingendosi le labbra con un rossetto
rosso fuoco, dalla tinta forse un po’ troppo accentuata per
la sua candida pelle color neve, sulla quale la sua bocca risaltava
come un’informe macchia di sangue rappreso.
<< Esci
anche stasera, Sakura? >>, le domandò dunque
atona l’altra, forse più interessata dalla vivace
quantità di trucchi e profumi che invadeva il piccolo bagno
dell’appartamento che da meno di tre anni condividevano.
<< Non ti pare eccessivo dato che, ti ricordo, anche ieri
sera sei andata a spasso per locali? >>
La giovane castana
emise una specie di grugnito mal trattenuto. << Che fai,
mi controlli? Ti vorrei ricordare che non sei mio fratello.
>>
E sulle ultime due
parole la frase cadde in un modo tutto particolare.
<< Ed io
vorrei ricordarti la faccia che avevi stamattina a lezione.
>>, scandì attentamente Tomoyo che, a braccia
incrociate, aveva preso a tamburellare nervosamente le dita di una mano
sul proprio avambraccio.
<<
Vero… le lezioni di Harukaze-sensei sono davvero un
mortorio, non trovi? Io non capisco perché non si cerca una
bella mogl- >>
<<
C’è poco da scherzare, Sakura. >>,
la rimbeccò la corvina, piccata. << Hai
già perso quattro esami, si può sapere che
intenzioni hai con l’università? >>
Kinomoto
levò gli occhi al cielo, picchiettando crucciata
l’esile indice sul mento. << La
frequenterò… fino a quando non mi
stuferò di farlo, chiaro. >>
Daidouji
spalancò le labbra, scioccata dall’infantilismo di
quella che anni fa avrebbe definito la sua migliore amica, ma che ora
poteva solo reputare ciò
che restava della sua migliore amica,
un’entità che poco e nulla le ricordava della
vecchia Sakura, quella che un tempo aveva amato, la stessa che, per
amor proprio, aveva cancellato dalla sua mente.
<< Sei
incorreggibile… >>,
l’apostrofò la moretta nascondendo il volto nel
palmo di una mano, tutto pur di nascondere agli occhi quello sfacelo.
Piccata, Sakura
puntellò una mano su un fianco, battendo la punta dello
stivale destro sul pavimento piastrellato. << Parli come
se pagassi tu la retta, Daidouji! Dividere un appartamento con te
è seccante, lo sai? >>
Daidouji.
Negli ultimi anni
aveva preso il vizio di chiamarla per cognome ogni tanto, cosa a cui
ormai aveva fatto il callo, ma tutte le volte che succedeva non poteva
evitare di sentirsi sempre più distante da lei, come se
Sakura fosse in alto mare, in mezzo ad una burrasca, e lei sulla riva,
intenta a tenderle un aiuto che l’altra non riusciva -o non voleva-
recepire.
<<
Sì, sono seccante. >>, mormorò a
mezza voce Daidouji, ticchettandosi fiaccamente due dita sulla fronte
alta e pallida. << Esci con Hirokumi? >>
Kinomoto, che stava
riponendo con cura i propri effetti personali in un beauty case lilla,
si lasciò cadere di mano un temperino ed inarcò
un sopracciglio, fissando la corvina come se d’improvviso le
fossero spuntate due teste. << Hiro-chi? >>
<<
Hirokumi! Quel ragazzo moro con gli occhi verdi, quello che guidava
una- >>
<< Una
Mercedes, giusto! >>, completò per
l’altra Kinomoto, illuminata. Ma la sua espressione appagata
cambiò di botto, tramutandosi in una maschera di
perplessità. << E perché dovrei
uscire con Hiro-coso? >>
Tomoyo si
grattò nervosamente la base del collo. << Non
è il tuo ragazzo? >>
<<
Mmh… >> Sakura alzò gli occhi color
speranza al cielo, quasi fosse in cerca di una risposta.
<< … secondo te potrei considerarlo un
ragazzo-flash dato che si è trattato di una notte sola?
>>
<<
Sakura! >>
<< Non
importa, non importa! >>, glissò la castana,
accompagnando le sue parole con un nervoso cenno della mano destra;
uscì dal piccolo locale e raggiunse l’esile
attaccapanni in legno, posto proprio accanto alla porta
d’ingresso. << Perché non vieni con
me, Tomoyo? Se vuoi ti rimedio un ragazzo. >>
La corvina la
osservò, percependo nitido nell’aria
l’aroma pesante e suadente del profumo che l’altra
si era messa.
<< Hai
messo troppo profumo… >>, mormorò
dunque stancamente, fissando lo sguardo a terra; Sakura nemmeno si
curò del fatto che non avesse risposto a quella domanda
ormai canonica che le poneva ogni sera e che, inequivocabilmente,
riceveva sempre la stessa risposta. << Ma non penso te ne
importi molto, eh? >>
Kinomoto si
infilò il pesante cappotto scuro, a disagio.
Perché le parlava così, ora?
Non poteva farlo, non
poteva farla sembrare in qualche modo cattiva.
Vecchie macchie
tornarono a sporcare il lindo cuore della castana, vecchi ricordi
riaffiorarono nella sua mente; immagini, volti, persone, sorrisi, promesse, lacrime.
<< Non
mi fare sentire così. >>, pigolò
appena, scostando una ribelle ciocca di capelli color miele dietro
l’orecchio pallido. << Non sono io
l’antagonista. >>
Tomoyo
sospirò, sciogliendo quell’espressione
perennemente crucciata in un sorriso di compassione; a questo ormai era
arrivata, a compatirla.
<< Lo
so. >>
Un silenzio torvo
andò inspessendosi in quella stanza scura, amplificando il
senso di vergogna di una, ammutolendo i tentativi di rimprovero
dell’altra; gli argomenti di conversazione per quella sera
erano terminati, Daidouji non avrebbe più trovato un
pretesto per trattenerla ed evitarle di tornare a casa
ubriaca… oppure di non tornare affatto.
Qualcosa che forse era
un sorriso illuminò il volto diafano di Kinomoto, che tese a
forza i suoi tratti dolci in un’espressione gioviale.
<< Ti
voglio bene, Daidouji. >>
Ghignò
appena, come a canzonarla, e sparì dietro quella sottile
porta di noce che la separava dal mondo esterno.
Tomoyo si
abbandonò totalmente contro lo stipite della porta del bagno
e rilassò ogni singolo muscolo del suo corpo, dedicando
un’occhiata decisa alla finestra del soggiorno, che dava
sulle innumerevoli, sfarzose luci che irradiavano di un bagliore
artefatto gli immensi grattacieli di Tokyo. Il buio in cui era immersa
la stanza le garantiva una visuale pressochè perfetta.
<< Forse
anch’io te ne voglio ancora, Sakura. >>
Un insistente
tintinnare di chiavi, forse proveniente da un altro universo, le
arrivò con ostinazione all’orecchio.
Un tonfo o due,
stavolta più vicini, le fecero leggermente sussultare le
spalle, inspiegabilmente doloranti ed indolenzite.
Lo sbattere di una
parte contro una parete ed un secco colpo sul pavimento la svegliarono
del tutto, svelandole anche il motivo di tale dolore alla schiena: si
era addormentata contro lo stipite della porta, forse qualche istante
dopo che si era seduta sul pavimento, lasciandosi scivolare contro di
esso, e si era concessa di indugiare sulle luci della caotica
città.
Sbarrò gli
occhi oltremare e scoccò occhiate ansiose
tutt’intorno, scoprendo qualcuno a terra proprio dinnanzi
alla porta d’ingresso.
Emise un breve sospiro
che somigliò più ad un rantolo e si
alzò, raggiungendo con passi brevi e stanchi la sua amica,
riversa a terra in chissà quali condizioni.
<< Ti
sei fatta male? >>, le domandò dunque con
finta premura, ghermendola per le spalle e sollevandola di peso dal
pavimento ghiacciato.
<< N-no,
no… >>, biascicò l’altra
a fatica, sorreggendosi più che poteva al pesante pigiama di
Daidouji. << Ma sei ancora sveglia? E’ tardi,
credo… >>
Solita
domanda.
La vide scoccare
occhiate assonnate tutt’intorno, forse alla ricerca di un
orologio per verificare l’orario effettivo.
La corvina la
trascinò di peso sul suo letto, conscia del fatto che di
lì a poco sarebbe cominciato il solito show.
<< Ti stavo aspettando. E non è poi
così tardi, dopotutto. >>
Solita
risposta.
Gli occhi oltremare
della ragazza scivolarono decisi verso l’orologio digitale
posto sul comodino della castana. Le quattro e mezzo.
Sospirò di
nuovo, Tomoyo, alle prese con la cerniera lampo degli stivali in pelle
nera dell’altra. La sentì gemere appena ed
alzò lo sguardo verso il suo viso, scoprendolo rigato di
lacrime.
Ecco. Era iniziata la
solita routine notturna che l’avrebbe tenuta impegnata fino
alle cinque, forse cinque e mezzo, fino a quando Sakura non fosse
crollata fra le braccia di Morfeo.
<<
Scusami Tomoyo, scusa… io non vorrei che…
>>, guaì a mezza voce Kinomoto, asciugandosi
un occhio e spalmandosi matita e mascara neri fino a mezza guancia.
<< Ma è tutta colpa sua, sua!
>>
La castana si
girò fiaccamente su un fianco, raggomitolandosi in posizione
fetale; celò il volto fra le lenzuola e lì
restò nascosta, scossa frequentemente da singhiozzi.
Daidouji
sospirò, accoccolandosi alla bell’e meglio alle
sue spalle e stringendola forte, sussurrandole parole di conforto
all’orecchio. Non le domandò nemmeno di chi fosse
la colpa, ormai lo sapeva meglio di chiunque altro.
Sakura era ridotta
così a causa di quel cinese
della malora, di cui ora nemmeno ricordava il nome.
Erano ancora bambini
quando lui era partito, chiedendole di aspettare il suo ritorno; erano
ragazzini quando ancora sopravvivevano a telefonate o lettere
occasionali; erano ormai all’ultimo anno di liceo quando,
senza il minimo ritegno, quel ragazzo (Li… ? Si chiamava
per caso Li?) le aveva confessato di essersi trovato una
ragazza lì, in Cina, da almeno un anno e mezzo, e che
ovviamente non sarebbe tornato in Giappone. Lo stronzo aveva scucito le
labbra per rivelarsi solo dopo più di un anno di imbrogli e
menzogne.
E Sakura, che per
tutti quegli hanno aveva atteso, paziente e diligente, il ritorno del
suo amato, non potè far altro che cadere a picco in un
baratro scuro e da lì non uscire più, delusa come
mai lo era stata in tutta la sua vita.
Tomoyo si riscosse,
frastornata come se avesse dormito ad occhi aperti. Scoccò
un’occhiata al di là delle spalle della castana,
verso l’orologio digitale, e constatò che non
erano nemmeno le cinque.
E nonostante
ciò, a discapito di ogni sua precedente previsione, il
respiro di Kinomoto si era già fatto lento e regolare, dando
prova di essersi addormentata di botto in breve tempo.
Scivolò
attenta sulle lenzuola di cotone, che frusciavano al suo minimo tocco,
e pose entrambi i piedi sul freddo pavimento, trattenendo a stento un
lamento per la superficie ghiacciata. Si allontanò a brevi
falcate dal letto e la osservò dormire, indugiando
particolarmente sui tratti del suo viso: non sembrava nemmeno che fino
a qualche istante prima stesse piangendo.
<<
Tranquilla, Sakura. Domani mattina non ricorderai nemmeno il motivo
delle tue lacrime. >>, sussurrò appena la
corvina, uscendo in punta di piedi dalla sua stanza. Le
accennò un sorriso, nonostante l’altra non potesse
vederlo. << Buonanotte. >>
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Halo!
Chi non muore si
rivede, eh? ^___^
Certo che non si
tratta affatto di un ritorno in grande stile… beh, avevo il
desiderio di scrivere qualcosa che rispecchiasse il mio stato
d’animo attuale, e così è stato.
Non che io sia triste
o cose del genere [non mi vedrete abbracciare il mio guanciale in preda
alle lacrime =ç=], ma si tratta di un periodo
particolarmente malinconico della mia vita. Infatti mi appresto ad
iniziare l’ultimo anno di liceo e questo, non so…
mi rende abbastanza ansiosa.
E’ come se
stesse terminando qualcosa perché, capite, dopo il liceo non
sarà più la stessa cosa: ci saranno
responsabilità più gravose, al 99% mi
dovrò trasferire per l’università e
lasciare, così, la casa dove ho passato quasi tutta la mia
vita… cambiamenti, ecco. Cambiamenti che un po’
[tanto, a dir la verità] mi spaventano.
Ma dato che frignare
non è la mia specialità [non sempre, per lo
meno =ç=] non mi piangerò addosso per
questo, affronterò questi cambiamenti a testa alta.
Così mi sono ripromessa e così farò!
Che
discorso…
o_____o va bene, dai!
^___^
In ogni caso
so che al 90% dei lettori questa storia non sarà piaciuta,
maaaa… fa lo stesso, ci sono affezionata comunque!
Chissà,
forse mi rivedrete bazzicare nuovamente qui con qualche altra storia
[magari disastrosa come questa! XD]… nel frattempo,
arrivederci!
Grazie per essere
arrivati sino a qui, significa che avete avuto una buona dose di
coraggio e pazienza O___O
Ja ne,
Soju!
PS: il titolo della
storia è un omaggio alla mia canzone preferita dei 30
Seconds to Mars: Oblivion, per l’appunto ^__^
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