NOTA
DELL’AUTRICE: Ciao
a tutti! Sono sfinita dalla
stanchezza, ma ho deciso di postare prima di tuffarmi nel letto. Ho
saputo che
molte di voi sono impegnate con gli esami… in bocca a
Jake!!!!
Grazie
a coloro che
ancora mi aggiungono a preferiti e seguiti.
Un
grazie speciale a Sweetmoon e a Keska: ogni storia deve avere un termine,
anche se mi sono venute
in mente tante idee per il seguito, chissà che non decida di
continuare con
un’altra ff… E purtroppo gli impegni cominciano a
diventare troppi, dovrò
assentarmi per un po’ per motivi di salute (non temete,
niente di grave! Non
entro nei dettagli per non annoiarvi…!!!!.), ma
sbircerò sempre per vedere se
avrò dei commenti “postumi”!!!!
Cmq,
adesso non
pensiamoci, vi regalo un bel cappy. Fatemi sapere cosa ne pensate,
altrimenti
non mi date il coraggio per postare il prossimo.
Baci
a tutti
endif
IL
CAPITOLO E’ STATO
CORRETTO DALLA MIA CARA BETA GAZY, QUINDI E’ STATO
LEGGERMENTE MODIFICATO.
Gazy:
ti sono debitrice.
ATTENZIONE,
CAPITOLO CON RATING ROSSO.
CAP.
34
ISTINTI
NASCOSTI
BELLA
«Ormai
sono quasi tre
ore»
…
«No,
la temperatura è
scesa. Ma è stata molto agitata, e continuava a
lamentarsi.»
…
Un
sospiro.
…
«In
effetti sono stati
un paio di giorni un po’ stressanti, forse non avrei dovuto
spingermi fin
quaggiù. E non credo che sia in grado di affrontare il
viaggio di ritorno in
queste condizioni. Probabilmente, domani.»
…
«Grazie
Carlisle, credo
che sia la cosa migliore da fare. Mi pare che si stia
riprendendo»
…
«Ok,
ti tengo
informato»
I
sussurri cessarono,
ma li avevo percepiti piuttosto chiaramente.
Una
mano fredda mi
accarezzò la fronte con delicatezza. Non avvertivo che una
sensazione di pace
in tutte le parti del corpo. Ma avevo la gola riarsa. Feci per
inumidirmi le
labbra secche con la lingua, nonostante fosse completamente asciutta.
Poi, mi
sfiorò la bocca qualcosa di freddo e bagnato, che solo in
seguito mi resi conto
era un panno inumidito di acqua fresca.
Allora
aprii gli occhi
e misi a fuoco lo sguardo teso, ma sollevato di Edward, disteso sul
letto
accanto a me.
«Amore,
come ti senti?»
la sua voce musicale penetrò l’annebbiamento del
mio cervello. Lo guardai beata
mentre si piegava sul gomito per avvicinare le sue labbra alla mia
fronte.
Nessun risveglio poteva essere migliore se ritrovavo lui al mio fianco.
Annui
con il capo e mi
avvicinai al suo collo, che si offriva ai miei occhi duro e liscio. Ci
poggiai
la guancia contro e lasciai che la freschezza della sua pelle
ristorasse la mia
ancora un po’ calda.
«Mmm
… Sono … stata
molto male?» chiesi esitante e lo sentii inspirare ed
espirare forte.
«Sì,
Bella.» confermò,
ma il suo tono sembrava calmo. «Hai avuto quello che
volgarmente si suole
definire un colpo di calore. La temperatura del tuo corpo è
salita moltissimo.
Il tuo centro termoregolatore era come impazzito. Inizialmente eri solo
pallida
e un po’ accaldata, ma i meccanismi di sudorazione erano
bloccati e non potevi
più regolare la temperatura corporea, che ha iniziato a
salire. La vista deve
esserti annebbiata, eri tachicardica e confusa.» un nuovo
sospiro, poi,
continuò: «Bella, ad un certo punto sei
collassata.»
«Scusami
…, non volevo
farti preoccupare …» mi mossi a disagio. Doveva
essersi spaventato parecchio,
lo sentivo ancora teso e rigido, con la voce priva di inflessioni.
«Io
ti dico che hai
avuto un colpo di calore e tu ti scusi perché mi sono
preoccupato?! Se qualcuno
qui deve scusarsi, quello sono io, Bella. E’ colpa mia se sei
stata male, non
avrei dovuto portarti fuori in un giorno così
caldo.» sbottò e mi guardò con
un’espressione
contrita e dispiaciuta.
«Edward,
non è stata
colpa tua. E, poi, adesso mi sento molto meglio.» mi agitai
sotto il lenzuolo e
mossi le gambe alla ricerca di una posizione più comoda.
Solo
in quel momento
realizzai che lui era sotto le lenzuola come me, e che le sue spalle
erano
completamente scoperte. I miei occhi vagarono sul mio corpo coperto dal
lenzuolo, poi, ritornarono a lui. Mi drizzai a sedere ed il lenzuolo
scivolò
dal mio busto, scoprendomi il seno completamente nudo.
Lo
sentii trattenere il
fiato e lo guardai imbambolata, mentre le mie guance arrostivano di un
calore
mai raggiunto, nemmeno nella precedente ipertermia.
Tirai
goffamente il
lenzuolo fino al mento, abbassando gli occhi. Non sapevo che dire.
Lo
sentii schiarirsi la
voce: «La tua temperatura aveva raggiunto i 42ºC. Le conseguenze potevano
esserti fatali se non
l’avessi abbassata subito. Ho pensato che non c’era
miglior trattamento che
tenerti stretta a me … pelle a pelle.»
Pelle
a pelle?! Pensai
stralunata. Il calore sulle guance minacciò
di arrivare fino al cervello. Già lo sentivo fumare
…
«Perdonami,
ti prego.
Volevo che potessi renderti conto pienamente di cosa significasse la
vita del
campus, volevo mostrarti uno dei College migliori che avessi mai
frequentato.»
Alzai gli occhi e vidi che mi fissava attento. «Non ho mai
pensato di lasciarti
lì sola, ma l’avremmo frequentato insieme
… sempre che fossi d’accordo a
trasferirti in Virginia con me … Non avrei dovuto portarti
qui oggi.» lasciò
che le ultime parole
riecheggiassero
nella stanza.
Troppe
informazioni. Dartmouth,
trasferirsi in Virginia, vivere in casa Cullen, io e Edward nudi nello
stesso
letto … il cervello poteva anche fondersi per eccessivo
surriscaldamento.
«Io
… io non posso
permettermi il Dartmouth College …» mormorai,
pensando all’unica cosa più ovvia
da dire.
«Bella,
io ti amo e non
c’è niente che non farei per te. Lo sai che i
soldi non sono un problema.
Diciamo che sarei lieto di concederti un prestito
…» disse sorridendo
sbarazzino.
«Ma
non riuscirei a
restituirtelo neanche tra cinquant’anni!!» esclamai
esasperata, con il
movimento della mano che tenevo sul materasso a dare più
enfasi alle mie parole.
Con l’altra tenevo ancora il lenzuolo stretto al petto. Nel
movimento, però, ne
trascinai parte con me e mi scoprii un fianco.
Notai
che almeno
portavo ancora gli slip.
Io
sì, ma LUI?!! Lo
sguardo passò involontariamente sul suo bacino nascosto dal
lenzuolo.
Lo
guardai intimidita.
Sentivo che stavo cominciando ad agitarmi, e sapevo che non gli sarebbe
sfuggito.
La
direzione dei suoi
occhi era inequivocabile. Poggiato sui gomiti, con il busto leggermente
rialzato dal materasso, guardava il lembo della mia pelle che era
esposto dalla
vita fino quasi al ginocchio.
Tuttavia
ebbe la fermezza di rispondere con voce piatta:
«Sì, ma il tempo per noi non
sarà più un problema.» alzò
lentamente gli occhi puntandoli nei miei, e
aggiunse: «Nonostante tu ancora non ci creda, io non sono
contrario alla tua
trasformazione. Voglio solo che tu sia sicura, che non ci siano dubbi o
incertezze.»
«Edward,
ma io sono già
sicura. Non c’è niente che desideri di
più che stare con te. Per sempre.» dissi
in un sussurro avvicinando la mano al suo viso per sfiorargli piano la
guancia.
«Per
sempre.» mi fece
eco lui, immobile, come ipnotizzato.
Lo
osservai inspirare
profondamente e chiudere gli occhi. Constatare quanto il mio tocco lo
turbasse
mi dava una strana sensazione di potere. Mi confondeva e mi esaltava
sapere che
anche lui, sempre compito, sempre controllato, non riuscisse a
nascondere le
proprie sensazioni in determinati frangenti. E sapere che io ero la
causa
scatenante della sua agitazione mi riempiva di orgoglio. Mi sentivo
desiderata,
donna.
Come
in preda ad una
forza misteriosa, le mie dita scesero lentamente sul suo collo e poi,
sul
torace. Era incredibile quanto la sua pelle fosse liscia ed eccitante,
benché
fredda e dura.
Aveva ancora gli occhi chiusi e
rimaneva immobile.
Aveva
preso a respirare
in maniera più lieve e veloce. Un leggerissima peluria
delineava il suo torace,
per poi scivolare fin sotto il lenzuolo. Arrivai con le dita sui suoi
fianchi,
dove il lenzuolo si arrotolava. Ne percorsi il bordo con lentezza, con
devozione. Fissavo la mia mano che si muoveva esitante, ma nello stesso
tempo
come presa da vita propria.
Sentii
un ringhio
sommesso provenire dalle sue labbra. Sembrava un grosso felino che
faceva le
fusa.
Alzai
gli occhi e così
lo vidi fissarmi con lo sguardo nero dall’eccitazione.
Senza
sapere cosa avrei
trovato, spostai il lenzuolo più in giù.
I
boxer neri erano tesi
e rigonfi della sua eccitazione.
Mai
avrei pensato di
poter essere così audace, ma lo sfiorai piano da sopra il
cotone, e allora lo
vidi reclinare la testa all’indietro, stringendo il lenzuolo
nei pugni. Il suo
corpo vibrava dal desiderio.
«Bella
…» disse con
voce arrochita.
«Edward,
io …, tu …»
sospirai, poi, continuai con più coraggio: «Mi
vuoi?» chiesi in un fiato, con
la voce tremante.
«Sì,
sì ti voglio e ti
desidero.» e dicendo questo, si alzò puntando i
palmi sul materasso per avvicinarsi
velocemente al mio viso. Trovò le mie labbra e le dischiuse
con decisione con
la sua lingua. Penetrò la mia bocca con impeto, baciandomi
come mai aveva fatto
prima di allora.
EDWARD
Questa
volta non sarei
riuscito a fermarmi. Ne fui cosciente nel momento stesso in cui Bella
aprì gli
occhi, ed io sapevo che eravamo entrambi quasi del tutto nudi sotto le
lenzuola. Rimanere a contatto con il suo corpo per tre ore, mentre il
gelo
della mia pelle veniva mitigato dal calore della sua bollente, era
stato uno
strazio. Bella si era agitata molto e, ad ogni movimento, una porzione
del suo
corpo nudo veniva a contatto con il mio con uno strofinio o con una
pressione
più o meno intensa. La preoccupazione per la sua salute era
andata via via
alleviandosi, con la constatazione che la sua temperatura era
lentamente scesa
a valori normali per un umana.
Ma
la mia stava salendo
in un modo pericoloso.
Quando
i suoi capezzoli
erano rimasti premuti sul mio torace per ventisette minuti avevo
creduto che
sarei andato a fuoco.
Il
corpo seminudo di
Bella avvinghiato a me, era stata una delle tentazioni più
grandi della mia
esistenza. I suoi capelli, la sua pelle, e persino il suo respiro
profumavano
di paradiso. Ed io ci ero proprio sopra. Avevo controllato i miei
istinti
vedendola indifesa ed incosciente e mi ero sottoposto ad una deliziosa
tortura
che mi aveva eccitato all’inverosimile.
Ma
niente era
paragonabile alle dita timide e leggere di Bella sulla stoffa dei miei
boxer in
quel momento.
Era
così innocente,
così pura, così timida che pensai di impazzire
nel tentativo di controllarmi,
di non scatenare la belva che dentro di me stava urlando.
Inspirai
profondamente.
La
stretta vicinanza
con il suo corpo per tutto quel tempo mi aveva assuefatto al suo
profumo, e riuscivo
a gestire con discrezione il mio desiderio del suo sangue.
Ma
per la voglia del
suo corpo non avevo freni.
La
volevo, tutta.
Mia.
Completamente.
Mentre
la baciavo con
foga, la distesi sul materasso e allo stesso tempo le scostai il
lenzuolo dal
corpo. Feci aderire con estrema attenzione il mio torace al suo seno e
ringhiai
di piacere. Le punte turgide dei suoi capezzoli premevano contro il mio
petto.
Tenni ben ferme le mani ai lati del suo corpo per non pesarle addosso,
ma le
sue braccia si alzarono a cingermi il collo e le dita delle sue mani si
fecero
strada tra i miei capelli disordinati in una sensuale carezza,
premendomi il
viso maggiormente contro il suo. Adoravo quando lo faceva, mi dava la
chiara
percezione dell’urgenza del suo desiderio.
Staccai
una mano dal
materasso - una era più che sufficiente per sostenermi - e
azzardai una lieve
carezza su per quel lembo di coscia che era rimasto esposto
sfacciatamente ai
miei occhi, come per invitarmi a sfiorarlo. Era liscia, morbida e
calda. Salii lento
sul fianco verso l’alto, fino a trovare i suoi slippini di
cotone rosa sotto al
palmo. Riscesi giù e, arrivato alla piega del ginocchio, la
spinsi con dolcezza
verso il mio bacino, facendole aprire le gambe per aderire a lei
più
profondamente.
La
sentii sospirare,
quando nel movimento l’altra sua coscia si scontrò
con la mia eccitazione.
Di
nuovo, ripercorsi la
gamba fino al fianco e, quando arrivai allo slip, ci infilai le dita
sotto per stringere
una natica nel palmo. Mugolò piano
ed io allentai un po’ la presa.
Calmo
Edward. Ricordati cosa le puoi fare se non mantieni i nervi saldi.
Mi dissi mentalmente, con un barlume di lucidità.
Si
agitò sotto di me,
ma aveva abbastanza spazio per muoversi dato che avevo fatto attenzione
a non
pesarle addosso. Riuscì, quindi, a divaricare anche
l’altra gamba e mi colse
decisamente alla sprovvista quando le allacciò entrambe ai
miei fianchi,
spingendo il suo bacino contro di me.
«Ti
voglio …» sussurrò
contro le mie labbra appena dischiuse.
«Dio,
Bella … Potrei
farti del male …, io
…» la mia voce era
bassa e rauca.
«No,
non succederà. Io
mi fido di te.» continuò, suggellando le ultime
parole con un tenero bacio.
Sentii
allora le sue
dita scorrere sull’elastico dei boxer.
Inclinai
il capo verso
il suo collo e dissi: «Piano amore, non essere
impaziente». Subito dopo, con un
rapido movimento, le scostai gli slip di lato con le dita. La sentii
trattenere
il fiato per la sorpresa, ma le rimasi addosso, dandole il tempo di
realizzare
cosa stava per succedere.
Il
suo intimo profumo
mi colpì le narici con forza e desiderai prepotentemente
qualcosa di più. Così la
sfiorai piano con la punta del polpastrello,
sentendola calda e umida. Era molto eccitata e si aggrappò
alla mia schiena,
divaricando ancor più le gambe.
Non
osavo, tuttavia,
violare quel santuario. Non consideravo le mie mani degne di sfiorarla.
Ma
l’urgenza era troppa per entrambi, e la vidi febbrilmente
abbassarmi il boxer
fino alle ginocchia per poi spingersi verso di me.
La
mia eccitazione
lambì la sua apertura e la sentii trattenere il fiato.
Prendila,
falla tua. Falla godere. E’ questo che vuole.
La bestia
dentro di me fece sentire chiara la sua voce.
Scossi
la testa, irrigidendomi.
No, Bella era fragile, delicata.
«Edward
…» la sua voce
strozzata sembrava provenire da un altro pianeta.
Si
spinse verso di me
ed io la assecondai afferrandole con forza i glutei con entrambe le
mani.
Affonda
in lei. Falle sentire quanto la vuoi, falle sentire la tua forza.
La mia bestia.
Lei
emise un debole
gemito.
«No
…» mormorai flebile
a me stesso. Lasciai con lentezza le sue natiche, inclinando il capo
verso
l’incavo del suo collo, mentre appoggiavo i pugni sulla
testiera del letto.
La
sentii protendere dolcemente
il collo per accogliermi meglio vicino a sé.
Penetrala
con forza e succhia il suo sangue. Lei lo vuole, tu lo vuoi
… Ancora
la voce della belva dentro di me.
Strinsi
la presa e
sentii la testiera sbriciolarsi sotto le mie mani. Avrei potuto
distruggere
quel letto, spaccare tutti i mobili, ma non le avrei torto un capello.
«Edward
…, và tutto
bene, non fa niente …» la sua voce chiara, pulita
e prossima al pianto mi
ridiede la giusta lucidità.
Inspirai
profondamente
e sempre con la testa sul suo collo dissi: «Sì,
amore. Và tutto bene.» Quindi
le passai una mano sulla schiena ed una sotto le ginocchia, prendendola
in
braccio.
«Vieni,
non voglio che
la tua prima volta sia in un letto altrui, mezzo distrutto.»
ed uscii risoluto
nel corridoio.
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