A Swan Song
“Non
ci posso
credere”
Le due guardie che sostavano dinnanzi all’ingresso del feudo
squadrarono più volte con curiosità la giovane
straniera dalla chioma dorata.
“Qui ogni
volta che penso di aver toccato il fondo comincio a scavare senza
rendermene conto.”
- Un dono per il signore del castello? – ripeté
uno dei soldati, lanciando un’occhiata intimorita al
guerriero alto e statuario che celava volto e corpo
all’interno di una pesante armatura.
- Sasaki Shigen, il mio signore, ha intenzione di ampliare la sua lista
di alleanze, perciò sta inviando omaggi a coloro da cui
spera di ricevere risposta. Dev’essere particolarmente
interessato a trattare con Kojiro Imagawa, se per lui ha selezionato
uno dei doni più singolari e preziosi: una concubina
straniera dalla chioma d’oro.
Filtrata attraverso l’elmo, la voce matura di Yori risuonava
curiosamente androgina.
Freya si sforzò per fare un sorriso, assumendo
un’aria innocente e civettuola. Dentro di sé si
sentì avvampare per la vergogna.
- Non avete nessuna scorta? – domandò dubbiosa la
seconda guardia.
- Il mio signore ci tiene alla propria riservatezza – rispose
pronta la donna di metallo. – E fidatevi: per proteggere il
dono basto io.
Il suo tono assunse una nota leggermente minacciosa, che
sembrò sufficiente per convincere i due a farle passare.
- Entrate pure. La strada per il castello è sempre dritta.
- Vi ringrazio.
La duchessina si trascinò controvoglia dietro
all’amica, cercando di evitare gli sguardi curiosi degli
abitanti del feudo.
- E’ umiliante – borbottò, stringendosi
nella mantella blu. – Ci fissano tutti.
- Lo scopo è proprio questo. – le rispose
tranquilla la rossa, guardandosi distrattamente attorno. –
Reika e Midori avranno maggiori possibilità di passare
inosservate. E’ una fortuna che la ragazzina conosca diversi
passaggi segreti per accedere velocemente al castello.
- E perché non possiamo usarli anche noi?
Yori si lasciò sfuggire una risatina: - Meno si è
meglio è quando bisogna muoversi furtivamente. Non ti
preoccupare, stai andando benissimo, davvero.
La ventunenne aprì la bocca per replicare, ma si
zittì non appena un soldato alto e robusto le raggiunse,
fermando la loro avanzata.
- Siete diretti al castello?
- Esatto – replicò Yori impassibile. –
Porto un dono per Kojiro Imagawa da parte di Sasaki Shigen. No, nessuna
scorta, sono soltanto io, il mio signore ci tiene alla propria
riservatezza – aggiunse in fretta, anticipando la domanda
dell’uomo.
Quello assunse un’espressione dubbiosa: - Devo chiederVi di
mostrare il vostro volto, prima di accompagnarvi dal mio signore. E di
consegnare le vostre armi.
- Le armi posso consegnarle – disse la ragazza, porgendogli i
propri pugnali e la spada che portava appesa dietro la schiena.
– Vorrei però risparmiarVi la vista del mio volto
martoriato. Gran brutta faccenda: lo scorso inverno la mia guarnigione
venne attaccata da un gruppo di demoni vaganti mentre attraversavamo
uno stretto passo di montagna. Una di quelle creature sputò
una tremenda sostanza corrosiva dalle fauci e mi colpì in
pieno viso. E’ una fortuna se uno dei due occhi si
è salvato. Sapete, sullo zigomo sinistro si riesce
addirittura a vedere l’osso, uno spettacolo raccapricciante.
Ma se proprio insistete…
- No, lasciate stare – tagliò corto quello. -
Dopotutto avete consegnato le armi senza discutere. Seguitemi pure.
Gli interni del palazzo erano molto più rozzi e spartani di
quello di Sasaki Shigen. Di tanto in tanto, lungo i corridoi, Freya
incrociava lo sguardo di qualche giovane servetta, che però
si allontanava subito accelerando il passo. Molte di loro avevano dei
lividi impressi sui volti delicati.
Il soldato che le stava accompagnando, intanto, sembrava aver trovato
una buona compagnia in Yori, infatti avevano presto cominciato a
parlare di battaglie e spedizioni.
- Non mi è mai capitato di avere a che fare con imboscate da
parte di demoni, però due anni fa ho affrontato
l’esercito di Ryo Kazawa. Una battaglia durissima che mi ha
lasciato un bel segno, una cicatrice che va dalla clavicola al torace.
La porto con orgoglio. A proposito, non mi sono presentato, sono il
capitano Hiro e… oh, siamo arrivati.
L’uomo fece scorrere lateralmente una porta in legno chiaro,
entrando a passo cadenzato in una grande sala pregna di uno strano
aroma floreale.
Cinque guardie dall’aria feroce stanziavano dritte e immobili
accanto a un uomo di aspetto rude, che in quel momento stava aiutando
una giovane donna dai lunghi capelli neri a sfilarsi
l’elaborato kimono rosa.
Un po’ in disparte, due graziose ragazze, una vestita di
azzurro, l’altra di verde, sedevano in silenzio, tenendo le
teste chine. Quella in verde sollevò timidamente lo sguardo
non appena il capitano Hiro face il proprio ingresso nella
stanza, ma lo distolse con un brivido non appena il signore del feudo
parlò.
- Che cosa vuoi? – domandò in tono annoiato.
– Spero tu abbia un buon motivo per interrompermi mentre sono
impegnato con le mie adorate mogli.
- Sasaki Shigen Vi ha mandato un prezioso dono, mio signore –
rispose educatamente il soldato. – Una fanciulla nordica
dalla chioma d’oro.
Kojiro Imagawa sospirò, avvicinandosi alle proprie ospiti.
Gettò un’occhiata dubbiosa a Yori, che lo superava
in altezza di circa cinque centimetri, e fissò con
insistenza l’elmo che celava i suoi lineamenti.
- Perché non rimuovete il Vostro elmo?
La rossa non mostrò alcun cenno di esitazione: - Non volevo
offenderVi con la vista raccapricciante del mio volto sfigurato.
- Veleno di demone, mio signore – specificò Hiro.
– Brutta faccenda.
- Beh, in tal caso avete fatto bene. Io detesto la bruttezza.
D’accordo, mostratemi pure questo prezioso dono.
Per un istante, Freya avvertì l’impulso di
indietreggiare mentre il disgustoso feudatario le afferrava il viso con
poca grazia, esaminandola con occhio critico ma lussurioso.
Il suo volto appena abbronzato era solcato qua e là da
sottili cicatrici e cenni di rughe, i capelli neri cominciavano a
presentare qualche lieve striatura, mentre la mascella marcata era in
parte celata dalla barba incolta. Era un uomo di trentadue anni che ne
dimostrava più di quaranta.
- Beh, direi che è piuttosto… passabile
– sentenziò infine. – Ha gli occhi
tondeggianti, uno strano naso, il viso troppo pieno e le orecchie a
sventola. Di certo non una rara bellezza. Però i capelli
paiono sul serio fili d’oro e sono certo che nessun altro
feudatario abbia la fortuna di possedere una concubina proveniente
dalle fredde terre del Nord. Bene!
Batté le mani un paio di volte e subito due giovani serve
fecero il proprio ingresso in sala, eseguendo un piccolo inchino.
- Portate un abito adatto alla mia nuova futura moglie. Ho deciso che
una simile rarità non può essere sprecata come
semplice concubina.
Le ancelle si allontanarono in fretta, mentre Freya faceva il possibile
per restare calma e zitta. Odiava quell’uomo con tutta
sé stessa: oltre al fatto di sapere ciò che aveva
fatto a Midori e al modo in cui trattava le donne, aveva osato
esprimere quei tremendi giudizi sul suo aspetto fisico, calcando
proprio sulle caratteristiche di cui si era sempre vergognata.
Nessuno l’aveva mai fatta sentire tanto insultata e umiliata.
Non appena le giovani servette tornarono con un elaborato kimono bianco
e rosa, la duchessina fece un passo per raggiungerle, convinta di
doversi recare in una stanza apposita per cambiarsi, ma Imagawa le
afferrò rudemente una spalla: - Dove stai andando?
La biondina represse a stento un brivido: - Vado… vado a
cambiarmi, mio signore…
La risata sguaiata dell’uomo provocò una reazione
anche in Yori, che d’istinto serrò forte il pugno
destro.
- Ti cambi qui, mia cara – sibilò mellifluo il
feudatario. – Che c’è, ti vergogni? I
miei soldati non ti guarderanno, se non darai loro motivo di farlo con
le tue insidie da femmina tentatrice.
Freya cominciò a tremare, mentre le ancelle le sfilavano con
calma quasi religiosa gli abiti da viaggio che le aveva dato Makino.
Il capitano Hiro fu l’unico a voltarsi dalla parte opposta
con fare rispettoso, mentre le cinque guardie schierate alle spalle di
Imagawa la squadrarono con occhi freddi e crudeli.
Pur facendo del proprio meglio per mostrarsi dura e inflessibile, Freya
non riuscì a trattenere le lacrime non appena, coperta
soltanto dalla biancheria intima, sentì le dita del feroce
aguzzino pizzicarle la pelle, mettendo in mostra l’adipe del
suo punto vita.
- Fianchi un tantino larghi, fisico troppo morbido. Dovrai
assolutamente dimagrire. I seni medio-piccoli vanno bene, non mi sono
mai piaciute le donne troppo prosperose, mi ricordano le mucche. Oh,
suvvia, non metterti a frignare, dovresti considerare un onore essere
moglie di un uomo potente come me. Ora, vediamo di…
Le parole gli morirono in gola non appena inquietanti rumori
provenienti da dietro la porta scorrevole della sala attirarono
l’attenzione di tutti i presenti.
Ancora scossa e tremante, Freya si voltò, osservando
sbigottita i sottili spiragli di fumo che s’insinuavano
attraverso la fessura della porta lasciata socchiusa, che si
spalancò di colpo lasciando entrare una coltre grigiastra e
odorante d’incenso. Ben presto risultò difficile a
chiunque vedere ciò che si trovava a oltre un metro di
distanza dal proprio naso.
Dei passi leggeri si avvicinarono minacciosamente al feudatario, mentre
una figura minuta prendeva lentamente forma attraverso la grigia nebbia.
Freya ne approfittò per coprirsi alla bell’e
meglio con il kimono portatole dalle serve ormai fuggite, mentre,
accanto a lei, Imagawa si lasciava sfuggire una sonora imprecazione.
- No… non può essere!
Una vocina spettrale parlò in tono divertito: - Tesoro, sono
a casa.
Da qualche parte nella stanza una delle tre mogli del feudatario
strillò, mentre il capitano Hiro riuscì a
malapena a balbettare sconvolto: - E’ lo spettro della Prima
Moglie! E’ tornata per vendicarsi! Chiedetele perdono, mio
signore!
- N-non è possibile! – replicò
l’altro sconvolto. – No, non
può… non… non…
Il fumo cominciò lentamente a diradarsi. Piccola, eppure
terribile, Midori avanzava lenta verso colui che le aveva distrutto la
vita.
Imagawa, terrorizzato, digrignò i denti, gli occhi sbarrati
e quasi fuori dalle orbite: - Maledetta puttana! Vattene, vattene
subito da qui, tornatene da dove sei venuta! Guardie! Guardie
prendetela!
Il suo ordine fu seguito da grida e gemiti soffocati, accompagnati
dagli strilli delle tre mogli: sopra i corpi insanguinati dei cinque
soldati torreggiava la figura di una donna alta abbigliata con
un’armatura leggera e resistente. La mano destra era serrata
attorno a un grande anello tagliente coperto di chiazze cremisi.
Allo sguardo sconvolto dell’uomo ella rispose con un piccolo
ghigno: - Sbaglio o poco fa hai detto qualcosa sulle ragazze con le
tette grandi?
- Pare che i suoi soldati siano appena stati fatti fuori da una mucca
– replicò divertita Yori.
Hiro, invece che proteggere il proprio signore, corse verso la ragazza
dal kimono verde, domandandole con fare apprensivo se stesse bene.
- Non temere, capitano – lo rassicurò la donna di
metallo. – Il nostro obbiettivo è Imagawa. Non
faremo del male a persone innocenti.
- Ma… ma chi siete? E dov’è la mia
spada? – domandò confuso il giovane guerriero.
Yori diede un’alzata di spalle: - Ti chiedo scusa, ho
approfittato della scarsa visibilità per riprendermi le mie
armi e requisire momentaneamente la tua. Mi sembri una brava persona,
mi dispiacerebbe doverti uccidere.
- Maledette! – gridò furioso Imagawa, gettando a
terra Freya con uno schiaffo. – Siete le complici di quella
troia di mia moglie? Io vi… aaargh!
Il cerchio tagliente di Reika volò attraversò la
stanza, recidendogli di netto la mano con cui aveva colpito la
duchessina. Gli occhi della guerriera lampeggiavano di odio e sdegno.
- Questo è per aver picchiato la principessa e un sacco di
altre donne innocenti. Questo, invece, è per quello che hai
fatto a Midori!
Sfoderò due lunghi coltelli e si lanciò rapida
verso l’ex samurai, il quale, nonostante il dolore e
l’abbondante perdita di sangue, riuscì a sfoderare
la propria katana e parare il primo colpo.
- Non ti sarà facile sconfiggermi, puttanella –
sogghignò. – Anche se mi hai privato di una mano
posso usare l’altra senza problemi.
Con la guancia sinistra ancora in fiamme, Freya si allontanò
strisciando dal centro della stanza, asciugandosi rapidamente le
lacrime. Erano successe troppe cose e troppo in fretta, lo schiaffo
forse era stato ciò che l’aveva ferita di meno
durante quell’assurda missione.
Non appena fu sufficientemente lontana, si fermò per
osservare il combattimento tra l’amica e l’orribile
guerriero. C’era sicuramente un motivo se una volta Imagawa
era considerato il migliore tra i samurai che servivano Kobayashi:
Reika era riuscita più volte a penetrare le sue difese, ma
lui non sembrava intenzionato a demordere, anzi, più ferite
riceveva più il suo animo pareva accendersi di rabbia e
vigore.
Poco distante, Midori osservava impassibile il duello in corso, mentre
Yori esortava le tre mogli del feudatario e il capitano Hiro
affinché uscissero alla svelta dalla stanza.
Il giovane soldato inizialmente parve restio ad abbandonare il suo
signore, ma si fermò non appena la ragazza in
verde gli sussurrò qualcosa all’orecchio.
Uno strano scintillio brillò nei suoi occhi non appena Reika
affondò una lama nel petto del crudele spadaccino.
Imagawa si voltò verso di lui, lanciandogli uno sguardo
carico di disprezzo: - I-idiota traditore…
vigliacco…
Ricambiando l’occhiataccia, Hiro prese la mano della terza
moglie e si allontanò con lei sdegnoso, mentre il perfido
aguzzino crollava a terra.
La figlia di Sasaki Shigen scostò con un calcio il corpo
dell’avversario esanime e andò a recuperare il
proprio anello tagliente con aria annoiata.
Facendo affidamento sulle gambe traballanti, Freya si alzò
in piedi e si mosse incerta verso l’uscita della sala. Si
fermò però accanto a Midori, la quale osservava
con fare stoico l’ex marito sconfitto. Si chinò
quindi per raccogliere la sua katana e la sollevò in
verticale, specchiandosi nella lunga lama.
- Midori? – la chiamò la danese con fare insicuro.
– Ce… ce ne andiamo?
La ragazzina annuì appena, mentre Freya si affrettava a
raccogliere i vestiti da viaggio lasciati cadere a terra.
All’improvviso, un tremendo urlo la costrinse a voltarsi,
sobbalzando non appena vide Imagawa rialzarsi in preda a una collera
cieca, estrarre un pugnale e lanciarsi verso l’ex moglie.
- Maledetta troia!
Fu questione di un istante: un violento spruzzo cremisi
insudiciò ulteriormente il pavimento già
rovinato, accompagnato dal disgustoso rumore di una lama affondata
avidamente nella carne.
Kojiro Imagawa annaspò, lasciando cadere il pugnale a terra
e mulinando le braccia alla ricerca di un appiglio, mentre il ferro
della sua stessa spada gli spuntava in modo macabro dalla schiena.
Midori, incapace di sostenere il peso dell’uomo, era caduta
in ginocchio, ma non aveva osato mollare la presa sull’elsa
dell’arma che l’anno prima l’aveva
sfigurata e che ora passava da parte a parte il corpo del suo
torturatore. I suoi occhi grigi incontrarono quelli dell’ex
marito, trasudando odio e disprezzo. Gli sputò in faccia,
lui in risposta vomitò un fiotto di sangue.
- Mi hai distrutto la vita – sibilò la
diciottenne. – Ora io ho preso la tua.
Imagawa gorgogliò qualcosa, ebbe un paio di spasmi, poi,
finalmente, il respirò lo abbandonò, la sua testa
si accasciò contro il petto, occhi e bocca ancora spalancati.
Un po’ a fatica, Midori lo lasciò cadere di lato,
per poi estrarre la katana puntando un piccolo piede contro il rozzo
corpo senza vita.
Il volto della ragazzina era dipinto di un’indecifrabile
espressione, come se non riuscisse a rendersi pienamente conto di
quanto fosse appena accaduto.
Freya si alzò frastornata, tremando dalla testa ai piedi.
Reika le si avvicinò, mentre Yori abbracciava la
più giovane del gruppo con fare protettivo, conducendola poi
fuori dalla stanza.
Rivoli di sangue colavano lentamente da un taglio sotto la spalla
destra della guerriera.
- Ehi principessa, tutto a posto?
La biondina si morse il labbro, cercando invano di nascondere gli occhi
lucidi.
- Mi… mi hai mandata qui a… io non…
- Lo so cosa ti hanno fatto, dopo aver messo a cuccia le guardie che mi
hanno sbarrato la strada sono rimasta qui fuori ad ascoltare mentre
Midori preparava la nebbia d’incenso. Abbiamo fatto
più in fretta possibile, non potevamo entrare
così a caso e…
- QUEL COSO MI HA FATTA SPOGLIARE DAVANTI A TUTTI! –
gridò la ventunenne stringendo i pugni. – Mi ha
toccata, insultata, mi ha detto che sono grassa, brutta, con gli occhi
a palla e le orecchie a sventola! Non mi sono mai sentita tanto
umiliata in vita mia! Gli hai tagliato la mano perché mi ha
tirato uno schiaffo, ma fidati se ti dico che lo schiaffo è
stata la cosa che mi ha fatto meno male!
La guerriera aggrottò la fronte: - Ti sei offesa
perché uno che non merita di esser definito umano, un
insignificante violento pezzo di merda che vale meno di un insetto ha
detto che sei brutta e grassa? Ti importa tanto l’opinione di
un tale essere? A me ha detto che sembro una mucca, eppure non
mi…
- Se a te non importa niente di nessuno non significa che io debba
pensarla allo stesso modo! – ribatté Freya con
rabbia. – Io non sono come te, d’accordo?
- E non devi nemmeno esserlo – replicò calma
l’altra. – Quello che sto cercando di dirti
è che l’opinione di qualcuno che conta meno di
zero vale quanto il rutto di una formica. E soprattutto, anche tu fossi
veramente brutta, grassa, deforme o altro, non devi mai permettere a
nessuno di farti vergognare di te stessa. Vali automaticamente di
più di coloro che perdono tempo a offendere e giudicare.
La duchessina ammutolì per qualche istante, non sapendo come
rispondere alle parole della ragazza più grande. Poi,
però, strinse tanto forte i pugni da imprimersi il segno le
unghie nella carne.
- Tu mi hai usata. Mi hai… mi hai mandata qui come
esca… quell’essere avrebbe potuto violentarmi
e…
- Perché pensi abbia fatto venire Yori con te? Solo per far
funzionare l’intera recita? Se quel merdoso avesse osato
spingersi troppo oltre lei l’avrebbe fermato, a costo di
mandare a monte il piano. Non sono mai stata disposta a sacrificarti
fino a quel punto, se vuoi saperlo. Anche se… mi dispiace
davvero per quello che hai dovuto sopportare, mi rendo conto di essere
stata insensibile. Non ti chiederò mai più di
fare una cosa del genere, d’accordo?
Freya cercò invano di frenare il mento tremante, pensando
disperatamente a qualche insulto da rivolgere alla compagna, anche solo
per scaricare tutta la tensione del momento. Voleva fargliela pagare in
qualche modo, provare a tenerle il broncio e gridarle che la odiava, ma
fu un’altra sensazione, molto più forte, a
prendere il sopravvento, portandola a scoppiare in lacrime e affondare
il volto contro il seno morbido della guerriera.
Lo stomaco le si serrò in una morsa non appena
sentì le braccia di lei serrarsi attorno al suo busto, per
poi accarezzarle con una mano la lunga chioma bionda.
- Siamo state un tantino impulsive – ammise Yori, restituendo
la spada al capitano Hiro. Si era tolta l’elmo, lasciando
cadere i capelli rossi sulle spalle. La reazione sbigottita
dell’uomo fu pienamente comprensibile.
- Avete fatto un macello – rispose la moglie più
anziana di Imagawa, quella con i capelli sciolti e il kimono rosa.
– Però potete ritenervi fortunate: nessuno amava
nostro marito, anzi. Il popolo mostrava già da tempo cenni
di malcontento, era un feudatario crudele e incapace. Senza contare
quanto fossero orribili le sue guardie più fidate: un
manipolo di sadici e violenti stupratori che abusavano regolarmente del
proprio potere.
- E chi prenderà il suo posto adesso? –
domandò Midori con voce atona.
La seconda moglie le rivolse un sorriso: - Il comandante
dell’esercito è fratello del precedente
feudatario, Kobayashi. Al momento è impegnato in una
spedizione, ma tornerà nei prossimi giorni. Suppongo che
l’onore verrà offerto a lui, come doveva essere
prima che Imagawa venisse nominato successore al posto suo.
La terza moglie abbassò timidamente lo sguardo: -
Voglio… voglio ringraziarvi per quello che avete fatto.
Vedete… prima che Imagawa mi prendesse con prepotenza, ero
promessa in sposa a Hiro… adesso che il mio carceriere
è morto potremo finalmente sposarci.
Il capitano la abbracciò, anche se il suo sguardo pareva
rabbuiato: - Oggi il mio senso del dovere è stato duramente
messo alla prova. Avrei dovuto fermarvi, ma, mentre il mio padrone
veniva attaccato, mi sono venute in mente le urla della mia adorata
Amane quando quel mostro la violentava e io dovevo restare fuori dalla
stanza, di guardia, senza poter fare nulla. Suppongo dovrò
affrontare le conseguenze delle mie azioni, però…
- La colpa dev’essere attribuita allo spirito vendicativo
dell’ex moglie di Imagawa – sentenziò
Midori. – Mettila così: contro un fantasma hai
potuto fare ben poco, se non mettere in salvo almeno le mogli del tuo
signore.
- Meriti un’occasione per essere felice, Hiro – gli
sorrise Yori. – E… scusa se ti ho mentito. Se la
cosa può consolarti, una volta un demone mi ha davvero
sputato dell’acido in faccia. Solo che non mi sono sciolta
perché… beh, sono di metallo.
Il capitano aprì la bocca per rispondere, ma era troppo
sconvolto e scioccato per poter replicare qualcosa.
Freya, che era rimasta in silenzio per tutto il tempo, emise un lungo
sospiro, senza scostarsi da Reika che le circondava le spalle con il
braccio sano.
- Penso dovremmo andare. Non è saggio farsi trovare qui.
- La principessina ha ragione – annuì la ragazza
dai capelli azzurri. – Usciremo dal passaggio segreto che
abbiamo utilizzato io e Midori per entrare. Capitano, mie signore, vi
auguriamo buona fortuna.
- Ti fa male?
Reika si lasciò sfuggire un sorrisetto: - Nah, è
solo un graffio. Mi ha presa di striscio.
Freya annuì appena, pulendo la ferita superficiale con un
fazzoletto bagnato.
Il gruppetto si era appostato in un piccolo bosco poco distante dal
feudo di Imagawa, sedendo sul tronco di un grosso albero caduto: Midori
teneva tra le mani la katana dell’ex marito, persa in
chissà quali pensieri, mentre Yori, unica in piedi,
osservava con fare assorto le tinte vermiglie del tramonto.
Improvvisamente, la ragazza di metallo parve scuotersi, voltandosi
verso la sorella maggiore: - Quasi dimenticavo! Indovina un
po’ cosa mi ha detto Hiro mentre chiacchieravamo scortando
Freya dal suo signore? La Squadra dei Sette ha espugnato stamattina il
feudo di Akamatsu.
- Il feudo di Akamatsu? – ripeté Reika,
accendendosi d’entusiasmo. – Non è
lontano da qui!
- La Squadra dei Sette?
Midori interruppe le proprie riflessioni, rivolgendo alle due figlie di
Sasaki Shigen uno sguardo scettico: - Chi cavolo sono questi Sette?
Ogni tanto li ho sentiti nominare dagli idioti che attraversavano il
mio sentiero…
- Mercenari assassini – rispose Freya, sistemando la borsa
medica sulla sella del cavallo che le aveva attese con pazienza.
– Pure un po’ fuori di testa. So che uno ha una
spada strana e che un altro è andato a letto con Reika.
Magari sono la stessa persona, non lo so.
La ragazza guerriera si lasciò sfuggire una risata: -
Decisamente no, Jakotsu, il ragazzo con la spada che si allunga e
piega, non gradisce affatto la compagnia femminile.
- Come sono fatti questi tizi? – domandò Midori,
poggiandosi la katana in grembo.
Reika si morse il labbro, alzando lo sguardo verso il cielo: - Mh,
dunque… il loro capo si chiama Bankotsu, è un
ragazzino che avrà sì e no
l’età di mio fratello Kaito. Nonostante sia uno
sbarbatello di bassa statura possiede una forza notevole, considerato
che maneggia senza problemi un’alabarda più grande
di lui.
- Supponiamo abbia una relazione amorosa con quell’enorme
spadone – ridacchiò Yori.
- Sì, esatto. Poi c’è un gigante di
nome Kyokotsu, ad essere sinceri non mi è sembrato nulla di
speciale, a meno che non conservi qualche dote nascosta. Oltre a essere
enorme e fisicamente forte non ha dato dimostrazione di
abilità eccezionali. Non sottovaluterei invece Mukotsu:
è un nanerottolo anziano e bavoso, però crea
veleni micidiali. E la cosa divertente è che il
suo corpo pare essere immune a qualsiasi tipo di tossina. Poi ci sono
Renkotsu e Suikotsu: il primo è una sorta di
vice-comandante, fa affidamento sul proprio arsenale di armi e la
propria intelligenza per combattere, bravo stratega e persona
interessante; Suikotsu invece è… un po’
fatico a definirlo, pare un concentrato di rabbia e istinto animale,
eccezionale nel corpo a corpo, la sua arma sono due guanti artigliati
che gli permettono di bagnarsi le mani con il sangue dei nemici.
- E poi c’è Ginkotsu – sì
intromise Yori sorridendo. – Lui è davvero un
qualcosa di sorprendente!
- Oh sì, assolutamente da vedere –
replicò la maggiore. – Non avessi mai incontrato
Yori avrei faticato a credere alla sua esistenza: in parte umano, in
parte arsenale vivente. Dev’essere stato costruito da una
persona estremamente all’avanguardia.
- La stessa persona che ha costruito Yori? –
azzardò Freya, un po’ titubante.
Le due sorelle si scambiarono un’occhiata eloquente.
- Ti confesso che ci abbiamo pensato più volte –
ammise Reika. – Però ci farebbe un po’
strano: pur condividendo alcune caratteristiche, Ginkotsu e Yori sono
estremamente diversi. Innanzitutto, lui non è intelligente e
preciso quanto lei, possiede un vocabolario poco ampio e, nonostante
rappresenti una meraviglia della modernità, in confronto a
mia sorella appare quasi… rozzo. Inoltre, in lui sono
presenti parti umane, mentre in Yori no, lei è fatta
interamente di metallo, metallo tra l’altro diverso da quello
che compone la parte inumana del corpo di Ginkotsu. Ad ogni modo, se
mai li incontreremo ancora, penso proveremo a indagare un po’
sulla cosa.
- Capito – mormorò Freya, mentre le due compagne
sedute si alzavano, pronte a riprendere il cammino. –
Ma… potrei sapere chi tra loro ti sei portata a letto?
Reika e Yori scoppiarono a ridere, mentre Midori si stringeva nelle
spalle, volgendo uno sguardo torvo in direzione del sentiero.
- Perdonatemi se vi interrompo ma… quindi posso venire con
voi? Non ho un posto dove stare…
La ragazza più grande annuì, senza smettere di
sorridere: - Se vuoi unirti alla spedizione per noi va bene. Questa
notte potremmo fermarci al villaggio di Shingu, non penso sia sicuro
dormire all’aperto.
Freya represse un brivido, sistemando il kimono bianco e rosa in una
sacca: - Anche se occupa spazio in più questo me lo tengo.
Le tre mogli di Imagawa non sembravano aver nulla in contrario nel
cedermelo.
- Basta che non ti porti alla mente la brutta esperienza vissuta
– replicò Reika.
La duchessina si morse il labbro, accarezzando distrattamente la
criniera del cavallo: - Correremo altri pericoli, vero?
La guerriera si lasciò sfuggire un sorrisetto: - Vuoi la
verità? Probabilmente andrà da così a
peggio, principessa. Ma farò il possibile per tenerti al
sicuro.
La ventunenne strinse i pugni, mentre un pensiero insistente si faceva
strada nella sua testa. Parlò ancora prima di rendersene
conto: - Io non voglio più aver bisogno di altre persone per
sentirmi al sicuro. Voglio essere in grado di difendermi da sola.
Io… vorrei che mi insegnassi a combattere…
***
Angolo
dell’Autrice: Ecco qua il nuovo capitolo!
Devo ammettere che mi è dispiaciuto non ricevere
più alcuna recensione con gli ultimi due, mi domando se
magari la storia non abbia fatto perdere interesse. Ad ogni modo, penso
di continuare a pubblicarla.
Lo so, i Sette tardano ad arrivare, io stessa non vedo l’ora
di farli apparire, portate pazienza.
Spero che questo capitolo, più lungo del solito, vi sia
piaciuto.
Grazie per aver letto.
Tinkerbell92
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