Missione
LxL : distruzione della coppia MxM
Salve
a tutti! Questa è la primissima fanfiction che
pubblico... Vi prego soltanto di essere clementi, perchè
è nata in un momento di sfaso e non so che ne
verrà
fuori! Detto questo, vi invito a
leggere e a commentare! XXX by madychan
Disclaimer: i personaggi di questa fanfiction sono di
proprietà di Tsugumi Obha e Takeshi Obata, che hanno creato
quel manga fantastico che è Death Note. Questa storia non
è stata scritta a scopo di lucro.
Capitolo primo: MELLO
È la città di notte, quella che adoro
più di tutte.
Le luci in particolare, che illuminano la nera oscurità,
rendendo l’atmosfera delle strade misteriosa e, a mio parere,
invitante.
Ovviamente, i lati che preferisco della notte rispetto al giorno sono
tanti. La tranquillità è la prima,
però, specie quando, dopo la mia estenuante giornata tipo da
giornalista, mi ritrovo a gustarmi una buona serata di film o
videogiochi a casa, comodamente stravaccato sul mio divano, la testa su
un bracciolo e i piedi su quello opposto, circondato dal disordine del
mio caotico bilocale in un anonimo condominio di un comunissimo
quartiere della grande Tokyo.
Non amo vivere nel mondo notturno; ma non disdegno conoscere gente,
magari abbastanza invitante per quanto riguarda l’aspetto
fisico. E il posto migliore in cui fare questo tipo di conoscenze
è, senza dubbio, una discoteca.
Sono appunto qui, che ammiro le luci psichedeliche che fanno luce nel
locale, abbagliato da quella luminosità a intermittenza che
non vedo ormai da tanto tempo, dato che per parecchio sono stato
impegnato con il lavoro, e la sera spesso mi sono addormentato sul
divano, completamente stravolto.
Ma questa sera ho trovato la voglia di uscire, tratta fuori da
chissà quale recondito angolo del mio corpo;
perciò, mi sono deciso ad andare in qualche locale giusto
per bermi qualcosa e, se fortuna vuole, incontrare qualcuno che mi
faccia divertire un po’.
Il rumore della musica assordante si sente anche da fuori, ma entro
comunque, ormai abituato, dato che sono stato fuori per qualche minuto
per assuefarmi un attimo al suono. Il locale, come vedevo da fuori,
è a stento illuminato in luoghi che non sono i cubi o i
pali; proprio sopra uno di essi vedo una bassa e provocante ragazza
bionda, vestita con dei pantaloni neri e una canotta, altrettanto nera
– entrambi i capi sembrano di pelle. È poco munita
di seno, ma ha un sex appeal e un magnetismo che sfocia quasi nella
libidine – particolarmente evidente nei suoi occhi marroni.
Davvero pazzesco.
Mi imbambolo per un po’ a guardarla, catturato da
quegli occhi, fermo poco lontano dalla soglia. I suoi occhi sono
tremendamente accattivanti. I suoi movimenti sono fluidi e provocanti.
I suoi capelli biondi – che non possono essere altro che
tinti – scendono sulle sue spalle. Le sue gambe e le sue mani
si avvinghiano abilmente intorno al palo, per poi lasciarsi andare in
un morbido movimento, una mano e una gamba ancora ad affidarsi al palo,
mentre l’altro braccio e l’altra gamba si lasciano
andare giù.
Nonostante intorno a lei si sia creata una piccola folla, quella mossa,
chissà perché, fa finire i suoi occhi incatenati
ai miei, per un lunghissimo e interminabile attimo.
Mi metto a osservarla, esaminando ogni punto di quelle iridi che, lo
so, sebbene così lontano da lì mi hanno visto. Il
mio sguardo scorre sul suo viso, vedendo che le sopracciglia sono
leggermente inarcate, e che il suo volto è e permeato da una
sottile espressione sorpresa, messa in risalto, dalla bocca lievemente
aperta.
Quella stessa bocca che, qualche attimo dopo, si increspa in un sorriso
sarcastico e provocante, mentre le iridi tornano maliziose e saccenti,
e la padrona di tutto quello torna su a danzare, come se fosse
tutt’uno con il palo.
Rimango per un breve istante a fissarla, stupito; poi, mi dirigo verso
uno dei divanetti, sistemandomi gli occhiali sul naso. Mi stravacco,
metto le braccia sullo schienale e reclino la testa
all’indietro, allargando leggermente le gambe, rilassandomi,
mentre il rumore della musica, strano a dirsi ma vero, mi accompagna in
quel relax.
Diamine, se volevo riposare potevo starmene a casa…
Ma questo, in linea di massima, è un buon posto per
rimorchiare e sfogarsi come si deve. I miei capelli rossi e i miei
occhi dorati attirano ancora le ragazze, anche se nessuna, per il
momento, sembra volersi avvicinare. Ma non è che
m’interessi molto, dopotutto; una serata in discoteca senza
una ragazza si può fare, basta che non diventi un vizio.
Cazzo, dopotutto ho solo ventidue anni, avrò un
po’ di diritto di divertirmi, no?
Sento qualcosa sfiorare con leggerezza il mio bacino, mentre
qualcos’altro mi stringe lievemente i fianchi. Una mano
delicata mi sfila gli occhiali dal viso, per poi salire verso i miei
capelli, e scendere lentamente verso il collo, il petto…
l’addome…
Apro gli occhi, scuotendomi da quella trance e rendendomi conto di
quella situazione.
Mi trovo davanti, comodamente seduta sulle mie gambe, la ragazza bionda
del palo.
Manco a farlo apposta, guardo verso il mio bacino, intercettando,
ovviamente per la posizione equivoca in cui era seduta – e di
cui non sembrava vergognarsi più di tanto – il
suo. Perché sento qualcosa di strano lì
dove…?
Alzo gli occhi, esterrefatto.
Quello schianto è…
…un ragazzo?!
Lui avvicina il suo volto al mio, con una strana espressione
contemplativa e, al contempo, lasciva, negli occhi.
« Allora sei sveglio… » commenta.
« Sai che sei molto meglio, senza occhiali? »
Lo guardo per qualche secondo: in effetti, ha un corpo maschile, per
quanto androgino. È magro, basso, ha dei lineamenti,
facciali e non, molto fini, e ha i capelli biondi che gli arrivano fino
alle spalle. Ma la sua voce e la presenza al suo cavallo mi danno la
conferma che quello che ho davanti non è per niente una
ragazza.
« Potresti toglierti? » domando, quasi seccato.
Il biondo sorride, malizioso, per poi alzarsi – stranamente
senza fare storie. Strano, avrei giurato che uno con quella faccia si
sarebbe quantomeno lamentato, essendo gay – sicuramente
– ed essendo – teoricamente – appena
stato respinto. Ma lui non sembra del mio stesso avviso.
« Un eterosessuale? » domanda. « Mi
dispiace. »
Non è dispiaciuto. Per niente. La frase che aveva detto
l’aveva detta con sarcasmo e con una punta di perversione.
« Le mie tendenze non ti devono interessare. »
replico, scocciato.
Lui inarca per un attimo il sopracciglio, per poi voltarsi e lasciarsi
andare seduto sul divano, accanto a me, appoggiandosi allo schienale e
incrociando le braccia. Lo guardo accavallare le gambe con fare
sensuale, tentatore, quasi femminile.
« Chi sei? » domando, vedendo che lui non parla,
anzi, che si è rilassato, reclinando la testa
all’indietro come io ho fatto prima. Al sentire la mia
domanda, però, alza immediatamente il volto e apre gli
occhi, puntandomi contro il dito.
« Che razza di gentiluomo sei?! Nessuno ti ha detto che ci si
deve presentare, prima di chiedere il nome a qualcuno che non conosci?!
» esclama, esterrefatto.
Lo guardo, un po’ stranito da quel comportamento. «
Nessuno ha detto che sono un gentiluomo. » replico, ironico.
Lui sbuffa, ritrae il dito e mi guarda, seccato. « Immagino
che tu non hai molto successo con le donne. »
« Immagino che tu non abbia…
»
sottolineo.
Ops. La solita deformazione professionale.
« Che cazzo stai dicendo?! » esclama lui, furioso
oserei dire.
« Nulla. Deformazione professionale. » dico. Poi,
però, noto che il suo sguardo furibondo per essere stato
preso in giro ora esige delle spiegazioni. Perciò gliele do.
« Nella frase che hai detto ci va il congiuntivo con la sua
probabilità, e non l’indicativo che ci hai messo
tu, perché è il modo della certezza. »
« No! » ribatte lui, seccato. « Tu non
hai successo con le donne! È assolutamente certo,
se parli
in questo modo per rimorchiare! Che cazzo sei, un verginello di merda
che viene in discoteca per la prima volta?! »
« No… E poi non parlo così per
rimorchiare… »
« Ah… Quindi mi stai dicendo che non ti interesso
e che non mi vuoi rimorchiare? »
Lo guardo, senza capire più niente di quella situazione
assurda. « Non ho mai detto di volerti rimorchiare. E poi, te
l’ho detto, è solo una deformazione professionale.
Mi è venuto spontaneo correggerti, è una cosa che
nemmeno penso più, ormai. »
« Che rompicazzo. » commenta lui. «
Comunque, mister gentiluomo, il mio nome è Mello, visto che
prima me l’hai chiesto. Ma per te sono semplicemente Mihael.
»
« Mihael? E perché non Mello? » domando,
curioso.
« Perché Mello è per gli amici, e tu
non sei mio amico. » replica lui, con un ghigno. «
Hai intenzione di presentarti? »
« Mail Jeevas. » dico, un po’ seccato.
« Mail? » chiede, guardandomi. « Non mi
piace. Ti facevo più con un nome diverso… tipo
Matt. »
« E invece mi chiamo Mail. » rispondo. «
E sarei contento se anche tu mi chiam… Che stai facendo?!
»
Mello si mette di nuovo a cavalcioni su di me, in un modo identico a
quello in cui era quando me lo sono trovato davanti. Nelle sue iridi,
sarcasmo, ironia, malizia e libidine. Mi prende delicatamente il volto
con le mani.
« Tu non sei etero. » dice. « Un etero
normale se ne sarebbe andato appena mi sono seduto di fianco a te e
sono stato zitto. »
Quella frase non può fare a meno di farmi arrossire un
po’, ma sostengo il suo sguardo, deciso e fermo.
« Nessuno ha detto che sono etero. » dico,
sarcastico. « E nessuno ha detto che non lo sono. »
« Mmmmh… » Mello avvicina il suo volto
al mio. « Questo “nessuno” parla un
po’ troppo per i miei gusti… Matt. »
Sento il suo respiro sulla mia bocca, mescolato al mio. Il suo petto
aderisce sensualmente al mio.
« Ti ho detto che mi chia… »
La mia protesta viene immediatamente stroncata dalle sue labbra, che
veloci si posano sulle mie, iniziando praticamente dopo un nanosecondo
a leccare e succhiare. Sapientemente e tremendamente, terribilmente
sensuali. La sua lingua accarezza le mie labbra con tanta voglia che
subito apro la bocca, per sentire la sua lingua iniziare un atto di
vorace lotta contro la mia. Le sue mani scendono verso il mio addome,
si introducono sotto la maglia a righe bianche e nere, accarezzandomi
il petto con movimenti lenti e lascivi, circolari e rilassanti. Mi
rendo conto di non poter fare lo stesso con Mello, perché il
suo giubbottino a forma di canotta aderisce alla sua pelle come una
seconda rivestitura.
Poi, una consapevolezza. Il nanetto mi vuole far fare la parte passiva.
Mi stacco improvvisamente dal bacio, con un suo mugugno di dissenso. Ma
cambia subito espressione quando vede i miei occhi: la voglia di sesso
che ho dentro e che sto liberando deve essere veramente evidente, per
stupirlo.
« Spostati. » dico. Mello sembra non voler
obbedire. Mette su il broncio – adorabile, lo ammetto
– e incrocia le braccia, seccato.
Lo prendo su di peso e lo sposto sul divano, sbattendolo sdraiato; il
suo sguardo si è fatto più serio e stupito,
mentre mi alzo.
« Ehiehiehiehi!!! » esclama, alzandosi a sedere.
« Dove credi di andare, tu?! »
Sorrido, sarcastico, soddisfatto della riuscita provocazione. Gli porgo
una mano che lui guarda, per poi guardarmi negli occhi, perplesso da
questo gesto.
« Prendila. » dico. « Andiamo.
Che hai, paura? »
Mello mi fissa, senza parole, inarcando sarcasticamente un sopracciglio.
« E dove andremmo, scusa? » domanda.
« A casa mia. »
Un’idea impulsiva, un’azione non premeditata. Non
è da me, che di solito sono riflessivo e tranquillo. Ma,
primo, questa idea mi balenava già da un po’ in
testa; secondo, questo biondino casinista e volgare non mi dispiace, e
questo non è da me: di solito preferisco le persone simili a
me, o che non attirino troppo l’attenzione. Cosa che Mello
sicuramente non è. Perciò voglio capire
perché mi intriga così tanto pur essendo
così fuori dai miei standard.
Mello si mette a ridere, divertito, abbandonando la testa
all’indietro. Una risata che mi sembra stranamente
cristallina, su un viso che, improvvisamente, sembra illuminarsi,
incantandomi.
« A casa tua? » chiede, smettendo di ridere e
guardandomi, ma rimanendo comunque con
un’espressione ironica e divertita stampata in faccia.
« Non ti facevo così audace, a prima vista.
»
Già. Nemmeno io.
« Vuoi venire o no? » insisto.
Lui inclina la testa di lato. « Quanto offri? »
Rimango per un attimo basito. « Come, scusa? »
« Quanto mi dai? Perché vuoi scopare, no?
»
E lui perché sembra così intrigante anche quando
parla così, dannazione?
« Sei stato tu il primo ad avvicinarti. » replico,
sulla difensiva. Intrigato sì, ma fesso no. «
Teoricamente saresti tu quello che per primo vuole scopare. Io non ho
fatto nulla. »
« Pronto? Secondo te come mi guadagnerei da vivere, se non
facessi io la prima mossa? » fa lui. « Oltretutto,
non hai rifiutato nemmeno il bacio. E poi, perché saresti
qua, se non per trovare qualcuno con cui scopare? »
« Va bene, va bene, ho capito! » ribatto, seccato.
« Se vuoi soldi te li do, ok? Quanto vuoi, si può
sapere? »
Mello si alza, mi sfiora il mento con un dito.
« Niente. Stavo scherzando. » dice, a pochi
millimetri dal mio viso, la voce bassissima. Riesco a sentire il suo
alito, il suo respiro caldo, quasi le sue labbra che sfiorano le mie.
« Vuoi venire, allora? » chiedo, in un sussurro.
« Come? Non ho sentito… » replica lui,
rompendo quell’attimo di incanto. Si allontana da me,
rimanendo più distante si qualche attimo fa, dalle mie
labbra, ma non troppo. Lo fisso, seccato da
quell’interruzione.
« Ti ho chiesto se vuoi venire! » esclamo,
perdendo, per la prima volta in vita mia, le staffe.
Lui ride, divertito. Che cazzo hai da ridere?!
« Devi vederti! Hai la faccia tutta rossa! »
esclama, puntandomi.
Adesso però mi stanno proprio girando le palle. Cazzo,
è stato lui a provocarmi apposta, a interrompere quel
quasi-bacio di poco fa di proposito (perché era lampante che
l’avesse fatto di proposito), e ora se la rideva pure?!
Lo afferro per il polso e lo scaravento sul divano su cui eravamo
seduti, con violenza. Mi metto sopra di lui come lui prima era sopra di
me, e lo bacio di sorpresa, brusco, e quasi presuntuoso.
Sento i muscoli del suo polso irrigidirsi leggermente, prima di
rilassarsi; ma lui ancora non accenna ad aprire le labbra. La mia
lingua diventa più vogliosa e sensuale ogni secondo che
passa, in una libidinosa attesa.
Mello mi afferra per la nuca con la mano libera, e mi attrae a
sé; è forte, per essere così
piccolino. Apre la bocca, facendomi sprofondare in un bacio che ha ben
poco di non erotico; la sua lingua lotta con la mia, passionale, e i
suoi denti mordicchiano e succhiano sensualmente le mie labbra, lievi
ma vogliose. Sento la mia mano allentare la presa sul suo polso, mentre
il mio corpo si rilassa, abbandonandosi a quel biondo che ho sotto di
me.
La mancanza d’aria si fa sentire improvvisamente;
è come qualcosa che mi fa girare la testa, inibendomi i
sensi. Non so se Mello se n’è accorto o ha bisogno
di ossigeno come me, ma è lui il primo a rallentare,
mollando la presa sulla mia testa e chiudendo la bocca, mentre il
nostro bacio diventa semplicemente uno sfiorarsi di labbra, che a
rilento si separano, in definitiva.
« È vicina casa tua? » domanda lui,
ansante. Sento un qualcosa di leggermente duro al suo cavallo. Ma,
dopotutto, non gli posso dare torto: è stato tremendamente
eccitante. E poi, dovevo aspettarmelo: ha una faccia che lo fa sembrare
la personificazione del desiderio sessuale.
« Non tanto. » replico, alzandomi e permettendogli
di fare lo stesso. « Ma sono qua in moto. »
Mello sogghigna. « Comincio a rivalutarti. »
commenta, restituendomi gli occhiali che mi ha fregato prima.
« Dài, andiamo? »
Lo seguo mentre usciamo dal locale. Non posso fare a meno di notare i
bracciali tintinnanti al suo polso, che prima non avevo notato, e che
lo fanno sembrare ancora più femminile. A differenza invece
della sua camminata, decisa e perfettamente maschile.
L’aria fredda della notte ci accoglie con una sferzata di
vento. Osservo Mello, che ha la pelle d’oca e trema
convulsamente, in preda, ovviamente, al gelo.
« Non hai niente per coprirti? Guarda che in moto fa ancora
più freddo. » lo ammonisco.
Lui mi guarda, rabbioso. Ma che cazzo ho detto, ora?!
« Ho una giacca dentro. » risponde, battendo i
denti. « Me l’ero dimenticata. Vado a prenderla.
»
Sorrido mentre lui torna dentro. Allora non era incazzato. Stava solo
cercando di non battere i denti in mia presenza.
Entro anche io, seguendo la sua inconfondibile chioma bionda. Lui ha
già fatto, perché mi nota e viene verso di me,
infilandosi un giubbotto di pelle nera. Mi precede di nuovo fuori, e io
lo seguo, con un mezzo sospiro, chiedendomi perché quel
ragazzo sia così incazzoso e perché, di tutta la
gente che potevo incontrare stasera, ho dovuto incontrare proprio lui.
Lo vedo rabbrividire di nuovo, strofinarsi le braccia con forza, per
trovare un po’ di calore. Sospiro, non potendone fare a meno.
Mi avvicino a lui e lo stringo a me, abbracciandolo con una mano sulla
spalla. Come risultato, ottengo che lui mi guarda, smarrito.
« Va meglio, così? » domando.
« Ma… che…? » replica lui,
allibito, guardando il braccio, per poi tornare a guardare me.
« Perché? »
« Stai morendo di freddo. Ora va meglio? »
« Io non sto morendo di freddo! »
Lo fisso per qualche attimo negli occhi. « Smettila di
negare. Hai freddo. Ti ho solo chiesto se va meglio, non di
ringraziarmi. » dico, intuendo subito la preoccupazione
dettata dal suo orgoglio.
Lui mi guarda, a dir poco irritato. Sospiro di nuovo, non aspettandomi
una risposta da lui. Lo spingo con me verso il posto dove ho
parcheggiato la moto, pazientemente.
La mia moto è una delle poche cose di cui vado fiero e che
tratto con tanta, tanta cura. È di color nero, come la
notte, semplice ma allo stesso tempo molto potente; vanta una potenza
che esplode nel giro di pochi attimi. La cosa che più adoro,
oltre ai videogiochi, è andare in giro ad alta
velocità sulla mia adorata moto.
Lascio andare Mello, che è rimasto a fissare il mio veicolo,
imbambolato. Con un sorrisino orgoglioso, mi avvio a rovistare nella
sella, sotto la quale sono conservati il mio casco e il giubbotto che
indosso per non prendere freddo. Li tiro fuori, guardando
Mello, pensieroso, mentre lui continua a guardare la moto.
Sospiro. Spero di non prendermi un accidente.
Gli infilo il casco in testa e glielo allaccio, mentre lui mi rivolge
uno sguardo sorpreso.
« Togliti il giubbotto. » dico.
« Eh?! » esclama lui, sconcertato. « Ma
che stai facendo, si può sapere?! »
Lo guardo per qualche attimo, quasi senza sentirlo. Poi gli porgo il
giubbotto, sospirando. Il suo giubbottino di pelle è troppo
piccolo, di certo non mi va.
« Niente. Metti questo, altrimenti ti pigli qualcosa.
» lo invito. Lui mi osserva, sbalordito.
« Che… Perché? »
« Perché sennò prendi freddo.
»
« Guarda che anche te potresti prendere freddo! Non sei molto
più coperto di me, Matt! »
Sbuffo. Per tre motivi.
« Uno: sono molto più coperto di te,
perché, anche se non sembra, la mia maglia è
calda. » replico. « Due: ti ho già detto
che mi chiamo Mail, non Matt. Tre: se proprio vuoi chiamarmi con quel
nomignolo, almeno pronuncialo giusto. »
Mello mi prende il giubbotto di mano e se lo infila, guardandomi
snervato.
« Che rompicoglioni! » esclama, con fare saccente e
seccato. « Io ti ho dato il soprannome, e io lo pronuncio
come voglio! Capito, Matt? »
Assottiglio gli occhi, irritato. Dannazione, quella
“a” di Matt è troppo aperta.
Però, alla fine della fiera, non mi dispiace.
« Per il casco e il giubbotto potresti anche ringraziarmi,
invece di darmi del rompicoglioni. » lo provoco, sentendo
l’impellente bisogno di rispondergli a tono. «
Andiamo, ora? »
Lui annuisce, sprezzante. Si dirige verso la moto, ma gli passo davanti
e salgo prima io. Lui sale dietro di me, mentre io accendo il motore, e
lui aggrappa alle maniglie ai lati della sella.
Mi scappa un leggero ghigno. Mi tolgo gli occhiali e mi metto la
visiera legata al manubrio, e i guanti che ho tenuto in tasca.
Accelero di botto, partendo con una sgommata. Mello, preso sicuramente
alla sprovvista, si avvinghia all’istante ai miei fianchi,
stringendomi con forza. Sento il casco sbattere leggermente contro la
mia schiena, ma non mi dà fastidio; giro a destra, entrando
in una via larga e non trafficata. Non c’è
praticamente nessuno, in strada.
Getto un’occhiata a Mello, che si stringe a me; ha un lieve
rossore sulle guance, vedo alla luce di un palo, anche se lui tenat
sicuramente di nasconderlo coprendomi la visuale con il casco. Mi
volto, mettendomi a ridere. Non lo facevo per niente un tipo timido.
Il nostro viaggio prosegue in silenzio, con il solo rumore della moto a
farci da sottofondo e il vento a trapassarci le orecchie. Sento
l’aria sferzarmi il viso, e un leggero brivido percorrermi le
mera da cima a fondo. Le mani di Mello, intanto, mi stringono la
maglia, gelide. Guardo per un istante verso il basso; in effetti le sue
mani sono scoperte, e sono strette spasmodicamente al mio addome,
tremanti per il freddo autunnale.
Accelero, arrivando velocemente a casa. Parcheggio la moto nel cortile
del condominio, per poi spegnerla. Sento Mello rabbrividire, contro la
mia schiena. Mi stringe di più, le mani congelate.
« Mihael, tutto bene? » domando, preoccupandomi.
« Siamo arrivati. »
Mello alza lo sguardo, dando un’occhiata intorno.
« Abiti qui? » chiede, a voce bassa.
« Beh, non in cortile. È un po’ scomodo,
ti pare? »
Mi lancia un’occhiataccia. « Il tuo umorismo fa
davvero cagare. »
« Il tuo invece è inconsapevole ma esilarante.
» replico, sardonico. « Mi stai stritolando come
una ragazzina terrorizzata. »
Mi guarda, notando le proprie braccia attorno al mio busto, e avvampa.
Si scosta immediatamente da me, distogliendo lo sguardo. Mi permetto
una risatina divertita ma silenziosa, mentre lui non mi guarda.
Mi alzo, mentre lui si sbilancia leggermente una volta che la moto non
ha più il mio appoggio. Lo afferro per la vita, stringendolo
a me.
« Forse è meglio se scendi. » dico, con
un sorriso e un tono che, lo so, sono tremendamente sarcastici e, di
conseguenza, irritanti.
E infatti, Mello mi guarda, per poi infuriarsi, scostarmi e alzarsi.
Sorrido, e incateno la moto in modo che non la rubino.
Dopodiché, mi volto verso di lui e lo precedo verso il
condominio. Apro il portone e salgo le scale, sentendo le sue scarpe
fare rumore, sui gradini dietro di me.
La mia casa è al secondo piano. Apro la porta, accendendo la
luce e il riscaldamento.
C’è solo un’espressione precisa per
descriverla, ed il primo a usarla, tra noi due appena
arrivati, è Mello.
« Che casino… »
Ci sono giornali e riviste dappertutto. Il pavimento è
tappezzato di fogli, bozze accartocciate di alcuni miei articoli,
penne, vestiti, e addirittura una coperta sfatta. L’altra
coperta è sul divano, anch’essa messa del tutto in
disordine. Di sicuro la mia casa necessita di un po’
d’ordine e di pulizie. Ma, tra una cosa e l’altra,
non ho mai né la voglia né la forza di fare
né una cosa né l’altra.
« Però è carina… La mia
è fin troppo ordinata. » dice Mello, entrando e
mettendosi a perlustrare il tutto. Lo seguo, a ruota, chiudendo la
porta dietro di me.
« Il mio coinquilino è fin troppo
meticoloso… È uno scassa coglioni peggio di te.
» continua, proseguendo con il suo interessante – e
infamante – monologo. « Da me non ci può
essere una cosa fuori posto. Almeno qua è un po’
diverso. »
Mi avvicino alla zona che sta perlustrando, inseguendolo e togliendogli
il casco. Mello mi guarda, intensamente.
« Non hai la faccia di uno che vuole farlo. »
commenta, con un sorrisino ironico che gli increspa le labbra.
« In effetti sono un po’ stanco. »
ammetto, mettendo il casco da parte, sul tavolo.
« Non sei abituato a fare le ore piccole, eh? » mi
provoca lui, ghignando.
« Sei tu che mi hai scandalizzato! » protesto,
puntandolo. « Nessuno ci aveva mai provato così
spudoratamente con me! »
Mello ride. « Ah sì? » mi chiede, con un
sorrisetto divertito. « Strano… »
Mi sento avvampare. Mello invece se la ghigna, divertito –
oserei quasi dire esilarato – e si toglie il giubbotto che
gli dato in prestito per non fargli prendere freddo sulla moto.
« A dirla tutta… » azzarda,
avvicinandosi a me e mettendo il giubbotto sullo schienale di una sedia
del tavolo del salotto. « …ho un po’ di
sonno pure io. Non so se chiederti di stare qua o riaccompagnarmi a
casa, però… »
Sorrido. Non me lo immaginavo uno che si faceva così tanti
problemi.
« Stai qua. Per me non c’è problema.
» dico, prendendo il pacchetto delle sigarette e estraendone
una, per poi metterla in bocca e accenderla.
« Davvero? » chiede, guardandomi sorpreso.
Guardo l’orologio. Le tre di notte. Merda…
« Davvero. Anche perché io domani ho da lavorare e
devo alzarmi un po’ presto. Non mi va di riaccompagnarti a
casa, e poi rischieresti di prendere di nuovo freddo. »
« Che lavoro fai? » domanda lui, incuriosito
all’improvviso.
« Giornalista. » replico io, indifferente.
Lui si mette a ridere. « Cazzo, allora è vero che
il lavoro di giornalista non ha più l’importanza
che aveva una volta! Se danno un posto persino a uno come
te… »
Sorvolo su cosa vuole dire con quel “persino a uno come
te”, ma gli getto comunque un’occhiataccia.
« Mio padre era giornalista. » ribatto, tra il
seccato e il fiero. « Ce l’ho nel sangue.
»
« Ah sì? » fa lui. « Quindi,
tipo, se mia sorella fosse un’attrice, dovrei farlo pure io
solo perché è una cosa genetica? »
« Non sto dicendo questo. Sto dicendo che non sono un
novellino perché, avendo il padre giornalista, so come ci si
deve comportare e so il mestiere. » replico, annoiato.
Intanto, osservo Mello che si siede sul divano, la gambe leggermente
divaricate, la testa reclinata all’indietro, sullo schienale.
Vado verso di lui, colto da un’improvvisa provocazione che
Mello m’ispira di nuovo. Mi metto a cavalcioni su di lui,
com’eravamo in quella discoteca, bloccandolo da entrambi i
lati con le braccia puntellate sullo schienale – tenute
lì anche per non cadergli rovinosamente sopra.
« Non ti ci vedrei male, come attore, però.
» commento. « Che fai nella vita? »
Mi guadagno una sua occhiata sarcastica, e un sorriso altrettanto
sornione.
« Studio all’università. »
replica, strafottente.
Soffoco una risata. Poi era con me che il mondo cadeva in basso.
« Ma davvero? » domando. « Hai la faccia
di uno che fa tutto tranne che studiare. Avrei detto che recitavi in
dei film vietati ai minori… »
Mello non s’incazza minimamente per
quell’osservazione. Anzi, se la ride beatamente.
« Non ho bisogno di recitare. » replica, tenendo il
gioco. « O meglio, diciamo che la dose dal vivo mi
è sufficiente. »
Non posso fare a meno di ridacchiare. Mi alzo, per poi prendere la
sigaretta, trarla fuori dalla bocca e soffiare un po’ di
fumo. Mello si stravacca ancora meglio sul divano, proprio come di
solito faccio io.
« Non avrai intenzione di dormire lì, vero?
» domando.
« Non mi vorrai far dormire sul pavimento? » chiede
lui di rimando, con un tono preoccupato e uno sguardo allegro. Mi sta
prendendo di nuovo per il culo, in sintesi.
Spengo la sigaretta nel posacenere sul tavolo. Poi, vado in mia
e rovisto tra le mie cose, cercando qualcosa di simile a una tuta per
lui. La trovo, anche abbastanza facilmente; perciò, prendo
la mia, mi svesto e la indosso, per poi portare a Mello i vestiti che
ho trovato per lui.
È sul divano, sdraiato, gli occhi già semichiusi
per la stanchezza. Lo osservo per qualche istante, pensieroso: la sua
bocca semiaperta è invitante, ma non mi sembra proprio il
caso di darci dentro ora.
« Mihael… metti questi. » dico,
scuotendolo lievemente. Lui apre di più gli occhi,
incontrando la tuta con lo sguardo; la fissa, per qualche istante, per
poi rivolgersi a me, e fissarmi; poi guarda ancora la tuta, e infine me.
Alla fine, si alza a sedere, allibito.
« Che cosa?! » esclama, fissandomi, allibito.
« Metti questi. » dico di nuovo, porgendogli i
vestiti. « Magari non sono di tuo gusto e sono un
po’ larghi, ma immagino sia meglio che dormire con dei
vestiti di pelle. »
« Ma, Mail… »
Spalanco gli occhi, esterrefatto. Perché non mi piace,
quando mi chiama con il mio vero nome? Eppure, mi sono lamentato tutta
la sera, per quella storia.
« Non posso approfittare! È già tanto
che mi ospiti! » esclama lui, curandosi di far trasparire non
poco orgoglio nella voce.
Lo guardo male per quella tracotanza. « Beh…
» dico, additando i suoi vestiti. « …sul
letto non ci dormi, con quelli. »
E mi ottengo di nuovo una sua occhiata stupita. «
Sul… sul letto? »
« Dove credevi che ti avrei fatto dormire, scusa? »
«Ma… neanche mi conosci! »
Sbuffo. Diamine, quanto sei complicato, Mello. « Mettiamola
così. Non mi piace scopare sul divano, perciò se
avessimo scopato, come avremmo dovuto fare in origine, tu avresti
dormito sul letto. Quindi, non fare storie e mettiti questi, per
favore. »
Mello guarda un po’ la tuta, perplesso. Poi la prende,
leggermente rosso in viso per quella gentilezza.
« Grazie… Mail. »
Sbuffo. Non mi piace come pronuncia il mio nome.
« Se vuoi cambiarti, vai pure in bagno. » dico,
additando la porta. « È di fianco alla mia camera.
Fai pure con comodo. »
Lui si alza, ancora imbarazzato, e va in bagno, chiudendosi dentro. Io,
invece, mi stravacco sul divano, e mi metto ad ammirare il casino che
c’è in casa mia. Forse andrebbe un po’
messo a posto, ‘sto bilocale. Ma a Mello non dà
fastidio, il disordine, e io ormai ci sono abituato. Diciamo che mi ci
ritrovo pure bene. Perciò, perché farsi tanti
problemi?
« Matt, è comodissima! »
Mi volto verso la voce entusiasta; Mello è appena uscito dal
bagno, vestito con la mia tuta, un po’ troppo grande per lui,
forse, dato che amo indossare vestiti comodi. Ma non è
eccessivamente lunga. Gli sta bene, alla fine.
« Cazzo, grazie! » esclama, entusiasta.
«Davvero posso dormire con questi? »
« Mi pare ovvio. ». Vado in bagno e prendo i suoi
vestiti, portandoli poi in salotto, e appoggiandoli sul tavolo.
« Perché, scusa, di solito come dormi? »
« Di fianco al mio ragazzo. Ti lascio immaginare dopo cosa e
come. » dice lui, incurante, rimirandosi nello specchio sulla
porta del bagno.
Io invece mi blocco, spaesato, e sempre spaesato mi volto verso di lui.
Ha il ragazzo?
Non è tanto il fatto che uno libertino, come mi è
sembrato lui, abbia il ragazzo, a infastidirmi. Cioè, non
è che mi infastidisce perché ha il ragazzo ed
è libertino… Oh, insomma. Sono infastidito
perché ha il ragazzo e basta.
« Ma cazzo, mica è premuroso come te! »
esclama Mello, di nuovo, senza incrociare la mia espressione
– davanti alla quale, ne sono certo, perderebbe tutto
quell’entusiasmo. « A volte prendo pure
freddo… Invece con questa di sicuro non ne prendo!
»
« Hai il ragazzo, quindi? ». Non posso fare a meno
di chiederglielo.
Mello si blocca e mi guarda, smarrito. Poi, arrossisce, imbarazzato.
« Beh… sì. »
« È il tuo coinquilino? »
« …Sì… »
Mi avvicino a lui. « Fammi capire. Hai il ragazzo e lo
tradisci? »
Non mi è mai piaciuto che una persona sia legata ad
un’altra e se ne sbatta, del legame che ha con lei. Non
riesco a concepirlo.
« Beh… Non proprio. » replica lui.
« Ma stasera abbiamo litigato, così me ne sono
andato di casa, e per sfogarmi sono andato lì dove ci siamo
visti. »
« Per cercare una scopata consolatoria? » domando,
irritato.
Lui abbassa lo sguardo. « Più o meno era quello
che cercavo, sì. »
« È per questo che mi sei saltato addosso?
»
Mello mi getta un’occhiata sarcastica. « Credimi.
Se avessi voluto saltarti veramente addosso, l’avrei fatto in
tutt’altro modo. »
Non mi soffermo a pensare a quello che vuole dire, con quella frase. Mi
sento improvvisamente raddolcito, nei suoi confronti. In fondo, se
avessi avuto un ragazzo e avessi litigato con lui, forse mi sarei
comportato allo stesso modo di Mello.
« Hai litigato col tuo ragazzo, quindi? » domando.
« Ti va di dirmi come mai? »
Lui mi guarda, stupito, prima di abbassare lo sguardo.
« È geloso. »
« Beh, non posso dargli torto. »
Mi fulmina con lo sguardo. Mi giustifico con una mezza risata, dicendo
che stavo scherzando, prima che lui prosegua.
« È geloso del mio migliore amico. »
continua. « Che, poi, è anche il mio rivale. Crede
che ci sia qualcosa… mentre è più che
normale che ci comportiamo da amici. Ci conosciamo da quando eravamo
alle medie… »
« È da molto che state insieme? »
« Poco dopo che abbiamo affittato lo stesso appartamento.
» dice lui. « Quindi… quasi un anno.
Circa più o meno. E ogni due per tre salta fuori questa
storia del cazzo… Sinceramente, non ne posso più.
Sto seriamente pensando di lasciarlo… »
Sospiro. « Beh, stanotte puoi dormire con me. Non
c’è problema. » dico. « Vai
pure sul letto, ti raggiungo tra un attimo. »
Annuisce, leggermente rosso in viso. Io mi dirigo verso il bagno, per
prepararmi prima di andare a dormire.
Cazzo, ma perché sento questa cosa allo stomaco, quando
penso che ha il ragazzo? Va bene che sono bisessuale, ma cazzo, Mello
l’ho conosciuto solo stasera, porca miseria! E poi, non credo
all’amore a prima vista. Per niente.
Però, devo ammettere che, per quanto con un carattere
irascibile e discutibilmente libertino, almeno per i miei gusti, Mello
alla fine non mi dispiace come persona, nel complesso.
Sento il suo telefonino suonare, nella stanza accanto. Mello risponde,
svogliatamente, borbottando parole che non riesco a recepire. Per un
po’ non sento altro che i suoi mugugni incomprensibili.
« Cazzo, Light, lasciami in pace, almeno per una volta!
». Salto, colto alla sprovvista, voltandomi verso il muro,
come se potessi vedere al di là. « Non sono da
lui, che immagino che sia impegnato a fare ben altro! Lasciami dormire,
cazzo, che sono le tre del mattino! »
Esco dal bagno, stupito. Probabilmente era il ragazzo di
Mello. Che cosa si erano detti, esattamente?
« Ah… Scusa il casino, Matt…
» dice lui, appena compaio sulla soglia della camera. Lo
scruto per qualche attimo, prima di spegnere la luce del salotto e
della camera, e andare verso il letto, per accendere la luce del
comodino e sdraiarmi sotto le coperte, insieme a lui. Mi sdraio,
condividendo con il biondino metà – e anche meno
– del mio letto a una piazza e mezza.
« Non importa. » dico. « Era il tuo
ragazzo che ti cercava, immagino. »
Mello annuisce. « Sì… Anche se
più che altro credo che volesse sapere se ero dal mio
amico… »
« Nh. » commento, laconico. «
Beh… Forse ora è meglio se ti riposi un
po’, Mihael. »
Mello annuisce, accoccolandosi meglio accanto a me. « Grazie
di tutto… Mail. »
Spalanco gli occhi chiusi da un solo attimo, improvvisamente irritato.
Scosto le coperte e mi piazzo cavalcioni sopra di lui, il mio viso a
pochi centimetri dal suo. Mello mi fissa, sconvolto.
« Smettila di chiamarmi Mail. » dico, anticipando
la sua domanda. « Chiamami Matt. »
Mello mi guarda per un attimo, incredulo, a bocca aperta. Poi sorride.
« Ma tu guarda questo… Mi hai rotto le palle tutta
la sera, perché volevi che ti chiamassi Mail! »
esclama, portandomi le braccia ad avvolgermi il collo. «
Comunque… va bene, Matt. »
Si avvicina lentamente a me, sfiorandomi con le labbra con le proprie.
Però non si decide a baciarmi. Di sicuro ora ha degli
scrupoli.
« Mihael… Posso…? » domando,
incerto.
« Chiamami Mello. » mi interrompe lui, baciandomi
subito dopo, delicatamente. Mi attira verso di sé con tanta
forza che cado sopra di lui. Preso dalla voglia, e dal fatto, non poco
eccitante, che Mello ha cominciato a leccarmi le labbra per far entrare
la sua lingua nella mia bocca, lo attiro a me per la nuca e,
contemporaneamente, apro leggermente le labbra, introducendo la mia
lingua nel suo anfratto, facendolo sprofondare in un bacio
piacevolmente lussurioso, di cui lui ricambia
l’intensità. Alla fine, come prima, annego nella
voglia carnale di quel bacio, soprattutto quando Mello struscia il
proprio bacino contro il mio, facendomi sentire che è
tremendamente eccitato. Lo sento gemere nel bacio, stringendo di
più la presa sul mio collo. Mi stacco, lasciandogli prendere
un po’ d’aria. Sotto di me, appena mi sono separato
da lui, Mello ansima, accaldato nonostante il freddo della temperatura
esterna, ed eccitato. Avvicino di nuovo il mio bacino, meno eccitato,
al suo; lui geme di nuovo, gli occhi chiuse, le guance rosse.
« Così non puoi dormire… »
commento. « Te le vai a cercare, eh? »
« Sta’ zitto, che sei eccitato pure te…
» replica lui, ansimando.
Vorrei fare qualcosa di più, con lui, ma la consapevolezza
che a casa ha qualcuno che lo aspetta mi blocca.
Però, alla fine, decido che non posso nemmeno lasciarlo
così: non dormirebbe.
Faccio scendere la mano sinistra sul suo addome, alzando la maglia e
accarezzandogli la pelle, lentamente; le mie dita scendono con calma
quasi snervante, arrivando a toccare l’elastico dei
pantaloni. Vanno poi ad accarezzare la sua erezione, attraverso la
stoffa. Lo sento ansimare di piacere, la sua voce farsi roca.
« Matt… »
Entrambe le mie mani salgono fino a sfiorare l’elastico dei
pantaloni di Mello, per poi abbassarglieli fino alle ginocchia. Senza
aspettare, gli abbasso anche i boxer, ammirando la sua eccitazione
nella sua interezza.
« Matt, che fai? » domanda lui, gli occhi liquidi.
Alzo la testa, distogliendo lo sguardo dalla mia contemplazione.
È mezzo rincoglionito, dal sonno e
dall’eccitazione.
« Rilassati. » replico, accarezzandolo dolcemente
sulle gambe. Lo sento mormorare lievi suoni di consenso a come lo
tocco. Le mie mani si spostano sempre di più verso
l’interno coscia, salendo fino al suo bacino, fino ad
accarezzare la sua erezione.
« Mmmmh… Matt… ». Geme, di
piacere. Si contorce leggermente, spinge di più il suo
bacino verso di me. « Più veloce…
»
Obbedisco, sentendo Mello gemere più forte sin da subito, e
miagolare il mio nome, in mezzo al piacere. Le mie mani sono sempre
più veloci, finché non raggiungo il risultato di
farlo gemere spasmodicamente, facendolo venire tra le mie mani.
« Matt… » sussurra, portando la punta
del naso ad accarezzarmi lievemente il collo. Le sue mani si
avvinghiano di più poco sotto la mia nuca, e lui mi avvicina
a sé, per poi schioccarmi un bacio sulle labbra, in cui,
anche se per poco, mi concedo di sprofondare. Quando sento che,
però, la sua presa si fa più debole, mi stacco,
facendogli riprendere fiato.
« Matt… dormiamo insieme, vero? »
domanda, mezzo addormentato.
Gli sfioro il viso con le labbra. « Sì, Mello. Ora
arrivo. Se vuoi nel frattempo puoi addormentarti. »
« Mh… Va bene… » mormora lui,
lasciandomi andare.
Un attimo dopo è già nel mondo dei sogni.
Sorrido, rassegnato, e gli tiro su pantaloni e boxer. Ci conosciamo da
neanche tre ore, eppure mi pare che ci comportiamo come se ci
conoscessimo da una vita intera.
Mi alzo dal letto, muovendomi con una leggera difficoltà per
via dell’eccitazione che ho in mezzo alle gambe. Quel
biondino mi ha eccitato talmente tanto che, a momenti, venivo solo
guardandolo mentre godeva. Mi sembrava la lussuria più pura
del mondo, mentre lo toccavo.
Vado in bagno e, invidiando il ragazzo di Mello – di cui
nemmeno ricordo il nome – mi sfogo da solo, pensando al
biondino che c’è al di là del muro, e a
quello che potrei fargli se non fosse impegnato. E la cosa mi fa
provare un piacere indescrivibile, tanto è eccitante.
Ansimando ancora, mi lavo le mani e mi do una sciacquata al viso con
dell’acqua fredda, giusto per sembrare un po’ meno
eccitato e per placare i bollenti spiriti.
Uscito dal bagno, mi affaccio alla soglia della mia camera.
Mello ha preso completamente possesso del mio letto.
Entro, sospirando, e lo copro.
Mi tocca dormire sul divano.
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