La guerra dei Draghi

di Cathy Earnshaw
(/viewuser.php?uid=166266)

Disclaimer: questo testo è proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Epilogo
 
 
Horlon alzò gli occhi sulla particolarissima architettura del palazzo reale di Cyanor e sospirò. Chissà quanto tempo sarebbe passato prima di rivederlo.
«Sei sicuro di non volere un passaggio?» domandò Nastomer, di fronte a lui con Selene, Storr ed Erina.
L’elfo sorrise.
«Grazie, Tom, ma ora che finalmente sto per tornare a casa voglio gustarmi tutta l’aspettativa.»
Lanciò un’occhiata a Frunn, che ricambiò inclinando la testa, con l’aria di uno che è solo curioso di vedere come andrà a finire.
«Naturalmente vi aspetteremo a Lumia» aggiunse.
Cogliendolo totalmente di sorpresa, Storr lo abbracciò.
«Grazie Lon, e grazie anche a te Frunn. Sono, siamo fortunati ad avere degli amici come voi.»
 
Prendere congedo dai compagni di mille battaglie non fu semplice. Lungo la strada del ritorno, Horlon ebbe modo di riflettere su quel miscuglio di emozioni che si portava dentro, e che gli sembrava incredibile di poter ancora provare alla sua età. Nei giorni di viaggio ebbe comunque modo di chiarirsi le idee almeno circa Rowena: avrebbe parlato prima con Oliandro, mentre avrebbe aspettato a dire la verità alla diretta interessata, come anche a Glenndois. Era ancora troppo recente la perdita di Ailyn per entrambi, ma a Dodo non poteva nasconderlo. Per anni aveva accarezzato l’immagine di suo nipote con il diadema sulla testa, sentiva il bisogno di chiedergli perdono. E comunque era il migliore amico di Frunn.
Quando varcarono i confini del Reame Eterno, l’andatura rallentò. I boschi si animarono di elfi che tentavano di rendergli omaggio, spesso senza grandi risultati per via della ressa che si creava. Horlon era stanco morto. I mesi di guerra iniziavano a farsi sentire nelle ossa, ma sapeva di essere in debito: il suo popolo aveva atteso pazientemente il suo ritorno, il minimo che potesse fare era dedicare loro un po’ di attenzione. E poi c’era quel pensiero fisso a confortarlo, fino a quando non riuscì a raggiungere il molo, e allora la vide: la sua bella isola, le scogliere, la spuma delle onde, e lei, Lumia, le strutture di pietra chiara che si arrampicavano sul Palazzo Reale. Casa.




Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3726171