Titolo:
Blind Vision
Introduzione:
Una
lenta consapevolezza cominciava a camminare a piedi nudi sulle schegge
dei suoi
ricordi. “Dare la mia vita in
questo
posto e in questo momento ha un significato!”
Disclaimer:
Tutti i personaggi presenti nel testo appartengo ad Eiichiro Oda e la
storia
non è a fini di lucro.
Autrice:
Seiko
Genere:
Drammatico,
Romantico, Introspettivo.
Rating:
Giallo.
Avvertimenti:
What
if, Spoiler, Shounen-ai.
Spoiler:
Cap.485, Ep.377.
Citazione:
La
citazione alla fine della storia è tratta da una strofa
della canzone “Over and
Over” - Three Days Grace
Note:
Ho
bisogno di
fare alcune precisazioni su alcuni dettagli presenti nella storia, che
sono
incomprensibili se si segue solo l'anime italiano.
Prima nota, l'erba sul ponte della
nave, non sono suonata io (anche se potrebbe sembrare) ma è
proprio così la
loro nave. La sunny presenta infatti un finto prato sul ponte.
La seconda nota riguarda le stampe dei
ricercati che Sanji vede nella camera dei ragazzi, se non si sapesse la
stampa
con la sua taglia non è mai stata appesa, in quanto lui
stesso si vergogna
dell'immagine che lo rappresenta.
Blind
Vision
-Sanji
cosa ti sta succedendo?-
La domanda risuonò nella cucina come
una nota stonata, lo stridere del vetro in un momento di silenzio
assoluto.
La domanda sbagliata in una giornata
che non aveva nulla di diverso dalla solita noia quotidiana.
Gli occhi della navigatrice erano fissi
sulla schiena del cuoco che lavorava con maestria ai fornelli.
I pensieri del biondo si fissarono su
quella domanda, senza trovarle il giusto posto in un profilo logico.
Cosa gli stava succedendo?
Assolutamente niente che fosse al di
fuori di ordinaria routine.
Finì di preparare il the per la ragazza
e una volta posata la tazza, si sedette al lato opposto del tavolo.
C'era un insolito silenzio mentre il
biondo portava lentamente una sigaretta alle labbra, nel languido
tentativo di
ignorare lo sguardo pensieroso di Nami.
-Di cosa stai parlando Nami-san?-
Nemmeno in quel momento incrociò gli
occhi della ragazza, la scusa del fumo era un ottimo espediente per
divagare e
guardare altrove.
Non gli piaceva l'espressione della
rossa in quel momento, troppo seria, troppo enigmatico il suo sguardo,
enigmatico come la domanda che gli era stata posta all'inizio.
Non era difficile comprendere il
significato della domanda in sé, quanto più
cogliere la giusta chiave di
interpretazione, una chiave che al momento lui era sicuro di non avere.
Il silenzio tornò più pesante di prima
tra i due, interrotto solo dal respirare tenue del cuoco.
Le labbra di lei si mossero
leggermente, movimento che il biondo riuscì a cogliere
nonostante il suo
sguardo fosse fisso sul fumo che usciva con calcolata lentezza dalle
sue
labbra.
Fu un movimento svelto e timido,
insicuro, come quello di una persona che sa perfettamente cosa dire, ma
ha
paura di parlare.
Un gesto che non era certamente tipico
di una ragazza decisa come Nami.
-Sto parlando di Zoro...-
Quelle parole uscirono come un verso
strozzato, un sussurro rotto da un pianto bloccato sul nascere.
A quel nome lo sguardo di Sanji
incrociò finalmente quello della navigatrice.
Gli occhi della ragazza erano velati da
un' indecifrabile angoscia, e a quella visione le gambe del cuoco si
alzarono
di loro volontà, mentre una goccia di sudore freddo
scivolava lungo la candida
pelle del collo.
Quello che trasmettevano ora gli occhi
azzurri del cuoco erano una fredda ed insolita agitazione.
-No.. Non capisco di cosa stai parlando
Nami-san... -
Nonostante avesse cercato di rendere
convincenti le sue parole, quello che uscì dalla bocca di
Sanji suonò
esattamente per quello che era, un debole tentativo di cambiare
discorso.
Ma con Nami non funzionava, e il biondo
lo sapeva bene.
-Non prendermi per il culo Sanji, sai
benissimo di cosa sto parlando!-
La voce della ragazza era schizzata in
un acuto finale, che ancora oscillava a mezz'aria nel vuoto della
cucina.
Gli occhi nocciola della ragazza
cercarono ancora una volta lo sguardo del cuoco, e questa volta non
nascondevano il tormento che l'affliggeva.
Un tremito freddo sfiorò la pelle del
biondo facendolo rabbrividire, cos'era quello sguardo?
C'era una parte di lui che urlava,
gridava per uscire ad affrontare la realtà, ma strillava
senza voce.
Dall'altra parte qualcosa gli diceva
che doveva andarsene, fuggire il più lontano possibile da
quello sguardo e il
buio che si nascondeva alle sue spalle.
Ma non fu il biondo a decidere, quanto
le sue gambe che si mossero d'istinto verso la porta.
Solo quando la mano fu salda sulla
maniglia e lo sguardo lontano a contemplare il legno della porta, in un
ultimo
baluardo di precaria assennatezza, riuscì a parlare.
-Perdonami Nami-san, ma devo andare a
controllare le provviste.-
Anche quelle parole suonarono tanto
come una scusa banale, e senza dare il tempo alla ragazza di replicare
uscì in
fretta dalla cucina, chiudendosi la porta alle spalle.
Senza rendersene
conto le sue gambe
avevano cominciato a correre, voleva allontanarsi dalla cucina, voleva
allontanarsi dallo sguardo inquisitore di Nami.
Solo quando si fu
allontanato
abbastanza la tensione che aveva mosso le sue gambe fino a quel momento
lo
abbandonò, lasciandolo con una sensazione di pesante
stanchezza..
Cadde seduto a
terra, e sentì tra le
mani i fili d'erba che ricoprivano il ponte della Sunny.
Cercò
tra le labbra la sigaretta che
stava fumando fino a poco prima, ma quello che i suoi denti stringevano
era
solo aria, doveva averla persa correndo.
Con le mani
tremanti dalla tensione si
portò la sua fidata bionda alle labbra, e passò
un po' di tempo ad assaporarne
la consistenza con la bocca prima di decidersi finalmente ad accenderla.
Si concesse delle
lunghe boccate di
fumo per calmare il turbamento che opprimeva i suoi pensieri.
Come diavolo
aveva fatto Nami a
scoprirli?
Eppure erano
sempre stati attenti, fin
troppo, e nessuno della ciurma aveva dato segni di aver intuito
qualcosa fino a
quel giorno, ma la navigatrice oggi era stata capace di spiazzarlo con
una
semplice domanda.
Una domanda che
nascondeva fin troppi
significati per i suoi gusti.
Possibile fosse
così ovvio il legame
che c'era fra lui e lo spadaccino?
Certo,
ultimamente il cuoco si era un
po' rabbonito nei suoi confronti, ma non al punto di portare Nami a
pensare che
tra i due corresse qualcosa di più che semplice
rivalità.
Era anche vero
che Zoro era stato meno
propenso a rivaleggiare dopo lo scontro con Kuma, ma cavoli chiunque
dopo un
episodio simile si sarebbe calmato per un po'.
Avevano tutti
avuto paura di perdere
quella testa di verza, non era forse normale di conseguenza essere un
po' più
gentili nei suoi confronti?
Cosa allora aveva
portato Nami ad
intuire il torbido rapporto che li legava?
“Sicuramente
è colpa del marimo che si
è lasciato sfuggire qualcosa.”
Un'idea che si
faceva sempre più largo
nella mente di Sanji.
Era anche l'unica
possibilità, del
resto lui era stato più che attento nelle sue azioni, mentre
il marino era
decisamente molto più incurante sotto quell'aspetto.
Quella che fino a
poco prima era
tensione si stava pian piano trasformando in rabbia.
Non era possibile
che quello stupido
fosse stato così...così... così
dannatamente stupido.
Si
alzò di scatto stringendo con rabbia
la sigaretta tra i denti, per poi dirigersi a passo affrettato verso la
camerata, dove più che sicuramente si era rifugiato il
marimo a riposare.
Percorreva il
ponte della nave a grandi
falcate, e ad ogni passo pensava ad un modo per farla pagare allo
spadaccino.
Picchiarlo,
torturarlo, ucciderlo una
volta per tutte.
No, no era tutto
troppo nella norma,
avrebbero semplicemente litigato come sempre, e avrebbe finito col
perdonarlo,
ma dopo nemmeno due giorni avrebbe rifatto lo stesso errore,
perciò questa
volta ci voleva qualcosa di più deciso.
-Oi!-
Fu quella voce,
fin troppo conosciuta e
fin troppo fastidiosa a risvegliarlo dai suoi pensieri.
Era arrivato
davanti alla porta delle
camerate, di fianco a lui era seduto quello stupido spadaccino, e cosa
peggiore
di tutte, non aveva ancora la più pallida idea di come
comportarsi.
Per riflesso alla
frustrazione che gli
cresceva dentro strinse in una mano la maniglia della porta, mentre gli
occhi
dello spadaccino si aprivano per seguire quel gesto.
-Siamo
nervosetti? Ti sono forse
arrivate le tue cose cuoco?-
Il suono del
calcio che colpiva il
terreno riecheggiò per tutta la nave, mentre Zoro guardava
con un ghigno
divertito il posto dove fino a poco prima stava beatamente seduto.
Con lo sguardo
basso il biondo strinse
i denti rompendo definitivamente la sigaretta che ancora stringeva fra
le
labbra, mentre lentamente si voltava verso il suo avversario.
Non si mosse
come, probabilmente, si
aspettava l'altro, ma rimase immobile a fissarlo con occhi ardenti.
-Non è
il caso di scherzare dannato
imbecille! Si può sapere cos'hai combinato per farti
scoprire razza di
idiota?!-
La voce era rossa
di rabbia, ma non
superava il sussurro, non poteva di certo mettersi a urlare.
Lo sguardo di
Zoro passò dal divertito
al confuso nel giro di pochi secondi.
-Di cosa diavolo
stai parlando?-
-Non fare il
finto tonto con me marimo!
Nami ci ha scoperti ed è sicuramente colpa tua! Ti riesce
così difficile fare
attenzione?!-
Tutte le sue
buone intenzioni erano
andate a farsi benedire mentre urlava tutta la sua frustrazione verso
lo
spadaccino.
La spada del
compagno sfiorò i capelli
biondi e andò a conficcarsi nella porta alle sue spalle.
Zoro lo
sovrastava, i loro corpi erano
vicinissimi, eppure non si toccavano.
Il vento soffiava
verso Sanji, eppure
non sentì l'odore dell'altro pungergli il naso.
-Sanji...-
Il tono era
grave, e c'era un amaro
retrogusto di disperazione in quella voce.
-Smettila! La tua
mente andrà a pezzi
se continui così imbecille!-
Gli occhi di Zoro
erano fissi nei suoi,
eppure non riusciva a mantenere chiara la vista, sembrava quasi che il
ragazzo
di fronte a lui stesse lentamente svanendo..
-Svegliati Sanji!
Così finirai soltanto
per ferirli ancora di più! Loro possono aiutarti cuoco,
smettila di soffrire da
solo. Fai finire questo incubo una volta per tutte...-
Più
fissava il nero perforante dei suoi
occhi, più ascoltava quelle parole e più sentiva
una voragine aprirsi nel
petto.
Cosa stava
succedendo? Erano tutti
impazziti oggi?
E fu l'istinto ad
agire per primo, aprì
ancora una volta la porta alle sue spalle per poi richiuderla il
più
velocemente possibile una volta dentro.
Ed era solo la
sua immaginazione quella
che vedeva il marimo sparire nella fitta nebbia che stava invadendo il
ponte
della nave.
Dentro la stanza ebbe finalmente il
tempo di calmarsi.
Le gambe strette con forza tra le
braccia, mentre a fatica cercava di trovare il respiro.
Nella testa risuonavano come freddi
fili di acciaio le parole pungenti dello spadaccino.
La voce distorta in un vibrante stridio
che andava a sfiorare con accurata sadicità i ricordi
più opachi della sua
memoria.
Il suo corpo iniziò a tremare come
colpito da un imprevisto inverno.
Era fredda quella stanza, troppo
fredda.
Si alzò tremando e camminò fino a
raggiungere l'armadio, aveva bisogno di una coperta.
Con una coperta quel freddo sarebbe
sparito, quelle dannate parole sarebbe scomparse dalla sua testa, e
tutto
sarebbe tornato normale.
Aprì meccanicamente l'anta dell'armadio
e iniziò a frugare nella confusione che vi regnava
all'interno.
Non fu una coperta ciò che trovo, ma
qualcosa di decisamente diverso.
Non riusciva a vederlo bene in tutto
quel buio, ma la consistenza che sentiva non era certamente quella che
ci si
aspetterebbe dalla lana.
Strinse meglio il fagotto fra le mani e
lo portò sotto
la luce.
Non appena i suoi occhi videro
nitidamente cosa cingevano le sue mani, il suo cuore mancò
un battito, e la
stanza gelò.
Tre katane, tre katane legate da una
bandana scintillavano sinistramente.
La presa si fece più debole, le sue
gambe perdettero la loro forza e le spade rovinarono sordamente a
terra.
Fu come un flash, vide quelle spade
cadere così lentamente da scorgere ogni singolo dettaglio.
Le custodie sporche e rovinate, quella
sottile ombra dolorosa che le ricoprivano e la bandana rossa di sangue
che le
teneva strette assieme.
[Macerie fumanti,
solo quello intorno a
lui.
La vista era
ancora appannata e ogni
parte del suo corpo mandava pulsioni dolorose.
Il fumo intorno a
lui era fitto, non
riusciva ancora a vedere bene cosa fosse realmente successo dopo
l'esplosione.
Distingueva solo
due ombre, una
gigantesca e una che al confronto era insulsa, una formica di fronte
all'uomo
che sta per ucciderla.
Alle sue orecchie
giungevano quelli che
sembravano sussurri, un brusio indistinto, coperto ancora dall'eco
dell'esplosione di poco prima.
Cercò
di farsi forza, doveva rialzarsi,
non poteva permettersi di restare lì a poltrire mentre i
suoi nakama
rischiavano la vita.
Era faticoso,
terribilmente faticoso,
il suo corpo non voleva collaborare, si rifiutava di reagire sotto lo
straziante urlo di dolore che gli scorreva nelle vene.
-Avrai
una testa!-
Quella voce, la
conosceva... la
conosceva fin troppo bene.
-Ma...
non la sua...-
No! Non poteva
essere così stupido!
-Prendi
la mia al suo posto!!-
No! No no no!!
-Ti
prego!-
Quello stronzo!
Non lo aveva mai
sentito pregare nessuno, mai!
E ora pregava
quel dannato bastardo
di... ucciderlo?
Ignorò
il dolore che graffiava ogni più
piccolo lembo di pelle, ignorò la gamba che si rifiutava di
muoversi come
doveva, ignorò tutto, doveva raggiungere quelle due figure
ora chiare come il
sole.
La vedeva, la
figura di Kuma si
stagliava come quella di un gigante su quella decisamente
più piccola dello
spadaccino, in ginocchio a pregarlo di prendere la sua vita.
Le vedeva le sue
labbra mentre
sussurravano le parole che lo conducevano verso la fine.
Non poteva
abbandonarlo, non poteva
farsi superare anche in questo, non poteva lasciarsi salvare come una
ragazzina
dannazione!
-Non
c'è altra scelta per salvare la
ciurma, e se il capitano morirà, il mio sogno
sparirà con lui!
Rufy
è l'uomo che diventerà il re dei pirati!-
Sentì quelle parole e furono la spada
che inesorabilmente gli attraversò il petto.
Non poteva lasciarglielo fare, non
accettava di salvarsi a queste condizioni, non accettava di farsi
salvare da
lui.
-Aspettate!-
La voce gli graffiava il palato mentre
usciva, decisa e dolorante.
-Cosa pensi di risolvere con la tua
morte idiota?!-
Si avvicinava, trascinando la gamba
ferita, trascinando quello che era rimasto delle sue forze... li aveva
raggiunti.
-Cosa ne sarà del tuo sogno?!-
Dritto negli occhi, gli aveva sputato
in faccia quelle ultime parole, doveva sentirla sulla pelle la rabbia
che gli
fremeva dentro...la paura che gli scorreva dentro.
L'altro lo guardava sorpreso,
boccheggiando qualcosa che somigliava terribilmente ad il solito
insulto, ma
non era di lui che doveva preoccuparsi ora.
Voltò le spalle allo spadaccino, per
fronteggiare direttamente Kuma Bartholomew, la fonte di tutti i loro
guai.
-Ehi pezzo grosso! Al posto della vita
di questa testa d'alga prendi la mia!-
Così era, così doveva andare, sarebbe
stato lui a sacrificarsi per la ciurma, non avrebbe permesso allo
stupido
spadaccino di farlo al suo posto, quello era il suo momento.
-Anche se non sono ancora un famoso
ricercato, presto sarò conosciuto in tutto il mondo come
Sanji Gambanera!-
Era doloroso, era doloroso restare in
piedi, era doloroso parlare, era doloroso non crollare di fronte al
nemico, ma
doveva farcela, per la ciurma... per Zoro.
-Sbrigati! Al posto suo prendi me!
Dare
la mia vita in questo posto e in questo momento ha un
significato!-
Ci era riuscito, sarebbe morto lui al
suo posto, avrebbe salvato lui la ciurma, sarebbe stato lui a salvarlo
per una
volta.
Ma ora rimaneva la parte più
difficile...
-Ehi marimo... salutami i ragazzi, e
digli che mi dispiace ma dovranno trovarsi un altro cuoco.-
Perchè era così faticoso dire quelle
parole?
Avevano l'aspro sapore
dell'irreparabile, sapeva che non avrebbe più potuto tornare
indietro.
-Zoro... ti-
Non lo percepì quel movimento, sentì
solo il colpo sulla pelle, su quella dannata ferita al fianco.
Stava svenendo, ogni singola fibra del
suo corpo lo stava urlando, ma usò gli ultimi attimi per
aggrapparsi con forza
a quelle spalle.
Voleva insultarlo, voleva urlare,
voleva picchiarlo, voleva infilzarlo con le sue dannate spade.
Ma non ci riuscì, l'unica cosa che fece
fu rimanere fermo, immobile ad osservare le labbra dello spadaccino
muoversi in
un leggero sussurro.
-Addio...Sanji-
Vuoto, solo il vuoto dentro mentre
lentamente si accasciava a terra sfiorando un ultima volta quel corpo,
guardando un ultima volta i suoi occhi.
L'ultima cosa che vide furono le tre
katane dello spadaccino malamente lasciate al suo fianco, e l'ultima
cosa che
sentì fu la voce di Zoro.
-Te le affido...-
Poi tutto si fece nero, e i suoi
pensieri si persero nella voragine che si stava aprendo nella sua
mente.]
Fu il rumore sordo delle spade che
toccavano finalmente terra a riportarlo alla realtà.
I suoi occhi schizzarono verso la
porta, era lì, quello stupido spadaccino era lì
fuori fino a poco fa, ma
allora... perchè?
Come potevano essere lì quelle spade se
Zoro le aveva usate solo poco prima?
Il suo cuore si gelò all'istante, cosa
era successo al marimo dopo lo scontro con Kuma?
Era... era veramente.... morto?
No, no ma che diavolo andava a pensare?
Zoro era sempre stato lì, dopo che se
ne furono andati da quel dannato posto l'aveva visto tutti i giorni, ci
aveva
parlato tutti giorni!
Non poteva essere morto, era stato lui
stesso a trovarlo ferito e a portarlo da Chopper.
Ma allora cos'era quella strana
sensazione che gli trapassava il petto?
[L'odore di bruciato gli trapassava le
narici, mentre lentamente riprendeva coscienza del suo corpo.
Ogni minimo movimento gli provocava una
fitta di dolore, e anche il solo aprire gli occhi sembrava faticoso.
Erano state le grida trillanti di Rufy
a svegliarlo, ma ancora non capiva dove fosse e cosa stesse succedendo.
Fu un flash, un immagine, un amaro
ricordo, le labbra di Zoro piegate in una smorfia macchiata di sangue.
Marimo!
Si alzò di colpo, sforzando forse
troppo i suoi muscoli che gli stavano urlando i tutti i modi di stare
fermo.
Si guardò intorno, e poco lontano da
lui vide i suoi compagni sorridenti di fronte ad un nuovamente energico
Rufy.
Come poteva saltellare così? Fino a
poco prima era ridotto peggio di uno straccio...
La risposta arrivò come un colpo di
pistola... stava bene grazie a Zoro.
Si guardò nuovamente intorno alla
ricerca di quella testa verde in mezzo ai suoi compagni, ma
più disperatamente
cercava più non riusciva a vederlo.
Fu allora che notò le spade...
“Te
le affido...”
Ignorando
il dolore che premeva ovunque
per uscire, si alzò e iniziò a correre, non
sapeva verso dove, sapeva solo che
doveva correre, lo sentiva, riusciva a sentire quel dannato vuoto che
gli
offuscava la mente e gli urlava di correre.
Fu allora che le vide... macerie
cremisi.
Un
corpo a terra...
Un
figura scarlatta, in piedi, in mezzo
a detriti sanguinanti.
Il
suo cuore lacrimava, mentre immobile
fissava quella figura stesa a terra...
Il
vuoto si disperse in ogni frammento
del suo corpo...
I
suoi occhi sbarrati in un dolore
troppo difficile da realizzare...
Il
suo cuore sussultò, era vivo... era
ancora vivo.
Corse verso quella figura, corse con
una smorfia di tristezza sulle labbra e un sorriso sul cuore.
E urlò, urlò chiamando i suoi compagni
con tutta la voce che aveva.
Sarebbe arrivato Chopper e l'avrebbe
curato tutto sarebbe finito per il meglio, lo sapeva.
Il marimo aveva sempre avuto la
pellaccia dura.
Era
corso in un ultimo atto di
irrazionailità verso quel corpo, l'aveva stretto a
sè con forza... era freddo.
Buio
tinto di rosso, non aveva più il
coraggio di guardare, mentre le orecchie si riempivano delle sue stesse
urla...
Gridava,
per il dolore, per la paura,
in cerca di aiuto, non sapeva nemmeno lui per cosa...
Sentiva
qualcuno afferrarlo per le
braccia, allontanarlo da quel corpo...morto.
Sentiva
le loro voci, sentiva i pianti,
sentiva tutto il dolore che li ricopriva come un telo bianco.
Poi
piano piano tutto spariva, tutto
spariva, tutto...
Non
c'era più quel rosso tagliente, non
c'era più quell'odore ferroso, non c'era più quel
sapore acre a graffiargli il
palato, non c'era più niente...]
Il
rumore stridente del vetro che si
screpola, solo quello risuonava nella sua testa.
Come se la sua mente si stesse
incrinando, come se la sua mente si stesse spezzando, come se la sua
mente
stesse irrimediabilmente andando in frantumi.
Realtà e finzione si fondevano in un
unico flusso in cui era impossibile riconoscere l'una dall'altra.
Con l'ultima apparenza di razionalità
si aggrappò con forza a quelle spade ora malamente sparse
sul legno della
camerata.
Le strinse a sé, mentre l'odore ferroso
gli penetrava le narici, il suo odore...
Zoro era vivo, non poteva essere morto,
non poteva, lui l'aveva visto...
L'aveva visto sul ponte poco prima,
l'aveva visto anche tutti i giorni precedenti.
Si, ne era sicuro, lo spadaccino è
sempre stato a bordo della nave, ci aveva parlato e litigato come
sempre.
Giusto l'altro giorno avevano quasi
fatto a botte, peccato che poi lui fosse sparito proprio mentre
l'ambiente si
stava riscaldando.
Con la mano vagava lentamente
lungo il corpo delle spade, in una
dolce ed estenuante carezza, e ad ogni minimo movimento sentiva la sua
mente
aprirsi su un baratro di ricordi nascosti.
Quando era stata l'ultima volta che
Zoro l'aveva anche solo sfiorato?
Dopo la venuta di Kuma lui e lo
spadaccino non si erano toccati nemmeno per sbaglio.
Una lenta consapevolezza cominciava a
camminare a piedi nudi sulle schegge dei suoi ricordi.
Cosa diavolo era successo a Thriller
Bark?
Alzò gli occhi verso il muro in cui
erano appese tutte le loro taglie, fu allora che si accorse che la sua
non era
la sola immagine a mancare.
Gli occhi sbarrati, la mano continuava
un movimento ormai divenuto meccanico, l'ombra della persona che era
rannicchiata nell'angolo della camerata, così lo vide Nico
Robin entrando a
controllare cosa fosse successo al cuoco.
Dopo la sera prima erano tutti molto
preoccupati per la “salute” mentale del biondo, ma
solo Nami aveva avuto il
coraggio di affrontarlo.
Tutti sapevano della sua fuga dopo la
chiacchierata con la navigatrice, e Rufy e Usopp l'avevano sentito
parlare sul
ponte della nave di fronte alla porta della camera.
Si sarebbe aspettata di tutto Robin, ma
non di trovarlo in quello stato.
Si avvicinò a lui il più
silenziosamente possibile, come per evitare di rompere quel fragile
equilibrio
che aveva momentaneamente trovato.
Si inginocchio di fronte a lui,
guardandolo fisso negli occhi.
-Sanji...-
Si aspettava un completo silenzio da
parte dell'altro, invece si sentì afferrare per un braccio,
mentre una voce,
rotta da un dolore troppo grande anche per piangere, chiamava il suo
nome.
-Robin...-
Portò una mano ad accarezzare la testa
del cuoco come per istinto, un istinto consolatore che si stupiva lei
stessa di
avere.
Eppure lo capiva, riusciva a capire i
sentimenti di Sanji che si ritrovava all'improvviso a perdere una delle
persone
più importanti della sua vita.
-Robin... dov'è il marimo? Ti prego...
Robin...
Ho bisogno di sapere la verità.-
-Ti racconteremo tutto Sanji...-
L'unico rumore che aleggiava nella cupa
penombra della cucina era quello prodotto dal dondolio della nave
sospinta dal
mare.
Erano tutti riuniti lì, di fronte a
Sanji, tutti pronti a raccogliere pezzo per pezzo i brandelli della sua
memoria.
Il biondo passò con lo sguardo tutti i
suoi compagni, una, due, tre, infinite volte, forse sperando ancora di
veder
comparire un segno verde tra di loro, ma ciò che vide furono
solo i loro occhi
tormentati.
Lo vedeva in quegli occhi quanto fosse
difficile anche per loro, quanti rimorsi e rimpianti c'erano dietro
quel
racconto.
Lo sguardo del cuoco si fermò, e
fissando il tavolo a cui era seduto, prese un profondo respiro prima di
parlare.
-Potete iniziare...-
[Le urla di Sanji riscossero tutti da
quel momento di tranquillità che stavano vivendo.
Corsero tutti, preda di un sentimento
comune, verso il luogo da cui le grida provenivano.
La scena che si trovarono di fronte fu
un trauma per tutti:
Sanji in preda allo shock che urlava
stringendo convulsamente tra le braccia una figura celata nel sangue.
Dovettero allontanare il cuoco con la
forza, mentre Chopper cercava di visitare lo spadaccino.
Cercarono in tutti i modi di salvarlo,
si affidavano ad ogni minima speranza, non riuscendo ad accettare
quello che
Sanji aveva già realizzato al suo arrivo.
Zoro era morto, e niente l'avrebbe
riportato indietro...
Nelle settimane successive all'evento
il cuoco si era trasformato completamente.
Inizialmente sembrava aver assimilato
il lutto come tutti gli altri, ma col passare del tempo si faceva
sempre più
silenzioso, sempre più chiuso verso i suoi compagni.
Tutti lo interpretarono come un segno
di dolore, perchè anche se lo nascondevano, tutta la ciurma
conosceva bene il
rapporto che li legava, e sapevano quanto più difficile
dovesse essere per lui
superare un simile trauma.
Lo shock di Sanji giunse al suo culmine
una mattina qualunque, quando lo trovarono rannicchiato in un angolo
della
cucina.
Immobile in posizione fetale, un
espressione indecifrabile a decorargli il viso.
Passò interi giorni seduto nel letto
dell'infermeria a fissare il mare attraverso l'oblò, chiuso
in un impenetrabile
silenzio, in un mondo unicamente suo.
Chopper provò a visitarlo più volte,
non riuscendo però a trovare mai una giustificazione medica
al suo malessere.
Fisicamente stava benissimo, ma
sembrava quasi che la sua mente si rifiutasse di reagire agli stimoli
esterni.
Tutti pensavano avrebbe avuto un crollo
definitivo di lì a poco, invece un giorno stupì
tutti, quando entrando in
cucina lo trovarono sorridente e intento a preparare la colazione.
Il primo a preoccuparsi dell'improvviso
cambiamento fu il medico, che lo sottopose all'ennesima visita,
ricavando
soltanto che era in piena salute, sia mentale che fisica.
E quando Chopper l'annunciò al resto
della ciurma tutti quanti si lasciarono andare ad un sospiro di
sollievo.
Fu così che lentamente il clima sulla
nave stava tornando alla normalità, lentamente le loro
ferite si stavano
rimarginando.
Tutto
sembrava
scorrere per il meglio, ma una strana atmosfera aleggiava ancora per la
nave,
come un'opaca nebbiolina impediva di vedere chiaramente quello che
succedeva
e stordiva un poco costringendo la
ciurma a non approfondire più di tanto le strane sensazioni
di cui di tanto in
tanto erano preda.
I
primi segni di squilibrio furono
colti solo parzialmente,
casualmente e tenuti in poco
conto, visti come momenti di distrazione, allucinazioni quasi.
Eppure piano piano tutta la ciurma si
rese conto che qualcosa non andava, Sanji era felice... troppo felice.
Tutti avevano ritrovato il loro
consueto umore, ma allo stesso tempo conservavano quel profondo peso,
che non
poteva fare a meno di uscire allo scoperto in qualche occasione, invece
Sanji...
Sanji era come prima, non aveva ombre
nello sguardo, e non sembrava più risentire della perdita.
Ma nonostante questo preferirono tutti
fingere di non vedere, fingere di non sentire il cuoco parlare da solo,
litigare da solo, arrabbiarsi con qualcuno che non era più
lì.
A
lungo andare però quella
situazione non era più sostenibile e quella
sera, quasi in muto accordo, furono costretti ad aprire gli occhi e far
fronte
alla realtà che tanto avevano ignorato... Sanji viveva nel
passato.
Erano tutti riuniti a cena come ogni
sera, e l'atmosfera era la più tranquilla che avevano avuto
dalla partenza da
Thriller Bark.
Fu allora che il biondo pose quella
domanda, una domanda che li costrinse ad affrontare un compagno che
credevano
guarito.
-Possibile che quel dannato marimo deve
ogni sera evitare la mia cena?!-
Un silenzio soffocante calò nella sala,
interrotto solo dalle improvvise lacrime di Nami.
-Nami-san che succede?-
Fu Rufy ad alzarsi e a dire quelle
parole che tutti nascondevano dietro i loro occhi tormentati.]
-Dopo le parole
di Rufy hai avuto una
crisi Sanji, e Chopper è stato costretto a somministrarti un
tranquillante per
calmarti.-
Lo sguardo del
biondo era rivolto verso
il pavimento e non accennava ad alzarsi.
In silenzio tutti
aspettavano la sua
reazione, tutti aspettavano un suo cenno.
-Tutto questo
è successo... ieri sera?-
La voce rotta dal
dolore era uscita
come un sussurro.
-Si... questa
mattina ti sei svegliato
e sembravi aver dimenticato tutto, ancora una volta.-
E le
sentì, le grida di quella
dolorante consapevolezza chiusa nell'angolo più profondo
della sua mente.
Lo sapeva da
sempre, semplicemente si
rifiutava di accettarlo, non riusciva ad
accettarlo.
Ma ora era
lì, ad osservare gli occhi
dei suoi compagni opachi di sofferenza e non poteva più
negarlo.
Zoro era morto...
Zoro non sarebbe
più salito su quella
nave, non avrebbe più dormito tutto il giorno sul ponte, non
avrebbe più
litigato con lui, non l'avrebbe fissato mai più mentre
cucinava, non l'avrebbe
più baciato spinto da un'improvvisa passione...
Era morto...
Eppure c'era
ancora quella parte
irrazionale che strepitava come sono soliti fare i bambini capricciosi,
frignava, e si rifiutava di accettare quella morte.
-....re-
Un gemito
strozzato, eppure tutti lo
sentirono e si voltarono verso il cuoco con occhi perplessi.
-Voglio
tornare... sulla sua tomba.-
Il viaggio di ritorno fu carico di un'atmosfera
cupa e deprimente.
Era stato difficile per tutti superare
quel momento, e ora stavano tornando indietro, a rivivere quei luoghi
tormentati dal rimorso.
Quando arrivarono, il sole era alto nel
cielo e nulla in quell'ambiente luminoso poteva far intuire l'umore
della
ciurma che si avviava con passi pesanti verso il cimitero di Thriller
Bark.
I suoi compagni lo accompagnarono e
restarono il tempo necessario a porgere i saluti allo spadaccino...
alla pietra
con inciso il suo nome.
Quando tutti se ne furono andati Sanji
si accese una sigaretta, avvicinandosi alla tomba di fronte a
sé.
Non aveva avuto il coraggio di guardare
i suoi compagni mentre la salutavano come un vecchio amico, e non aveva
tuttora
il coraggio di focalizzare lo sguardo sul nome inciso sopra.
Chiuse gli occhi, sfiorando con la
punta della mano la pietra liscia e... fredda.
Un brivido gli percorse la schiena
mentre, quel gelo gli ricordava il corpo insanguinato dello spadaccino
che
tempo prima aveva stretto tra le braccia.
Si sedette, poggiando la schiena su
quella pietra, mentre sentiva i frammenti della sua sanità
mentale urlare di
voltarsi e affrontare una volta per tutte quella realtà,
senza però riuscirci
per davvero.
Riaprì gli occhi, fissando con lo
sguardo il cielo azzurro sopra la sua testa, nemmeno una nuvola.
Era chiara quella giornata, una
giornata limpida, quasi cristallina, la giornata adatta per avvolgere
nella
nebbia le urla della sua ultima parvenza di buonsenso.
-Sai Zoro c'è una cosa che voglio dirti
in questo ultimo barlume di razionalità, prima che la mia
mente vada
completamente in frantumi e tu mi ricompaia ancora una volta davanti in
tutta
la tua nauseante boria.-
Era un tono doloso quello che
pronunciava quelle parole, un tono che il bambino capriccioso nella sua
testa
ormai non riconosceva più nemmeno come suo.
Si stava dividendo, stava abbandonando
lì quella consapevolezza sanguinante che lo aveva spinto
fino a quella
tomba.... una tomba di cui ormai stava già negando
l'esistenza.
-Ti ho odiato... ti ho odiato come
nessun altro in vita mia...
Ma... se avessi la possibilità di
ricominciare... probabilmente... finirei con l'innamorarmi di te
un'altra
volta.-
Spense la sigaretta sul terreno umido
che circondava la tomba, mentre tra le labbra sentiva il sapore bagnato
del
distacco.
Si
alzò, un movimento
calcolato, meccanico, e senza voltarsi una volta di più, si
lasciò alle spalle
quello che rimaneva della sua lucidità, e sorrise bieco,
avvicinandosi sempre
di più alla figura famigliare dello spadaccino che lo
guardava con aria di
sfida all'orizzonte.
Quel castello di carte
sarebbe caduto ancora, sarebbe crollato ancora una volta come foglie in
autunno, ma lui lo avrebbe rialzato ogni volta... fino alla fine del
suo
viaggio.
...So
many thoughts that I can't get
out of my head
I
try to live without you, every time I
do I feel dead
I
know what's best for me but I want
you instead
I'll
keep on wasting all my time...
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