Glasgow
Dicembre 2005
I due metri che la
separavano dal suolo non le facevano paura, anzi, ogni volta che
saltava dalla finestra per scappare di casa sentiva di potersi
riprendere la sua vecchia vita tra le mani.
Aveva appena avuto una violenta litigata con i suoi, dopo che
suo padre le aveva proibito di andare al concerto che si sarebbe
tenuto quella stessa sera.
Infuriata era corsa in camera sua, lì era rimasta per ore a
meditare sul da farsi e alla fine si era decisa a prendere il treno
che l'avrebbe portata alla sua meta.
Nonostante Glasgow fosse una città bellissima la Scozia non
faceva per lei, era tutto così diverso e insolito: il modo di
parlare delle persone, le loro usanze, ogni cosa differiva da
ciò che una volta era il centro del suo mondo, ovvero
Sheffield.
Da un anno ormai aveva abbandonato tutto quello che di
più caro aveva, ma quello che le mancava di più era la
compagnia dei suoi amici, quei cinque pazzi scatenati con cui poteva
essere ciò che realmente era, senza doversi nascondere dietro
una maschera di pure menzogne.
L'aria fredda e pungente le sferzava il viso mentre correva il
più velocemente possibile per raggiungere la stazione dei
treni.
In poche ore sarebbe tornata dove aveva lasciato le radici e
avrebbe riabbracciato i suoi eroi che erano riusciti a realizzare il
loro piccolo sogno.
Dopo una serie di concerti che lei si era persa per colpa del padre, i
ragazzi avrebbero suonato a fine serata, abbandonando finalmente il
ruolo di spalla.
Il treno sfrecciava ad alta velocità sulle rotaie e Jessica
osservava il paesaggio in movimento mentre ogni singola cellula del
suo corpo fremeva dalla voglia di rimettere piede in Inghilterra.
Erano ormai passate due delle quattro ore di viaggio e lei se ne
stava beatamente seduta al suo posto, ascoltando dal mp3 Dig Up Her
Bones dei Misfits, canticchiandone il testo, quando il suo telefono
prese a squillare. Sul piccolo schermo apparve il contatto e lei
rimase diversi secondi a contemplare quelle quattro lettere prima di
decidersi a rispondere.
-Dimmi...- proferì lei con un filo di voce mentre la tensione
le fece accapponare la pelle,
-Dove sei?- il tono assunto dall'uomo faceva presumere che fosse
calmo, ma lei sapeva perfettamente che non era così. La
bipolarità di suo padre poteva fregare gli altri, facendo
credere a tutti che fosse una persona buona, divertente, solare e
altruista.
Non poteva esserci al mondo bugia più dolce. Lei adorava suo
padre, quel padre che tutti conoscevano, ma l'altra faccia della
medaglia era il suo incubo peggiore.
-Lontano da casa- disse trattenendo il respiro e rimanendo in apnea
per il tempo necessario a mantenere la calma mentre attendeva il
verdetto dell'uomo. Questo, intuendo gli spostamenti della figlia,
cominciò ad imprecare tanto forte da costringerla ad
allontanare il telefono dall'orecchio.
Ormai abituata alla marea di insulti che le sputava addosso in
quelle occasioni, l'unica cosa che provava nei confronti del padre
era pena, sì pena, semplicemente perché lo reputava un
debole, incapace di ottenere ciò che voleva in maniera civile,
usando invece il terrore che incuteva nelle persone.
Stanca di quelle urla terminò la chiamata e senza dire
niente spense il telefono infilandolo nello zaino.
Riprese ad ascoltare la musica per evitare che
quell'inconveniente le rovinasse non solo l'umore, ma
soprattutto la giornata.
Continuò a osservare il paesaggio dal finestrino per diversi
minuti, sorrise notando il mutamento della vegetazione che le fece
intuire di essere quasi arrivata a destinazione e lentamente si
assopì cullata dal ritmo della canzone che stava ascoltando.
Una mano si posò sulla spalla della ragazzina completamente
assopita.
Lei aprì lentamente le palpebre sentendole pesanti e
cercò di mettere a fuoco la strana figura piazzatasi davanti a
lei.
-Signorina. Signorina si svegli, favorisca il biglietto
cortesemente- la voce dell'anziano signore era alquanto acuta e
stridula e sentendola a Jessica si dipinse un sorriso divertito sulle
labbra.
-Si certo, ecco a lei- tirò fuori dalla tasca il biglietto e lo
porse al controllore un po' spazientito che lo controllò
con attenzione.
-Mi scusi, ma in quale stazione siamo?- gli chiese incuriosita
rendendosi conto che il treno non proseguiva più la sua
corsa.
-Siamo appena arrivati a Sheffield ragazzina- l'uomo
obliterò il biglietto fissando Jessica attraverso le spesse
lenti degli occhiali, il viso della ragazza cambiò espressione
all'improvviso. Se prima sembrava stesse per riprendere sonno ora
i suoi occhi riflettevano sorpresa e felicità. In pochi secondi
la giovane si alzò di scatto e superò di corsa
l'anziano controllore, costringendolo a farsi da parte contro la
parete del treno.
-Questi giovani. Sempre più maleducati!- urlò l'uomo
sperando che la ragazzina lo sentisse mentre scendeva velocemente dal
mezzo poco prima che si rimettesse in moto.
Finalmente scesa Jessica inspirò profondamente per imprimersi
l'odore della sua amata Sheffield nelle narici. Gli occhi le
risplendevano di una luce propria mentre si guardava attorno
entusiasta.
Non molto distante scorse una figura a lei familiare, poggiata con la
schiena al palo che sosteneva il tabellone degli arrivi.
-WARD!!!- urlò a squarciagola correndo verso il ragazzo che,
colto di sorpresa, assunse un'espressione terrorizzata vedendosela
arrivare addosso a tutta velocità. Chiuse gli occhi mentre lei
con la sua delicatezza gli saltò al collo, rischiando di farli
cadere entrambi a terra.
-Jess, quando smetterai di chiamarmi per cognome?- disse scombinando
con entrambe le mani i capelli dell'amica.
-Un giorno, forse. Oppure no. Chi lo sa Curtis- enfatizzò a
posta il nome del ragazzo, rimanendo ancora aggrappata al suo collo.
Solo dopo alzò lo sguardo, incastonando gli occhi nei suoi
prima che scoppiassero a ridere entrambi.
-Ora staccati che dobbiamo andare, o il tuo ragazzo penserà che
ti ho rapita- le disse guardando il grande orologio della stazione
mentre con delicatezza le posò le mani sulle spalle per
allontanarla.
Quelle parole la fecero riflettere per qualche istante, corrugò
la fronte indispettita, girandosi anche lei a fissare
l'orologio,
-Se aveva così tanta voglia di vedermi perché non
è venuto Oliver al posto tuo? Sono appena le sei, che diamine
stanno combinando lui e gli altri?!- innervosita sospirò
fortemente fissando Curtis negli occhi.
Erano passati poco più di sei mesi dall'ultima volta che
era stata a Sheffield e guardando bene il suo amico le parve che in
quel lasso di tempo la sua fisionomia fosse lievemente cambiata. I
lineamenti del viso erano leggermente più marcati, i suoi
zigomi sembravano essere scolpiti facendolo sembrare più uomo,
lei arrossì notando questi nuovi particolari e distolse
velocemente lo sguardo.
-Beh dato che non rispondi mai al telefono cosa pretendi. Gli altri
stanno sistemando il locale, mentre Oliver non so precisamente cosa
stia facendo, ci ha solo detto che stava preparando qualcosa, una
sorpresa per te forse, è da due settimane che corre come un
pazzo- le riferì seccato scostandosi dagli occhi il lungo
ciuffo, poi si voltò dandole le spalle per incamminarsi verso
l'uscita.
-E dai. Aspettami!- Jessica si mosse accelerando il passo per coprire
la distanza che la separava da Curtis, affiancandosi subito dopo al
ragazzo che sembrava essersi rabbuiato in viso.
-Che ti prende adesso Curt?- gli chiese sospirando, spingendolo
delicatamente con una spalla
-Solo pensieri, sta tranquilla- detto questo le sorrise dolcemente
cingendole le spalle con un braccio.
-Mmmh, non mi convinci...ti conosco troppo bene-
-Non insistere- le disse con tono fermo mentre si incamminavano fuori
dalla stazione verso la piccola vettura del ragazzo
Jessica ci rimase male, era da tanto che non si vedevano e voleva
sapere tutto quello che gli passava per la testa. Sospirò una
seconda volta sentendo l'amico diventare freddo tutto ad un
tratto.
I due salirono in macchina. Non appena Curtis mise in moto
Jessica cominciò a guardare fuori dal finestrino per evitare di
riempire l'amico di domande e farlo innervosire ulteriormente.
-Ora ti faccio sentire una cosa- disse il ragazzo accendendo la radio
e indicando a Jessica un cd senza custodia buttato sul cruscotto. Lei
lo prese e glielo passò con indifferenza senza neanche
guardarlo, pensando che fosse uno dei suoi soliti cd con dentro
canzoni di ogni genere, tirate fuori da chissà dove.
Poi riprese a fissare la città dall'auto in movimento.
Non le sembrava vero di essere di nuovo lì, sorrideva appagata
guardando le vie, gli edifici e le persone, riconoscendone qualcuna di
tanto in tanto.
Sobbalzò appena sentì la prima canzone cominciare e si
girò a guardare Curtis, studiando la sua espressione
compiaciuta nonostante tenesse lo sguardo fisso sulla strada.
-OH. MIO. DIO! Avete già registrato? Io non...pezzi di merda
non mi avete detto niente! È così, wow! Ok Ok sto
schizzando troppo- cominciò a ridere senza contegno, arrivando
anche a lacrimare per la gioia.
-Calmati, pensa che sta sera sentirai tutto dal vivo-
Jessica si quietò anche se faticava a trattenere la
felicità. Era orgogliosa dei suoi ragazzi, avevano finalmente
inciso le prime canzoni e per questo avrebbe voluto festeggiare con
loro tutta la notte, cosa che purtroppo non accadeva da un sacco di
tempo.
In men che non si dica arrivarono al locale, dall'esterno
pareva che non ci fosse nessuno ma appena vi entrarono lei
scoprì che era densamente popolato.
La sala era brulicante e frenetica, c'erano persone che
andavano a destra e a manca per sistemare strumenti, luci e aggeggi
elettronici di ogni genere seguiti da metri di cavi.
Molti di quei ragazzi li aveva conosciuti al liceo e mentre seguiva
Curtis, standogli dietro come un ombra, scambiava loro timidi sorrisi
e cenni di saluto imbarazzatissima essendo l'unica ragazza nel
locale.
-Jessicaaa!- d'un tratto sentì dietro di se qualcuno urlare
il suo nome è si voltò.
Una stretta al cuore la colpì appena riconobbe i suoi amici,
l'urlo era uscito dalla bocca di Matthew che si fece velocemente
strada tra il viavai di gente seguito da Matt e Lee.
Il ragazzo dai lobi dilatati non esitò un secondo e si
precipitò ad abbracciarla. Lei assaporò quel contatto
umano poggiandogli la testa sul petto e ricambiando immediatamentela
stretta.
-AMMUCCHIATAAA!- Curtis la fece trasalire. Sapeva perfettamente cosa
sarebbe accaduto con quel comando, Infatti in pochi istanti gli altri
ragazzi le si scaraventarono addosso schiacciandola e togliendole il
fiato.
-Non respiro più! Idioti levatevi!- disse lei ridendo, ma
sentendola i quattro la strinsero ancora di più.
Matthew, Matt, Lee e Curtis avevano aspettato con impazienza questo
momento, Jessica faceva parte del loro gruppo, della famiglia che
tutti e sei formavano.
Per tutti era la piccola sorellina da proteggere, anche se era molto
testarda.
Lei, che non si faceva mettere i piedi in testa da nessuno, quella che
si cacciava spesso nei guai ma ne usciva da sola nonostante tutto.
Li castigava di santa ragione se combinavano qualcosa e molto spesso
risolveva tutti i loro problemi.
Da quando si era trasferita tutti loro avevano perso un pezzo della
loro anima, ma ora che era lì non importava più nulla,
si erano finalmente riuniti.
-Non ho sentito, che hai detto Jess?- ironizzò Lee per farla
innervosire
-Che non respiro. Basta!- Jessica lacrimava continuando a ridere,
soprattutto perché Matt aveva cominciato a farle il
solletico,
-Matt ti trancio le mani se non la smetti!- e così Kean le
tirò un pizzicotto sul braccio per divertirsi ancora un
po'. All'improvviso alzò le mani e spinse via i
compagni lasciando Jessica libera di respirare.
-potresti almeno dirmi grazie, ingrata- le disse sorridendole dolcemente
-Grazie Matt, contento?-biascicò lei riprendendo fiato
Lui rimase zitto continuando a sorridere, poi si affiancò a
Curtis mentre tutti e quattro presero a fissarla.
-Che vi prende adesso?- chiese incuriosita passando lo sguardo su
ognuno dei loro volti, notando che tutti e quattro si trattenevano dal
riderle in faccia.
Non capì cosa ci fosse di divertente finché da dietro
due mani non le coprirono gli occhi. A quanto pare quella persona era
alle sue spalle da chissà quanto e lei non se ne era neppure
accorata...
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