ReggaeFamily
Will
you leave with me?
Manca poco a mezzanotte,
ormai il momento si avvicina. Mi preparo psicologicamente e spero che
tutto sia al suo posto.
Non sono certo di star
facendo la cosa giusta, onestamente mii sento piuttosto a disagio, ma
allo stesso tempo provo eccitazione e curiosità per la sua
reazione. Chissà, magari ho esagerato, magari mi considererà
sdolcinato e rifiuterà ciò che ho preparato per lui...
Un opprimente senso d'ansia
mi assale, rendendomi ancora più inquieto.
«Bene, è giunta
l'ora dello scambio dei regali!» esclama Serj. Si accosta al
grande albero di Natale che mi sono divertito a montare e addobbare
in salotto, dà un'occhiata alle lucine colorate e alle
decorazioni, poi si china per afferrare alcuni pacchetti.
Per noi della band è
ormai una tradizione trascorrere la vigilia di Natale insieme, solo
noi quattro; per le nostre famiglie e gli altri amici troviamo sempre
del tempo nei giorni successivi, ma la sera del 24 è nostra e
non riusciamo a immaginare dei festeggiamenti differenti.
Serj si avvicina a me e mi
ficca in mano una scatola sottile e rettangolare, poi consegna altri
due pacchetti a John e Daron.
Osservo il chitarrista e mi
sento ancora una volta in ansia, anche se probabilmente dovrei
calmarmi e respirare a fondo. Anzi, prima di tutto dovrei aprire il
regalo di Serj.
Mi decido a scartarlo e al
suo interno trovo un gioco per l'Xbox con un titolo a me ignoto.
«Ti piace?» mi
domanda il cantante con un sorriso sereno. «È nuovo sul
mercato, ma ho letto delle recensioni pubblicate in anteprima che ne
parlano molto bene. Provalo e fammi sapere.»
«Ci giochiamo
insieme?» gli propongo.
«Forse» mi
concede lui, mentre osserva John scartare un'edizione limitata e
introvabile di Diabolik. Daron invece si ritrova tra le mani un tomo
dall'aria sospetta.
«Che roba è?»
gli chiedo, avvicinandomi a lui per sbirciare la scritta riportata
sulla copertina.
«Non saprei»
commenta Daron perplesso, rigirandosi il volume tra le mani.
Glielo sfilo delicatamente
dalle dita e prendo a sfogliarlo con curiosità. «Pare
un... ricettario?» butto lì.
Serj annuisce sornione.
«Almeno il nostro chitarrista preferito potrà imparare a
preparare delle pietanze sane e nutrienti, anziché ingozzarsi
sempre con le solite schifezze» proferisce in tono speranzoso.
«Fantascienza»
commenta John con ovvietà.
Ridacchio e noto che il
batterista ha recuperato alcuni pacchetti da sotto l'albero.
«Esagerati, ma quanti
regali!» esclamo.
«Proprio tu non puoi
parlare, i tuoi sono i più grossi» mi schernisce Serj.
John ci consegna i suoi doni
e tutti e tre ci ritroviamo tra le mani lo stesso oggetto: una
cornice con una foto di noi quattro all'interno del suo Torpedo
Comics, in quel di Las Vegas.
«Che ricordi!»
dico, sentendomi invadere da una punta di nostalgia e commozione.
«Già»
borbotta Daron, indirizzandomi un'occhiata eloquente.
Entrambi sappiamo cosa
successe tra noi quel giorno, durante la nostra prima visita al
negozio di John, poco prima che venisse inaugurato. Entrambi sappiamo
come sono andate le cose in quella camera d'albergo, di cosa quelle
quattro mura sono state testimoni, e come poi le cose si siano
evolute tra noi.
Ne siamo consapevoli, ma non
ci va di ostentarlo. Sono solo fatti nostri, a nessuno deve
importare.
«Grazie, Johnny, è
bellissimo» dice Serj, ammirando il suo nuovo tesoro.
«Ma figurati. È
una sciocchezza» minimizza il batterista con un cenno del capo.
«Ora tocca a me!»
strilla Daron, tuffandosi letteralmente sotto l'albero per recuperare
i suoi pacchetti.
Porge a Serj una scatola in
cartone abbellita da un fiocco rosso, a John un sacchetto blu e a me
una sottile busta imbottita. Inarco le sopracciglia e aspetto che gli
altri aprano il loro regalo prima di scartare il mio.
Serj spalanca la bocca e
ammira stupefatto un microfono stupendo, dalla fattura impeccabile e
che ha tutta l'aria di essere di una qualità eccellente.
«Sei impazzito?!»
sbotta il cantante, accarezzando con cautela e delicatezza l'oggetto.
«Se non ti piace,
posso cambiarlo» fa Daron mentre si stringe nelle spalle.
Serj gli molla un pugno sul
braccio e si immerge nell'osservazione analitica di quel meraviglioso
cimelio.
John tossicchia e tiene di
fronte a sé ciò che mi sembra un quadro. Avvicinandomi,
noto che gli occhi del batterista si sono inumiditi e che sta
cercando di contenere le sue emozioni.
«Posso?» gli
chiedo, accennando all'oggetto che tiene in mano.
Il batterista annuisce e
lascia tra le mie mani una bellissima tela che ritrae un John
insolitamente sorridente che tiene tra le braccia sua figlia Emma.
Nella foto, il mio amico osserva la piccola con uno sguardo colmo
d'amore e di profonda commozione. Probabilmente non potrò mai
capire cosa si prova a essere padre, ma non credo che sarei bravo in
questo ruolo. Ho troppe insicurezze dentro di me, non ce la farei
mai. Lui, al contrario, sembra così a suo agio, rilassato,
sicuro di sé...
Quando sollevo lo sguardo,
mi ritrovo a fissare John che abbraccia Daron con fare fraterno,
estremamente colpito dal regalo del chitarrista. Avverto una leggera
punta di gelosia fare capolino tra mille sensazioni, ma la scaccio
perché so quanto sia immotivata.
«E tu? Non apri il tuo
regalo?» mi si rivolge Daron, indicando la busta che ancora
stringo con forza tra le mani.
«Certo... grazie»
farfuglio, concentrandomi su ciò che sto facendo per evitare
di strappare la carta.
Strabuzzo gli occhi quando
tra le mani mi trovo una busta gialla con su scritto il mio nome in
caratteri frettolosi e disordinati.
La apro e ne sfilo un
foglietto scritto a mano. Lascio scorrere i miei occhi sulle poche
parole tracciate con l'inconfondibile grafia di Daron.
Una piccola gita, una
cretinata. Solo un weekend. Solo tre giorni e due notti.
Solo io e te.
Mi affretto a dissimulare il
mio stupore ed evito accuratamente di far leggere il biglietto a John
e Serj; fortunatamente entrambi stanno ancora contemplando l'ultimo
dono che hanno ricevuto e non mi stanno prestando attenzione.
Guardo Daron negli occhi e
vi scorgo un luccichio che tradisce una certa nota di speranza mista
a un pizzico di eccitazione.
«Destinazione: Miami»
mormoro. «Cazzo» aggiungo. «Sei completamente fuori
di testa.»
«Puoi scommetterci»
conferma Daron, facendo l'occhiolino. «Prepara le valigie.»
«Lo farò, ma
prima...» Sfioro la schiena di Daron mentre mi dirigo verso
l'albero di Natale per recuperare gli ultimi tre pacchi rimasti. Con
un po' di agitazione, li consegno ai miei amici e spero che i miei
regali piacciano.
Il primo a scartare è
Daron. Per lui ho preparato uno scatolone pieno zeppo di volantini e
fogli di giornale appallottolati, in modo che lui debba frugarci in
mezzo per trovare i suoi regali.
Imprecando, il chitarrista
appoggia il pacco sul pavimento, vi si inginocchia di fronte e si
tuffa letteralmente al suo interno. L'occhio mi cade sui suoi capelli
arruffati e sull'espressione del viso corrucciata; adoro guardarlo
quando è in una delle sue fasi di concentrazione o
riflessione, i suoi lineamenti si affilano leggermente e gli occhi si
socchiudono come quelli di un gatto che sta puntando la sua preda.
«Sei un bastardo! Ma
guarda che mi tocca fare» borbotta Daron, lanciando
tutt'intorno le cartacce.
«Non hai un minimo di
pazienza, Malakian» lo punzecchio, mentre John e Serj se la
ridono.
«Forse ho trovato
qualcosa!» strilla il chitarrista, sventolando una busta rossa.
Ne estrae in fretta il contenuto e io sento l'ansia farsi nuovamente
largo nel mio petto.
Quando ho deciso che cosa
regalargli, ho sperato con tutto me stesso di non commettere qualche
cazzata. Il punto è che desidero davvero trascorrere due
settimane in giro per il Nord Europa insieme a lui, è un sogno
che mi solletica da un po'. Ho fatto i biglietti per Helsinki, prima
tappa del nostro viaggio, più di tre mesi fa e già il
cuore faceva le capriole nel mio petto alla sola idea di partire con
Daron. Adesso questa sensazione si sta amplificando e mi sento quasi
soffocare dall'agitazione.
Il chitarrista rimane di
sasso con il biglietto tra le mani; sul suo viso si è dipinta
una deliziosa espressione incredula.
Mentre tengo gli occhi fissi
su di lui, mi ritrovo a pensare che sia inquietante il fatto che
entrambi abbiamo pensato a un regalo molto simile da donare l'uno
all'altro. Inquietante, certo, ma bellissimo.
«Shavo, è uno
scherzo» mormora, rimettendosi in piedi. Il mio metro e
ottantacinque pare d'improvviso insignificante di fronte ai suoi
quindici centimetri in meno, dal momento che mi sento piccolo e
dannatamente stupido in questo momento. Devo dissimulare queste
sensazioni per evitare di destare sospetti in John e Serj, così
tento di mantenere la calma.
«No, affatto. E
comunque c'è un altro regalo nella scatola» lo avverto,
provando comunque una certa gioia nell'averlo quantomeno sorpreso con
il mio gesto. Ancora non mi è chiaro se abbia gradito la cosa.
Serj, curioso, si china su
Daron per sbirciare. «Come sarebbe a dire?! John, questi due
bastardi se ne vanno in Europa senza di noi!» commenta,
fingendosi offeso.
«Che stronzi»
osserva John, scuotendo appena il capo.
«Voi siete ormai padri
di famiglia, non potete concedervi di questi lussi! Accontentatevi
del fatto che in estate torneremo in Europa tutti insieme»
ribatto, mantenendo un tono scherzoso, anche se dentro mi sento
morire per l'inconsapevolezza di ciò che Daron sta pensando
del mio regalo.
Il chitarrista, intanto, ha
estratto anche l'altro pacchetto dallo scatolone. Lo apre e ne estrae
una felpa nera con una stampa sul davanti. Quando l'ho vista, per
caso in un negozietto zeppo di cretinate, ho pensato subito a Daron e
ho deciso di regalargliela.
«Ehi, ti assomiglia!»
gli fa notare John, indicando l'angioletto con le corna che ha
lineamenti e fattezze molto simili a quelle di Daron. La stampa,
infatti, raffigura una sorta di mostriciattolo in stile manga che
dovrebbe essere un incrocio tra un angelo e un diavolo; ha il viso
pallido e sorridente, ma che trasmette malignità e malizia.
Gli occhi grandi e scuri trasudano cattiveria e i capelli biondi e
arruffati fanno a pugni con le corna situate sulla sua testa.
«Per questo l'ho
comprata» spiego, per poi sghignazzare. Questo mi aiuta a
rilassarmi e sciogliere un po' la tensione che mi attanaglia fin nel
profondo delle viscere.
«Spiritosi! Andate al
diavolo!» farfuglia il chitarrista, mettendo il broncio. In
questo modo è ancora più simile all'angioletto della
felpa.
Per evitare di formulare
pensieri peccaminosi su di lui, distolgo immediatamente lo sguardo e
lo poso su John e Serj.
«Ora sono curioso»
dice il cantante, scartando velocemente il suo regalo. «Oh
cazzo...»
«Che roba!»
esclama Daron, mentre John ammira la bellissima collana di libri
rilegati in pelle che Serj stringe tra le braccia.
Il batterista annuisce e mi
rivolge un breve sorriso. Era l'unico a sapere del mio regalo per
Serj, visto che mi ha aiutato a procurarmi quella collezione di libri
di Pablo Neruda tramite uno dei suoi fornitori.
«Direttamente da
Torpedo Comics del signor John Dolmayan!» affermo,
avvicinandomi al mio amico. «Ti piacciono? C'è anche Il
Sognatore, il libro che racconta la storia di Neruda e di come è
diventato un poeta» gli spiego con un sorriso.
Serj sposta alternativamente
lo sguardo da me ai libri, poi li posa delicatamente sul tappeto
accanto all'albero e mi intrappola in un abbraccio fraterno.
«Mi sa che gli è
piaciuto» ironizza Daron, picchiettando sulla spalla di Serj.
«Grazie»
sussurra il cantante, colmo di commozione. «Non dovevi.»
«Fratello, per te
questo e altro» replico con il cuore colmo di gioia. Adoro fare
i regali alle persone a cui tengo e adoro vederle felici.
«John, manchi solo tu»
fa notare Daron, probabilmente curioso di scoprire cosa ho deciso di
donare al batterista.
Quest'ultimo annuisce e
scarta il suo ultimo pacchetto. Daron emette un fischio
d'approvazione nello scorgere ciò che John stenta a credere di
star tenendo tra le mani.
«The Who?»
domanda intontito. «Ma come... dove... Shavo, sei un pezzo di
merda!»
«Bel modo di
ringraziare qualcuno per un regalo» commento, mentre ridacchio.
«Vieni qui» mi
ordina John, avvolgendomi le spalle con un braccio. Nonostante io sia
leggermente più alto di lui, il mio amico non trova alcuna
difficoltà a trascinarmi accanto a sé e stritolarmi in
un abbraccio che vale più di mille parole.
«Caspita, sono tutti i
vinili dei The Who» interviene Serj, esaminando con le folte
sopracciglia aggrottate il nuovo tesoro di John.
«Spero di aver
azzeccato» borbotto, sentendomi leggermente in imbarazzo. Mi
porto istintivamente una mano al mento e giochicchio con il mio amato
pizzetto intrecciato. Generalmente questo gesto mi aiuta a sciogliere
un po' la tensione, ma in questo caso mi sta risultando parecchio
difficile dare un senso alle mie emozioni.
«E smettila di fare il
deficiente, dammi un abbraccio» mi incita Daron, avvicinandosi
in un lampo a me.
Senza lasciarmi il tempo di
riflettere, mi trascina contro di sé e mi tiene stretto, per
niente preoccupato della presenza dei nostri amici. Probabilmente
dall'esterno questo suo gesto può sembrare fraterno e
sicuramente John e Serj non penserebbero mai a qualcosa di diverso;
eppure, io mi sento ribollire per il desiderio che provo nei
confronti del chitarrista e allo stesso tempo provo tranquillità
e conforto nel ricevere il suo abbraccio. Posa per un attimo la
fronte sulla mia spalla, lo sento sospirare appena e il suo fiato mi
solletica il collo.
Tutto dura fin troppo poco,
siamo costretti a separarci e io devo resistere alla tentazione di
trattenerlo al mio fianco e mantenere un contatto fisico con lui.
«Ragazzi, ehi! Buon
Natale!» esclama allegro Daron, dando il via allo scambio di
auguri come da rituale.
Trascorriamo il resto della
serata a bere, ridere, mangiare e chiacchierare. Stare con i ragazzi
mi fa sentire in famiglia, è una sensazione bellissima; riesco
a provarne una simile soltanto quando sto con mio fratello Dave, ma
per il resto so che l'affetto più genuino deriva dai miei
colleghi di band, nonché amici e fratelli acquisiti.
Non potrei mai rinunciare a
una vigilia di Natale come questa, proverei una sensazione di vuoto
incolmabile.
John e Serj decidono di
andare via verso le due e mezza di notte. Entrambi domani hanno un
pranzo con un sacco di parenti ad attenderli. Fortunatamente saranno
insieme, visto che le loro mogli sono sorelle e in genere riescono a
radunare tutti i loro familiari in un unico, grande e chiassoso
evento.
«Per carità,
l'atmosfera sarà magica, ma io ho già il mal di testa
al pensiero di cosa mi aspetta domani» ammette il cantante,
mentre si infila la giacca.
Il batterista ridacchia.
«Cognato, sopravvivremo come sempre, non preoccuparti.
Malakian, vuoi un passaggio?»
«No, grazie. Sono
venuto in macchina e non sono ubriaco, torno a casa per conto mio.»
Sospiro. «Prima mi
aiuti a ripulire il casino che hai combinato con quella carta
appallottolata» lo ammonisco. In realtà sto cercando di
fargli capire che ho bisogno di rimanere solo con lui. Devo capire
cosa pensa dei miei regali, o almeno di quello più importante.
Il chitarrista sbuffa. «E
va bene, ma che palle!»
«Non lamentarti e
aiuta Shavo, non fare il furbo» lo rimbecca bonariamente Serj.
I nostri amici ci salutano
con calore e, ridacchiando tra loro, si avviano fuori da casa mia.
Daron chiude piano la porta
e si volta a guardarmi. «Che hai combinato?»
«E tu? Che hai
combinato?» ribatto.
«Io ho prenotato uno
stupido weekend... non posso competere con il tuo regalo»
bofonchia Daron, gesticolando energicamente.
È mortalmente sciocco
quando si avvilisce per motivi così stupidi, ma fottutamente
adorabile.
Scoppio a ridere e Daron mi
guarda malissimo.
«Non te la prendere.»
Mi accosto a lui e afferro la sua mano. La sento un po' ruvida e
callosa contro la mia, ma immagino che anche per lui sia lo stesso.
Gli strumenti a corda, tutta colpa loro. «Andiamo a raccogliere
il casino che abbiamo fatto in salotto» gli propongo,
conducendolo poi nei pressi dell'albero di Natale.
Ci mettiamo seduti sul
tappeto e cominciamo a raccattare in silenzio tutta la spazzatura che
si è accumulata tutt'intorno a causa dello scarto dei
pacchetti.
«Non mi hai detto se
ti piacciono i miei regali» rompo il silenzio, silenzio senza
traccia di imbarazzo ma colmo di una tranquillità che
raramente si riesce a instaurare tra noi.
«Non devi neanche
chiedermelo» mi rimprovera Daron.
Mi stringo nelle spalle,
giocherellando con una pallina di carta ancora intatta. «Sai
come sono fatto.»
«Sì, so che sei
una creatura insicura, che non sai se hai fatto la scelta giusta per
i regali...» recita il chitarrista con fare annoiato, poi si
blocca e cerca il mio sguardo. «C'è una sola cosa di cui
sei sicuro nella tua vita? Ti poni sempre troppi dubbi»
aggiunge, inarcando leggermente le sopracciglia.
Sì,
vorrei gridargli. Una cosa è certa, e sono i miei
sentimenti per te.
Invece, taccio e abbasso lo
sguardo sulle mie dita. Non so perché non do voce ai miei
pensieri e desideri, ma con Daron ho sempre paura di dire o fare
qualcosa che possa irritarlo o far sì che si allontani da me.
Ci conosciamo da sempre, ma ancora devo abituarmi al modo in cui le
cose sono cambiate tra noi nell'ultimo periodo. Non è facile
digerire tutte queste novità, non alla veneranda età di
quarantatré anni, non per un paranoico come il sottoscritto.
Quando lui in passato se la
prendeva con me o quando litigavamo furiosamente, io facevo di tutto
per evitare di essere il primo a chiedere scusa. Ero orgoglioso e non
mi importava di trascorrere giorni interi senza parlare con lui o
senza vederlo. Sapevo che tanto le cose si sarebbero sistemate e non
davo troppo peso ai nostri dissapori.
Adesso, invece, è
diverso: se Daron dovesse ignorarmi o incazzarsi con me, io ci starei
malissimo. Non potrei sopportare di stargli lontano troppo a lungo e
di vivere con la consapevolezza che le cose non vanno nel verso
giusto.
Non so perché
dovrebbe arrabbiarsi con me per avergli regalato un viaggio, ma con
lui non si sa mai.
Mi sento sfiorare il dorso
della mano destra e mi riscuoto improvvisamente dal flusso impetuoso
dei miei pensieri.
«Sei stato davvero
dolce a pensare a me, a prendermi quei regali... non so come
ringraziarti» mormora il chitarrista, avvicinandosi ancora a
me.
Stringo le sue mani tra le
mie e sollevo nuovamente lo sguardo, concentrandomi sul suo viso e su
quei lineamenti affascinanti che conosco a memoria e che non mi
stanco mai di ammirare e di sfiorare.
«Partirai con me?»
gli chiedo con cautela.
Daron ridacchia e mi spinge
all'indietro sul tappeto. Affondo con la schiena sulla superficie
morbida e soffice, ma nel frattempo afferro saldamente i polsi del
chitarrista e me lo trascino addosso. Lui si ritrova a cavalcioni su
di me e mi fissa con uno sguardo carico di aspettative e del mio
stesso desiderio.
«No» risponde,
poi si china su di me. I suoi occhi scuri sono a pochi centimetri dai
miei, il mio cuore batte a mille, con furia, non so come
controllarlo. «Prima tu partirai con me nel prossimo weekend.»
Sorrido appena e sollevo una
mano. Sfioro appena le sue labbra con la punta del pollice e
annuisco.
«Allora partirò
con te» afferma infine, per poi concedermi il bacio che tanto
stavo aspettando e desiderando.
La sua bocca è calda
e sa di alcol e noccioline, un mix che mi fa immediatamente
desiderare di averne ancora e ancora. Lo stringo con forza e ricambio
il suo gesto, poggiando una mano dietro la sua nuca per accostare
maggiormente il suo viso al mio.
Vorremmo fare l'amore,
questo è palese, ma è molto tardi, non abbiamo neanche
la forza necessaria per spogliarci. Stiamo abbracciati sul tappeto,
in mezzo alle cartacce appallottolate.
Quando ci stacchiamo per
riprendere fiato, Daron posa la testa sulla mia spalla e respira
piano. Mi circonda la vita con un braccio e io gli accarezzo
dolcemente la schiena.
«Adesso sono stanco»
bofonchia. «Però domani ti ringrazierò come si
deve per il folle regalo che mi hai fatto» aggiunge,
lasciandomi un rapido bacio alla base del collo.
Subito rabbrividisco e
sorrido, pregustando il momento in cui finalmente potrò farlo
mio e godere delle sensazioni che solo la sua pelle contro la mia sa
trasmettermi.
«Affare fatto»
concordo, lasciandomi sfuggire uno sbadiglio.
«Andiamo a letto, qui
fa freddo» mormora il chitarrista, sollevandosi a fatica e
mettendosi a sedere.
Lo imito e, dopo esserci
alzati, raggiungiamo a tentoni la mia camera. Ad attenderci c'è
il mio letto matrimoniale con calde lenzuola in flanella e un bel
piumone blu notte.
Prima di stendermi accanto a
Daron, faccio tappa in bagno e di sfuggita mi guardo allo specchio.
Mi blocco e fisso il riflesso del mio volto segnato dalla stanchezza,
ma disteso e sereno per la felicità che provo nel sapere che
Daron dormirà stretto a me e con il cuore accanto al mio.
Mi do mentalmente dello
sdolcinato ed esco velocemente dalla stanza, per poi raggiungere
finalmente il letto.
Il chitarrista ha gettato
alcuni dei suoi vestiti su una sedia e si è già
accomodato sotto le coperte. Sfilo anche io la felpa e i pantaloni,
scalcio via le scarpe e lo raggiungo.
Subito Daron mi si fa vicino
e intreccia le sue gambe alle mie, allungandosi per mordicchiare il
lobo del mio orecchio sinistro.
«Se fai così,
non riuscirò ad aspettare a domani» lo ammonisco,
stringendolo con forza a me per sentire maggiormente il suo calore e
la sua erezione premere prepotentemente contro il mio bacino.
«Non farlo»
farfuglia, gli occhi socchiusi e il viso stravolto dal sonno.
Sorrido: lo trovo
dannatamente buffo e attraente in questo momento, ma so che è
stanco e anche io lo sono. Ho bisogno di dormire, sono ormai rare le
volte in cui riesco a prendermi del tempo per me, per un po' di relax
e riposo.
Gli lascio un piccolo bacio
sulla fronte e scuoto appena il capo. «È difficile
resisterti, ma non mi approfitterei mai di te. Non riesci a tenere
gli occhi aperti.»
«Uhm... ma io ti
voglio...» biascica.
«Anche io, ma possiamo
aspettare a domani. Non morirai, tranquillo» lo schernisco,
arruffandogli maggiormente i capelli già tremendamente
disordinati.
Daron sbadiglia e si
rannicchia contro di me. «Okay...»
Stiamo in silenzio per un
po' e, proprio mentre sono certa che Daron si sia addormentato, lui
parla nuovamente.
«Shavo?» mi
chiama.
«Sì?»
sussurro.
«Non abbiamo raccolto
la spazzatura in salotto.»
Scoppio a ridere e stringo
quell'adorabile ragazzo ancora più forte. «Adesso dormi
e non pensarci» lo tranquillizzo.
«Allora domani abbiamo
già due cose importanti da fare» mi stuzzica, lasciando
scivolare la sua mano sul mio inguine, per poi adagiarla sul mio
ventre.
Trattengo il fiato e mi
accorgo che il respiro di Daron si è fatto più pensante
e regolare.
Si è addormentato e
io vorrei soltanto svegliarlo e baciarlo, strappare via ciò
che resta dei suoi vestiti e fare l'amore con lui.
Rimango sospeso, immobile,
nel limbo che definisco dormiveglia, nel quale mille pensieri si
accavallano e si spezzano continuamente.
«Buon Natale, Daron»
mormoro, poi tutto si dissolve in cumuli infiniti di sogni.
♥ ♥ ♥
Ciao
a tutti, come va? ^^
Be'...
per me è molto difficile scrivere queste note a fine storia;
fino a qualche giorno fa non avrei mai e poi mai immaginato di
scrivere una slash su Shavo e Daron, e chi mi conosce lo sa bene.
Sono
stata sempre la prima a dire di non riuscire a immaginare delle
coppie all'interno dei componenti dei System, e quando ho scritto la
OS su Daron e Orbel Babayan, tutto era stato fatto per puro
divertimento e con l'ispirazione giusta per una nonsense che non
contemplasse, appunto, nulla di serio...
E
voi direte: Kim, allora ti sei bevuta il cervello per caso? Che è
'sta roba?!
Tutto
è partito grazie ai miei soliti vaneggi in compagnia di mia
sorella Soul: mentre chiacchieravamo ed eravamo in fase di
fangirlaggio deficiente (straaano, chi di voi non se l'aspettava? :D)
ed è venuto fuori il discorso dei nomi che spesso si danno
alle coppie per identificarle in quanto tali su EFP.
Quindi,
se unite il nome di Shavo a quello di Daron, vien fuori... Sharon! E
questo mi è bastato, vi giuro, per figurarmi tutta la storia
che avete appena letto, per renderla reale e chiara nella mia mente.
So
che probabilmente non ve l'aspettavate, ma questo è uscito
proprio dal mio cuore, e non ho potuto placarlo. Abbiate pietà
^^
Ma
ditemi... che ne pensate dei regali di Natale che si sono fatti i
ragazzi? Vi piacciono? Secondo voi sono adatti a loro?
Ho
provato a immaginare un po' cosa si potessero donare a vicenda,
tenendo conto anche di quali sono i loro gusti in base al poco che
posso saperne!
Come
molti di voi sapranno, tutti i componenti della band sono impegnati
con delle donne, Shavo e Daron compresi; il chitarrista è
l'unico a non essere sposato, ma a quanto ne so sta con una ragazza
da un po'...
Shavo
ha due figli, i marmocchi Shavo Dylan e Hayk Victor, quindi direi che
sa benissimo cosa si prova a essere padre, ahahahah XD ho dovuto,
ovviamente, adattare la sua vita a ciò che mi serviva per
questa storia! Così come ho inventato tutti i viaggi citati
nel testo, anche quello dei System in Europa la prossima estate...
diciamo che, siccome ci spero, mi piaceva immaginarmela così,
ecco XD
Come
avrete capito, la storia è ambientata proprio durante questo
Natale, motivo per cui ho deciso di pubblicarla proprio in questi
giorni! Ne approfitto, quindi, per fare a tutti voi lettori i
migliori auguri e spero che le vostre feste trascorrano serene e
colme di panettone e frutta secca :P
Alla
prossima e grazie a chiunque abbia trovato il coraggio di leggere
questo esperimento, ma soprattutto a chiunque non proverà
l'istinto di eliminarmi dalla faccia della terra per aver
“dissacrato” i nostri System :'D
MERRY
FUCKING CHRISTMAS ♥
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