SURVIVAL
-avventure
su un isola
deserta-
La tempesta invadeva il ponte della
Going Merry con la sua
acqua biancastra. Il motore della barca era acceso nel disperato
tentativo di
manovrare in mezzo a quell’inferno di schiuma. Per un attimo
la testa d’ariete
dell’imbarcazione puntò in alto, verso le nere
nuvole gonfie di pioggia, ma poi
si rigettò nell’acqua impietosa
dell’oceano. Poi all’improvviso… la vela
principale si era sciolta! Il teschio con il cappello di paglia sorrise
sprezzante alle onde che minacciavano di distruggerlo. Il vento la
gonfiò di
colpo. La nave cominciò a girare vorticosamente su se
stessa, come un guscio di
noce in balia della corrente. La nave si piegò paurosamente
su una fiancata,
gli alberi sfiorarono l’acqua. L’onda successiva si
abbatté sulla Going Merry
con un incredibile accanimento, quasi fosse dotata di vita propria.
L’acqua
salata spazzò il ponte dell’imbarcazione.
Probabilmente qualcuno gridò quando
il corpo cadde in mare, ma la furia della tempesta coprì il
grido.
§§§
Domenica 9 Luglio,
Ore 21:40
Sora entrò
nell’angusto spazio della porta massaggiandosi i
capelli castani che partivano in ogni direzione. Sapeva che doveva
restare su
quella tinozza per il resto del mese, ma non sapeva che sarebbe stata
una
continua lezione di vocabolario. “Non si dice pareti”
ripassò
mentalmente il ragazzo “ma paratie. Non
si dice apertura per uscire ma
tambuccio” Non letti ma cuccette.
La cucina è la cambusa e
le stanze da letto si chiamano cabine. Non sarebbe
mai riuscito a
ricordare tutti quei nomi! Ma in fondo che gli importava, era comunque
costretto a un mese di navigazione sulla Going Merry. A un tratto
qualcuno
bussò alla… si chiamava ancora porta quella?
«Ragazzo? Che stai facendo li
dentro? Riscrivi la divina commedia? Muoviti!»
L’odiosa voce sibilante di
Darkos, il comandante in seconda della Going Merry lo raggiunse. Sora
si
slacciò veloce la cintura dei pantaloncini corti ma
batté violentemente il
gomito contro il lavabo. «Ahia!» gridò.
«Tutto a posto ragazzo?» esclamò
Darkos. Sora bofonchiò un si poco convinto, quello non era
un bagno, sembrava
piuttosto una cabina telefonica. Persino i bagni pubblici erano
più spaziosi.
Sora riuscì a completare l’operazione ma si
bloccò interdetto davanti al grosso
cartello appeso sopra il water. C’erano le istruzioni per
usare lo sciacquone.
1. Aprire la valvola
2. Pompare tre volte
3. Chiudere la valvola
4. Pompare tre volte
5. Chinarsi
Chinarsi? E perché? Sora
non aveva ancora finito di
chiederselo che uscendo andò a sbattere violentemente contro
lo stipite della
porta. «Occhio alla capoccia!» gli urlò
Darkos nelle orecchie. Sora era sulla
Going Merry da circa due ore e già odiava
quell’uomo. Aveva l’abitudine di
urlare sempre, sembrava incapace di parlare normalmente. Come se non
bastasse
aveva una lingua mostruosamente lunga che finiva sempre tra i denti e
che
finiva per bagnare di saliva i suoi interlocutori. «Ti sei
ricordato di
chiudere la valvola?» Sora annuì distrattamente e
chiese «Perché va chiusa?»
«Il turbine dello scarico finisce in mare! Se non si
chiudesse la valvola
l’acqua continuerebbe a entrare! Sarebbe un disastro!
Coleremmo a picco!». Sora
sentì crescere la sua ansia. Da quando aveva saputo che
avrebbe dovuto
imbarcarsi sulla Going Merry i suoi incubi erano stati invasi da onde
anomale,
uragani, calamari giganti e sconti con petroliere. Il suo amico Riku
inoltre
gli aveva fatto vedere a oltranza tutti i film della serie
“Lo squalo”, uno
scherzo di pessimo gusto. Ci mancava solo che dovesse preoccuparsi
anche del
gabinetto! «Emmm, starò attento…
dov’è la mia cabina?» sospirò
rassegnato.
Darkos sogghignò maligno «Ci sei
dentro!». «Ma questo è
il…» le parole
“corridoio del bagno” gli morirono in gola quando
scorse nella penombra due
letti a castello e due minuscoli armadietti. «Questo
è il tuo quarto di
alloggio!» gli urlò Darkos nelle orecchie
indicando uno dei letti. «Cooosa???»
esclamò Sora indignato. «Ti ricordo che non sei su
una crociera di lusso!
Benvenuto sulla Going Merry ragazzo! Luci spente alle 22:00».
Darkos se ne andò
fischiettando in coperta lasciando un sbalordito Sora a fissare il
minuscolo
letto. «Una cosa è certa -mormorò il
ragazzo a mezza voce- questa non è una
crociera di lusso».
Mente
Sora continuava a guardarsi intorno smarrito una testa rosso fuoco
spuntò alle sue spalle. «Scusa, che ore
sono?». Sora guardò il display del suo
orologio da polso. «Le dieci meno un quarto, anzi le 21 e
45». «I miei bioritmi
sono tutti sballati, ho fatto undici ore di aereo per arrivare
qui» si lamentò
il rosso. «Racconta» disse Sora rinunciando a far
stare tutti i suoi vestiti
nel minuscolo cassetto assegnatoli. «Perché hai
scelto di imbarcarti sulla
Going Merry?». «Perché saremo solo noi e
l’oceano, niente porti, niente soste,
solo migliaia e migliaia di metri cubi di acqua, il depliant diceva che
potremmo anche non incontrare nemmeno un imbarcazione o un aereo per
tutto il
mese» ironizzò il ragazzo. Detto così
sembrava proprio una condanna. «A me non
hanno mostrato nessun depliant».
«Davvero?» il rosso sembrava sorpreso «E
come
sei finito qui?». Davanti all’occhio interiore di
Sora passarono di nuovo
quelle maledette immagini. Il giudice che pronunciava la parola
“colpevole”. Le
lacrime di sua madre. Il giudice che, nel suo ufficio, discuteva con i
suoi
genitori «Mandare un ragazzino di soli tredici anni in
riformatorio non mi pare
una scelta saggia, tanto più che è il suo primo
reato. Ci sarebbe un’altra
possibilità. Si tratta di un programma di rieducazione
chiamato “GB”, Giro di
Boa…». Sora lanciò al suo neo-compagno
di cabina un sorrisetto enigmatico.
«Sono un carcerato, mi chiamo Sora».«Che
figata! Io invece sono Ron » disse il
ragazzo sbarrando gli occhi eccitato «Ronald
Wesley» precisò. «I miei genitori
mi hanno spedito qui perché ho litigato con mia
sorella». Sora alzò un sopracciglio
divertito «e solo perché avete litigato i vostri
genitori hanno pensato di
mettere un oceano di distanza tra di voi?».
«Magari! Mia sorella è qui accanto,
nella cabina delle ragazze. Ti assicuro che è odiosa. Avrei
preferito di gran
lunga essere figlio unico!». Sora fece un risolino
«io sono figlio unico, e ti
assicuro che è la cosa peggiore del mondo. Se non hai
fratelli o sorelle i
genitori ti stanno sempre addosso». All’improvviso
le luci si spensero e la
cabina fu invasa dalle tenebre. L’unica lama di luce filtrava
dal boccaporto.
«Bhè, mi sa che mi è venuta voglia di
dormire» ironizzò Sora arrampicandosi su
un letto alto, Ron si sdraiò sotto di lui. «Che
reato hai commesso?» chiese Ron
a bruciapelo. Sora rise amareggiato «Tranquillo, non ho
ucciso nessuno». Il
rosso insistette «Dai! Io ti ho detto perché sono
qui! Cosa hai fatto? Furto
con scasso? Vandalismo? Rissa?…» «Di
sicuro quello sarebbe stato il mio secondo
capo d’accusa» lo interruppe Sora irritato
«Se solo fossi riuscito a trovare il
furbastro che mi ha messo una pistola nell’armadietto di
scuola».
|