Fiabe

di ChiaFreebatch
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Alle mie pazze preferite… Doveva essere un regalo di Natale ma il delirio di questi giorni non mi ha permesso di finirla per  tempo.

Betta , Dany , Ely , Marica , Prisca , Vale.  Vi voglio bene.

 

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                    “ Fiabe”

 

Il mese di dicembre era quasi giunto al termine.

Il 2017 stava lasciando spazio all’imminente 2018 a suon di gelo e fiocchi di neve.

John Watson rabbrividì uscendo dalla stazione della metropolitana di Baker Street.

Le mani ben calcate nelle tasche del piumino scuro.

Il vento freddo soffiò con forza , tanta da far si che il dottore dovette serrare gli occhi per pochi istanti.

Arricciò il naso e proseguì a passo incerto destreggiandosi sui marciapiedi ghiacciati ed evitando i cumuli di neve sul limitare della strada.

Annaspò un poco aggrappandosi con un gesto scomposto allo specchietto di un auto parcheggiata.

Un’imprecazione serrata tra le labbra sottili , minacciava di palesarsi cattiva nonostante fosse la settimana di Natale e John si fosse ripromesso di trattenere male parole ed attacchi d’ira.

Tastò lo specchietto attraverso i guanti in pelle nera sincerandosi di non aver causato danni e con un cenno d’assenso più a se stesso che ad altro si allontanò lentamente dalla berlina metallizzata.

Sollevò i grandi occhi blu osservando per l’ennesima volta le luci di Natale appese lungo tutta la via.

Sorrise scuotendo il capo.

Cosa fosse passato per la mente dell’amministrazione quell’anno proprio non riusciva a capirlo.

Ombrelli luminosi alternati a pacchi dono.

Tre per la precisione.

Grossi, molto grossi.

E tocco finale,  l’ennesimo pacco gigante , appeso sotto quella fila già tremendamente vistosa, il tutto esteso a perdita d’occhio lungo Baker Street.

John sbuffo.

Si considerava un amante delle decorazioni natalizie ; non ne faceva mistero tutt’altro , ed era anche un uomo con un gusto piuttosto kitsch a riguardo ( i suoi maglioni a tema ne erano la conferma ) ma quelle luminarie ?

Buon Dio erano le peggiori che avesse mai visto in quarant’anni di vita!

Attraversò la strada e  con un sospiro scorse poco lontano il 221b.

La luce del salottino era accesa e la figura di Sherlock intento a suonare il violino gli riscaldò il cuore.

Proprio davanti alla loro finestra iniziava una fila di quelle improbabili luminarie. L’idea bislacca era stata oggetto di continue lamentele del detective al quale quegli ombrelli azzurrini ricordavano ogni santo giorno il caro ( si fa per dire ) fratello Mycroft.

John schivò l’ennesimo cumulo di neve e finalmente raggiunse il portoncino di casa.

Una bella ghirlanda con tanto di fiocco rosso svettava fiera sopra il battente.

Watson ne era l’artefice.

Sollevò il naso all’insù.

Un ramo di vischio pendeva mosso dal vento gelido.

Il dottore sorrise divertito , quella nuova trovata era sicuramente opera della signora Hudson.

Per un attimo si chiese se fosse l’ennesimo tentativo della loro padrona di casa di spingere lui ed Holmes ad una relazione di coppia.

Inarcò le sopracciglia sbuffando sonoramente e varcò la soglia.

Un tepore familiare lo accolse unito ad un fantastico profumo di biscotti allo zenzero.

Casa.

Inspirò ed espirò con la gioia nel cuore.

Risalì rapido i diciassette scalini ansioso di stendere le proprie gambe stanche e sprofondare nella sua tanto amata poltrona o magari sul divano, accanto a Sherlock.

Una tazza di tè accompagnata da quei fantastici frollini ed Holmes a deliziarlo con le note del violino.

Si passò la lingua sulle labbra in un gesto meccanico dai molteplici significati.

Chiuse gli occhi pochi istanti prima di abbassare la maniglia.

Le note di una dolce melodia natalizia lo colpirono dritto al cuore.

L’immagine del detective vivida nella mente.

Fece capolino con tutta la delicatezza possibile e la scena che si presentò al suo cospetto fu esattamente come se l’era immaginata nei minimi dettagli.

Sorrise all’amico senza proferir verbo.

Sherlock ricambiò in egual modo.

L’archetto vibrò con decisione.

La melodia cessò.

“Buonasera John” Posò lo strumento nella custodia “ Sei in ritardo” Osservò atono.

“Camminare per Londra in questi giorni è impossibile! Neve e ghiaccio ovunque , gente che scivola, ragazzini che si spingono in maniera idiota trovando le cadute reciproche tremendamente divertenti!” Sbuffò appendendo il piumino.

“Attribuisci a questo la causa del tuo ritardo?” Inarcò un sopracciglio prendendo posto con un gesto fluido sulla propria poltrona.

“Sì, direi di sì” Fece spallucce dileguandosi in cucina.

Holmes allungò le proprie gambe.

I talloni sfiorarono il tappeto soffice.

Mosse ritmicamente i piedi battendo gli alluci.

Gli occhi limpidi persi in un punto indefinito tra le caviglie.

John gettò uno sguardo in sua direzione. Il vassoio con le tazze da tè tra le mani.

“ Quando ti deciderai a mettere delle calze Sherlock?” Sospirò passandogli una tazza.

“Umm?” Sollevò il viso afferrando saldamente la fine porcellana.

Il ciuffo corvino ondeggiò sulla pelle lattea ed il dottore si perse ad osservarlo.

“John?” Lo richiamò con un sorriso divertito dipinto sul volto.

L’uomo tossicchiò scuotendo un poco il capo e prese posto sul divano accendendo la televisione.

Un biscotto allo zenzero serrato trai denti.

Sherlock si alzò raggiungendolo con eleganza.

“Mettiti le calze, siamo a metà dicembre” Borbottò di nuovo rimarcando il concetto.

Il detective scrollò le spalle sedendosi accanto a lui.

Piegò le ginocchia sfiorando con le piante dei piedi la coscia di John.

Il biondino deglutì il frollino trovandolo estremamente asciutto.

Tossì bevendo un generoso sorso di tè.

“Le calze sono noiose John…” Arricciò le dita , lo sguardo fisso sulla tv muta.

Watson inspirò profondamente “ Questa è una delle cose più assurde che tu abbia mai detto” Decretò alzando il volume.

L’altro non rispose , batté le palpebre , le ciglia corvine sfarfallarono.

Le labbra piene soffiarono lentamente sulla bevanda troppo calda.

Sfiorò la porcellana sottile e prese un piccolo sorso.

Il silenzio avvolse i due uomini.

Il dottore abbassò gli occhi con discrezione.

Le iridi blu scivolarono sui piedi posati contro la sua coscia.

Lunghi , magri e terribilmente pallidi.

Le dita si arricciarono di nuovo.

La caviglia sottile passò sotto esame a sua volta.

L’analisi cessò alla vista del bordo di seta blu dei pantaloni.

L’orlo leggermente ripiegato.

Inspirò grattandosi nervosamente il sopracciglio sinistro.

Sherlock sorrise di nuovo.

Spinse un poco i talloni.

Gli occhi fissi sulle immagini in tv.

“Cosa sarebbe esattamente?”

La voce profonda di Holmes fece sussultare l’amico .

“Ti riferisci al film?” Posò la tazza .

“Ovviamente John, a cos’altro potrei fare riferimento?” Sbuffò sporgendosi ad afferrare l’ennesimo biscotto.

L’altro trattenne una replica acida ( E’ la settimana di Natale John , rammenta i tuoi buoni propositi ) e rispose pacatamente.

“ La Bella e la Bestia…E’ una fiaba.” Non aggiunse altro attendendo l’ennesima domanda del detective conscio del fatto che Sherlock ignorasse la trama di qualsiasi fiaba.

 “Potresti essere leggermente più esaustivo? Sai perfettamente che ignoro queste… Cose troppo umane e totalmente inutili!”

“Le fiabe non sono inutili! “ Rispose piccato “ Hanno fatto crescere milioni di bambini e sono ricche di insegnamenti!!” Si indispettì.

“Le favole ricche di insegnamenti?” Sorrise ironico.

“Esattamente!” Corrugò le sopracciglia incrociando le braccia al petto.

“A volte sei terribilmente infantile.” Posò la tazza e si accoccolò meglio con la schiena contro il cuscino.

John scattò in piedi con i denti serrati.

Sherlock lo fissò infastidito, i suoi piedi si erano acclimatati al tepore delle cosce dell’amico e con risentimento malcelato si portò le ginocchia al petto.

“Io non sono infantile” Lo fissò con le mani sui fianchi.

“ Credere alle favole non è sinonimo di immaturità?” Gesticolò il detective.

“Non ho detto che credo nelle favole ma piuttosto che esse abbiano una morale, che lascino degli insegnamenti ai bambini… Ed anche agli adulti se permetti!” Lo additò con l’indice.

Sherlock sbuffò in maniera buffa , una piccola pernacchia che fece scuotere ulteriormente il capo del biondino.

“Vuoi un esempio?” Seguitò .

“Se insisti” Fece spallucce.

Il crepitio delle fiamme accompagnò il volume basso della tv.

La Bestia sullo schermo cantava , il cuore a pezzi dopo aver lasciato che Belle tornasse dal padre abbandonandolo per sempre.

 Il dottore si morse nervosamente il labbro cercando con accuratezza le parole da utilizzare.

“Quel dannato film ci fa capire che non dobbiamo soffermarci sull’aspetto esteriore degli esseri umani. Non è l’aspetto fisico delle persone a determinare la bellezza della loro anima . L’apparenza inganna Sherlock e non mi riferisco unicamente all’aspetto estetico. La gente spesso tende a dipingerci in un certo modo senza sapere effettivamente come noi realmente siamo…Tu per primo dovresti saperlo. “

Parlò velocemente senza prendere fiato.

Gli occhi blu fissi in quelli acquamarina e le guance leggermente arrossate.

 Holmes lo studiò con la bocca leggermente aperta senza replicare.

“B…Bene. “ Gesticolò .

Un movimento secco della mano come a voler chiudere l’argomento.

“Io sono molto stanco, dodici ore di pronto soccorso mi hanno messo fuori uso….”Rimise le tazze sul vassoio. “ Vado a letto “

Sherlock si mise le mani sotto il mento.

Palmo contro palmo.

Entrambi gli indici mossi ritmicamente.

Lo scrocio dell’acqua ed il tintinnare di stoviglie gli giunse ovattato.

Chiuse gli occhi e prese a riflettere.

Aveva sempre considerato le favole futili e prive di senso, atte solo a stimolare il sonno di bambini poco intelligenti.

Lo spunto di riflessione che gli aveva dato John tuttavia lo stava stimolando in maniera insolita.

Lo trovò così Watson. Rinchiuso nel proprio Mind Palace.

Il dottore sospirò e spense la tv.

Non osò disturbarlo.

Non si era più azzardato da quella volta in cui gli aveva scaraventato addosso un tomo di chimica analitica alto dodici centimetri.

Silenzioso raggiunse la propria stanza e si preparò per la notte.

………………………………………….

Il sabato mattina seguente il cielo sopra Londra era insolitamente terso, la neve aveva deciso di dare tregua agli abitanti ed un pallido sole riscaldava la città.

John Watson scese dalla metropolitana a Notting Hill Gate.

Inspirò a pieni polmoni con un sorriso sereno sul volto.

Aveva assoluta necessità di trascorrere qualche ora con se stesso circolando per Portobello Road alla ricerca di libri e di qualche insolito oggetto da poter regalare ad Herriet per Natale.

Incresciosamente in ritardo a riguardo era piuttosto convinto che il mercatino fosse la sua ancora di salvezza.

Recuperò dalla propria tasca una caramella alla menta e scartandola si infilò in Pembridge Road.

Camminò per 200 metri circa.

Morse l’esterno zuccherino assaporando il ripieno balsamico e svoltando a sinistra si ritrovò in Portobello Road.

La moltitudine di gente lo fagocitò.

John non si innervosì.

Focalizzò la propria attenzione unicamente sulle decine di negozi e bancarelle concentrandosi su cosa mai potesse regalare alla sorella.

Sgomitò a sua volta tra la folla e raggiunse una bancarella di libri usati.

Era piccola e terribilmente disordinata.

Come del resto lo era ogni cosa a Portobello.

I suoi occhi blu si illuminarono. Adorava i libri in genere, ne macinava a decine e di svariato genere.

Quelli usati tuttavia lo attraevano maggiormente rispetto a quelli freschi di stampa.

Era solito dire che i libri vecchi portavano una storia con sé.

Le pagine un poco sgualcite, le copertine sfilacciate.

Spesso si ritrovava a fantasticare su chi avesse sfogliato quel libro in precedenza.

 Le riflessione che il misterioso proprietario avesse fatto , se fossero state simili alle proprie o totalmente differenti.

Erano  pensieri  un po’ troppo sentimentali  per il soldato Watson tuttavia non riusciva farne a meno.

Amava i libri vintage e la storia che portavano con sé.

Curiosò spostando svariati tomi.

Accarezzò con la punta dell’indice il dorso di un’enciclopedia erboristica.

Un romanzo rosa erotico di recente scrittura lo fece sbuffare sonoramente.

Cinquanta sfumature di grigio.

Dio, talvolta  le donne leggevano delle sciocchezze inaudite!

Lo scansò con stizza.

I suoi occhi si spalancarono.

Un sorriso illuminò il suo volto.

Sotto quel romanzetto da quattro soldi spiccava un libricino di fiabe.

I vestiti nuovi dell’imperatore.

Una delle opere più belle di Hans Christian Andersen.

Watson lo prese tra le mani con estrema delicatezza.

La copertina era di stoffa verde.

Il dorso un poco sgualcito alle estremità.

Il titolo ed il nome dell’autore stampati in oro .

Lo aprì con delicatezza , gli occhi corsero lesti alla ricerca della data di edizione.

1958.

Sorrise.

Quel libricino aveva quasi sessant’anni .

Le pagine un poco ingiallite.

Amava quella fiaba.

Sin da bambino. Ancora prima di comprenderne appieno il significato.

Si passò la lingua sulle labbra e si morse nervosamente quello inferiore.

Due occhi cristallini apparvero nella sua mente.

Sorrise scuotendo il capo incredulo .

Perfetto. Quello sarebbe stato  il regalo perfetto per Sherlock.

Tendenzialmente non si scambiavano regali per Natale. Holmes lo trovava futile ed il suo scarso entusiasmo a riguardo colpiva di riflesso il buon dottore che evitava a sua volta di fare doni indesiderati.

Ma quel libricino… Bè, recava in sé significati nascosti che sperava potessero essere  captati dal detective.

Doveva regalarglielo . Per sé stesso… E per Sherlock. Punto.

Si passò la lingua sulle labbra sorridendo speranzoso.

“Signore… “

Una ragazza con due grandi occhi scuri gli sorrise nascosta dalle pile di libri.

“Sì?”

“Posso aiutarla?” Si aggiustò meglio il berretto rosa con un vistoso pon pon .

“Io vorrei questo” Con un gesto veloce glielo passò.

“Costa cinque sterline” Masticò con poca grazia una gomma.

“Perfetto” Annuì recuperando una banconota.

“Se vuole abbiamo tante altre fiabe…” Indicò con la mano guantata svariati scatoloni.

 “No grazie questa è….” Strinse un poco le labbra “ Perfetta” Concluse .

“Io preferisco Cenerentola” Fece spallucce arricciando il naso.

Le belle labbra piene si mossero nuovamente con decisione.

La lingua giocherellava con la gomma.

John inarcò un sopracciglio e rise di gusto.

“Perchè ride?” La biondina corrugò le sopracciglia sottili.

“Scusami è solo che… Non potrei mai regalare Cenerentola al mio amico” Si aggiustò la sciarpa scozzese.

“Vuole regalare quel libro ad un uomo??” Gli occhi dalle lunghe cigli bionde  si spalancarono.

“ Sì” Annuì con un sorriso.

“ E’ un regalo strano” Con un tocco dell’indice spinse meglio gli occhiali sulla radice nasale.

“Lo so… Ma la morale di questa fiaba ha un senso importante…”

“Che morale c’è in una fiaba in cui un riccone sciroccato gira nudo credendosi vestito??” Si Sedette sul suo sgabello sgangherato arricciando le labbra.

Watson inclinò un poco il capo e sorrise.

“Vedi il concetto è piuttosto simile alla nostra metafora  inglese dell’elefante nella stanza…” Attaccò.

La ragazza lo fissò curiosa , il masticare convulso scemò rapidamente.

John si sentì in diritto di proseguire.

“ Devi capire che le espressioni  nate da questa fiaba come : I vestiti nuovi dell’imperatore  oppure  il re è nudo…Vengono utilizzate con lo scopo di denunciare una situazione in cui la maggioranza dei presenti sceglie  volontariamente di non far parola di un fatto ovvio a tutti fingendo di non vederlo… Capisci? “

“Umm… Direi di sì, proprio come per l’elefante nella stanza… Tutti lo vedono ma nessuno dice nulla”

“ Brava! La verità viene taciuta per compiacere o per paura… Insomma per svariati motivi a seconda della circostanza…”

La biondina si aggiustò nuovamente gli occhiali in un gesto che John catalogò più come vizio che come reale necessità.

“Forte…” Storse le labbra in un sorriso “ E dire che non mi è mai piaciuta la storia”

“Bè, felice di averti aperto gli occhi a riguardo” Sorrise retrocedendo di un paio di passi.

“Spero che il libro piaccia al suo amico” Sorrise.

“Lo spero anche io “Annuì.

“Che veda l’elefante insomma…O il re nudo!” Si alzò in piedi avvicinandosi ad un nuovo cliente.

Watson restò immobile per qualche istante prima di ridacchiare.

“Già… Buon Natale “ La salutò con un cenno della mano.

“Buon Natale” Le fece l’occhiolino. La gomma tornò a roteare velocemente.

Il dottore si allontanò con un sorriso stampato sul volto.

 

Gli anni trascorsi accanto al suo migliore amico lo avevano portato alla consapevolezza di quanto i propri sentimenti avessero lentamente mutato la propria forma trasformando quella che da sempre era una bella amicizia in amore.

Ci aveva messo settimane a rassegnarsi.

No, mesi.

Svariati stati d’animo lo avevano colpito , uno su tutti il panico.

Dio, il panico l’aveva proprio  fatta da padrone nella testa e nel cuore dello stoico Capitano Watson!

E poi la rabbia, la paura , l’odio verso il destino che si prendeva gioco di un ex soldato convinto della propria eterosessualità mettendogli sulla strada una creatura perfetta ed impossibile al tempo stesso.

Una creatura splendida ed intrigante.

Un uomo.

Quell’uomo.

Aveva lavorato su sé stesso imponendosi calma e raziocinio rammentando quanto sciocchi fossero i pregiudizi e quanto invece fosse forte il sentimento che lo legava al suo migliore amico.

A quanto Sherlock avesse fatto per lui, a come si sentirebbe sentito all’idea di perderlo.

Fu in una fredda notte di settembre che il suo cuore ed il suo cervello decisero di fare pace.

Una notte insonne come spesso gli capitava.

Scese al piano inferiore trovando Holmes mollemente addormentato sulla poltrona.

La vestaglia scendeva scomposta mostrando la pallida pelle nuda della spalla.

John silenzioso lo aveva osservato per svariati minuti.

Era bello, bello come sempre e forse anche di più.

Gli occhi chiusi l’espressione rilassata.

La bocca leggermente dischiusa.

Lo vide rabbrividire e con un gesto delicato gli posò una coperta sulle gambe non osando sfiorarlo.

Inspirò a fondo , le mani sui fianchi.

Si trattenne dallo scostare il ciuffo corvino che dispettoso solleticava il profilo perfetto.

Annuì deciso.

Annuì a se stesso, il labbro inferiore serrato tra i denti.

Strinse con forza.

Il sapore ferroso del sangue arrivò prima del dolore.

Annuì di nuovo .

Ok Sherlock , ok hai vinto tu.

Si era voltato  tornando sui propri passi con la consapevolezza di essere irrimediabilmente innamorato di Sherlock Holmes.

 

John scosse il capo tornando con la mente a Portobello.

Il libro serrato con forza nella mano guantata.

Sorrise carico d’aspettative , il giorno seguente sarebbe stata la Vigilia di Natale ed impose a sé stesso di trovare un regalo per Herriet nel corso della giornata.

….

John rincasò nel tardo pomeriggio e  mise con cura il piccolo pacchetto ( fortunatamente incartato dalla signora Hudson) sotto l’albero .

Sherlock non c’era in casa ed a giudicare dal freddo del salottino mancava dal 221b sin dal mattino.

Accese il caminetto e controllò sul cellulare che non vi fossero messaggi dell’amico.

L’unico sms era di Lestrade che gli ricordava la promessa di una birra al pub che John non manteneva da troppe settimane.

Rispose evasivo e si ripromise di passare l’indomani a Scotland Yard per un saluto.

Il fuoco prese a crepitare e la piccola stanza iniziò a riscaldarsi.

Watson tese i palmi delle mani in cerca di calore.

Il salottino era buio illuminata solo dalle allegre luci colorate del loro piccolo albero e dalle fiamme vive.

Volse il viso in direzione della finestra.

La neve scendeva lenta nella sera buia.

Dove si era cacciato Sherlock?

Si morse un labbro, le iridi blu perse in un punto indefinito trai i ciocchi.

Il pendolo della signora Hudson batté le 8 della sera.

John si riscosse portando lo sguardo verso il piccolo pacchetto sotto l’albero.

Sorrise storto.

Il suo cuore accelerò un poco.

Lo trovò così Sherlock nemmeno mezz’ora dopo , le mani tese verso il camino.

Gli occhi grandi e blu puntati in quelli acquamarina.

“Sei a casa”

Holmes si irrigidì. Le mani bloccate nel tentativo di togliersi la sciarpa umida.

Il dottore gli stava sorridendo.

Uno di quei sorrisi che avevano il potere di scalfire il cuore del detective.

Quella frase pronunciata con malcelata gioia accompagnata da quell’espressione felice aveva creato in Holmes un effetto molto più potente di quanto John potesse anche solo immaginare.

“ Sì” Si limitò a rispondere con tono grave. Non perché volesse apparire asciutto ed antipatico ma perché proprio non trovò mezza frase di senso compiuto da dire.

“Sei stato fuori per un caso? “ Si voltò totalmente portando le mani dietro la schiena , il viso diretto verso l’amico.

“Non proprio “Storse le labbra in un piccolo sorriso sciogliendo finalmente quel nodo di cashmere.

John inarcò un sopracciglio e tossicchiò “ Non proprio?” Ripeté inclinando un poco il capo.

Sherlock appese il cappotto e sfregandosi le mani infreddolite si accostò a John.

Tese i palmi verso le fiamme danzanti , le spalle un poco curve.

“Sono stato a casa dei miei genitori” Sussurò , gli occhi bassi.

John lo fissò dritto in volto. Il profilo perfetto illuminato dalla calda luce rossastra.

“Di tua iniziativa??” Sollevò le sopracciglia assumendo un’espressione di  totale stupore.

L’altro si limitò ad annuire con un piccolo sorriso.

“ Perché? “ Domandò candidamente.

“Perché dovevo cercare una cosa nella mia vecchia stanza” Fece spallucce.

“Capisco…”

Il silenzio calò per diversi istanti.

John si trattenne dal fare ulteriori domande non volendo risultare eccessivamente curioso e con passo deciso raggiunse la cucina.

Sherlock lo vide trafficare nella credenza alla ricerca dei volantini del take-away.

Il ciuffo biondo che tanto piaceva al detective scivolò sulla sua fronte mentre le labbra sottili borbottavano ad indirizzo del disordine presente nei cassetti.

Holmes si perse ad osservarne il profilo e si ritrovò a sospirare come un adolescente.

Particolare che lo irritò non poco portandolo a distogliere lo sguardo per posarlo in un qualsiasi punto della stanza che non fosse il biondo dottore.

Inarcò un sopracciglio corvino scorgendo un piccolo pacchetto incartato sotto l’albero.

Si chinò curioso assottigliando gli occhi limpidi ad indirizzo della carta natalizia carica di pinguini vestiti da Babbo Natale.

Watson ripose il cellulare dopo aver ordinato cibo indiano.

Volse il capo in direzione del salottino. Lo vide piegato verso l’albero.

Trattenne a stento un’imprecazione soffermando più di quanto fosse lecito lo sguardo sul perfetto fondoschiena del detective.

Non che fosse la prima volta in effetti.

Spesso e volentieri si era ritrovato a fantasticare sulla precisione scultorea e sulla possibile consistenza di quei maledetti  glutei!

Tossicchiò scuotendo il capo.

“Non toccare!” Lo ammonì con un sorriso.

Sherlock si voltò lesto trovando l’amico accanto a sé.

“Di chi è?” Si mise le mani nelle tasche dei pantaloni scuri.

“Mio”

“Tuo” Ne uscì un’affermazione più che una domanda.

“ Sì bè per ora…” Scrollò le spalle.

“Nel senso che è destinato a qualcun’altro ? Pensavo che con Mio intendessi che il regalo lo avessero fatto a te!”

Watson levò gli occhi al cielo sorridendo con fare esasperato.

“Gesù Sherlock devi sempre complicare le cose “ Ridacchiò “ L’ho comperato io per te, ti è chiaro il concetto?”

Holmes indietreggiò un poco e si morse il labbro inferiore.

Scrutò con insistenza il viso di John per pochi istanti .

“ Non ci siamo mai scambiati i regali di Natale.” Osservò .

Le ciglia corvine sfarfallarono.

Watson si passò una mano tra i capelli e distolse lo sguardo.

“Lo so… Ma volevo che tu avessi questa cosa .Te l’avrei regalata anche se fosse stato il mese di luglio…”

Holmes annuì e si allontanò verso la finestra.

Scostò la tendina osservando Baker Street senza in realtà vederla.

“Anche io ho una cosa per te” Sussurrò appannando il vetro.

John sorrise un poco incredulo.

“Sul serio?”

“Umm…” Annuì

“E non lo metti sotto l’albero?”

“ La signora Hudson me lo sta impacchettando… Lungi da me dedicarmi ad attività del genere “ Borbottò.

 Watson si passò la lingua sulle labbra e si mise le mani in tasca.

Sherlock  avvertì una sorta di imbarazzo invaderlo.

Trovò rifugio nel proprio violino.

Il dottore prese posto in poltrona senza aggiungere altro.

Un piccolo sorriso soddisfatto  impresso sulle labbra.

Chiuse gli occhi godendosi la dolce melodia.

La sera della Viglia di Natale per la prima volta dopo svariati anni , John e Sherlock si ritrovarono a trascorrerla in totale solitudine.

Una serie di fortunate coincidenze aveva fatto si che  Greg e la signora Hudson fossero impegnati altrove.

John aveva gioito quella mattina ( sentendosi un poco in colpa )  quando anche Molly Hooper aveva chiamato dando forfait a causa di un’improvvisa febbre.

La serata si prospettava interessante sotto svariati punti di vista e Watson si sentiva curioso come un bambino all’idea di scoprire cosa gli avesse regalato il suo amato coinquilino.

 Trascorsero la serata in tranquillità cenando semplicemente con pizza e birra ( Per John ovviamente, Sherlock restava fedele alla propria acqua minerale) per poi rilassarsi entrambi in poltrona .

Un disco a 78 giri diffondeva musica natalizia attraverso il vecchio grammofono della signora Hudson.

John adorava quel pezzo da museo .

Spesso si era ritrovato a cercare nei vari mercatini dischi adattabili indipendentemente dal genere musicale a cui appartenessero.

Stille Nacht gracchiò solo un poco sulle note finali facendo sorridere Sherlock.

Trovava piuttosto bislacco l’utilizzo di quell’aggeggio nel 2017 ma John era felice ogni volta che tornava a casa con un nuovo disco ed il suo volto si illuminava a dismisura quando il grammofono funzionava fiero di se nonostante la veneranda età.

E se John era felice, lui era felice.

Punto.

Avrebbe ascoltato quell’affare gracchiante tutto il giorno se fosse servito a non far perdere il sorriso al dottore.

“Allora , vogliamo aprire questi regali?”

Holmes si voltò sbirciando oltre lo schienale della propria poltrona.

Watson se ne stava inginocchiato davanti all’albero , il maglione dai colori sgargianti teso sulle spalle ampie.

“Sherlock…”

“Sì…”

La voce baritonale del detective risuonò particolarmente vicina al dottore.

Il biondino sussultò trovando Sherlock seduto sul tappeto accanto a sé.

John si morse le labbra e con un gesto sbrigativo gli passò il pacchetto.

Holmes fissò titubante la mani dell’altro prima di afferrare con delicatezza il libro.

Sfiorò le dita dell’amico e si impose di non sussultare come una ragazzina.

Watson incrociò le gambe e serrò la radice nasale tra pollice ed indice in un gesto di nervosismo.

Aprì e chiuse un istante gli occhi.

Holmes indicò con un cenno del capo il proprio regalo ancora sotto l’albero.

“Tu non lo apri?”

“Ma certo…” Sorrise allungandosi un poco per afferrarlo.

Il grammofono gracchiò per la terza volta nell’ultima mezz’ora .

I due amici si fissarono stringendo entrambi i loro doni.

Silenziosi e seri per diversi istanti prima di scoppiare a ridere in simultanea.

“Muoviti Watson!” Lo additò il detective.

“Anche tu Holmes!” Storse le labbra “ Insieme…”  Indicò prima sé stesso e poi l’altro.

Le mani di entrambi scattarono agili e prive di grazia.

I fiocchi rossi volarono in un punto imprecisato alle loro spalle. La carta strappata senza pietà.

L’espressione di stupore che si dipinse sul volto dei due coinquilini avrebbe deliziato Mycroft Holmes.  Una bella battuta pungente sarebbe scivolata da quella labbra sottili e sagaci.

Sì.

Due facce da pesce rosso identiche.

Oh sì Mycroft avrebbe scosso il capo e sorriso ironico.

Il primo a prendere parola fu il detective.

“ Fai sul serio John?” Sollevò il libricino.

“E tu fai sul serio Sherlock??!” Replicò il medesimo gesto.

“Quella è l’unica fiaba che mi sia mai piaciuta da bambino… La lessi all’infinito. E’ un’edizione del 1950… Era di mio padre.” Lo sguardo cristallino sfuggì a quello blu intenso.

Troppo intenso.

John aprì e chiuse la bocca un paio di volte prima di chinare il capo e sfiorare con cura reverenziale la copia de I vestiti nuovi dell’imperatore che Sherlock gli aveva regalato.

“Ieri sei stato a casa tua per questo motivo?” Sussurrò.

“Già…” Si torturò nervosamente il labbro.

“Era anche la mia fiaba preferita…Prima ancora che potessi capirne appieno il senso…”  Il dottore si grattò la nuca.

Sherlock sospirò pesantemente accarezzando il dorso del libro.

“ Il senso… Quello dell’elefante nella stanza “ Sollevò gli occhi in un gesto veloce.

Watson sussultò.

La lingua scattò nervosa sulle labbra.

Quegli occhi felini fissi nei suoi.

Deglutì sonoramente.

“ Oppure il re nudo…” Annuì.

Holmes allungò le gambe strette nei pantaloni scuri. Il suo ginocchio sfiorò quello dell’amico.

Watson scivolò un poco avanti .

La sua coscia sfiorò quella del detective.

Con lentezza prese il libro dalle mani di Holmes e lo posò insieme a quello appena ricevuto sulla poltrona.

Gli occhi cristallini si spalancarono.

Si morse la lingua quando la mano di John si posò ferma sulla propria.

Il viso dell’amico era vicino , troppo vicino e quei grandi occhi blu lo fissavano in un modo tale da bloccargli il respiro.

Cercò di inspirare ma fu difficile, tremendamente difficile.

La mano di John rafforzò la presa.

Il ciuffo biondo scivolò sulla fronte e Sherlock ne seguì il movimento scostando le proprie iridi da quelle più scure.

Riuscì a prender fiato.

Poi Watson parlò.

Lo fece sottovoce, le labbra così vicine alle sue.

“ E tu Sherlock… Lo hai visto l’elefante nella stanza?” Soffiò.

Holmes ricambiò la stretta e con la mano libera si aggrappò a quell’orribile maglione del dottore.

“ Sì John”

Watson sorrise.

Quel sorriso storto che il detective adorava.

La bocca sottile impattò contro quella piena.

Sherlock spalancò gli occhi per poi serrarli con decisione.

Strinse con maggior forza la spessa lana colorata.

Inspirò pesantemente dalle narici.

Dio, stava succedendo davvero?

Era la lingua di John quella che scivolava maliziosa sulle sue labbra?

Sciolse la stretta e portò entrambe le mani sulle spalle del dottore.

Lo abbracciò con forza , inclinando il capo .

Spalancò la bocca lasciando che la lingua dell’amico si insinuasse decisa.

Gemette.

E non se ne vergognò.

Avvertì le labbra di John piegarsi in un sorriso e si permise di far scivolare la propria lingua sugli incisivi perfetti dell’altro.

Una mano nei ricci corvini.

Presa decisa sulla nuca.

Holmes gemette di nuovo prima si allontanarsi un poco per prendere fiato.

La fronte posata sulla spalla dell’altro.

“ Il re è nudo…” Ridacchiò il biondino mordendogli piano il collo.

“Sì…. Molto nudo “ Rise di rimando sollevando il viso.

Gli occhi blu cercarono quelli acquamarina.

Ciglia bionde e corvine.

“Buon Natale Sherlock “ Gli baciò la punta del naso.

“Buon Natale John” Lo abbracciò stretto.

Il grammofono gracchiò per la quarta volta.

White Christmas attaccò con delicatezza….

 

Fine.





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