Nella sua pelle
I personaggi di One Piece non sono miei ma di Oda-sensei. Io li uso solo per diletto.
Nella sua pelle
Prologo: Vorrei essere un re
“Dicono che sia magica.” Fu Robin la prima ad interrompere
il silenzio che si era venuto a creare, ma servì a gran poco
anzi, se possibile, le espressioni del resto della ciurma divennero
ancora più luccicanti.
Per uno degli abitanti di quell’isoletta, sperduta in mezzo al
nulla, quello che aveva appena affermato la bella archeologa sarebbe
solo apparsa come un frase già sentita. Ma di certo non
sarebbero stati meno interessati, all’archeologa sia chiaro. Per
loro, quel ritratto, o forse murales, equivaleva ad un vecchio pezzo da
museo. Bhè, più che il murales, la statua raffigurata.
Uno dei loro Dei, o forse uno stregone. Nemmeno loro lo sapevano con
certezza, però, fin da quando erano in fasce era stato loro
insegnato di rispettare tale Dio. Il perché? Qualcosa che aveva
a che vedere con le maledizioni.
“Per me sono solo vecchie leggende.” E Roronoa di certo non badava a tali cose da niente. Leggende dice lui.
“Zoro è più forte di un Dio.” E di certo il
piccolo Chopper non si era scordato l’avventura a Skypiea, ne
quanto detto dallo spadaccino in quell’occasione.
Ma il ghigno che Zoro aveva sul viso di certo non durò molto.
Bastò un solo colpo alla navigatrice per rimetterlo al suo posto
e cioè disteso a terra in mezzo a chili di polvere. E si
sarebbero scannati si santa ragione se Robin non fosse opportunamente
intervenuta. Non di certo per salvare lo spadaccino, sia chiaro, a lei
poco interessava come decidesse di farla finita.
“Il Dio in questione.” Iniziò a recitare. “Si
chiama Ashalla ed è una donna.” Badò poco al biondo
cuoco che a quelle parole cominciò a svolazzare leggiadro
cospargendo cuori ovunque. “Dicono che fosse la dea protettrice
dell’armonia di quest’isola e che fosse particolarmente
sadica con chi trasgrediva alle sue regole.”
Un silenzio improvviso calò nell’enorme stanza del
castello nel quale si trovavano. Un silenzio non troppo silenzioso
visto che Sanji, oltre a piroettare aveva iniziato pure a snocciolare
frasi smielate e praticamente senza capo né coda.
“Che regole?” Usop fu il primo a chiederlo, forse
più per paura che per curiosità vera e propria. Eppure
tutti, anche l’improvvisato ballerino ed il tappeto dalla zazzera
verde, rivolsero la loro più assoluta attenzione a Nico Robin
che di tutta risposta si strinse nelle spalle.
“Rispettare la pace e l’armonia?” Chiese con la voce più angelica che possedesse nel suo repertorio.
“No, aspetta.” Nami, la prima ad essere riuscita a
riprendersi dopo quell’infelice uscita, si avvicinò alla
mora puntando un dito verso la figura incisa nel muro. “Fai tutta
quella tirata e poi mi vieni a dire che non sai quali siano le sue
regole? E STAI ZITTO TU.” Brecciò infine verso, devo
proprio dirlo?
Roronoa, che ancora non si era alzato da terra, si puntò un dito
contro autoindicandosi. Ma che centrava lui? Intercettò per puro
sbaglio Rufy e questi alzò le spalle rispondendo alla muta
domanda dell’amico.
“Non c’è scritto.” Si scusò Robin
elargendo un lieve sorriso ed alzando ancora le spalle. Che colpa ne
aveva lei se quella parte non era scritta.
Un attimo, scritta?
”Scritta?”
“Sì, nella targhetta.” E fece apparire un paio di
graziose manine sul muro indicando così quella targhetta
placcata in oro che portava quanto detto qualche minuto prima
dall’archeologa.
“Vedi?” Sibilò sarcastico lo spadaccino finalmente
rialzatosi da terra. “Ho ragione io. Leggende.” Finì
ghignando non sazio delle batoste ricevute dalla rossa nell’arco
della giornata. Anzi, in questa maniera si era guadagnato
l’ennesimo viaggio sul pavimento questa volta però condito
da improperi che è meglio non descrivere. Sapete ci sono i
bambini. Basti sapere che il piccolo Chopper si era nascosto dietro le
gambe dell’archeologa tappandosi le orecchi.
“E se la storia fosse vera?” Ci mise poco Rufy a
dimenticarsi dei due. Rivolse ancora la sua attenzione verso Robin che
di tutta risposta alzò le spalle.
“Parlavano di una maledizione al villaggio.”
Usop ricordava vagamente le parole del vecchio signore. Aveva blaterato
di una maledizione terribile. Maledizione che però non sapeva
quale potesse essere.
“Baggianate.” Di certo Zoro non era ancora stufo di
buscarle, eppure quella volta Nami non lo pestò, troppo intenta
a pensare. Fu Sanji a pensarci.
“Tu marimo. Taci.”
E lo scontro avrebbe avuto inizio se Rufy, colto da un improvviso lampo
di genio, o forse solo per pura fortuna, non avesse ricordato
l’ultima parola del discorso del vecchio. “Non aveva
parlato di uno scambio?”
Tutti, chi più e chi meno, si ritrovarono d’accordo col capitano.
“Ah, ecco cos’era.” Nami, che a quanto pare sembra
essere l’unica, oltre a Robin logico, ad avere un briciolo di
buon senso in quella ciurma, ricordò perfettamente
quell’ultima frase. “Uno scambio di persona.” Ma non
è che aveva concluso poi molto nemmeno così.
“Vabbè, non importa. Andiamo a mangiare?” Era fatto
così Rufy, in pochi istanti si era completamente dimenticato
tutto. Ma la sua domanda fu accolta di buon grado. Solo Roronoa
borbottò qualcosa.
“Se fosse vero allora vorrei essere un re.”
Di certo si sarebbe rimangiato ogni singola parola il giorno dopo.
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