Solo
il mio nome
«Ciao
ciao farfallina!» disse Ladybug, salutando l'Akuma ormai
purificata.
«Ben
fatto!» esclamò Chat Noir battendo il pugno contro
il suo. «Forse
ci converrebbe prendere residenza qui al Gran Paris, visto il
quantitativo di Akuma che abbiamo combattuto tra queste mura se
rimanessimo qui ci troveremmo già sul posto al momento del
prossimo
attacco.» commentò seguendo la sua collega
giù per le scale che
portavano alla terrazza.
Ladybug
ridacchiò divertita, in effetti stavolta quel gattino aveva
proprio
ragione, continuando di quel passo sarebbero diventati degli ospiti
fissi. D'altronde non era certo colpa loro se Chloè mandava
fuori
dai gangheri qualcuno dello staff un giorno si e l'altro pure
portandoli a venire akumizzati da Papillon.
Il
pressante suono dei loro Miraculous che li avvertivano dell'imminente
ritrasformazione mise fine alle risate.
«Dobbiamo
cercare un posto dove trasformarci, abbiamo meno di due
minuti!»
esclamò Ladybug, in ansia.
Scesi
gli ultimi gradini si ritrovarono nel corridoio dell'ultimo piano su
cui si aprivano solo tre porte.
Ladybug
corse verso quella alla sua destra mentre Chat Noir scelse quella
sulla sinistra.
Nonostante
diversi tentativi entrambe rimanevano ostinatamente chiuse.
«Cosa
facciamo?» chiese Chat Noir.
«Rimane
la terza porta.» ricordò lui Ladybug correndo in
quella direzione.
Appena
l'ebbe raggiunta afferrò la maniglia scoprendo, con
sollievo, che
cedeva al suo tocco.
«È
un ripostiglio.» constatò, appena ebbe aperto la
porta.
«Ok,
tu nasconditi qui, io cercherò un altro posto.»
propose Chat Noir.
«Non
c'è tempo!» gli fece presente Ladybug, sentendo
entrambi i
Miraculous emettere l'ultimo segnale di avviso, quindi
afferrò Chat
Noir per il campanello e lo trascinò nel ripostiglio insieme
a lei.
Aveva
appena chiuso la porta alle proprie spalle, lasciando entrambi
completamente al buio, quando le loro trasformazioni ebbero termine.
Accecati
dal bagliore della ritrasformazione entrambi strizzarono gli occhi
per poi riaprirli incapaci di distinguere alcunché
nell'oscurità.
«Wow,
non credevo sarebbe mai successo!» esclamò Adrien,
ridacchiando in
preda all'agitazione.
«Cosa?»
chiese Marinette, intenta a riflettere sul modo migliore per uscire
da quella situazione.
«Che
un giorno mi sarei trovato di fronte a te senza le nostre maschere;
è
un vero peccato che non possa vederti.»
«Chat
lo sai che...»
«Si,
lo so, lo so. Conoscere le nostre vere identità è
pericolo. Però
sognare non costa nulla.»
Marinette
scosse la testa, sospirando. Anche in una situazione come quella il
suo partner non riusciva a comportarsi seriamente.
«Parlando
di faccende leggermente più serie, adesso faremo ricaricare
i nostri
kwami poi ci ritrasformeremo e usciremo da qui.»
spiegò Marinette,
sedendosi a terra.
«C'è
un problema, con me non ho nulla da mangiare.» rispose
Adrien,
sedendosi a sua volta.
«Sei
il solito zuccone!» protestò Plagg
«Se
tu mangiassi qualcosa di più profumato del Camembert non
sarei
costretto a portalo chiuso in un contenitore ermetico all'interno
della mia tracolla.» puntualizzò Adrien.
«Tikki,
nella mia borsetta ci sono due biscotti al cioccolato, puoi darne uno
al Kwami di Chat Noir. Riesci a raggiungerla?» chiese
Marinette.
«Grazie,
sei gentilissima!» esclamò Plagg, facendo quasi le
fusa. «Comunque
se permetti ci penso io, sono pur sempre il Kwami del gatto nero,
vedo perfettamente al buio.»
«Vuoi
dire che adesso tu la stai vedendo? Oh Plagg descrivimela!»
chiese
Adrien, galvanizzato.
«Oh
se sapessi!» esclamò l'esserino godendosi la
faccia emozionata del
suo portatore e quella terrorizzata di Marinette.
«Plagg,
non osare...» ringhiò Tikki, lanciandogli uno
sguardo niente
affatto rassicurante certa che lui la stesse osservando.
«Pensa a
prendere i biscotti.»
«Mi
dispiace amico, ne va della mia vita, non posso dirti nulla.»
affermò Plagg, scorgendo il volto minaccioso della sua
collega.
A
quelle parole Marinette trasse un sospiro di sollievo anche se sapere
che il Kwami del suo partner aveva scoperto la sua vera
identità la
metteva un po' in agitazione.
Raggiunta
la borsa di Marinette, Plagg prese i due biscotti e, guidando Tikki
per una zampina la condusse fino ad uno scaffale su cui la fece
sedere prima di porgerle uno dei biscotti.
«Qualche
secondo di pazienza e saremo fuori da qui.» li
rassicurò Tikki
prima di iniziare ad addentare il dolce.
«Ladybug,
io mi chiedevo, ecco...» bofonchiò Adrien, anche
se erano al buio e
lei non poteva vederlo l'assenza della maschera lo portava a perdere
quella sfrontatezza tipica dell'eroe parigino.
«Che
ti succede Chat Noir, il gatto ti ha mangiato la lingua?»
scherzò
Marinette, sorpresa da quel suo lato timido.
«Al
momento non sono Chat Noir ma solo me stesso; è un po'
diverso senza
maschera.» spiegò lui sentendosi arrossire.
«Bé,
si, in effetti.» concesse lei; lui non poteva certo sapere di
aver
già interagito con lei nella sua versione civile quando
avevano
combattuto le Dessinateur. «Comunque, cosa volevi
chiedermi?»
«So
che non possiamo conoscere le nostre reciproche identità e
lo
accetto, anche se mi dispiace.» iniziò Adrien
sentendo la gola
secca. «Però dubito che ci ricapiterà
mai l'occasione di
ritrovarci così, faccia a faccia, nelle nostre vesti civili
quindi
mi chiedevo se potessi farmi un piccolo favore.»
«Di
cosa parli, Chat?» chiese Marinette, innervosendosi. Non
capiva dove
il suo partner volesse arrivare e la cosa non le piaceva.
«Vorrei
sentirti pronunciare il mio nome.» disse tutto d'un fiato.
«Chat
sai che...» cercò di protestare lei.
«Solo
il mio nome, nulla di più. Ho un nome molto comune,
chissà quante
persone conosci che lo portano, conoscerlo non metterà in
pericolo
le nostre identità.» la supplicò Adrien.
«Non
so se è il caso.» protestò Marinette,
incerta.
«Ti
prego, fammi questo regalo.» sussurrò Adrien,
cercando e trovando
nel buio la mano di lei.
Sentire
la stretta di quella mano fredda nella sua la fece trasalire.
Lei
era abituata al solito Chat, sbruffone e cascamorto ma
improvvisamente si rese conto che sotto quella maschera c'era un
ragazzo ben più timido con delle emozioni vere e, temeva,
sinceramente innamorato di lei.
«Per
una volta vorrei sentirti chiamare il mio nome; Adrien.»
supplicò
lui, rafforzando leggermente la stretta sulla sua mano.
Marinette
sgranò gli occhi.
Era
impossibile che il vero nome di Chat Noir fosse proprio Adrien.
Certo,
come lui aveva detto, era un nome comune ma quante
probabilità
c'erano che a Parigi ci fossero due ragazzi, entrambi di nome Adrien,
entrambi biondi e con splendidi occhi verdi?
Marinette
avvertì il respiro mozzarlesi in gola ed il cuore iniziare a
battere
ad un ritmo sfrenato.
Era
solo una coincidenza, uno stupido scherzo del destino che si
divertiva a prendersi gioco di lei.
«Solo
per una volta.» la pregò ancora, portando l'altra
mano su quella di
lei per racchiuderla tra le sue.
Nonostante
si dicesse che lui non era il suo Adrien non poteva fare a meno di
sentirsi tremare fin nel profondo.
«A-a-adrien.»
bisbigliò senza riuscire ad impedire alla sua voce di
tremare.
«Marinette!?»
esclamò Adrien, stupito.
Solo
una persona balbettava il suo nome in quel modo, la dolce, timida
Marinette, la sua compagna di classe dai buffi codini neri e dai
profondi occhi blu.
Adrien
si diede dello stupido.
Come
era possibile che non l'avesse riconosciuta?
Certo,
in sua presenza era spesso timida e impacciata ma la determinazione e
il coraggio che mostrava nell'affrontare i pericoli e i cattivi era
esattamente la stessa.
Sentendosi
chiamare per nome, Marinette tentò di ritrarsi ma Adrien
rafforzò
la stretta sulla mano di lei.
«Perché
mi hai chiamato Marinette? Chi è?» chiese,
tentando di confonderlo
ma riuscendo solo, con l'incertezza nella sua voce, a confermare la
sua deduzione.
«Solo
una persona balbetta il mio nome in quel modo, la mia compagna di
classe Marinette. La mia dolcissima Marinette.» disse,
portando una
mano alla guancia di lei.
Marinette
lo spinse via stringendo forte gli occhi per evitare alle lacrime di
uscire.
Quello
era davvero lo scherzo più crudele che il fato potesse
riservarle.
Era
la rivale di se stessa.
«A
te piace Ladybug, il mio alter ego, non la vera me. Non come me che
sono innamorata del vero te, di Adrien.»
Una
risata amara sgorgò dalle labbra del ragazzo.
«Ma
nemmeno l'Adrien che vedi a scuola e sui cartelloni è il
vero
Adrien, non del tutto almeno. Lì sono quello che mio padre
vuole che
io sia e sono costretto a tenere a freno la mia parte più
spontanea
che invece viene fuori quando indosso la maschera di Chat
Noir!»
sbottò Adrien, esasperato. «Ma tu hai detto di
amarmi, ho capito
bene?» chiese subito dopo, quasi rendendosi conto solo in
quel
momento di ciò che la ragazza aveva detto.
«Se
ciò che hai appena detto è vero anch'io mi sono
innamorata di
un'illusione, di qualcuno che non esiste realmente.»
mormorò
Marinette, amaramente.
«Marinette,
perché non capisci?» chiese Adrien avvicinandosi
nuovamente e lei e
prendendole le mani tra le sue. «Io sono Adrien ma sono anche
Chat
Noir e allo stesso modo tu sei Marinette ma sei anche Ladybug. Siamo
due facce della stessa medaglia ma siamo la stessa persona ed
entrambe le mie identità sono innamorate di te.»
«Anche
se fosse come tu dici sarebbe troppo pericolo per noi stare insieme,
Papillon potrebbe sfruttare i nostri sentimenti per piegarci al suo
potere.»
«Hai
ragione.» ammise Adrien, mentre Marinette sentiva il cuore
sprofondarle nello stomaco. «Sarebbe pericolo per Chat Noir e
Ladybug perché li renderebbe vulnerabili ma niente
può impedire ad
Adrien e Marinette di stare insieme.»
«Vallo
a dire a Chloé...» fece presente Marinette,
ridacchiando suo
malgrado mentre sentiva una timida speranza farsi strada nel suo
cuore.
Un
rumore di passi sulle scale li distrasse dai loro discorsi.
«Forse
sarebbe meglio andare via da qui.» propose Tikki.
«Anche
perché con tutte le vostre smancerie mi avete fatto andare
il
biscotto di traverso.» li rimproverò Plagg,
facendoli arrossire.
«Plagg,
trasformami!»
«Tikki,
trasformami!» gridarono all'unisono.
Appena
rivestiti i panni da supereroi i due uscirono dallo sgabuzzino, ben
attenti a non farsi vedere da nessuno.
Giunti
nuovamente sul terrazzo si prepararono ad andare via.
«Ti
prego Ma-Mylady, non fuggire, vieni con me.» chiese Chat
Noir,
titubante.
«Dove?»
«Vedrai.»
rispose solamente lui prima di lanciarsi giù dal terrazzo
dell'albergo.
Pur
sentendo le gambe leggermente molli, Ladybug fece come lui le
chiedeva.
Poco
dopo entrambi atterrarono nei pressi di un piccolo parco.
«Andiamo.»
disse, prendendola per mano e guidandola verso l'angolo giochi.
Ladybug
lo seguì tremante. Sentiva le guance in fiamme, non riusciva
a non
pensare che quello che le stava tenendo la mano era Adrien.
Il
ragazzo la guidò fino alla casetta del parco giochi e la
invitò ad
entrare.
«Qui
potremo ritrasformarci. È notte, nessuno ci
vedrà.»
Incapace
di resistere alla supplica insita nella sua voce, Ladybug fece come
lui le chiedeva.
Finito
di ritrasformarsi rimase ferma, ad occhi bassi.
«Plagg,
Tikki potete rimanere qui qualche minuto?» chiese Adrien,
prendendo
poi la mano di Marinette e portandola al centro del parco.
«Questo
è il parco dove mia madre mi portava a giocare da
piccolo.» spiegò
Adrien accarezzando con lo sguardo ciò che lo circondava.
«Ho
sempre pensato che avrei portato qui la mia ragazza per il nostro
primo appuntamento.»
«Ragazza?»
chiese Marinette, arrossendo.
«Si,
Marinette, non vuoi essere la mia ragazza?»
«Ma
io e Ladybug...»
«La
maschera ci priva delle nostre inibizioni, è vero ma siamo
pur
sempre noi. Quando Alya aveva dato la notizia che Chloè era
Ladybug
mi sono sentito morire, non potevo essere innamorato di una come lei.
Ma quando poco fa ho capito che sotto la maschera c'eri tu mi sono
sentito al settimo cielo.» confessò, prendendole
il viso tra le
mani. «Marinette.» sussurrò,
accarezzandole piano le guance.
Marinette
non riusciva a parlare le sembrava impossibile essere lì tra
le
braccia di Adrien che attendeva solo il suo consenso per baciarla.
Tremando,
portò le mani al suo petto stringendo i lembi della camicia
tra le
mani e accennando un sorriso.
Quel
piccolo incoraggiamento fu più che sufficiente, prima che
Marinette
potesse rendersene conto Adrien si era chinato su di lei e l'aveva
baciata.
Mentre
rispondeva al bacio sentiva mille farfalle nello stomaco e la testa
farsi leggera.
Le
sembrava impossibile che stesse accadendo davvero.
«Ti
amo insettina.» le sussurrò a fior di labbra,
esibendosi in
un'espressione ammiccante degna del suo alter ego.
In
quel momento Marinette si trovò a sorridere, era come diceva
lui.
Lei era sia Marinette che Ladybug così come lui era sia
Adrien che
Chat Noir e lei li amava entrambi.
«Taci
gattino!» intimò ridacchiando e buttandogli le
braccia la collo
prima di tappagli la bocca con un altro bacio.
«Altro
che qualche minuto, quei due si sono dimenticati di noi.»
protestò
Plagg, sbirciando la scena dalla finestra della casa delle giostre.
«Lasciali
tranquilli.» lo rimbrottò Tikki, sospirando e
poggiando la testina
sulla spalla di lui con aria sognante. «Meritano la
felicità.»
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