Alone
Together
(I
don't know where I'm going, but I don't think I'm coming home)
-
...se fossi stato una ragazza mi sarei sicuramente innamorato di
lui! -
Le
parole scivolano dal sorriso di Hoseok; lente, gocciolano dalle sue
labbra e a Yoongi, congelato nell'istante in cui le ha pronunciate,
sembra quasi di vederle solidificarsi. Assumono la forma di una
condanna a morte che pesa sulla sua schiena e rallenta i battiti del
suo cuore – e l'aria all'improvviso si è fatta più
rarefatta, giusto? Non è colpa sua se tutt'a un tratto
respirare richiede uno sforzo enorme, non può essere
semplicemente qualcosa che sente--
Il
gomito di Hoseok lo colpisce con gentilezza, ma è abbastanza
perché torni sul pianeta terra, in uno studio radiofonico di
Seoul che fino a poco prima gli sembrava enorme e luminoso e stipato
fino al soffitto di tutto ciò che ama osservare e studiare e
che ora gli sembra una prigione minuscola, tanto piccola da
impedirgli di muovere liberamente braccia o gambe. Rivolge un sorriso
instupidito all'espressione di Hoseok, che come sempre gioca il ruolo
del suo boia tanto quello del suo angelo custode e lo salva da quella
situazione imbarazzante.
-
Dicevo che probabilmente non ti ricordi di quel Capodanno. - Ripete,
ridendo per sdrammatizzare il proprio imbarazzo e la momentanea
assenza di Yoongi. Lui si schiarisce la voce con un colpo di tosse,
ancorandosi al presente. È lì, adesso, e deve
rispondere per evitare ad entrambi, al DJ e all'intera radio una
pessima figura. I momenti morti non esistono, in radio.
-
A dire il vero me lo ricordo. - Risponde, e il blocco di ghiaccio
attorno al suo petto si scioglie come neve sotto il sole che è
il sorriso sollevato di Hoseok. Lo osserva chinare lo sguardo sulle
proprie unghie e sfregare contro di esse il pollice, in imbarazzo –
e all'improvviso la frase che ha appena pronunciato minaccia di
tornare a prendere possesso dei pensieri di Yoongi che si autoimpone
di parlare, parlare a vanvera senza rivelare niente di quanto pensa
veramente. - Mi dispiaceva saperlo solo al dormitorio. Era arrivato
da poco meno di una settimana, e fortunatamente ero nei paraggi
quando ho ricevuto la telefonata. Mi è sembrata la cosa giusta
da fare. -
*
(
Mi dispiaceva saperlo solo al dormitorio )
Fino
all'ultimo aveva sperato che fossero i suoi genitori a raggiungerlo a
Seoul per trascorrere il Capodanno con lui: non gli piaceva l'idea di
distaccarsi dal dormitorio ora che iniziava a somigliare più
ad una sistemazione definitiva che ad un albergo. Ma poi era arrivata
la telefonata di sua madre, la mattina di Natale – e il suo
tono preoccupato era bastato a fargli capire che né lei né
suo padre avrebbero potuto prendersi una vacanza dal lavoro.
-
Verrò io. - Le aveva detto, senza neppure lasciarle il tempo
di spiegare la questione. Lei aveva sospirato, chiaramente
dispiaciuta.
-
Yoongi, sappiamo entrambi che la compagnia non può permettersi
di pagarti il viaggio. -
-
Lo pagherò coi miei soldi, infatti. - Aveva borbottato,
sminuendo il problema; in quel preciso istante aveva acceso la luce
della sala e quasi aveva lasciato cadere il telefono per terra: ad
attenderlo sul divano aveva trovato una massa informe di coperte ed
arti che solo dopo qualche istante confuso avevano preso la forma del
nuovo arrivato, sistematosi nell'appartamento appena il giorno prima.
Yoongi non aveva ancora memorizzato il suo nome, ma in quel momento
era certo che difficilmente avrebbe dimenticato il disastro che era
la sua faccia di prima mattina. - Tu non preoccuparti, mamma. Ti
telefono per dirti quando arrivo. -
Alla
lunga pausa da un capo all'altro della comunicazione – pausa
durante cui Yoongi e il nuovo arrivato avevano fatto poco più
che fissarsi con un sentimento non del tutto diverso dalla diffidenza
– era seguita la voce di sua madre che gli chiedeva di
pensarci, lo ammoniva sul fatto che un Capodanno lontano da casa non
fosse poi un così grande problema e gli augurava una buona
giornata. Yoongi aveva riattaccato e aveva proseguito verso la
cucina, come se la presenza del nuovo arrivato non lo tangesse
minimamente. In realtà lo tangeva abbastanza: perché
aveva dormito sul divano? Era un suo dongsaeng, e non si era neppure
premurato di chiedere scusa per il proprio comportamento – non
l'aveva neanche salutato. Pensieri nervosi avevano attraversato la
sua mente ancora annebbiata dal sonno e dalla pessima notizia
ricevuta, fino al momento in cui non era tornato sui suoi passi e si
era degnato di lanciargli un'altra occhiata.
Se
non l'avesse mai fatto forse non si sarebbe ritrovato a correre come
un forsennato per le strade di Seoul neppure sei giorni dopo –
ma in quel momento tutto ciò che aveva sentito era stato un
sottile velo di vergogna intento a discendere sulle sue spalle per
posarsi sopra di lui con la delicatezza di uno schiaffo: nello
sguardo del ragazzo, ora seduto sul divano con le gambe troppo magre
vicine al petto e un broncio a decorargli il viso, non c'era niente
di quanto Yoongi aveva presunto di trovare – solo una tristezza
infinita. Eppure si era sottratto ai propri pensieri infelici e aveva
abbozzato un sorriso quando l'aveva visto passare di nuovo, come se
far piacere a lui fosse più importante di qualunque altra cosa
al mondo.
-
Torni a casa per le vacanze, hyung? - Aveva chiesto. Yoongi aveva
sentito la presa sul bicchiere d'acqua indebolirsi appena: quella
voce profonda e seria sembrava quasi fuori luogo in un viso e in un
corpo tanto fragile. “Ma non è fragile”,
aveva pensato: “È il nostro main dancer. È
fragile solo in apparenza.”
-
Tu no? - Aveva domandato di rimando, evitando di rispondere con
un'affermazione ad un quesito di cui ancora non conosceva la
risposta: non era certo che le sue finanze potessero permettergli un
viaggio fino a Daegu, in quel momento. Il ragazzo – il suo
nome iniziava con Ho, Ho-qualcosa – aveva scosso la testa.
-
Non possono rimandarmi a casa dopo appena una settimana. - Aveva
sollevato una mano e per un momento Yoongi aveva creduto che gli
stesse mandando un cuore con le dita – sentendosi un idiota
totale subito dopo, nel realizzare che invece stava mostrandogli
l'universale gesto per indicare il denaro sonante. In quel preciso
contesto, la mancanza di esso.
-
Oh. - Era stata l'unica risposta che gli era passata per la mente in
quel preciso istante. L'aveva fissato angosciato e aveva distolto lo
sguardo quando l'aveva sentito tirar su col naso. - Mi dispiace. -
E
nel dirlo Yoongi aveva scoperto di sentirsi davvero dispiaciuto per
quel ragazzino che sembrava fragile ma non era fragile, che aveva
deciso di dormire sul divano durante la sua prima notte trascorsa in
una vita in cui era difficile sopravvivere e da cui era quasi
altrettanto difficile scappare – aveva scoperto che immaginarlo
solo, circondato esclusivamente dal silenzio dell'appartamento e dal
caos dei fuochi artificiali appena al di fuori di esso, lo faceva
sentire quasi in colpa. Non erano parole di circostanza, e qualcosa
nello sguardo del ragazzo – Hoseok, aveva realizzato
improvvisamente: Jung Hoseok – gli aveva suggerito che
nonostante il suo tono pacato il messaggio lo aveva raggiunto e
toccato veramente.
Gli
aveva sorriso. Yoongi si era sentito morire – questa volta
aveva stretto la presa sul bicchiere tanto da sentire l'acqua
ghiacciata intorpidirgli la pelle.
-
Non importa. - Aveva risposto, alzando le spalle. - Ma grazie, hyung.
-
Non
aveva smesso di sorridergli, e Yoongi aveva avuto la certezza che se
fosse rimasto un po' più a lungo a fissare quel sorriso
modesto ma luminoso l'acqua gelida nel suo bicchiere sarebbe
diventata rovente. Si era ritirato in camera da letto senza neanche
rispondergli, sopraffatto dalla timidezza.
Non
gli era mai successo di sentirsi tanto indifeso di fronte ad un
sorriso – ma d'altro canto non aveva mai guardato il sole
dritto in faccia.
(
Era arrivato da poco meno di una settimana, )
-
Allora io vado. -
Hoseok
aveva sollevato lo sguardo dallo schermo del proprio laptop e aveva
emesso un verso quasi sorpreso, un “Hmm?” indifferente
che non sarebbe riuscito ad ingannare Yoongi nemmeno se fosse stato
il peggiore degli idioti. Era rimasto fermo nell'ingresso a
ciondolare, rimandando il saluto definitivo – una mano sul
manico del trolley, l'altra intenta ad afferrare a intermittenza il
mazzo di chiavi nella tasca destra del giubbotto.
-
Ho detto che vado. - Aveva ripetuto, ciondolando un po' più
violentemente. Hoseok aveva annuito, senza mostrargli alcuna
particolare reazione. In sei giorni appena aveva avuto modo di farsi
l'idea che Hoseok fosse una persona gentile e buona, ma riservata –
apparentemente era anche un totale deficiente. - Torno a Daegu,
Hoseok. Per Capodanno. -
Un
altro cenno affermativo della testa; Yoongi aveva sentito il
risentimento prendere la forma di un mostro e minacciare di
strappargli il petto. - Buon Capodanno, hyung. Fa buon viaggio. -
Era
stato in quel preciso momento che Yoongi aveva davvero, davvero
sentito il bisogno di mettersi a urlare – “Fai ancora
in tempo a fermarmi, scemo! Basta che tu me lo chieda! Non posso
lasciarti da solo, ma non posso neanche dare un'altra delusione ai
miei genitori!”;
neanche nelle sue
fantasie più recondite e liberatorie era in grado di ammettere
che una parte di lui desiderava sinceramente poter rimanere, senza
una reale motivazione che non fosse la necessità di confortare
e farsi confortare da quel pallido raggio di sole che lo fissava dal
divano. Ma Yoongi non aveva urlato contro Hoseok e non si era
liberato del proprio confuso turbamento: aveva finalmente afferrato
il mazzo di chiavi, il metallo ormai tiepido a causa del tepore del
suo palmo, e aveva aperto la porta di casa. - Buon Capodanno. - Aveva
borbottato, senza voltarsi a guardare se Hoseok stesse ancora
fingendo che quella situazione gli andasse a genio.
(
e fortunatamente ero nei paraggi quando ho ricevuto la telefonata. )
L'unica
stazione da cui ancora partivano treni per Daegu distava non meno di
venti fermate di metropolitana dal loro appartamento, e Yoongi aveva
passato la tratta di diciotto di esse stipato tra pendolari sudaticci
e ansiosi di poter tornare a casa per dare il via ai festeggiamenti,
poco importava che fossero appena le quattro del pomeriggio. L'unica
sua distrazione erano stati i messaggi di Namjoon, già
alticcio nonostante l'orario: non aveva potuto fare a meno di
sorridere ad ogni errore d'ortografia e ad ogni messaggio inviato
prima di essere concluso. Gli aveva persino mandato un paio di foto
decisamente troppo sfocate per essere considerate poco più che
dei terribili errori: in una si intravedeva il viso di una ragazza
(“hyung, ti presabto mia sorlla!!”) mentre nella
seconda erano visibili solamente una narice e parte dell'occhio
destro di Namjoon (“Sno proprio feliCE di poter lavorare con
qualcno di talentuoso come te, hyung!!! BUON ANO!!”).
Yoongi aveva riso dell'incredibile capacità di Namjoon –
come potesse sbagliare a scrivere anno ma riuscire a scrivere
talentuoso andava aldilà della sua capacità di
comprensione – ed era uscito dalla chat con il cuore un po' più
leggero...per dieci secondi, circa. Poi il suo sguardo era caduto su
un nome che rientrava appena nella schermata, quello di Hoseok –
e il suo malumore, della cui origine e natura Yoongi non era del
tutto sicuro, era rapidamente tornato a farsi sentire. Era sceso alla
sua fermata con il pollice che ancora sorvolava il nome di Hoseok, e
solo in uno scatto di nervoso più intenso dei precedenti si
era deciso a premere su di esso ed iniziare e digitare nella chat
ancora vuota.
-
Sei...sicuro...che non ti dispiaccia...rimanere da solo? - Aveva
borbottato digitando, come per confermare a se stesso ciò che
stava scrivendo; poi si era fermato nel bel mezzo della banchina,
l'espressione contratta e il pollice che sfiorava lo schermo in
prossimità del tasto d'invio. Cosa avrebbe pensato di lui
Hoseok, se avesse insistito tanto per una questione che lui non aveva
neppure sollevato? Forse davvero non gli dispiaceva rimanere solo. A
Capodanno. In una metropoli sconosciuta.
-
Così non va. - Aveva sospirato, chiudendo gli occhi per darsi
un contegno. Era il suo hyung, che si preoccupasse non era
assolutamente fuori dall'ordinario – ma un messaggio non
sembrava il modo corretto per risolvere la questione. Ancora ad occhi
chiusi, aveva pensato ad Hoseok e all'ormai familiare immagine del
fagotto di coperte raggomitolato sul divano. Una notte gli era
sembrato persino di sentirlo piangere... no, un messaggio decisamente
non sarebbe bastato. Aveva riaperto gli occhi e aveva premuto sul
simbolo della cornetta accanto al nome di Hoseok prima di poterci
ripensare.
Il
telefono aveva squillato cinque volte; al terzo squillo ogni muscolo
del corpo di Yoongi gli aveva urlato di riattaccare e non pensarci
più, correre fino alla stazione e saltare sul primo treno per
Daegu e possibilmente morire durante il viaggio per non dover
affrontare l'espressione di Hoseok quando avesse fatto ritorno al
dormitorio – ma poi una voce vagamente nasale aveva risposto
timidamente e Yoongi era quasi saltato sul posto, trascinato via
dalla propria visione di morte e distruzione e di nuovo
nell'imbarazzante presente.
-
Sì...? -
-
HOSEOK! - Aveva praticamente urlato. Una coppia di anziani si era
voltata a guardarlo. - Sono Min Yoongi. -
Una
breve pausa. - Sì...sì, hyung. Hai dimenticato qualcosa
a casa? -
“Un
metro e settanta di ballerino.” - No. - Aveva risposto, un
po' più sciolto di prima. Aveva preso fiato, rimproverandosi
di non aver pensato bene a cosa dirgli una volta che avesse risposto
– ma quando aveva finalmente parlato le parole erano uscite
naturali e morbide, in preda ad un flusso di coscienza senza
precedenti. - So che non lo ammetteresti mai, so che ci conosciamo
ancora poco e non dev'essere facile aprirsi tanto a quello che per
ora per te è ancora un estraneo, ma...stai bene? Sei sicuro di
voler rimanere da solo a Capodanno? -
Dall'altro
capo del telefono non era giunto un singolo suono; non fosse stato
per i rumori della metropolitana in arrivo e in partenza ed il
chiacchiericcio distante, Yoongi avrebbe pensato di essere diventato
del tutto sordo. Poi Hoseok aveva emesso un rumore terribile quanto
familiare, e Yoongi l'aveva immaginato a tirare su col naso come la
prima notte al dormitorio, come la volta in cui l'aveva sentito
piangere.
Subito
dopo era esploso a ridere.
( quando ho ricevuto la
telefonata )
Aveva
riso per un tempo che a Yoongi, infreddolito e completamente derubato
dalla consapevolezza di sé, era sembrato infinito.
All'improvviso al mondo non era esistito nessun altro – era
rimasto solo, e la risata di Hoseok era l'unico suono che lo faceva
sentire vivo e reale.
Per
un momento l'aveva odiato sinceramente.
-
Grazie per aver chiamato, hyung. Grazie per avermelo chiesto. -
L'aveva sentito mugolare. Aveva la voce rauca: il pensiero che avesse
pianto aveva gelato Yoongi molto più del freddo. Non era mai
stato bravo a gestire le persone emotive, era stato un terribile
errore, e forse Hoseok non l'avrebbe odiato troppo se avesse chiuso
la telefonata in quel momento. - A dire il vero no, non sto bene. -
Qualcosa
dentro di lui si era ammorbidito, e prima di riuscire a mettere un
filtro tra i suoi pensieri e la sua bocca Yoongi aveva mormorato: -
Ti manca Gwangju? -
Hoseok
forse aveva annuito, perché c'era stata una breve pausa. - Sì.
-
Yoongi
aveva stretto il telefono, fin troppo in grado di identificarsi
perfettamente con quella stupida nostalgia. - Ti manca la tua
famiglia? -
Un'altra
pausa. - Sì. -
Poi,
finalmente, Yoongi aveva trovato il coraggio di chiedergli ciò
che aveva voluto chiedergli da quando aveva lasciato l'appartamento.
- Vuoi che torni a casa? -
Quell'ultima
parola aveva aleggiato tra di loro con la potenza dello sparo di un
cannone. Yoongi conosceva il peso delle parole, era ciò con
cui lavorava – eppure non si era mai reso conto veramente di
quanto incisivo ed importante potesse essere definire un luogo come
la propria casa. Questa volta la pausa era stata decisamente più
breve, il tono di Hoseok più dispiaciuto. - Hyung, non devi...
-
(
fortunatamente ero nei paraggi )
Aveva
fissato la mappa della metropolitana. Quindici minuti d'attesa e poi
almeno altri quaranta per tornare esattamente da dov'era partito,
soffocato da pendolari, bambini urlanti e probabilmente un paio di
idioti che avrebbero tentato di sfilargli il portafogli o il
cellulare dalle tasche.
Aveva
sorriso, come se Hoseok – l'unica persona a cui avrebbe voluto
mostrare il proprio sorriso, in quel momento – potesse vederlo.
(
Mi è sembrata la cosa giusta da fare. )
-
Troppo tardi. - Aveva mormorato. - Cosa vorresti mangiare per cena? -
*
E
alla fine, nonostante abbia parlato per almeno cinque minuti
interrotto solamente dalla risata di Hoseok e da qualche occasionale
commento del DJ, non ha raccontato niente di quanto è accaduto
veramente. Racconta di com'è tornato a casa, ma non parla di
com'è quasi inciampato nello spazio tra il vagone e la
banchina nella fretta di correre via dalla stazione; ammette di
essersi presentato a casa con del pollo, ma non spiega di aver
comprato il piatto di dakgangjeong alla rosticceria all'angolo sotto
casa e di averlo spinto tra le braccia di Hoseok non appena questi
gli ha aperto la porta.
Poco
importa che lavorare con le parole e trasformarle in poesia sia ciò
che fa per vivere: parlare ad alta voce di quella sera non renderebbe
giustizia al ricordo che ha del sollievo sul volto di Hoseok nel
vederlo sulla porta, alle chiacchiere vuote iniziate prima di cena e
terminate solo dopo la mezzanotte; non può spiegare la gioia
che l'ha avvolto nel rendersi conto di quanto facile fosse parlare
con quel ragazzino timido così diverso da lui – sarebbe
come tentare di descrivere la nascita di un sentimento intimo e
segreto, il germoglio di una pianta che Yoongi non ha mai realizzato
di aver piantato dentro sé e i cui rami hanno iniziato a
soffocarlo nell'istante in cui Hoseok ha pronunciato quella stupida
battuta, tentando di far ridere il DJ e il loro pubblico e uccidendo
le sue certezze in una singola mossa.
Lo
conosce da anni, ormai – apparentemente meglio di quanto
conosca se stesso. È grazie ad un suo rimprovero che Hoseok ha
smesso di dormire sul divano, è tra le sue braccia che ha
pianto quando lo stress si è fatto impossibile da sostenere; è
a lui che ha sorriso quando il sogno di debuttare come un gruppo è
diventato realtà, ed è a lui che ha porto la mano per
aiutarlo a sollevarsi dal pavimento della sala prove dopo una delle
centinaia di ore di allenamento. Hoseok è un fratello, un
amico, qualcuno che Yoongi desidera proteggere – ma, scopre con
stupore, non si è mai chiesto perché desideri tanto
proteggerlo.
Lo
guarda per un lungo momento, mentre il DJ chiude quel segmento della
trasmissione senza bisogno del loro intervento; e quando lui si gira
a restituirgli lo sguardo, agitando appena il capo e sorridendogli
per domandargli senza parlare che cosa lo turbi, Yoongi finalmente
capisce.
È
colpa di quel maledetto sorriso. È sempre stata colpa
di quel maledetto sorriso.
*
(
se fossi stato una ragazza mi sarei sicuramente innamorato di lui! )
-
Yoongi-hyung. -
La
mezzanotte era passata da un pezzo e Yoongi, con il viso rivolto al
soffitto, aveva realizzato in quel turbinio confuso che sono i
pensieri notturni di sentirsi stranamente felice. Quando si era
voltato a guardare Hoseok l'aveva trovato nell'angolo opposto del
divano, intento a sorridergli – e quella realizzazione si era
trasformata in realtà oggettiva.
-
Grazie, hyung. - Gli aveva detto. - Sembravi uscito da un drama,
prima, sulla porta... se fossi stato una ragazza mi sarei potuto
innamorare di te! -
Aveva
riso, una risatina nervosa che si era persa nell'assenza di rumori
della notte, nel silenzio attonito di Yoongi – nelle sue
incertezze appena sbocciate. Non aveva avuto idea di cosa volesse
dire, ma aveva desiderato sentirglielo dire di nuovo. Aveva avuto
l'impressione che avrebbe aiutato a mettere le cose in chiaro –
e se c'era qualcosa di cui Yoongi aveva avuto bisogno, in quel
momento, era di fare chiarezza sui propri sentimenti.
Ma
Hoseok non lo aveva fatto. Si era morso il labbro inferiore, aveva
imitato la sua posizione e si era messo a fissare il soffitto –
domandandosi, probabilmente, cosa ci vedesse di tanto interessante.
Yoongi
non aveva avuto occhi che per lui per il resto della notte.
- - - - - - - - - - - - - - - - - -
-
Aaaaah questa Sope avrebbe dovuto
essere più lunga e avrebbe dovuto esplorare l'effettiva
dichiarazione di Yoongi a Hobi ma quando l'ho riaperta mi sono resa
conto che il finale mi piaceva com'era e che allungarla avrebbe
rovinato un po' le cose...? Posso sempre scriverlo in un secondo
momento, ahahah
Quando ho letto la prima volta del
fantomatico “incidente di capodanno” non riuscivo a
crederci... che cosa carina da parte di Yoongi TT dovevo
assolutamente scrivere qualcosa a riguardo ed eccola qui, parecchio
romanzata :''D
Alla prossima,
-Joice
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