Yamagi non pensava che gli avrebbe fatto quell’effetto.
Si sentiva terribilmente in ansia, ma nulla a che vedere con quella
sensazione di acido alla bocca dello stomaco che aveva avuto ogni volta
che Shino montava sul suo Ryusei-Go per combattere.
Quella volta era tutto diverso.
Era come se sentisse dentro di sé un’incontenibile gioia nel poter
finalmente avere qualcosa che da sempre aveva solo potuto vedere, era
il raggiungimento della meta alla quale aveva sempre aspirato senza mai
riuscire ad avvicinarsi.
Era talmente emozionato che aveva paura di piangere, proprio lì,
davanti a tutti i suoi amici che lo guardavano stare in piedi davanti
all’altare, mentre loro sedevano comodamente sulle panche della sala.
D’un tratto sentì una voce, quella voce.
“Ehi! Yamagi!”.
Era Shino.
Si sistemò la parte davanti del gilet bianco damascato e, in
imbarazzo, si girò per poter guardare finalmente il suo futuro sposo.
Non si erano visti la sera prima, come voleva la tradizione, e come le
sue iridi celesti incrociarono la figura di Shino, rimase senza fiato.
La mandibola cedette, lasciandolo a bocca aperta e occhi sgranati.
Shino stava arrivando verso di lui.
Vestito in abito da sposa.
Un grande abito da sposa, con una scollatura a V, che gli lasciava
in vista i pettorali, e una gonna pomposa.
Magenta.
Un abito da sposa magenta.
Yamagi urlò disperato, al punto che quando si svegliò di scatto
ancora gridava, incurante che fosse nel cuore della notte. Aveva il
fiatone e i lunghi capelli biondi gli si erano appiccicati alla nuca.
Ansimando, ancora shockato per ciò che fortunatamente si era
rivelato essere solo un sogno, afferrò il cellulare che stava
ricaricando sul comodino e compose il numero di Eugene.
«Tu… tu… tu… tu… tu… Pronto? Yamagi?». Dopo una lunga attesa,
finalmente il bodyguard di Kudelia rispose alla chiamata.
«Eugene! Giuramelo!», esplose Yamagi, facendo sussultare
l’interlocutore. «Tu sei il suo testimone! Giurami che non permetterai
a Shino di vestirsi in maniera inappropriata per il nostro
matrimonio!».
Eugene sbatté più volte le palpebre e controllò l’orario sul display
luminoso. «Yamagi, ma che stai facendo alle tre di notte?».
«Giuramelo e basta!».
«O-Ok…», rispose il bodyguard, sentendo poi che l’altro, senza
ringraziare o salutare, gli metteva giù il telefono in faccia.
Eugene sospirò e rimise il proprio cellulare sulla testiera del
letto, sentendo poi Ride mugolare tra le coperte, accanto a lui.
«Mh? Chi era?», domandò assonnato, stropicciandosi un grande occhio
verde.
«Era Yamagi… mi sa che dorme male quando Shino è a lavoro di notte
all’orfanotrofio…», spiegò l’altro, terminando la frase con un sonoro
sbadiglio.
Ride richiuse gli occhi, accoccolandosi contro la spalla del
fidanzato. “Sarà l’ansia prematrimoniale… e manca ancora un mese…».
Eugene sospirò.
E avevano ancora da organizzare l’addio al celibato…