Le Relazioni Pericolose

di Le_sorelle_Laclos
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44. Oscar

 


Saint Cloud, 25 agosto 1787


Sei venuta, abbiamo parlato, ma ci sono cose che avrei voluto discutere meglio con te. Il tuo trasferimento, per esempio, in un’altra casa. So bene che lì è tutto il tuo mondo, in quel palazzo dove hai soggiornato per anni, cresciuto i tuoi figli finché non è venuto per loro il momento dello studio, del collegio, dell’Accademia, organizzato le feste che ti allietano tanto l’animo.

Ma non è l’unico palazzo di Parigi. Non posso agire per aiutarti, per il momento, se non chiedere un colloquio con Liancourt, scrivere a nostro padre perché mi affianchi. Forse lo farebbe. Ma non è questo il punto, come sappiamo. Abbiamo già provato a parlare con lui, a usare le maniere forti, a spaventarlo. Il risultato è che egli ha covato per anni il rancore che ora ti riversa addosso. Qualcosa è cambiato, se una sua amante può venire così spudoratamente al tuo cospetto, se lui stesso può permettersi di inveire contro di te.

Hai mai pensato che qualcuno dei tuoi servitori gli fosse fedele più che a te? In questo senso spero bene che le tue relazioni pericolose siano state accorte e attente. Specie adesso, che un uomo mio amico è riuscito a farti brillare gli occhi. L’ho notato: il solo accennare al suo nome ti accende. Minimizzi sempre, sulla carta! Ma di persona… non ti ho mai vista in questo modo. Inquieta, anche nella gioia: mi guardavi con disappunto perché il mio stato non è ancora così evidente, pregustavi il pranzo in famiglia con il quale riveleremo tutto ai nostri cari, e un poco hai alleggerito anche me dal timore di ciò che accadrà; ma c’era sempre lui, nei tuoi pensieri. E l’altro. Eri diversa, irraggiungibile. In bilico, come sull’orlo di un burrone, incerta se cadrai o se volerai.

Ebbene, credo che sia il momento di volare. Lascia quella casa e trasferisciti in una che sia intestata a nostro padre, o a una delle nostre sorelle. E non dirmi, come hai fatto ieri cambiando subito argomento, che non sei vigliacca, che non ti rassegnerai a lasciare ciò che hai di caro, il quadro di Mme Vigée-Le Brun alla parete della sala da pranzo, o la statuetta di Afrodite ed Eros sul mobile del salottino, gli angoli del tuo letto, il modo in cui sono orientate le finestre e il giardino. Sono cose che puoi portare con te o ritrovare altrove. “Non posso vivere come un’ospite, voglio una casa mia” hai detto, e lo capisco; ma finché quella casa sarà anche sua, non ci sarà speranza che ti lasci stare. Rinnova la servitù, porta con te Diane e chi reputi leale; ricomincia. Magari in campagna, vicino a Palazzo Jarjayes.

Sai bene che non amo le soluzioni di compromesso. Detesto Liancourt e voglio che ti lasci in pace. Ma ho un buon consigliere, che mi esorta a trovare un nuovo modo di affrontare la questione, e ha gioco facile, dal momento che adesso ho una responsabilità diversa, molto più gravosa.

Già, non mi sento ancora serena. Stare qui, lontano da ciò che affligge tutti voi, senza assistere alla guarigione di nostro padre o sostenerti nella tua liberazione, senza dire a nessuno, nemmeno a nostra Madre e a Nonna Marie, quello che accadrà tra pochi mesi, è un pungolo che mi impedisce di rilassarmi. Fa bene a me e ad André stare soli, passeggiare, prenderci cura l’uno dell’altra. Ma devo trovare il coraggio di uscire allo scoperto. D’altronde, se avessimo davvero voluto vivere isolati, non saremmo tornati qui, e avremmo proseguito il viaggio che sognavamo.

Chissà se lo riprenderemo mai, quel viaggio.

Dunque, sta bene. Parla con nostra Madre e organizza questo pranzo. Vorrei che fosse informale, solo le nostre sorelle, senza i loro mariti e i figli, e nostro Padre, e la Nonna, che per l’occasione vorrò che sieda a tavola con noi.

Dopo… l’annuncio, diremo che c’è necessità che tu viva altrove. Nessuno di loro ti volterà mai le spalle. Lo sai.

Abbi cura di te e stai attenta. Rispondimi il prima possibile.



Oscar

 

 

 

 

 





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