AUTORE: Akane
SERIE: Original
GENERE: generale,
romantico, un po' drammatico
TIPO: etero e accenno
di yaoi
RATING: giallo/PG13
AMBIENTAZIONE: un
principato più o meno grande, luogo non specificato, ai
giorni nostri
NOTE: la presente fic
(che sto correggendo) è un po' ispirata ad alcune situazioni
del
regno inglese. Per la precisione ci sono scene e atti accaduti che
tutti conoscono come spunto così come alcuni personaggi. Da
qui ho ricamato, aggiunto, modificato,
cambiato a mio piacere per ricavare questa storia. Quindi ci potrete
trovare facilmente somiglianze con situazioni vere, ma è
solo uno
spunto, poiché poi io parto per la tangente! Vi auguro buona
lettura. Baci Akane
FRAMMENTI
“Nobiltà
d'animo è rispetto della vita, eleganza dello sguardo,
sentirsi alla pari del più piccolo di tutti, mostrare
l'anima senza farsi male. Raramente queste qualità
corrispondono ad un nobile anche di nome. Ne nascono forse uno ogni 50
anni. Lì era successo. Un principe di nome e di
fatto.”
PROLOGO:
VERO AMORE
‘Si
amavano come forse nessuno sarebbe stato capace.’
Un unione non
molto pulita.
Lei non era di
sangue blu ma guardandola pareva proprio fosse una vera principessa. Lo
si capiva subito dalla bellezza ineguagliabile, dal portamento
distinto, dalla fierezza dello sguardo. Non aveva origini nobili, era
una donna come altre. Alicia.
Lui era di
razza, un purosangue. Figlio di una regina. Era il principe di una
monarchia non famosa, non grande, semplice ma tenuta molto in
considerazione. Lui non era il classico principe azzurro, anzi. Era
brutto, insicuro, pieno di complessi con un educazione da manichino
inculcata fin dalla nascita. Non era affatto un principe, la
nobiltà la possedeva solo nel nome. Alberth.
Ma quando lui
la conobbe non potè fare a meno di innamorarsene
perdutamente, amandola fino allo spasmo, puntandosi per averla. Lei
cedette a quel sentimento che pareva sincero e puro, lottarono fino
allo stremo delle forze affinché venissero accettati dalla
regina.
Inizialmente
non erano andati d’accordo nemmeno loro, lui era un principe
viziato che andava a corteggiare tutte le belle donne approfittando del
suo rango, ma poi aveva imparato ad amarlo.
Non era una
persona a cui importava qualcosa di impadronirsi del titolo reale, non
lo era mai stato, per cui se si fidanzò con uno come lui fu
solo per amore.
Sincero ed
incontaminato.
La regina
però non l'accettò mai, non aveva una provenienza
aristocratica.
Quando si
sposarono dimostrarono di essere all'altezza. Sembrò che il
principe si fosse deciso a diventare qualcuno degno del nome che gli
apparteneva, influenzato positivamente da lei.
Era una
principessa esemplare come mai forse era ancora stata nessuna. Non
aveva mai dimenticato la sua vita passata e faceva quel che poteva per
aiutare quelli che prima erano gente come lei.
Fu
così che nacque il primo erede, William Philip Louis Wilford
e a distanza di due anni arrivò il secondo, Andrew Alexander
Joseph Wilford.
Si amavano come
forse nessuno sarebbe stato capace.
CAPITOLO I:
PERFETTO
'Era
una vita meravigliosamente giusta e perfetta. Come un vetro di
cristallo puro che non si incrina mai. Ma un cristallo può
nascondere una doppiezza insostenibile se si trasforma in specchio.'
Quel giorno la
lezione era finita. Una lezione che probabilmente aveva ascoltato
sinceramente interessato solo lui.
Ripose i libri
scolastici al loro posto e senza notare tutti gli sguardi sognanti che
gli lanciavano, uscì dall'edificio. Seppur fosse una scuola
privata riservata a gente di un certo rango, non erano abituati a
vederlo lì. Normalmente a persone come lui si riservava un
educazione speciale, con insegnanti appositi a casa, non li facevano
stare in un edificio dove v’era un certo numero di individui
curiosi di natura verso il prossimo, la cui attività
preferita era vedere chi fra tutti era quello più bello,
ricco e importante. Ma avevano insistito sia loro che la madre per fare
come quasi la maggior parte, per cui non rimpiangeva la scelta di
abbandonare le lezioni private.
In fondo, in
quel modo, poteva provare a socializzare... si era detto questo
all'inizio, tuttavia a volte si chiedeva che senso avesse. Tutti lo
guardavano come se fosse un Dio, molti lo invidiavano al punto di
parlare male di lui e trattarlo male, altri cercavano di essergli utili
in tutti i modi ingraziandoselo. A lui semplicemente infastidivano
quegli atteggiamenti per cui non calcolava mai nessuno risultando molto
snob; tuttavia, a onor del vero, era così che si era fatto
l'unico sincero amico.
Del resto che
poteva pretendere? Un Principe ai giorni moderni che tenta una vita
simil normale non passava inosservato.
Si
differenziava pur cercando di mascherarsi e anche se non serviva
rivelare il suo cognome e il suo titolo, trapelava la sua essenza da
ogni poro.
Da come
camminava elegantemente aggraziato, dallo sguardo espressivo e fiero,
la piega sicura della bocca ben disegnata, gli occhi azzurri attenti e
misteriosi, i lineamenti puramente aristocratici, i capelli biondi
ordinatamente sistemati sul capo in modo da non cadergli sul volto e
sulla fronte. Erano leggermente mossi e li domava senza l'ombra di
qualche intruglio assurdo. Le mani sempre lungo i fianchi morbide e
abbandonate senza in nessuna posa specifica che desse chissà
quale comunicazione agli altri.
Tutto di lui
rivelava la sua identità, non lo faceva apposta, era un dono
di natura quell'apparenza così principesca. Non vestiva come
un manichino, certamente tutto di marca ma anche uno straccio gli
sarebbe apparso come un dono della regina. Semplici jeans che gli
fasciavano le gambe lunghe, né troppo stretti né
troppo larghi, il torace non esageratamente atletico per un quindicenne
era nascosto da una maglia nera morbida che lo avvolgeva invidiabile.
Supremo.
Così
veniva definito dalle fan.
Cresceva bene
fisicamente parlando e le poche volte in cui sorrideva era contagioso,
faceva inebetire chiunque. In quanto al carattere: supremo anch'esso.
Il classico
principe, introverso, distinto, elegante, sapeva stare al suo posto,
non osava più di quello che sapeva poter fare, non trattava
male nessuno ma era educato e sornione. Il tipico sguardo importante e
suggestivo. Sicuro di sé.
Lui aveva una
luce dentro che fuoriusciva nei suoi gesti e nelle sue parole di
giovane.
Forse era
intelligenza, forse era rispetto per chi era sotto di lui, forse era
solo un dono di natura, un dono che non aveva ancora nome ma certamente
negli anni l'avrebbe posseduto.
Percorrendo il
cortile incontrò l'unico suo vero amico che l'aveva convinto
a continuare quella scuola, Drew. Lo salutò cordiale senza
quei gesti esagerati che si scambiavano i ragazzi di
quell'età.
- Ciao Will,
come va? -
I due
continuarono ad avanzare lentamente ma allo stesso tempo sostenuti, la
voce calda ed educata del principe rispose senza scomporsi o fare
espressioni particolari:
- Bene, grazie.
Tu? -
Ricevette un
sorriso amichevole, anche Drew era nobile e per di più
lontanamente imparentato col biondo; si erano incontrati per la prima
volta all’inizio delle superiori, quando avevano iniziato
insieme, per puro caso, quella scuola. Era stato lì che
avevano scoperto di essere cugini di un grado piuttosto lontano,
così avevano iniziato a frequentarsi ritenendosi
l’un l’altro la persona migliore presente in
quell’istituto pieno di gente insopportabile.
- Come al
solito... -
Il moro dai
capelli ondulati ordinatamente pettinati, gli lanciò il
solito sguardo laterale per osservare i suoi atteggiamenti giornalieri,
in quello spiccarono molto il colore azzurro chiaro dei suoi occhi: non
c'era dubbio, anche quel giorno il suo amico era il principe di sempre!
Poi, seguendo
un suo pensiero, sentenziò:
- Te lo dico
sempre. Io ti sostengo e ti ammiro, ma sei troppo maturo. Anche se sei
un principe sei comunque un quindicenne. Comportati come tale! -
La freddezza e
compostezza di William non si turbò, non una smorfia, non un
cambiamento, la pelle chiara e levigata rimase liscia, il volto
diplomaticamente sicuro e lontano.
Ecco il punto.
Lui era lontano, sempre via, completamente in un altro mondo rispetto a
tutta la gente che lo circondava e che cercava di essere al suo pari o
avere rapporti con lui. Li distanziava nettamente e non si capiva se
per sua volontà o inconsciamente.
Ad ogni modo
risultava sempre perfetto e probabilmente questo era il suo
più grande difetto.
William era
perfetto in tutto: studio, sport, passatempi, vita sociale,
comportamento...
Era
irraggiungibile e non riusciva a provare gli stessi interessi degli
altri coetanei. Veniva accusato di snobbismo ma non era
così. Semplicemente era migliore rispetto agli altri, ne era
semi consapevole e non vedeva motivo nell'affannarsi per apparire come
gli altri anche se non lo era mai stato.
Si sentiva
diverso e ancora a quell'età uno se lo chiede: che fare?
Perché?
Ma poi non si
trovano altri comportamenti adottabili per cui si continua
così come si ha sempre fatto, come viene spontaneo. Lui
aveva già trovato un suo equilibrio interiore e non si
sarebbe piegato o abbassato.
Quelli, senza
rendersene conto, erano semplicemente i primi passi per diventare
quello che sarebbe diventato.
Per capirlo
bisognava saper leggere negli animi indecifrabili come il suo e pochi,
molto pochi ci riuscivano.
Abbastanza il
suo amico Drew, in parte suo fratello Andrew e totalmente sua madre.
Lui era
identico a lei e crescendo lo si vedeva chiaramente. Era il suo
ritratto e a lui bastava ricevere il suo amore.
Si sentiva bene
nella vita che conduceva, assurdamente bene, e non per
vanità, senso di arrivismo o perché viziato, non
lo era affatto. Lui era così.
Aveva sangue
nobile nelle vene e un tipo del genere avrebbe riservato molte, ma
molte sorprese.
Arrivarono
fuori dal cancello dove si trovava parcheggiata la limousine nera della
sua famiglia, lo stemma reale vigilava alla somma dell'auto. Accostato
ad essa c’era l'autista, il solito che veniva a prenderli.
- Sua
maestà principe William... buongiorno. -
Il ragazzo si
fermò a qualche metro, eretto e senza assumere pose
particolari.
Leggermente
severo rispose:
- Quante volte
te lo devo dire? Sono William e basta... -
Sapeva che non
ci sarebbe stato verso di fargli cambiare idea.
- Drew, ci
vediamo... -
Così
si rassegnò e scotendo la testa salutò l'amico
che ricambiò ridendo per poi andarsene.
Rimasti soli,
il principe e l’autista, quest’ultimo chiese
educatamente:
- Sua
maestà il principe Andrew? -
Fu qui che
William alla testa scossa aggiunse un impercettibile movimento con le
labbra stringendole contrariato. Lo sapeva, l'aveva fatto di nuovo!
Non era essere
principe che gli interessava, bensì essere lasciato in pace
… pura utopia!
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