Un anello
per trovarli
Sabato 31
gennaio 1931
Si era appena conclusa
un'altra giornata a casa Scamander.
La famiglia Scamander al
completo, compresi gli acquisti più recenti: Percival Graves,
Jacob Kowalsky ed il piccolo Marek Kowalsky, che portava con tutto
l'orgoglio di un poppante il nome del nonno paterno.
Fortunatamente la giornata
si era conclusa, perché Elinor aveva provveduto a mettere in
imbarazzo tutti e chissà cosa avrebbe detto ancora se non si
fossero ritirati.
Prima aveva informato
l'intera famiglia che il cuginetto di cinque mesi pensava quasi
sempre al seno di Queenie; cinque anni e mezzo, un senso del pudore
non ancora sviluppato ed uno spiccato talento per il contatto mentale
non sono una buona combinazione.
Poi aveva chiesto a Credence
quando lui e Percival avrebbero avuto il loro bambino, e, alla
risposta che essendo entrambi maschi non avrebbero potuto avere un
bambino come Queenie e Jacob, Elinor aveva spiegato che credeva che
loro due fossero maschi ma anche femmine. Come le lumache.
Nonostante fuori nevicasse,
entrambi erano arrossiti come nemmeno una fenice nel giorno del falò.
Poi Elinor aveva chiesto a
Percival se lui e Credence avevano le foto del matrimonio come le
avevano i suoi genitori.
E Percival avrebbe voluto
sprofondare ma era riuscito a spiegarle che lui e Credence erano
ancora fidanzati.
E allora Elinor gli aveva
chiesto quando si sarebbero sposati, perché lei voleva i
confetti della bomboniera come quelli del battesimo di Marek.
Percival le aveva ancora
detto che decidere di sposarsi è un passo importante e che non
si deve decidere in fretta.
Poi per fortuna Jacob lo
aveva salvato dall'interrogatorio con una guantiera di torrone.
Una volta lontani dal
pericolo, di nuovo al sicuro a casa loro, Credence e Percival ci
avevano riso sopra (più Credence, a dire la verità), ma
in realtà le domande di Elinor erano rimaste nell'aria.
Soprattutto per Percival,
per cui le domande "Quando vi sposerete?" "Quando
avrete un bambino?" si riducevano ad un'unica domanda capace di
fargli sentire in gola un bolo spinoso di uncaria, e che era
essenzialmente "Perché non siete una famiglia normale?".
Per questo, piuttosto che
restare a rimuginare e rovinare il resto del week end ad entrambi,
Percival decise di sputare il rospo e disse a Credence che dovevano
parlare.
Lui reagì con un
accenno di sorriso che poteva essere un "Lo sapevo che ci
saremmo arrivati" come poteva essere semplice comprensione.
-Sembra una cosa seria. Lo
è?-
-Sì, lo è-
-Allora ci servirà un
bloody brandy-
Percival rimase ad ammirarlo
mentre con gesti fluidi Credence faceva volteggiare fino al tavolino
due bicchieri.
Era così bello in
quel momento! Aggraziato ma padrone della situazione.
E Percival non riuscì
a rimproverarlo per aver preso due bicchieri rocks invece che gli
snifter.
Anche la bottiglia di bloody
brandy arrivò a destinazione, però in mano a Credence
invece che sul tavolo.
-Allora. Stavamo dicendo?-
Mentre lo diceva Credence
versò una dose generosa di bloody brandy in entrambi i
bicchieri e poi si sedette sul divano accanto a lui.
-Stavamo... veramente
stavo... pensando che... a quello che mi ha chiesto tua sorella. A
quando ci sposeremo e a quando avremo un bambino-
-Perché ci pensi
ancora?-
Percival esitò. Non
era da lui esitare, ma davvero non sapeva in che termini porre la
questione, il che era stupido, dato che era stato lui ad insistere
per riportarla all'attenzione.
Lui non era mai stato bravo
ad indorare la pillola, e quindi gli uscì nel modo più
brutale possibile.
-Perché noi non siamo
una famiglia normale-
Credence per un attimo fece
una smorfia che non aveva nulla a che fare con il brandy, e Percival
si maledisse per essere stato così tanto... bé, così
tanto lui.
-No, Percival non siamo una
famiglia convenzionale. Non possiamo chiedere a nessuno di celebrare
il nostro matrimonio, e di certo non potremo avere bambini. A meno
che tu non sia ermafrodita come una lumaca, cosa che posso
testimoniare che non è vera. Ma perché? C'è
qualche problema?-
Percival sentì che la
vera domanda era "Che succede? Non sei più felice con
me?" e lui non aveva mai voluto questo.
Mise da parte il bicchiere e
prese la mano di Credence tra le sue.
-Non per me. Voglio dire...
secondo te dovremmo? Perché giuro che io vorrei poterti
chiedere "mi vuoi sposare?" e vorrei che tu accettassi, e
vorrei poter mettere alla tua mano un anello identico al mio e...-
Si interruppe bruscamente
perché lui si era abituato a molte cose, ma forse si era un
po' lasciato andare.
-... E non posso farlo-
concluse infine, guardando proprio la mano al cui anulare immaginava
di vedere una fascetta d'oro.
Sollevò il viso solo
quando Credence lo accarezzò sulla guancia.
-Percival? Va tutto bene.
Davvero. Non si può avere tutto, giusto? Io ho te, ed è
la cosa più importante. Anche a me piacerebbe... sai... il
matrimonio, la promessa davanti a tutti, in generale avere un giorno
speciale da ricordare... ma non sarò infelice se non potremo
averlo-
-Scusami- Percival sospirò
-Forse sto creando un problema dal niente-
-No, no. È giusto
parlare di queste cose tra noi, piuttosto che lasciarle nel non
detto. E tu invece? Come ti senti al riguardo?-
In realtà Percival
non ci aveva esattamente pensato. Non si era soffermato ad analizzare
le sue emozioni, si era fermato alla parte pratica del problema.
-Non saprei. Non ci avevo
ancora pensato, ma adesso che me lo chiedi credo di essere
arrabbiato. Insomma, perché diavolo noi non possiamo?-
Credence sorrise in quel
modo che gli faceva venire i brividi.
-Oh, Percival! Tu lo faresti
se potessi, giusto?-
-Certo che lo farei!-
-E allora va tutto bene.
Anche senza anelli, cerimonie e confetti-
Credence gli prese il viso
tra le mani e lo baciò prima che lui potesse protestare.
***
Ma la questione non era
chiusa. Proprio per niente. Almeno non per Percival.
Che la settimana dopo, di
domenica, fece in modo di portare Credence nel parco di Crawley.
Aveva deciso che voleva
farlo sulla stessa panchina dove anni prima aveva pregato Credence di
tenere le spille a forma di scorpione che lui non riusciva più
ad indossare.
La neve era rimasta solo ai
bordi dei vialetti ed attorno alla panchina su cui erano seduti loro;
la giornata era tersa, di quel freddo secco che fa sembrare il cielo
una lastra di cristallo ed il parco, ancora immerso nell'inverno ma
con qualche ciuffo di erba nuova color verde pallido, era una
meraviglia.
-Ti ricordi cosa è
successo qui?- chiese Percival, e poi aggiunse in fretta -A parte
l'incidente con le Magibolle Pinkerton-
Seduto accanto a lui,
Credence scoppiò a ridere perché la storia delle
Magibolle Pinkerton non sarebbe mai stata dimenticata.
Le Magibolle, invece di
scoppiare, creano minuscole copie di sé stesse, quindi da una
ne potevano spuntare decine; per giunta, bastava una minima quantità
di prodotto a scatenare il fenomeno.
Quando Credence ne aveva
comprato un flacone in una giornata di primo autunno non aveva avuto
intenzione di creare... bé... quello.
Comunque fosse, una delle
bolle era finita chissà come in bocca a Percival, che per la
mezz'ora successiva si era espresso sputacchiando imprecazioni e
bollicine iridescenti.
Elinor si era divertita
molto con entrambe. Percival no.
Ma se il ricordo serviva a
far ridere Credence come se fosse successo solo il giorno prima
pazienza, ci si sarebbe adattato.
-Non potrò mai
dimenticare le Magibolle, ma non credo che tu mi abbia portato qui
per rivivere quell'episodio. Credo piuttosto che tu ricordi qualcosa
di serio. Gli scorpioni?- chiese Credence.
Percival annuì, grato
che Credence se ne ricordasse.
Proprio davanti a loro passò
una tata con due bambini per mano. Un maschietto vestito alla
marinaretta ed una bambina vestita di giallo. La borsa della donna
era enorme, e chissà perché portava sotto braccio un
ombrello, nonostante la giornata fosse perfettamente limpida; il vero
problema per Percival era che il manico dell'ombrello fosse a forma
di testa di pappagallo di un gusto veramente dubbio.
I due ragazzini non si
voltarono, ma la donna per un attimo sembrò guardare dritto
verso Credence e Percival attraverso il suo incantesimo di
schermatura.
Percival la trovò
singolare e preferì aspettare che si allontanasse prima di
riprendere a parlare.
-Esatto. Gli scorpioni. E
adesso c'è un'altra cosa importante che voglio fare-
Lui avrebbe dovuto essere
ormai grande ed immune a certe cose, eppure sentiva il cuore battere
diversamente nel suo petto.
Cercò in tasca ed
estrasse una scatoletta di velluto blu, e da come Credence sgranò
gli occhi gli sembrò che potesse avere intuito cosa fosse.
-Io ci ho pensato molto in
questi giorni, e sono arrivato alla concusione che il fatto che
viviamo in un mondo di imbecilli che non ci accetta e che nessuno
celebrerebbe il nostro matrimonio, non è un buon motivo per
non chiedertelo, e quindi...- aprì la scatoletta e rivelò
il contenuto che per un attimo mandò un bagliore dorato sul
viso di Credence -Credence Barebone... mi vuoi sposare?-
Non si era messo in
ginocchio perché gli sembrava una cosa eccessivamente
melodrammatica, e la proposta gli era uscita a voce più bassa
di quanto aveva previsto, ma quello che importava era che lo avesse
fatto guardando Credence negli occhi.
-Non posso crederci... me lo
hai chiesto davvero...- per un attimo Credence sembrò troppo
confuso per rispondere, e guardava alternativamente lui e l'anello,
poi si riscosse all'improvviso ed urlò -Sì!-
Sentirglielo dire fu un vero
sollievo.
Non tanto per la proposta in
sé, quanto per il timore di aver aperto una ferita o di
essersi reso ridicolo con quella sua trovata.
Solo che Credence non
riusciva a smettere di ripetere "sì", nemmeno dopo
essersi avvinghiato a Percival così stretto da fargli andare
via il fiato.
-Sì, sì, sì!
Certo che voglio sposarti!-
Lui strinse più forte
la scatoletta in mano per evitare qualcosa di imbarazzante come
perdere l'anello prima di averlo potuto fare indossare a Credence.
Il problema era che nemmeno
lui riusciva a smettere di fare cose stupide come sorridere, baciare
Credence dappertutto e sentirsi completamente, assurdamente felice
per una cosa impossibile.
Anche se non era
impossibile: per loro era reale, ed era tutto ciò che contava
al mondo.
Credence aveva appena
accettato di sposarlo.
Se avesse inghiottito un
intero flacone di Magibolle non sarebbe sentito così euforico.
-Ora dammi la mano, enfant
terrible. Sono giorni che aspetto questo momento-
Aveva passato ore ad
immaginare come sarebbe stato quel momento, ed era stato ogni volta
un nodo di emozione perché non vedeva l'ora di avere qualcosa
che gridasse al mondo intero "Vedete quest'uomo meraviglioso?
Ecco, io sono sposato con lui".
Credence gli tese la
sinistra e lui finalmente potè far scivolare la fascetta d'oro
attorno al dito.
Non si era sbagliato quando
lo aveva immaginato: gli stava proprio bene.
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Nel Cerchio della
Strega
Salve a tutti e bentornati!
Questo è il capitolo
dei dilemmi morali, perché i pregiudizi esistono dappertutto
ed è bene farci i conti.
A parte questo, ci sono le
mie solite precisazioni da maniaca perfettina.
-Il titolo del capitolo è
ovviamente la citazione dell'iscrizione sull'Anello del potere ne "Il
Signore degli Anelli". "Un anello per trovarli, un anello
per domarli, un anello per ghermirli e nell'oscurità
incatenarli", solo che per Credence e Percival in realtà
non è nulla di cupo o inquietante.
-Il figlio di Queenie e
Jacob si chiama Marek. Marek è un nome polacco, perché
Kowalsky è un cognome polacco e quindi Jakob dovrebbe essere
originario di quel paese. E siccome è emigrato prima negli
Stati Uniti, poi in Inghilterra, ho pensato che non gli sarebbe
dispiaciuto ritrovare un po' delle sue origini nel nome di suo
figlio.
-Mi è scappato un
cameo di Mary Poppins ad un certo punto, sebbene la storia di Mary
Poppins sia ambientata nel 1906 e qui invece siamo all'inizio del
1931. Ma Mary Poppins secondo me non invecchia ed è ovviamente
magica, anche se di una magia diversa.
-Le bolle di sapone che non
si esauriscono mai sono da sempre un mio sogno.
A presto
Lady Samhain
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