Shana
di Sanahata.
Il
re di Sanahata passeggiava nervoso avanti e indietro attendendo di
essere annunciato dal suo servitore.
Proprio
quel giorno aveva stabilito nuove e assurde leggi da far rispettare
ai popolani senza aggiungere l'ennesimo aumento delle tasse.
Affacciati
all'ampio balcone vi erano già i figli, Sai e Shana che
guardavano la folla con tristezza e rassegnazione.
Erano
decenni che il padre governava sul popolo e sulla terra di Sanahata e
ciò era bastato a portarla quasi alla rovina.
Shana,
una ragazza di 17 anni dai lunghi capelli neri e gli occhi dorati
come quelli dei felini, lanciò uno sguardo afflitto al
fratello, più grande di lei di soli 3 anni.
Da
quando la loro madre era morta i due fratelli si erano avvicinati
moltissimo saldando ancor di più il loro rapporto.
Purtroppo
non erano mai stati altrettanto legati al padre, uomo infinitamente
egoista e malvagio.
I
pensieri dei due giovani vennero interrotti dall'uscita trionfale del
padre, il re.
L'uomo
non li degnò nemmeno di uno sguardo e si affacciò al
balcone salutando gioviale i sudditi che ricambiarono con scarso
calore.
“Bene
miei cari sudditi” Shana represse una smorfia di disgusto per i
modi untuosi del padre nei confronti del popolo, che fin'ora aveva
solo sfruttato e portato alla fame. “mi rincresce comunicarvi
l'aumento delle tasse sulle colture, sul possedimento di bestiame e
sulla vendita di qualunque prodotto possa essere tassato.”
a
quelle parole calò un silenzio gelido e schoccato.
“Mi
vedo costretto ad imporre l'aumento in base ai consumi prodotti a
palazzo ma anche in base al vostro stesso mantenimento. Non è
facile guidare un popolo senza mezzi, capite bene...”
e
dicendo ciò si affacciò ancor di più facendo
penzolare le numerose collane d'oro puro e facendo luccicare gli
anelli che portava quasi ad ogni dito.
Shana
mosse un passo in avanti decisa a dire la sua ma la mano del fratello
la trattenne dal commettere azioni di cui si sarebbe amaramente
pentita.
“Shana,
non possiamo fare nulla.” le sussurrò con sguardo
furente e triste assieme. Anche lui odiava profondamente il padre ma
era saggio abbastanza da non contraddirlo.
Dopotutto
il re era famoso per la facilità con cui dava ordine di
decapitare chiunque si fosse opposto e Sai aveva i suoi dubbi che si
sarebbe astenuto dal far decapitare anche la propria prole.
Fu
allora che dalla folla una voce adirata di alzò d'improvviso.
“Popolo
dobbiamo rivoltarci, guardate come fa sfoggio delle sue ricchezze,
guardate le collane, i vestiti con cui il re e la sua famiglia si
orna. Per non parlare del lusso che ci sarà all'interno del
palazzo e viene a dire a noi che siamo un costo eccessivo per il
dominio? Ma non lo capite che vuole vederci tutti morti? Già
adesso non abbiamo di che mangiare, le terre al di fuori del palazzo
pullulano di mendicanti e intere famiglie che non hanno di che
sfamarsi. Ora vuole persino apporre tasse su quel poco che riusciamo
a guadagnare con le nostre attività togliendoci così
anche l'unico spiraglio e l'unica speranza di procurarci ogni giorno
almeno un pasto. Se continuiamo così presto saremo tutti
morti!”
Shana
si sporse per vedere chi era l'uomo coraggioso che aveva preso la
parola.
In
mezzo alla piazza vi era un uomo piuttosto emaciato e vestito di
stracci poteva sembrare debole come un vecchio se non fosse stato per
l'ardore dello sguardo.
In
lui vi era una scintilla di vitalità dovuta alla rabbia e
all'odio per quell'uomo che stava subissando il popolo.
Il
re trasalì ma si riprese subito sorridendo magnanimo.
“Mi
dispiace molto che la pensiate così. Non avete davvero idea
della situazione in cui io mi ritrovo da sovrano di una terra che sta
andando velocemente in rovina.” disse cercando di destare
comprensione.
L'uomo
al centro della piazza si aprì in una risata isterica che fece
rabbrividire Shana, era un suono acuto e pieno di disperazione.
“E
tu non ti sei reso conto della situazione in cui viviamo noi ogni
singola ora! Ci sono persone che non mangiano da giorni e vanno a
dormire la sera senza sapere se il giorno dopo si sveglieranno. I più
deboli si ammalano e muoiono e tanti non hanno nemmeno modo di
ricevere una degna sepoltura! E tutto questo a causa vostra!”
urlò indicando la famiglia reale.
Sia
e Shana trasalirono sentendosi additati. I due ragazzi non avrebbero
potuto essere più diversi dal padre ma, giustamente, il popolo
non poteva saperlo.
Il
popolo cominciava a rumoreggiare per dare man forte all'uomo, alcuni
avevano iniziato a gridare ingiurie contro il re e i figli.
Fu
allora che il re abbandonò la maschera magnanima con cui aveva
cercato di ingannare tutti e lasciò che la propria rabbia
affluisse nelle vene riscaldandogli il corpo dall'interno.
“Guardie!
Voglio che quell'uomo venga giustiziato domani stesso! E con lui
tutti quelli che si opporranno al nuovo regime da me imposto!”
urlò gelido e perentorio.
Di
colpo la folla si zittì retrocedendo velocemente e lasciando
più spazio dal rivoluzionario che rimase impavido e dritto con
lo sguardo di fuoco allacciato a quello del re in gesto di sfida.
“Siete
tutti dei codardi! Lasciate che una singola minaccia vi fermi, ma mi
chiedo se non sia meglio morire che continuare a vivere come viviamo
noi adesso. Io voglio cambiare le cose, voglio vedere la mia gente
vivere dignitosamente e sono ben felice di sacrificarmi affinché
le cose cambino!” proclamò l'uomo senza distogliere mai
lo sguardo.
“Bene,
allora morirai!” si limitò a decretare il re con un
sorriso sornione.
L'uomo
si girò e guardò la folla intera.
“Popolo,
vi prego di darmi ascolto, se ci rivoltiamo non potranno certo
ucciderci tutti, noi siamo in tanti e siamo alimentati dal fuoco più
spaventoso di tutti: la disperazione! Combattiamo per migliorare la
nostra vita!” urlò nel tentativo di convincere la gente
a prendere coraggio.
Nel
farlo però commise un grosso errore: voltò le spalle al
balcone per cui non poté vedere il re che scambiava un cenno
con la guardia alla sua destra.
Tutto
successe nel giro di un secondo, la guardia sfoderò il pugnale
che portava alla cintola e con mira precisa lo lanciò in
direzione dell'uomo. Non ebbe nemmeno il tempo di urlare, il pugnale
si conficcò a fondo nel cuore.
“Noooo!”
gridò Shana incapace di trattenersi.
Ma
il grido venne soffocato dal petto ampio di Sai che la strinse forte
a sé impedendole di vedere il corpo dell'uomo cadere a terra
con un tonfo sordo.
“Chiunque
oserà opporsi a me farà la stessa fine.”
proclamò il re gelido squadrando la folla che si era ormai
zittita presa dal panico.
“Bevi,
ti farà bene.” le disse Sai porgendole una tazza di
tisana fumante.
Shana
non aveva più proferito parola, la scena dell'uomo che veniva
ucciso a sangue freddo, a tradimento, le si ripresentava alla mente
facendola rabbrividire.
Sentiva
aumentare l'odio verso il padre ad ogni minuto che passava.
“Sai,
io non ce la faccio più. Non posso restare qui e sapere che ,
mentre noi ci godiamo tutti il lussi, gustiamo i migliori cibi,
viviamo nell'agio, c'è gente che muore ogni giorno perché
non ha nemmeno un tozzo di pane secco con cui sfamarsi.”
sussurrò con voce spezzata evitando di incrociare lo sguardo
del fratello.
Sentì
i passi che si avvicinavano e il viso di Sai entrò nel suo
campo visivo.
Ogni
volta che lo guardava sentiva una stretta al cuore, aveva ereditato i
tratti della madre: fini capelli biondi e occhi di un sorprendente
nocciola, quasi dorato, esattamente come i suoi.
Gli
occhi erano l'unico tratto che i due fratelli avevano in comune, per
il resto a distinguerli vi erano i lunghi capelli color dell'ebano e
la pelle olivastra di Shana.
“Ma
che possiamo fare? Anche io odio nostro padre ma se scappassimo lui
ci troverebbe e faremmo la stessa fine di quell'uomo. E dimmi allora
cos' avremmo risolto? Se invece stiamo qui potremmo...”
Shana
lo interruppe scattando in piedi “Cosa Sai? Cosa possiamo fare
se non restare a guardare mentre il re continua ad imporre tasse
impossibili e ad uccidere chiunque si opponga?”
Sai
abbassò il capo sconsolato.
Shana
gli si avvicinò abbracciandolo stretto.
“Sai,
io voglio tentare di cambiare le cose. Voglio combattere per quella
gente. Hanno bisogno che qualcuno li aiuti o moriranno tutti.”
Sai
si staccò da lei terrorizzato.
“ Ma
cosa vuoi fare Shana? Ti rendi conto che là fuori saresti in
pericolo? Se qualcuno ti riconoscesse...i-io non voglio nemmeno
pensare a cosa ti potrebbe accadere!” la pregò lui
prendendola per mano e stringendola così forte che Shana ebbe
paura gliel' avrebbe frantumata.
“Starò
attenta. Io prenderò tutte le precauzioni necessarie e
allestirò un esercito per sconfiggere il re.” borbottò
guardandolo fisso.
Lo
sguardo febbrile della sorella fece scorrere un brivido alla schiena
di Sai.
“No,
non lo permetterò. Io sono tuo fratello, l'unico altro uomo
della famiglia e devo proteggerti. Tu resterai qui e non voglio più
sentirti dire nulla a riguardo.” il ragazzo scosse la testa
“Promettimi che abbandonerai questa pazza idea che ti sei
fatta. Non puoi farcela da sola ed io non ho intenzione di
permetterti una cosa simile. Dobbiamo restare uniti.”
Shana
rimase in silenzio distogliendo lo sguardo.
“Promettimelo!”
la obbligò Sai facendole alzare il viso in modo che i loro
sguardi si incontrassero.
“Te
lo prometto.” sospirò infine la ragazza.
Shana
si alzò dal letto e, facendo attenzione a non produrre il
minimo rumore si diresse verso l'armeria delle guardie.
Per
fortuna conosceva benissimo i punti da evitare per non farsi scoprire
e per lei fu semplice arrivare alla meta vagando nell'ombra.
Si
aggirò per un po' finché non trovò una tenuta
della propria taglia, o almeno una che non fosse troppo grossa per il
suo corpo minuto. Un semplice paio di pantaloni neri corazzati, una
giacca rinforzata, stivali alti con la punta ferrata e un lungo e
pesante mantello nero erano ciò che faceva al caso suo.
Prima
di lasciare l'armeria trovò ancora una specie di sciarpa che
si avvolse intorno al viso in modo da scoprire solo gli occhi, e
scelse un paio di pugnali che allacciò alla cintura.
Era
pronta per cambiare il destino del suo popolo e avrebbe fatto tutto
ciò che era in suo potere per fermare il padre una volta per
tutte.
Prima
di allontanarsi dal palazzo lasciò vagare lo sguardo alla
finestra dove sapeva esserci la stanza di Sai.
“Perdonami
se puoi. Spero di rivederti un giorno.”
Poi
si tuffò nel buio della notte.
Al
mattino dopo Sai, al suo risveglio, trovò un biglietto di
Shana sul comodino.
“Io
devo fare qualcosa, non posso più stare a guardare mentre la
gente muore. Resta a palazzo e cerca di impedire a nostro padre di
uccidere ancora. So che ce la puoi fare. Ci rivedremo fratello mio.
Ti voglio bene tua Shana.”
Sai
si lasciò cadere sul letto sconvolto ma, in fondo al cuore,
sapeva che se c'era qualcuno in grado di cambiare le cose era Shana,
dalla mamma aveva ereditato il carattere indomito e il coraggio
estremo, a differenza sua che era più saggio e anche più
codardo.
Guardò
la foto che teneva sul comodino che ritraeva lui e Shana qualche anno
prima e sorrise sebbene sentisse il cuore stringersi di
preoccupazione.
“Buona
fortuna Shana, so che ce la puoi fare, io credo in te.”
I
mesi passarono e Shana si ritrovò a pagare le conseguenze del
proprio gesto.
Doveva
viaggiare solo di notte per paura che qualcuno la riconoscesse e,
infine, i soldi che aveva rubato dal palazzo erano finiti
costringendola a rubare di tanto in tanto per sfamarsi.
Ogni
giorno si allenava duramente con i pugnali ma non si poteva certo
dire che fosse un'abile guerriera, a palazzo soltanto Sai aveva
ricevuto, in quanto maschio, qualche scarna lezione all'uso delle
armi.
Ma
nonostante questo faceva del suo meglio.
Giorno
dopo giorno vedeva da lontano la gente, ne spiava gli stenti e un
paio di volte aveva anche visto morire qualcuno davanti ai propri
occhi impotenti.
La
verità era che non sapeva come cambiare le cose.
Per
farsi ascoltare dalla gente avrebbe dovuto dare almeno prova di
essere un buon condottiero e, al presente, era solo in grado di
difendersi malamente dai furfanti ubriachi che di tanto in tanto la
infastidivano.
Come
avrebbe potuto fare?
Shana
odiava rubare ma ormai erano due giorni che non mangiava e si sentiva
debole e sfinita, non sarebbe stata di alcun aiuto se fosse morta di
fame in un bosco.
In
genere aspettava il calare della notte per muoversi nelle terre
abitate ma non poteva più resistere così decise di
rischiare.
Si
avvolse la sciarpa attorno al viso e prese a gironzolare stando
attenta a non dare troppo nell'occhio.
Vagabondò
per una mezz'oretta finché non colse un'occasione più
unica che rara: ad una decina di metri un carro carico di frutta che
sembrava proprio fare al caso suo.
Da
quella distanza poteva chiaramente vedere il proprietario, tutto
preso a parlare con un altro uomo a qualche passo di distanza.
Entrambi davano la schiena al carro quindi Shana prese ad avvicinarsi
con aria noncurante.
Per
fortuna non era una via molto trafficata ed accostarsi al carro non
fu un gran problema.
Si
abbassò in modo che se i due uomini non la scorgessero nel
caso si fossero girati e allungò la mano per cogliere la prima
cosa che le fosse capitata.
Si
lasciò scivolare nella borsa che portava a tracolla succose
mele rosse, pere, arance e persino un grappolo d'uva prima che una
voce la sorprendesse alle spalle.
“Ma
che diavolo stai facendo?” le urlò qualcuno
strattonandola per il braccio.
“Acc...”
borbottò presa alla sprovvista “ma come diavolo...”
si
ritrovò a tu per tu con un ragazzo muscoloso e imponente che
la guardava torvo.
“Ma
bene, sei pure una donna.” si lasciò sfuggire il
ragazzo.
Shana
assunse un'aria indignata, alzò il mento e lo guardò
con aria di sfida. “Si, sono una donna e quindi?” disse
beffarda.
Il
ragazzo si lasciò sfuggire un sorrisetto divertito e veloce
come un fulmine le scoprì il viso prendendosi la bandana.
“Una
ragazzina, di bene in meglio! Dovresti essere a casa invece di rubare
per strada.”
Shana
cercò di riprendere la bandana ma l'uomo alzò il
braccio e per lei divenne impossibile anche solo sfiorarla, la
sovrastava di diversi centimetri.
“Non
sono una ragazzina brutto maleducato. Ridammi subito la sciarpa e
vatti a fare gli affari tuoi da un'altra parte!”
Nel
frattempo la buffa scenetta aveva attirato l'attenzione dei due
uomini che accorsero.
Ma
prima che il proprietario del carro potesse anche solo sfiorare
Shana, il ragazzo si frappose tra i due poggiando la mano contro al
petto dell'uomo.
“Calma,
è solo una ragazzina. Le restituirà tutta la merce e
dopo me ne occuperò personalmente.” lo calmò.
Shana
fu costretta a restituire tutta la frutta, quindi le furono legate le
mani con una corda e fu obbligata a seguire quello che, guardandolo
meglio poteva intuire, fosse una guardia.
Camminarono
in silenzio per diverso tempo prima che il ragazzo le rivolgesse la
parola senza guardarla in faccia, quasi con noncuranza.
“Hai
una famiglia da cui tornare?” le chiese.
“No...”
non poteva certo dire che era una reale.
“Sei
orfana?”
“No
ma vivo per conto mio.” Shana cercò di rimanere sul
vago.
Il
ragazzo si fermò e la tirò verso di sé
servendosi della corda.
Shana
si lasciò sfuggire un gemito, la corda le stava tagliando i
polsi.
“Ascolta,
ora ti slegherò i polsi ma sappi che, in caso ti venissero
strane idee, sappi che sono uno decisamente veloce ed ho una mira
infallibile.” nonostante la minaccia il ragazzo stava
sorridendo.
Tagliò
la corda e nel farlo le sfiorò il polso facendola
rabbrividire.
C'era
qualcosa di particolare in quella guardia, più lo osservava e
più sentiva istintivamente di potersi fidare, il suo sorriso
era dolce e gli occhi gentili.
“Io
non posso stare qui, devo andarmene subito. Ti prometto che me ne
andrò senza combinare altri guai.”
“Non
posso certo lasciarti andare così, ti devo portare in prigione
almeno finché non avranno fatto tutti i controlli necessari.”
la redarguì aggrottando le sopracciglia.
Shana
era disperata, qualcuno l'avrebbe certamente riconosciuta.
Forse
il ragazzo doveva essersi accorto del suo stato d'animo perché
le appoggiò una mano sulla spalla. “Non ti accadrà
nulla di male, non lo permetterò.”
“Tu
non puoi capire se mi trovano io...” s'interruppe, non poteva
dire di più o l'avrebbero scoperta.
“Ok,
ricominciamo da capo ti va? Io sono Lorence.” e detto questo
aspettò che lei parlasse. “Emh a questo punto dovresti
dirmi qual'è il tuo di nome...”
Shana
scrollò il capo e incrociò le braccia in segno di
chiusura.
“Non
posso dirtelo.”
“O
si che puoi, me lo devi. Se non ci fossi stato io quell'uomo ti
avrebbe conciata per le feste.” le ricordò.
La
ragazza sospirò avvilita.
“Shana...”
“Mmm,
bel nome per una ragazza scalmanata come te. Ok, diciamo che forse io
potrei...beh lasciarti andare ma tu mi devi giurare che te ne andrai
da qui il più velocemente possibile.” le disse evitando
di guardarla.
Non
sapeva cosa gli era saltato in mente ma quella ragazza sembrava
davvero spaventata, e poi forse aveva rubato solo per fame.
“T...tu
lo faresti davvero?” Shana era incredula.
Lorence
annuì guardandosi poi attorno.
Presa
dalla frenesia lo abbracciò di slancio facendolo
indietreggiare di qualche passo.
“Ma
che diavolo fai?!”
La
ragazza lo lasciò andare in fretta arrossendo fino alle punte
dei capelli.
“Emh
scusa io...ecco...insomma grazie.” borbottò guardandosi
le punte dei piedi.
Lorence
si ricompose e la guardò severo per un attimo, poi un lampo di
preoccupazione gli attraversò lo sguardo.
“Quanti
anni hai Shana?”
“17
perché?”
“è
una terra pericolosa questa per una ragazzina come te. Non dovresti
andartene in giro da sola.” le disse scrutandola a fondo.
Shana
si imbarazzò nuovamente sotto quegli occhi verdi che
sembravano volerle leggere dentro.
“So
badare a me stessa...” disse poco convinta.
Lorence
si lasciò sfuggire un sospiro rassegnato “Ok, vieni con
me, per questa notte potrai venire a casa mia, si vede che sei
affamata e hai una brutta cera, ti occorre riposo.”
“Perché
lo fai?” Shana non poteva che essere sorpresa e sollevata dalla
sua proposta.
Il
ragazzo scrollò le spalle e si aprì in un sorriso
caldo. “Forse perché mi ricordi me stesso qualche anno
fa.” e detto questo s'incamminò e Shana non poté
fare a meno di seguirlo sorridendo a sua volta.
Doveva
essere solo un notte e invece Shana si insediò a casa di
Lorence in pianta stabile, lui si offrì di allenarla nella
lotta corpo a corpo e in quella con le spade insegnandole tutte ciò
che sapeva.
Furono
mesi di duro allenamento in cui Shana trasformò il proprio
corpo in una macchina da guerra, potenziò i muscoli e imparò
nuove tecniche affinando anche quelle che già conosceva.
Finché
non arrivò il giorno in cui si sentì pronta.
Quella
sera aspettò che Lorence tornasse e, con il cuore in pezzi,
gli comunicò che era giunto per lei il momento di andarsene.
In
realtà fra i due era nato un sentimento che andava oltre la
semplice amicizia quindi era ancor più difficile separarsi
ora.
“Cosa?
Ma perché vuoi andartene? Cos'è che non mi dici Shana?”
Lorence sembrava avere la capacità di leggerle dentro e anche
quella volta non fu da meno.
“Io
devo andare. Ho una missione da compiere. Ti devo moltissimo, mi hai
insegnato a combattere e a credere in me stessa. Ora posso portare a
termine quello per cui ho lavorato tanto ed è solo grazie a
te.” Shana si avvicinò abbracciandolo stretto.
Sentì
il cuore di lui battere forte contro la guancia.
“Quale
missione?” Chiese incredulo.
“Non
posso dirtelo.”
Lorence
si staccò bruscamente da lei e la guardò con rabbia
“Basta con questi segreti! Devi dirmi tutto, me lo devi!”
urlò, il dolore negli occhi verdi era chiaro.
La
ragazza mosse qualche passo poi si lasciò cadere sulla sedia
prendendosi la testa tra le mani.
Lorence
le si sedette accanto “ Shana apriti con me, lo sai che ti puoi
fidare, sarò sempre al tuo fianco.” le sussurrò
con dolcezza, in quelle parole sentiva l'amore.
Così
alzò lo sguardo, lo incrociò al suo e finalmente gli
raccontò tutto.
“T...tu
sei la principessa Shana?” balbettò Lorence quando lei
ebbe terminato.
Lei
annuì cercando di decifrarne la reazione.
“E
vuoi radunare un esercito e uccidere tuo padre?” aggrottò
la fronte cercando di tener dietro ai propri ragionamenti.
Lei
annuì nuovamente scrutandolo incerta.
Lorence
si alzò di scatto facendola trasalire quindi prese ad aprire
tutti gli armadi buttando in un grosso zaino ogni cibaria possibile e
immaginabile.
“Ma
che stai facendo?” gli chiese confusa.
Lui
si fermò di colpo e le andò incontro, allungò
una mano e le carezzò dolcemente la guancia “Non ti
lascio andare da sola, sarò con te d'ora in poi e per sempre.”
La
semplicità con cui disse quelle parole la commosse e, presa
dal momento, si alzò sulle punte e appoggiò le labbra
alle sue.
Non
si era mai sentita così prima d'ora.
Lui
sorrise felice contro le sue labbra e contraccambiò con
slancio.
Shana
ora sapeva cosa vuol dire essere amati e protetti.
Non
fu difficile per Lorence e Shana radunare un corposo esercito,
allenarlo e renderlo veramente temibile.
Il
popolo era allo stremo e anelava da tempo che qualcuno lo guidasse.
Ci
vollero altri due mesi prima che Lorence reputasse il livello di
preparazione impeccabile, non voleva certo mandare della brava gente
a morire senza una giusta preparazione. Ogni vita era preziosa quindi
lui e Shana avevano pensato a tutto, nei dettagli e avevano ideato un
piano che metteva loro stessi in prima linea, esposti ai pericoli più
grossi.
Lorence
amava sempre più la forza e la determinazione di Shana, il suo
coraggio. Non avrebbe mai creduto che potesse essere tanto forte da
uccidere il proprio padre per la libertà del popolo e per
riportare la giustizia, in fondo si trattava pur sempre di sangue del
suo sangue.
La
notte prima dell'attacco fecero l'amore per la prima volta,
consapevoli che poteva essere l'ultimo momento in cui sarebbero stati
assieme, l'indomani sarebbero potuti soccombere sul campo di
battaglia, ma questo non li avrebbe fermati.
“Forza!
Attacchiamo!” Urlarono all'unisono Lorence e Shana guidando
l'esercito all'assalto del castello.
Le
ore di pratica erano servite, Shana abbatteva uomini, schivava colpi
e parava come se l'avesse sempre fatto.
Lorence
si muoveva come se stesse eseguendo una danza, mulinava la spada e
affondava colpi con la forza e la grazia di un angelo vendicatore,
nessuno pareva essere al suo livello.
Il
popolo combatteva con ferocia e coraggio facendosi guidare dalla
disperazione, solo così riusciva a contrastare gli assalti
delle guardie reali.
Shana
lanciò un'ultima occhiata a Lorence che le fece un cenno col
capo. Sapeva che sarebbe toccato a lei il compito più
difficile e le mandò il proprio augurio con gli occhi prima di
rituffarsi nella mischia.
Shana
procedette veloce e silenziosa per i corridoi, sapeva che non sarebbe
stato facile scovare il padre, quel vigliacco avrebbe tenuto per sé
almeno un paio di guardie.
Allo
stesso tempo ne fu felice perché nessuno avrebbe potuto fare
del male a Sai, suo fratello. Aveva lasciato detto a tutti di non
torcergli un solo capello ma non poteva essere certa che l'avrebbero
ascoltata.
Mentre
correva furtiva la voce di Sai le arrivò come una coltellata
al cuore.
Non
lo vedeva da mesi e le mancava da morire.
“Padre,
dovete arrendervi, il popolo è troppo forte! È il
momento di lasciare libera Sanahatla!” urlò il ragazzo.
“Mai!
Io sono il re e questa è la mia terra!” la voce
aggressiva del padre la indusse a fermarsi di colpo.
Il
cuore prese a martellarle nel petto.
Guardò
davanti a sé, oltre la porta vi era quel che rimaneva della
sua famiglia, finalmente si sarebbe compiuto il suo destino: avrebbe
ucciso il padre e salvato la sua terra oppure sarebbe morta
nell'intento.
Prese
un respiro profondo e partì alla carica.
Spalancò
la porta, la spada sguainata e rimase sorpresa di trovare Sai e il
padre indifesi, senza guardie attorno.
“S..sei
ancora viva?! Tu, schifosa traditrice hai fatto tutto questo? Tu osi
metterti contro di me? Io ti ucciderò con le mie stesse mani!”
urlò il re scagliandosi contro la figlia sguainando a sua
volta la spada.
Sai
si gettò in mezzo e la spada finì per ferirlo di al
fianco.
“Noooo
Sai!” Shana si gettò a terra accanto al fratello.
Sai
sanguinava copiosamente, la mano premuta contro la ferita e una
smorfia di dolore dipinta sul bel volto.
“S...Sai
io non volevo...” il re guardò il figlio e poi la lama
della spada dalla quale gocciolava il sangue “è colpa
tua! Tu sei la causa di tutto questo, tu devi morire!” urlò
rivolgendosi a Shana.
Lo
sguardo carico di odio del padre fu l'incentivo che le serviva per
trovare la forza di ucciderlo davvero.
Si
alzarono entrambi e presero a menare affondi l'uno contro l'altro.
L'odio
e la cattiveria alimentava il re ma la determinazione e la speranza
alimentava Shana.
Ma
il re aveva dalla sua anni di esperienza e non gli fu difficile
chiuderla all'angolo.
“Sei
pronta a dire addio al mondo?” le sussurrò perfido il re
alzando la spada sopra la testa per il colpo di grazia.
Shana
guardò il fratello, il volto pallido e tremante, lasciò
che il clangore della battaglia all'esterno giungesse fino a lei,
nella mischia le parve di distinguere l'urlo di Lorence.
Tornò
a guardare il padre, si sentiva calma e forte come non lo era mai
stata.
“No,
non sono ancora pronta. Venderò cara la pelle!” disse
gelida prima di rinsaldare la presa sull'elsa e scagliarsi contro il
padre.
Le
lame cozzarono e l'uomo, sorpreso dalla forza improvvisa della
ragazza si sbilanciò perdendo l'equilibrio.
Fu
facile per lei approfittarne e trapassarlo da parte a parte.
Lo
sguardo ardente di Shana fu l'ultima cosa che il re di Sanahata vide
prima di morire.
Dopo
la morte del re fu proclamata l'incoronazione di Sai, che regnò
con giustizia e saggezza, la terra di Sanahata rinacque dalle proprie
ceneri e il popolo finalmente ebbe di che mangiare.
Sai
fu un re amato e rispettato da tutti, la sua fama crebbe e andò
oltre i confini di Sanahata, tanto che trovò l'amore ben
presto negli occhi di una bellissima ragazza del popolo che sposò
e proclamò quindi regina.
Shana
e Lorence si sposarono ed ebbero due figli, l'uomo fu assegnato al
comando delle guardie reali mentre Shana abbandonò per sempre
le armi ma in lei rimase viva quella fiamma ardente, la fiamma che
alimenta il cuore di una vera eroina.
FINE
|