Every
Breath You Take
Era la sua sera libera.
La
sua.
Sera.
Libera.
Un
guerriero della giustizia come lui, un eroe conosciuto in
tutto l’Universo Undici per le sue encomiabili azioni, che si
dava da fare
quasi ventiquattro ore su ventiquattro e quasi tutti i giorni
dell’anno, meritava
eccome una sera libera. Giusto?
No,
Sbagliato.
– Hra-tsa-tsa, ia
ripi-dapi dilla barits tad dillan deh lando/ Aba rippadta parip parii
ba ribi,
ribi, ribiriz den teahlando! –
–
Toppo, sei sul posto, intervieni!
–
Non
sarebbe stato necessario che i suoi colleghi Pride
Troopers lo avvisassero di quel che stava accadendo in
città, l’ “attacco” era
iniziato da circa un minuto e lui sapeva perfettamente sia qual era il
luogo
preciso, sia perché stava avvenendo, sia
l’identità dell’aggressore.
– La barillaz dillan
deiallou ara va reve reve revydyv dyvjavuo/ Bariz dah l'llavz dei lando
dabaoke
dagae gadae due due dei ia do/ Hra-tsa-tsa, ia ripi-dapi dilla barits
tad
dillan deh lando/ Aba rippadta parip parii ba ribi, ribi, ribiriz den
teahlando!
–
–
TOPPO!
–
«Ricevuto,
ora vado. Vado» ripeté, passandosi una mano sul
volto coperto dai grossi baffoni bianchi.
Pagò
il dovuto al barista, premurandosi di lasciare anche
una cospicua mancia, e si allontanò dal bancone, quanto mai
sconsolato. Non si
premurò nemmeno di togliersi di dosso l’elegante
completo che indossava, perché
tanto sapeva benissimo che questo non avrebbe avuto ragione di
stropicciarsi.
Uscito dal bar si alzò in volo, diretto dov’era
necessaria la sua presenza.
– La barillaz dillan
deiallou ara va reve reve revydyv dyvjavuo/ Bariz dah l'llavz dei lando
dabaoke
dagae gadae due due dei ia do! –
Nella
sua vita da Pride Tropper aveva avuto a che fare più o
meno con… beh, qualunque tipo di disordine e
malvagità potesse venire in mente
a chicchessia. Aveva affrontato e sconfitto cattivi di ogni genere, in
linea
con la totale limpidezza dei suoi ideali, era sempre stato in prima
linea a
combattere il male in tutte le sue forme e aveva sempre avuto successo.
Poi però era arrivata Shokkairai.
– Arattzattza ya
ribiraririn raba rittan rindam denrandu/ Waba rittatta parippari pariri
ribiribi risutan denrandu! –
Quella
Jakalopei non si poteva definire veramente
“cattiva”.
Non le interessava proprio rovesciare governi, conquistare pianeti,
formare
bande di teppisti, ricattare politici, rapinare banche o fomentare
rivolte, e
non agiva mai mossa da intenzioni malvagie… peccato
però che, se non veniva
bloccata in tempo, finisse spesso col fare un casino assurdo.
Sempre
nei pianeti dov’era presente lui, ovviamente.
«Yaba rindan tenran
deiaroo waraba dubudubudubu deiebu/Ra rittan dinran denrandu
tatatataduuduu
deiabuu!»
Un
mecha gigante costituito da veicoli di vario genere stava
ballando la stupidissima canzoncina che ormai, per il guerriero, era
diventata
la colonna sonora di quel genere di guai.
Toppo
era abituato a ben altro, e
un mecha che ballava non sarebbe stato
nulla di male, di per sé… peccato che stesse
terrorizzando mezza città.
«SHOKKAIRAI!» urlò
a pieni polmoni il Pride Trooper, appena fu abbastanza vicino.
Il
ballo forsennato del grosso mecha si fermò
all’istante. «Toppuccio! Finalmente!»
esclamò battendo
le mani, e le onde d’urto provocate da quell’azione
mandarono in frantumi le
vetrate del palazzo dirimpetto.
Il
Pride Trooper si trattenne a stento dal fare un facepalm
colossale. «Primo: non chiamarmi con quel nomignolo! Secondo:
esci subito da
quell’affare e riporta i veicoli al loro stato originario!
Terzo: sei in
arresto!»
«In
arresto? Ah beh! Non c’è due senza tre e il
quattro vien
da sé!» fu la risposta proveniente
dall’interno del mecha, della quale Toppo
capì a stento l’ultima parte
«Toppuc-»
«Non
allargare le braccia o butterai giù i palazzi!» la
fermò lui «Obbedisci ai miei ordini e smetti di
fare danni, o sarò costretto a
usare la forza, e non ti piacerebbe affatto».
«Sai
ho trovato il video della nostra canzone, c’è
questa
tizia con i codini azzurri che balla e canta dovunque va, è
tutta un
la-la-la-la-la-la-la-là!»
«SHOKKAIRAI!»
«Uuuh,
va bene, va bene».
Vedendo
i veicoli iniziare a staccarsi dalle braccia e dal
corpo del mecha, Toppo fece un lungo sospiro.
Lui
era quello che solitamente schiacciava sotto il ferreo
pugno della giustizia qualunque azione malvagia -grande o piccola che
fosse-
ma, al di là del fatto che la Jakalopei non fosse veramente
cattiva, il Pride
Trooper riconosceva a se stesso una grossa parte di colpa per le azioni
sconsiderate
di quella benedetta figliola.
«Toppuccio!»
Quello
strillo fu il solo segno premonitore che riuscì a
evitare al guerriero di essere assalito dal piccolo esserino che aveva
appena
provato ad appicciarsi a lui. «Hai terrorizzato mezza
città, hai distrutto
tutte le vetrate di quel palazzo, verrai punita per i danni che hai
fatto!»
«Oddio
sì ti prego, sculacciami!» esclamò
entusiasta
Shokkairai con la sua vocina acuta, stringendosi nel suo cappottino
viola pieno
di stelle arancioni «Sculacciami come se fossi uno dei tuoi
supercattivi!
Sculacciami con ardore!»
In
verità, per sculacciare quell’occhialuta
creaturina dai
capelli rossi raccolti in una treccia sarebbero bastate due dita di
Toppo:
Shokkairai, la Jakalopei azzurra con corna ramificate e grosse orecchie
pelose,
era gracile e arrivava a stento al metro e quaranta di altezza.
Difficile
pensare che potesse fare danni in giro… ed era ancor
più difficile credere che
fosse fuggita tre volte da tre diverse prigioni.
Toppo,
che stavolta non trattenne il facepalm, arrossì
leggermente. «Vuoi farla finita o no con certe cose?! Sono
indecenti,
soprattutto in bocca a una ragazzina della tua età, e non
tirare fuori
nuovamente la storia che hai quattromila anni,
perché-»
«Perché
ieri ne ho compiuti quattromilauno!» esclamò lei
«Due ricorrenze belle una di fila all’altra!
Toppuccio, lo sai che giorno è
oggi?» domandò la ragazza, tirando fuori da sotto
il cappotto un quadretto
«L’anniversario della nostra prima ordinanza
restrittiva, non è meraviglioso?
Esatto! E tra esattamente tre mesi e quattro giorni sarà
l’anniversario della
nostra seconda ordinanza
restrittiva,
non è fantastico? Sì! È una cosa
romantica? Certo!»
Toppo
non poteva credere che fosse veramente passato più di
un anno da che lo stalkeraggio nei suoi confronti da parte di
Shokkairai aveva
avuto inizio, eppure le cose stavano proprio così.
La
Jakalopei si era avvicinata a lui la prima volta in un
bar, perché avendolo riconosciuto desiderava tanto avere un
autografo e una
foto insieme a lui, e Toppo l’aveva accontentata,
perché rendere triste una giovanissima
e tenera fanciulla rifiutandole due cose così banali non
sarebbe stato degno di
un eroe della giustizia.
Peccato
che subito dopo quella “ragazzina” gli avesse
sussurrato all’orecchio una proposta sconcia, la
più sconcia tra le proposte
sconce che avesse mai ricevuto; ripensando a quel frangente, si
sconvolgeva
tuttora.
Ovviamente
aveva rifiutato -tra le altre cose perché, con la
differenza di mole che c’era tra loro, l’avrebbe
rotta in due anche se per
accontentarla avesse usato il proprio dito più piccolo- ed
aveva perfino
abbandonato il locale, ma ormai il danno era fatto:
l’ossessione di Shokkairai
nei suoi confronti era iniziata, con relative conseguenze.
Non
era la prima volta in cui Toppo aveva avuto a che fare
con delle fan particolarmente insistenti, ma Shokkairai era a un
livello tutto
suo. Questo soprattutto perché, come aveva avuto modo di
scoprire nel tempo,
era una “cyberpatica” -tradotto: poteva inserirsi
in qualunque rete e qualunque
cosa fosse provvista di un sistema operativo, modificandolo e
“muovendolo” come
le aggradava, incluso quello di ogni telefono.
Ricordava
ancora a memoria le parole della prima chiamata.
– Toppuccio!
«Cos- ma chi è che
parla?!»
– Ma sono io, la tua Shokki!
Allora, adesso hai voglia di fare la cosa che ti ho proposto quella
sera al
bar? Eddai, Toppuccio!
Cambiare
numero o tipo di telefono non era servito a nulla:
finché ne avesse avuto uno, lei avrebbe sempre potuto
rintracciarlo, e infatti
non aveva fatto altro che chiamarlo tutti i giorni per due mesi interi,
per poi
arrivare anche a entrare nel suo appartamento!
Fortunatamente
per lui, l’esistenza del reato di stalking
gli aveva consentito di arrestare e far incarcerare
quell’esserino esasperante…
ma non per molto. La prigione in cui era stata rinchiusa era ad
altissima
tecnologia, e proprio per quel motivo era riuscita a scappare meno di
due
giorni dopo.
Da
quel momento in poi non lo aveva chiamato più, ma aveva
iniziato a creare casini appositamente per spingere la sua squadra a
intervenire e poterlo incontrare ancora, che forse era perfino peggio.
Inizialmente
gli altri Pride Troopers, i quali ormai
sapevano che lei era la “sua” stalker, avevano
preso la questione sul ridere…
ma avevano smesso la volta in cui la Jakalopei aveva “dato
vita propria” a
un’intera città ipertecnologica, e una volta messa
in carcere era riuscita di
nuovo a evadere.
«Non
c’è nulla da festeggiare»
borbottò il Pride Trooper «Ti
ho ripetuto centinaia di volte che lo stalking e le molestie sono dei
reati,
oltre alle evasioni e a tutto il resto dei guai che combini. Non
c’è nulla di
romantico in tutto ciò».
«Ma
io lo so che sotto sotto hai cominciato a volermi un
pochino bene, se no mi avresti già justiceflashiata.
Potresti liberarti di me quando vuoi, hai ucciso malvagi che
erano meno
insistenti di me, dopotutto» disse Shokkairai, col suo
sorriso storto «Chi
altri potrebbe arrivare a evadere ben tre volte solo per te, o potrebbe
amarti
con la stessa intensità nonostante tu sia sempre in giro qui
e là in questa
gabbia di matti? Chi altri potrebbe scegliere una canzone di coppia?
Chi altri
potrebbe darti tante attenzioni e farti trovare la casa piena dei tuoi
cioccolatini preferiti?... sì, te li ho messi in casa prima
di raggiungerti
qui, Toppuccio!»
«Sei
entrata in casa mia un’altra volta?!»
sbottò il Pride
Trooper, afferrando la Jakalope con una sola mano. Piccola
com’era, riusciva a
stringerla tranquillamente nel suo pugno immenso.
«Mmmmh,
adooooro
quando mi stringi così!» esclamò la
ragazza, con un gemito di piacere
«Toppuccio, parliamoci francamente: ti ho già
detto in un’altra occasione che
se tu mi accontentassi anche solo una volta questa ossessione per te
potrebbe
perfino passarmi, e sono sincera, sai? Anche il tuo collega forte e
silenzioso
meriterebbe le mie attenzioni!»
Toppo
alzò gli occhi al cielo, e la lasciò cadere a
terra.
«Chi, Jiren? Lascia perdere, non è proprio il
caso».
«Sei
geloso della tua stalker preferita? Esatto! Non è una
cosa meravigliosamente romantica? Sì!»
squittì Shokkairai, con uno sguardo
sognante negli occhi blu.
«Io
non sono!... ah, lasciamo perdere. Come dicevo, sei in
arresto, e no, non voglio né posso accontentarti.
Shokkairai, ti rendi conto
che le mie…» abbassò la voce
«Le mie “dimensioni” sono eccessive, per
te?!»
Lei
tirò fuori dal cappotto un lungo bastoncino di zucchero.
«Shì, beh,
potresti usare altri
organi! Non avrai quattromilauno anni, ma saprai pure come si
fa» disse, e
iniziò a leccare il dolciume con gran gusto.
«Tendi
le braccia in avanti, così che possa ammanettarti e
portarti in carcere» disse Toppo, scegliendo di ignorare
l’allusione.
Shokkairai
obbedì con entusiasmo. «Sì!
Ammanettami! È così
sexy!»
Toppo
mise una mano in una tasca, e trovò solo delle manette
elettroniche ultimo modello, ma non se ne curò, conscio che
la Jakalopei non si
sarebbe voluta liberare. «Immaginando che un giorno saresti
tornata a farti
viva ho fatto progettare una cella appositamente per te
all’interno di un
carcere di massima sicurezza. Completamente isolata. Non
c’è alcuna connessione
disponibile nel raggio di cento metri, dal tutte le angolazioni. Voglio
vedere
come ne uscirai, stavolta».
«Oh,
allora mi hai proprio fregata, Toppuccio. Povera
piccola Shokki» sospirò la Jakalopei.
Toppo
non sapeva se lo stesse prendendo in giro o fosse
seria, esattamente come non sapeva tante altre cose sul conto di quella
creaturina. Da dove veniva? Era una Jakalopei per sua definizione, ma
lui aveva
fatto delle ricerche, e non c’era traccia di quella razza;
neppure l’Hakaishin
Vermoud, dall’alto della sua esperienza, aveva idea di cosa
fosse un
“Jakalopei”.
Non
aveva trovato riscontri neppure cercando informazioni
sulla vita della ragazza prima del loro incontro, come se Shokkairai
avesse
iniziato a esistere solo da quella sera, ma era impossibile,
soprattutto se la
storia dei quattromilauno anni era vera.
Era
un rebus di cui non c’era modo di venire a capo.
Raggiunsero
l’astronave di Toppo, il quale ormai aveva fatto
tanti cari saluti alla sua serata libera, e proprio in quel momento
venne
raggiunto da una comunicazione dell’Hakaishin Vermoud: aveva
l’ordine di
presentarsi da lui il mattino dopo per andare insieme a lui ad
assistere a una
cosa chiamata “Zen Exibition Match”.
«La
preparazione per diventare un Hakaishin continua, eh?»
commentò la Jakalopei «Cos’è
una Z.E.M.?»
«Non
ne ho idea» ammise il Pride Trooper «Immagino che
lo
scoprirò presto».
«Me
lo racconterai quando ci rivedremo, Toppuccio» sorrise
Shokkairai «In carcere, certo, cosa credi?»
Decidendo
di non volerle rispondere, Toppo partì alla volta
del carcere che aveva scelto.
La
convocazione di Vermoud gli dava ben altro a cui pensare,
molto più serio rispetto a quella strana creatura, che
sicuramente sarebbe
rimasta in gabbia per un bel pezzo. Lui e il Generale Khaseral avevano
contribuito all’ideazione di quella cella: non poteva fallire.
***
«Lord
Vermoud, sono pronto a partire» affermò Toppo,
tirando
su il cappuccio scuro del mantello che aveva indossato per
l’occasione. Non era
stata una sua idea, ma venendo dal Kaioshin aveva obbedito senza
esitare.
«Ottimo»
annuì Vermoud «Allora andiam… pare che
gli altri
Pride Troopers ti stiano cercando. Rispondi pure».
«Eppure
avevo detto loro che mi sarei assentato, cosa può
essere successo?!» si stupì Toppo, il quale tra
l’altro ricordava di aver
spento il dispositivo di comunicazione esclusivo per la sua squadra
«Qui Toppo.
Cosa succede?»
– Hra-tsa-tsa, ia
ripi-dapi dilla barits tad dillan deh lando/ Aba rippadta parip parii
ba ribi,
ribi, ribiriz den teahlando! –
Dopo
un attimo di stupore legittimo, il Pride Trooper chiuse
precipitosamente la comunicazione. «Non ci credo. Dopo
nemmeno una notte, la
Jakalopei è evasa…»
«Ancora?
Toppo, se vuoi davvero risolvere la questione
dovresti proprio cercare soluzioni più
“definitive”, al nostro ritorno» disse
Vermoud.
«L’ho
pensato più volte. Il fatto che nonostante tutto non
sia veramente malvagia -o almeno, non secondo la mia opinione-
trattiene un
po’la mia mano» disse il guerriero «Forse
però sarò costretto a seguire il suo
consiglio, Lord Vermoud».
Conclusero
così il discorso, e partirono alla volta del
palazzo di Re Zeno.
Da
quel momento in avanti, la stalker di razza Jakalopei e
la sua canzoncina sarebbero stati tra gli ultimi pensieri del capo dei
Pride
Troopers.
Non so perché ho scritto questa one shot, né
perché l'ho ambientata nell'Universo 11, né da
quale meandro del mio cervello sia sbucata Shokkairai. Sono come Jon
Snow, non so niente, se non che l'ho scritta e basta :'D
La canzoncina e il video cui si riferisce Shokkairai è la versione di Hatsune Miku della "Ievan Polkka"
, e il nome della razza di
Shokkairai derviva dal jackalope, l'animale immaginario cui il suo
aspetto è ispirato. Ah, un'altra cosa: il titolo di una one shot deriva dall'omonima canzone che... niente, considerando quel che dice trovo sia puramente da stalker xD
Ho fatto un disegno veloce, che vi
lascio qui sotto.
Alla prossima,
_Dracarys_
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