OLTRE - CAPITOLO 1
Prologo
Le porte della metro si chiusero con uno scatto, il vagone sarebbe stato
deserto, se non fosse stato per un anziano che, appisolato in bilico sul
pomello del suo bastone, stava completando il suo quarto Tour sotterraneo
di Parigi.
Marinette sospirò: era riuscita a fare tardi anche quella sera e non
avrebbe avuto il tempo per stendersi un po’ e cercare di riprendere fiato,
magari chiamando Alya.
Quando si era iscritta alla IFA per prendere una laurea in Moda e
Design non pensava che sarebbe stata una facoltà così esigente e
al punto da farla sentire perennemente sola. Aveva stoicamente deciso di
seguire già dal Lyceé le sue inclinazioni nel campo della moda, ma la
speranza di iscriversi al prestigioso istituto privato dove avevano fatto
domanda Adrien, Chloe e molti altri compagni del College si era spenta nel
momento in cui aveva letto il prezzo della retta. Erano previste borse di
studio per gli studenti più meritevoli, ma con i ritmi che la sua doppia
vita le imponeva non avrebbe potuto sperare di riuscire a farcela. Da
allora il suo percorso di studi era andato avanti quasi in solitaria,
eccezion fatta per un paio di vecchi compagni di College.
Si era data l’ultimo addio sui banchi con Alya ormai da oltre sei anni,
dopo che la ragazza aveva scelto una scuola di comunicazione e marketing,
per sua fortuna in compagnia di Nino. Almeno lei non era sola.
La prossima sarebbe stata la sua fermata.
Per un breve istante, Marinette provò l’impulso di seguire l’esempio del
vecchietto all’altro capo del vagone. Quel giorno voleva solo sparire,
nascosta nel buio del labirinto sotterraneo, senza orari, doveri, routine
da seguire.
Scese svogliatamente dal treno e salì le scale, lasciando che il vento
freddo della sera la sferzasse all’uscita del tunnel. Solo pochi passi la
separavano da casa sua e la ragazza li percorse trascinandosi.
Si trascinava ormai da troppo tempo, bloccata in una impasse che aveva
cristallizzato la sua esistenza e tarpato le ali a tutti quei meravigliosi
sogni che aveva quando era solo una ragazzina. Ci aveva provato ad andare
oltre quel dolore vivo e pulsante che non la lasciava mai, si era impegnata
seriamente perché la sua vita avesse un senso tangibile, reale, ma non ce
l’aveva fatta. Andava avanti per inerzia e mai come quella sera sentiva
gravare sulle sue spalle la fatica accumulata.
-Coraggio, Marinette-, pigolò una vocina dalla tasca più interna del suo
giaccone. Tikki non usciva con quel freddo e si limitava a parlarle
attraverso la stoffa.
Coraggio…
Di certo non le mancava quando, sempre più raramente, affrontava le minacce
piccole e grandi di Parigi: una calamità naturale, bande di teppisti e
sporadici attacchi armati, un incendio… a volte la chiamavano anche per
salvare persone rimaste chiuse in casa, oppure per mere questioni
amministrative.
Solo lui non la chiamava più. Non ricordava quasi più il suono della
sua voce.
-Sono tornata-, salutò i suoi genitori, sfilandosi la giacca e i guanti e
salendo in camera sua.
Sapeva di essere sfuggente, ma in quei giorni non riusciva a tirarsi su di
morale in nessun modo e l’unica sua difesa era stare da sola. Un tempo era
una ragazza solare, finché non si era resa conto che la sua felicità era
appesa a un filo e quel filo sottile avrebbe potuto cedere, se solo avesse
compiuto un altro passo falso. Per questo aveva semplicemente sciolto il
nodo che la legava e lasciato che tutto andasse avanti, senza di lei.
Si lasciò cadere sul letto, lasciando Tikki libera di svolazzare per la
stanza.
-Dovresti cercare di rintracciarlo…-, disse la piccola kwami. Marinette la
fissò profondamente, allungando una mano e lasciando che la creaturina vi
si posasse sopra. Era incredibile come fosse ormai parte di lei: ne captava
i pensieri solo percependo il lamento del suo cuore infranto, sapeva
esattamente cosa avesse in testa e quanto le ferisse l’anima.
La avvicinò a sé: -Sai che non lo farò.-
-So che stai sbagliando-, ribattè Tikki, vedendola sbuffare mentre ritirava
la mano.
Volò fino alla piccola casa delle bambole, dove teneva nascoste le sue
cosine personali e, dopo aver razzolato un po’, bofonchiando tra sé e sé
come il disordine fosse una malattia contagiosa, riemerse tenendo tra le
zampette un piccolo pacchetto rosa.
-E’ per te-, posò il fagottino tra le mani della ragazza, che l’aveva
fissata per tutto il tempo senza proferire parola.
-E’ un giorno speciale?-, domandò di rimando Marinette, ignorando l’amica
che scuoteva appena il capo. La ragazza aprì l’involucro rudimentale e ne
estrasse un piccolissimo quaderno rivestito in stoffa, tenuto chiuso da un
elastico.
Guardò Tikki con aria interrogativa, sfilando l’elastico per scoprire il
contenuto.
-Dall’inizio-, suggerì la kwami e Marinette comprese.
Il primo disegno era fatto con le matite colorate: c’era una bambina con le
codine nere che teneva in mano una scatolina da cui usciva un esserino
rosso.
Il secondo ritraeva una buffa copia di Ladybug con un paracadute aperto
sulle sue spalle; il terzo, fatto con i pennarelli, vedeva comparire anche
Chat Noir, entrambi alle prese con una tempesta, e poi un quarto disegno, e
ancora uno…
-Ci sono tutte le mie avventure…-, mormorò Marinette, lasciando scivolare
le sue dita su un ritratto del ragazzo in nero.
-Tutte le nostre avventure-, la corresse Tikki: -Buon settimo
anniversario, Marinette!-
La ragazza spalancò la bocca, coprendola immediatamente con la mano: sette
anni! Ci aveva pensato tanto ed era riuscita a dimenticare il giorno
esatto. Sette anni… era un tempo lunghissimo…
-Tikki!-, acchiappò al volo la bestiolina e la strinse forse al cuore.
Sette anni assieme a lei, sette lunghi anni di complicità e combattimenti. E quanti anni erano passati senza di lui?
-Non te lo ricordavi che era oggi?-, le domandò l’amichetta, un po’
contrariata.
Marinette scosse la testa, abbassandola dispiaciuta. Il tempo aveva scelto
un modo ironico e crudele di lasciare svanire i ricordi più importanti per
lei, l’oblio dei bei tempi passati la attanagliava ogni notte, mentre
cercava ristoro in un sonno nero, relegando nell’angolo più buio del suo
cuore quello che aveva volontariamente perso.
-Grazie, amica mia-, posò un piccolo bacio sulla guanciotta rossa,
sorridendole e sforzandosi di farlo anche con gli occhi.
-E’ pronta la cena!-, annunciò dalla cucina la voce della mamma.
-Andiamo…-, disse Marinette e afferrò Tikki infilandola dentro il cappuccio
della felpa.
-Dovresti cercarlo…-, bisbigliò a bruciapelo la bestiolina.
-Mai…-, tagliò corto la ragazza, irrigidendosi dopo essersi seduta a
tavola.
Al telegiornale, di sottofondo, avevano preparato un servizio celebrativo
per i sette anni di Ladybug: solo lei pareva aver dimenticato quella data
importante. I suoi genitori si accomodarono sul divano, per vedere assieme
quel programma e ricordare emozionati le gesta dell’eroina che tante volte
avevano incontrato e che li aveva sempre aiutati.
-Vado in camera mia. Buonanotte-, con flemma, Marinette salutò i genitori,
evitando accuratamente di ascoltare ancora quello che la tv trasmetteva e
si ritirò nella sua mansarda.
-C’è una festa in tuo onore, Marinette… Lo sapevi, eppure non ti sei
ricordata che giorno fosse oggi…-, Tikki pareva delusa. La ragazza stirò le
labbra in un sorriso triste e si buttò sul letto.
Rimase a fissare il soffitto sopra di sé per un tempo indefinito, il suo
cuore batteva lento.
-In verità, Tikki, ho contato giorni, ore e minuti da non so quanto tempo
fa-, guardò la kwami, comparsa nel suo campo visivo, -perché incontrare te
è stata la cosa più meravigliosa di tutta la mia vita-
Si sollevò a sedere e prese Tikki sul palmo di una mano.
-Ma ci sono state anche troppe cose brutte, e tu lo sai… avrei voluto
essere felice, ma non sono riuscita ad esserlo. Forse perché
romanticamente, giunta a questo punto della mia esistenza aspettavo chissà
quale segnale che le cose potessero cambiare-, distolse lo sguardo, per un
attimo.
-Ma le cose non cambiano mai, e allora per me è meglio fingere di
dimenticare, che ricordare tanto dolore-, sorrise, -Scusami se ti sono
sembrata insensibile-
Tikki scappò alla sua mano, tornando a tuffarsi nel crogiuolo della sua
tana e riemerse con qualcosa che cercò di nascondere dietro di sé,
maldestramente.
Marinette la guardò divertita.
-Ed ecco il tuo segnale, Marinette!-, trillò alla ragazza, porgendole una
lettera dalla busta di carta tutta colorata, a cerchi concentrici, nei
colori dell’iride. Al centro un bollo nero con su scritto: “Per Ladybug”,
in una elegante calligrafia vergata con inchiostro bianco.
Marinette si rigirò tra le mani la lettera, soppesandola. Non era sicura di
voler sapere cosa contenesse.
-Coraggio-, la esortò l’amichetta e, in un sospiro, Marinette fece scattare
la ceralacca verde che la fermava, con un ideogramma impresso sopra.
Sfilò un semplice pezzo di carta, misero rispetto alla cromia del
contenitore. Era completamente bianco.
Lo rigirò tra le mani senza capire, cercò un aiuto in Tikki.
-Limone-, sentenziò la kwami dopo aver studiato il foglio e averlo annusato
più volte, -serve una fiamma-
Marinette frugò nella sua borsetta ed estrasse un accendino, sfilandolo da
un pacchetto semi vuoto di sigarette. Tikki la guardò male, lei la ignorò.
Quando era molto piccola, alla scuola primaria, era uno dei trucchetti più
di moda tra i bambini per scambiarsi bigliettini cifrati di nascosto alle
maestre, da leggere a casa con l’aiuto di un genitore.
Passò la fiamma con cautela sul foglio e presto apparvero delle scritte
annerite dal fumo.
*
Questo è un invito per TUTTI i portatori.
Sabato 28, ore 22, Centro Massaggi Cuore D’Oro.
Importanti notizie.
IMPORTANTE: venite in borghese, servono i kwami.
*
Dovettero rileggere più volte il testo, perché era impossibile.
-Come l’hai avuta?-, si informò Marinette, destata dalla sua apparente
stasi.
-Me l’ha portata… un amico…-, rimase sul vago.
La ragazza assottigliò lo sguardo e piegò da un lato il capo: - Quale amico...?-
Tikki si sforzò di mantenere la sua sicurezza: -Uno di cui mi fido-
Marinette cedette per prima, non aveva più voglia di fare la guerra: - Io mi posso fidare?-, domandò semplicemente e socchiuse gli occhi.
-Assolutamente-, bisbigliò Tikki, -Io lo sento…-
Marinette sprofondò di nuovo nei suoi pensieri, tutta la sua attenzione
concentrata su quel pezzo di carta.
Non bastava continuare a servire Parigi rinunciando alla vita che aveva
sognato? Non bastava tutto quello che aveva sofferto, le delusioni
accumulate, la solitudine che le bucava l’anima? Era necessario riaprire
vecchie ferite? Il vecchio Fu stava tirando troppo la corda…
***
Buongiorno a tutti!
Questo è il primo capitolo di una long fiction che sto scrivendo sul mondo
Miraculous. Come autrice di fanfiction provengo da altri fandom e la
scrittura è stata sempre molto importante per me. Confrontarmi con i
personaggi di Miraculous è stata una dolce sfida, sarò felice di sapere dai
miei eventuali lettori se l'ho affrontata nel modo giusto o no.
Avevo molti dubbi sul tornare a pubblicare fanfictions e voglio ringraziare
quelle persone che mi hanno spronata a farlo, supportata nella nascita di
questa storia e aiutata con le loro parole di incoraggiamento: la mia
"beta" Martina, che ha preso con grande impegno il compito che, quasi
casualmente, le ho affidato; Shainareth, meravigliosa scrittrice qua su EFP
e splendida persona e Marco, la insostituibile controparte maschile che mi
mancava!
Spero che la storia possa incuriosirvi e vi faccia sognare!
***DISCLAIMER***
I personaggi usati per questa storia non sono di mia proprietà e
appartengono a ZAG Heroes. Ogni riferimento a persone o cose reali è
puramente casuale.
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