Ogni
cuore aveva bisogno di una luce da seguire, che fosse quella
dell'amore o dell'amicizia. Ogni cuore aveva bisogno d'amare e
gioire, anche se per poco.
La
luce livida della luna rifulgeva nell’immensità blu
cobalto del cielo, vuoto di stelle, e illuminava le tombe del cimitero
di Konoha, che parevano ricoperte di argento liquido.
Di
tanto in tanto, il soffio del vento rompeva il silenzio della notte.
Kakashi,
immobile, fissò una lapide marmorea, priva di nome e di fiori.
Perché
ho fallito ancora?, pensò, l’occhio nero fisso sulla
pietra liscia. Le sventure accadute a Obito e Rin gli avevano
insegnato a non abbandonare i suoi compagni e a lottare per loro,
eppure…
La
sua nuova consapevolezza non ha strappato il suo rivale e amico ad
una sorte crudele.
Gai
Maito, la bestia verde di Konoha, aveva deciso di porre termine alla
sua esistenza e, con precisione chirurgica, si era aperto un taglio
nel ventre.
Nemmeno
le potenti arti mediche della Godaime Hokage, Tsunade Senju, nipote
del potente Hashirama Senju, erano riuscite a strapparlo ad una sorte
tanto triste quanto inaspettata.
– Perché?
– soffiò Kakashi. Ancora una volta, non era riuscito a
proteggere un compagno da un destino crudele.
Gai
Maito aveva seguito la sorte di Obito e di Rin.
Con
un gesto deciso e nervoso, allontanò le lacrime, che
minacciavano di rigargli le guance, libere dalla maschera di stoffa.
Quel bastardo, che, per tanto, troppo tempo, aveva esaltato la forza
di volontà, non meritava alcuna lacrima da parte sua.
Obito
e Rin erano stati vittime di una sorte avversa, mentre Gai, con la
sua dura, crudele coerenza, aveva scelto la sua strada, senza alcuna
costrizione.
Non
aveva pensato al dolore da lui arrecato ai suoi amici e ai suoi
allievi…
– No…
Non posso essere così ingiusto… – sussurrò.
Gai aveva tanti, troppi difetti, ma non era un codardo.
Anzi,
aveva mostrato fin da bambino un carattere testardo e risoluto e, per
difendere quello che amava, non aveva mai esitato a contrapporsi a
individui ben più forti di lui, incurante dei rischi.
Fin
dall’infanzia, lo avevano etichettato come fallito, in quanto
figlio del ninja Dai Maito, che non era riuscito ad andare oltre il
grado di genin.
Eppure
lui, malgrado tutto, non si era arreso e, con ferma determinazione,
era riuscito ad acquisire una notevole forza di guerriero.
E
con la stessa, risoluta fermezza, non aveva esitato a porre termine
alla sua vita.
– Rock
Lee… Devo ringraziare te, se lui è giunto a questo
punto… – mormorò e il suo corpo, in uno spasmo di
rabbia, si irrigidì. Quel ragazzo, così risoluto e
leale, era un riflesso vivente di Gai….
Entrambi
condividevano gli stessi ideali di onestà e coerenza.
Anzi,
Rock Lee, umiliato da tutti, a causa della sua mancanza di talento,
aveva visto in Gai un modello, che gli aveva mostrato, con il suo
fulgido esempio, la strada verso il suo sogno di riscatto e di onore.
E
Gai si era affezionato a quel giovane, in cui aveva rivisto il suo
passato di umiliazioni e rabbia, e gli aveva offerto, col suo
insegnamento, una possibilità di riscatto.
Ma
i loro sogni si erano infranti contro la crudele brama di sangue di
Gaara, ninja di Sunagakure e jinchuuriki di Ichibi,
Quel
ragazzino, incapace di controllare i propri impulsi sanguinari, aveva
annientato Rock Lee e, non contento, si era servito del suo corpo,
quasi fosse una bambola di carne.
Solo
l’intervento deciso di Gai aveva evitato una degenerazione
ulteriore dello scontro.
Kakashi
rise, amaro. No, l’intromissione di Gai aveva rimandato un
problema che, presto, sarebbe esploso, con la potenza di una
esplosione.
Quel
ragazzo era sopravvissuto, ma le lesioni fisiche gli avevano precluso
la possibilità di riprendere la sua carriera di ninja.
E
Gai, vedendo la sua prostrazione, non si era tirato indietro.
Con
tutta l’energia del suo cuore ardente, Gai aveva cercato di
aiutarlo ad uscire da quell’orrido stato di depressione e lo
aveva incoraggiato a percorrere l’erta strada di un
difficoltoso intervento.
Voleva
che Rock Lee uscisse da quell’abisso oscuro nel quale era
precipitato e riprendesse il corso della sua esistenza.
Il
suo cuore pativa la sofferenza di quel ragazzo come se fosse la sua.
Ma
nulla era andato come entrambi speravano.
Rock
Lee, a causa di una complicanza cardiaca, era morto sotto i ferri e
questa tragedia aveva annientato Gai.
L’animo
del suo amico si era inaridito ed era sprofondato in un abisso di
senso di colpa e depressione, da cui non era più riemerso.
Con
la morte di Lee, Gai aveva perduto la sua luce e, nonostante il
sostegno dei suoi amici, aveva deciso di porre termine alla sua
esistenza.
Un
mezzo, amaro sorriso sollevò le labbra di Kakashi. Poco prima
di morire tra le sue braccia, Gai gli aveva confessato di ritenere
inutile la sua esistenza...
Kakashi
si massaggiò le tempie e, a stento, trattenne un singhiozzo.
Le ultime parole del suo amico rintoccavano cupe nella sua mente...
Erano
trascorsi cinque mesi dalla morte di Rock Lee.
Gai,
con sommo stupore di lui e degli altri maestri, aveva avuto una
reazione composta, priva di teatralità e isterismi.
Certo,
il suo volto si era tramutato in una maschera di pietra, i suoi occhi
rosseggiavano di pianto a stento represso e il verde brillante dei
suoi abiti si era tramutato in un nero cupo, ma non si era tirato
indietro.
Anzi,
la sua efficienza di guerriero e di maestro era aumentata.
Parlava
poco e non vantava più la forza della giovinezza, ma la sua
forza era incrementata, grazie ad allenamenti sempre più
estenuanti e pericolosi.
Tutti
erano costernati da un tale cambiamento e Kakashi non poteva dare
loro torto. In Gai avevano sempre visto il pagliaccio incapace di
capire la gravità dell’esistenza e non riconoscevano più
il figlio dell’eterno genin Dai Maito in quel giovane cupo e
malinconico, precocemente invecchiato.
E
sembravano rispettarlo di più...
Tuttavia,
a lui, Asuma e Kurenai tale cambiamento era parso repentino e
alienante.
Certo,
capivano la disperazione del loro compagno, ma non riuscivano a
spiegarsi un tale mutamento.
E
presto la loro inquietudine si sarebbe tramutata in una certezza
dolorosa e devastante.
Era
scomparso.
I
suoi due allievi lo attendevano per una missione e lui non si era
presentato.
Preoccupati,
i due ragazzi avevano deciso di avvertire la Hokage e i suoi colleghi
jonin, lui compreso.
Un
senso di gelo si era impadronito di lui. Non sapeva perché, ma
quella repentina scomparsa aveva colmato il suo cuore di angoscia.
Perché
era scomparso?
Cosa
aveva deciso di fare?
Voleva
tradire il villaggio, accecato dal dolore e dalla collera per la
morte di Rock Lee?
O
forse...
Lo
aveva trovato, agonizzante, nella Foresta della Morte.
Con
un lungo pugnale dalla lama serpentina, si era aperto lo stomaco e
giaceva immobile, il ventre sulla terra morbida, immerso in un lago
di sangue.
–
No...
Non è possibile... – aveva balbettato. Non riusciva a
credere ai suoi occhi.
Ma
non era il momento di esitazioni insensate.
Si
era chinato e, con delicatezza, lo aveva voltato.
–
No...
Perché? – aveva mormorato, annientato da quanto aveva
visto. La ferita di Gai raccontava una verità crudele.
Suicidio.
Non
era stato aggredito da un nemico esterno.
Aveva
deciso di togliersi la vita.
E
lui, Kakashi Hatake, non riusciva a spiegarsi il perché.
Con
movimenti nervosi, aveva sistemato la ricetrasmittente sull’orecchio,
pronto a indicare ai suoi compagni la posizione sua e dell’altro.
Non c’era tempo da perdere!
Doveva
salvarlo!
Tuttavia
la mano di Gai, con uno sforzo supremo, si era sollevata e si era
poggiata sul suo braccio.
Stupito,
aveva abbassato la testa e aveva guardato Gai negli occhi. Perché
lo aveva fermato?
–
Che
cosa vuoi? – aveva chiesto, la voce tremante di rabbioso
dolore. Sapeva che non doveva badargli, ma voleva la verità.
Gai,
per alcuni istanti, aveva taciuto.
–
Non
salvarmi... Il villaggio non merita un guerriero inutile e incapace
come me... Se non sono riuscito a proteggere il mio allievo
prediletto, come posso proteggere Konoha? – aveva domandato, lo
sguardo triste.
Era
rimasto ghiacciato, incapace di replicare. Cosa stava dicendo Gai?
Non
riusciva a credere alle sue parole...
Quanto
dolore nascondeva il suo cuore?
Gai
aveva chiuso gli occhi e alcune lacrime avevano solcato le sue
guance.
–
Credimi...
La mia morte sarà un bene per voi, per i ragazzi e per
Konoha... Nessuno ha bisogno di un individuo squallido come me... –
aveva sussurrato e un singhiozzo si era spezzato nel suo petto.
Poi,
il suo respiro si era fermato ed era morto.
– Quanto
ti sei sbagliato, Gai... – sussurrò Kakashi, la voce
tremante. Suicidandosi, il suo amico aveva creduto di dare loro una
mano.
Era
rimasto fedele al suo carattere gentile e altruista, ma la morte di
Rock Lee aveva distrutto le fondamenta della sua esistenza e gli
aveva impedito di vedere la realtà nella sua interezza.
Si
riteneva indegno del loro affetto e della loro comprensione, perché
vedeva nella tragedia di quel ragazzo una sua colpa.
Tale
ragionamento era assurdo, ma la mente del suo compagno e rivale non
era capace di ragionare con lucidità.
In
quel momento, il suo cuore era quello di un padre che aveva perduto
un figlio e, invano, chiedeva il perché di una tale sciagura.
A
quel ragazzino, così simile a lui, Gai aveva donato l’intera
sua anima e, con la sua scomparsa, aveva perduto anche se stesso.
Era
rimasto privo della luce che gli aveva permesso di andare avanti nel
cammino dell’esistenza.
Aveva
perduto lo scopo che animava tutti gli individui, fin dai tempi più
ancestrali.
E
loro non avevano compreso del tutto la tenebra della sua disperazione
e lo avevano lasciato da solo.
– Spero
che tu almeno abbia smesso di soffrire, amico mio... – si
augurò Kakashi. Gai non aveva capito che nessuno di loro lo
riteneva colpevole della morte di Rock Lee.
Per
loro, quella era stata una tragedia, causata da un imponderabile
rivolgimento del destino.
Non
si sarebbero mai permessi di incolparlo di quell’atroce
disgrazia.
Ma
lui, fedele al suo rigido e distorto codice d’onore, aveva
deciso di punire se stesso, pur essendo innocente.
E
questo aveva sottratto a Neji e Tenten un maestro valoroso e al loro
affetto un amico eccentrico, ma sincero e leale.
E
Konoha aveva perduto un combattente potente e devoto in un modo
assurdo.
– Se
puoi... perdonaci... Perdonaci per non averti capito... –
sussurrò e, con passo lento e solenne, si allontanò
nella notte.
|