La pubblicazione di Rain
è stata possibile solo grazie al sostegno e
all’incoraggiamento di Kiki S autrice anche lei su EFP, di
cui ormai non posso più fare a meno. Senza la sua preziosa
amicizia, la sua immensa pazienza, l’aiuto per la correzione
dei testi ma soprattutto le idee e i ragionamenti, i consigli e le
riflessioni portate avanti in centinaia di email, non sarei mai
riuscita ad arrivare, dopo tanti anni, al capitolo finale della terza
parte della serie di Time.
Prologo
Ogni volta che partiva per l’Italia era la stessa solfa e
Mark era davvero stufo di tutte le sue fan. Lui non era Ross, non aveva
la pazienza di sopportarle. Le loro attenzioni non lo lusingavano.
Piuttosto i loro starnazzi lo urtavano, gli ferivano le orecchie e gli
arrivavano dritti al cervello. Fitte dolorose si propagavano da
lì verso la nuca e lungo la schiena, peggiorando il mal di
testa che lo assillava dalla mattina. Si affrettò verso
l’entrata dei gate scortato dagli addetti alla sicurezza
dell’aeroporto Internazionale di Narita. Una volta
attraversate le porte a vetri sarebbe stato al sicuro… e al
silenzio. Lanciò un’occhiata ai due uomini che lo
accompagnavano. Li odiava, li detestava. Non sopportava il semplice
fatto di avere bisogno di quei tizi per raggiungere il proprio volo.
Lui non era una femminuccia debole e indifesa, Dio quanto non tollerava
tutto ciò! Le sue fan gli toglievano il piacere di tornare
in Giappone. Per non parlare poi dei giornalisti appostati
lì sul marciapiede, pronti ad assalirlo non appena era sceso
dal taxi. Detestava le loro stupide domande, la loro
curiosità. “Come si sente a partire di nuovo per
l’Italia?” bene, si sentiva, se non fosse stato
costretto a subire il loro assillo ogni volta. “Pensa che
anche quest’anno la Juventus vincerà il campionato
di Serie A?” “Secondo lei quale sarà
l’incontro più impegnativo?”
“E la squadra più forte?” neanche avesse
la palla di vetro. “Crede che scenderà in campo ad
ogni incontro?” sì, lo pensava. Altrimenti che
andava a fare dall'altra parte del mondo? “È in
buoni rapporti con i suoi compagni di squadra?” “E
con il capitano?” pessimi. “Salvatore Gentile le ha
perdonato il pugno?” erano forse affari loro? “Sua
madre deve essere orgogliosa di lei…” quando poi
mettevano in mezzo la sua famiglia andava fuori di testa, raggiungendo
in un attimo il limite della sopportazione. A quel punto si doveva
censurare.
-Mark!-
Una voce si alzò sopra le altre, una voce che gli
sembrò di riconoscere e che lo fece trasalire. Si volse
verso le ragazze che continuavano a starnazzare come oche ma non
riuscì a capire da dove provenisse quel grido. Si
avvicinò alle transenne e si sporse nella calca. Era una
voce che gli era fin troppo nota. Quasi familiare. Tese le orecchie tra
tanta confusione, chiedendosi come avesse fatto a notarla. O forse se
l’era semplicemente sognata. Non la udiva più. Non
scorse nessun volto conosciuto e mancò pochissimo che una
giovane fan riuscisse ad afferrargli la maglia. Si tirò
indietro con un balzo e si volse per proseguire.
-Mark!-
Si bloccò di nuovo, a chiedersi incredulo se quel grido
fosse frutto della sua immaginazione o addirittura non fosse un effetto
collaterale del mal di testa. Riprese a guardarsi intorno, a
scandagliare le facce che lo circondavano. D’un tratto alla
sua sinistra, dietro un gruppo di giovani, riuscì a scorgere
una testa che svettava di parecchio sopra le sue fan urlanti. Era Ed
Warner. Che accidenti ci faceva lì? Si erano già
salutati il giorno prima. Si rivolse alla scorta.
-Quello laggiù è un mio amico.-
Uno degli uomini annuì, scavalcò la balaustra e
raggiunse l’ex portiere della Toho, attualmente nel
Nagoya Grampus, una squadra della J-League. Le oche si fecero indietro
tra starnazzi di protesta, soprattutto quelle che, lì ormai
da ore, erano riuscite ad accaparrarsi i posti migliori addosso alle
transenne. Ed riuscì ad avvicinarsi. Stringeva in una mano
una valigia di un tenue color lilla e trascinava con sé
qualcuno che cercava di nascondersi dietro la sua schiena per sfuggire
all’interesse di tutta quella gente riunita lì.
-Parti anche tu, Ed?- domandò Mark quando il portiere gli
porse la valigia. Lui la prese e la depositò ai propri
piedi.
Warner si lasciò sfuggire un sorrisetto e spinse davanti a
sé chi lo seguiva. La ragazza si sbilanciò contro
le transenne, urtando il torace di Mark con la visiera di un cappellino
ben calcato sul capo a nasconderle il volto. Lui scattò
indietro sorpreso e chinò la testa per capire chi avesse
davanti. Quando la riconobbe, la fissò incredulo.
-Jenny? Che accidenti ci fai qui?-
-Parto.-
-Davvero? E dove vai?-
-Possiamo parlarne dopo?- si guardò intorno intimorita, fin
troppo consapevole che quello non era né il momento delle
domande, né quello delle spiegazioni. Si era avvicinata a
Mark sotto gli occhi delle ragazze accalcate lì per lui e i
loro sguardi le trapassavano la schiena, trasmettendole una sensazione
per niente piacevole. Poi le udì.
-Chi è quella? La conosci?-
-Mai vista! Ma se vuoi il mio parere, la trovo piuttosto ordinaria.-
-Come osa stare così vicino a Mark?-
-Non sarà la sua fidanzata!-
-Scherzi? Se avesse la fidanzata lo sapremmo!-
-Se non si allontana da lui l’ammazzo!-
-Ti do volentieri una mano!-
Poco lontano si sparlava di Jenny. Si sentivano le frasi, i mormorii
arrivavano fino a loro. Chi era per accaparrarsi Mark? Come osava
imporre accanto a lui la sua presenza? L’uomo della sicurezza
si accostò.
-Non è il caso di indugiare ancora.-
Landers si riscosse e annuì. Aiutò Jenny a
scavalcare le transenne e la spinse davanti a sé per cercare
di proteggerla dagli sguardi malevoli puntati su di lei. Le ragazze non
apprezzarono la sua preoccupazione e un mormorio contrariato si
levò dalla folla. Jenny lo udì chiaramente e si
accostò di più a Mark, aumentandone suo malgrado
l’intensità. Chinò il viso a terra, si
strinse addosso la borsa che portava a tracolla e procedette svelta.
Non si era mai trovata in una situazione simile e non le piaceva.
Compatì con tutta se stessa Amy, che momenti simili era
costretta ad affrontarli in continuazione. Lanciò
un’occhiata rapida da sotto la visiera del cappellino,
più di tutto temeva gli obiettivi dei giornalisti. Ne aveva
visti così tanti, fuori, e nessuno doveva sapere che era
lì. Assolutamente nessuno.
Ed le si affiancò dall’altra parte, trascinandosi
dietro il trolley lilla che aveva ripreso in mano.
-Riuscire a raggiungerti è stata un’impresa,
Mark.-
-Per salutarmi?-
Il portiere rise di cuore.
-Anche.-
Landers abbassò sull’amica uno sguardo curioso.
Non la vedeva da più di un anno. L’aveva sentita
sporadicamente al telefono, ma dopo quella volta a Furano, non si erano
più incontrati. Il cappellino le nascondeva gran parte del
viso ma gli era bastato lanciarle un’occhiata veloce per
accorgersi che Jenny era cambiata. Era dimagrita molto, anche troppo.
Così tanto che sotto la mano che le teneva sulla spalla,
sotto strati di vestiti e sotto il giacchetto, sentiva
l’omero sporgere appuntito. Era diventata sottile come
un’alice, talmente sottile che un colpo di vento se la
sarebbe portata via in un attimo. Non si era truccata, o almeno non
molto, e la sua pelle risaltava pallida contro i capelli scuri che le
incorniciavano il viso, sotto la visiera. Ciocche scomposte e
disordinate spuntavano qua e là dal cappello che doveva
essersi infilata in fretta e furia per proteggersi
dall’interesse della gente. Si fermarono al sicuro dietro le
porte a vetri dell’accoglienza della Business Class, dove
né giornalisti né fan potevano più
raggiungerli. Tirando un sospiro di sollievo per averla scampata, Mark
diede voce alla sua curiosità.
-Dov’è che stai andando? Dai tuoi?-
Lei si tolse il cappellino e una cascata di capelli scuri cadde
giù fino a metà schiena. Erano lunghi, molto
più lunghi di come li portava di solito. Lisci e profumati.
Quando li liberò, una piacevole fragranza di shampoo ai
fiori gli arrivò alle narici. Gli venne voglia di toccarli,
di scostarglieli dal viso prima che lo facesse lei. Si trattenne per
pochissimo.
Jenny tolse di mezzo il cappellino ficcandolo nella borsa e
legò rapida i capelli in una coda. Poi lo fissò
dritto negli occhi.
-Vengo con te, Mark.-
-Con me dove?-
-In Italia, a Torino.- sostenne il suo sguardo sgomento senza fare una
piega. Frugò nella borsa e ne tirò fuori il
biglietto dell’aereo. Glielo sbandierò sotto gli
occhi -Vedi? Sono sul tuo stesso volo… Anche se tu sei in
prima classe e io in seconda.-
-Stai scherzando?-
-Per niente. Non avevo abbastanza soldi per la prima classe. A me il
viaggio non lo paga la Juventus.- si accorse che Ed sorrideva, allora
fissò Mark e le sembrò che fosse esageratamente
sconvolto -Se vuoi posso far finta di non conoscerti.- e
lanciò un’occhiata vaga in direzione delle porte a
vetri oltre le quali le fan stavano cominciando a disperdersi.
-Non è per loro, non è per la seconda
classe…- il giovane si guardò intorno -Che fine
ha fatto Philip?-
Jenny sapeva che prima o poi quella domanda sarebbe arrivata ed era
pronta ad affrontarla. Nonostante ciò i suoi occhi si
schiusero di fastidio.
-Non c’è. Cosa c’entra?-
-C’entra Jenny, c’entra moltissimo. Sono sicuro al
cento per cento che non vuole che vieni in Italia. Con me poi.
Figuriamoci.- lanciò un’occhiata a Ed che si
limitò ad alzare le spalle -Cos’è?
Avete litigato?-
-Ci siamo lasciati.- lo disse tenendo il volto abbassato, non ebbe il
coraggio neppure di guardarlo.
Lui la fissò incredulo.
-Impossibile.- aspettò invano quasi un minuto che si
smentisse. E invece lei non fece una piega, non gli disse che era uno
scherzo, neppure tirò su gli occhi -Quando? Non ne sapevo
niente.- continuò ad osservarla scettico -Ho capito.
È uno dei vostri soliti litigi. Discutete sempre, non fate
altro.-
Jenny tirò su il viso di scatto, gli occhi brillarono di
amarezza.
-Non abbiamo litigato, ci siamo lasciati. Non stiamo più
insieme.-
Mark diede un’occhiata a Ed che continuava ad assistere al
loro dialogo in silenzio.
-Fatico a crederlo.-
-Non crederci, per me fa lo stesso. Ora andiamo?-
Landers annuì.
-Io vado, tu rimani. Anzi, torni a Furano a far pace col tuo ragazzo.-
Jenny lo fissò seria. Era già abbastanza doloroso
così, senza che Mark facesse tutte quelle storie.
-Smettila per favore, non ho voglia di scherzare.-
-Sto parlando sul serio.-
-Anch’io.- la giovane gli sbandierò di nuovo il
biglietto sotto gli occhi -Vengo con te. Oltretutto l’ho
pagato una fortuna.-
Mark respirò un paio di volte, totalmente incapace di
gestire la situazione. Non poteva impedire in nessun modo che Jenny
salisse sul suo stesso aereo. Solo Philip poteva farlo e, sfortuna
delle sfortune, in quel momento non era lì.
Chissà che fine aveva fatto quel cretino! Che si fossero
lasciati davvero? Maledetto bastardo e maledetta testarda.
Incrociò lo sguardo di Ed e all’improvviso si
chiese cosa ci facesse anche lui lì. Ed e Jenny si erano
incontrati per caso oppure il portiere era suo complice? Gli
rifilò uno sguardo seccato, poi si rese conto che non poteva
perdere l’aereo per le paturnie di quei due.
Sospirò rassegnato. Avrebbe avuto tutto il tempo di pensare,
una volta in Italia, a cosa dire a Callaghan se e quando si fossero
sentiti, se e quando l’amico avesse scoperto
dov’era finita la sua ragazza. E poi magari, dopo un paio di
settimane, con un po’ di buona volontà da parte di
lei, sarebbe riuscito a rispedirla a casa. Si volse a guardare Ed, fece
per dirgli qualcosa ma lui lo prevenne.
-Buon viaggio.- indietreggiò di un passo -E fatti sentire
ogni tanto.- “in bocca al lupo”, avrebbe voluto
aggiungere, ma poi pensò fosse meglio non infierire.
Salutò anche Jenny e se ne tornò a casa.
L’aereo decollò, il segnale luminoso che obbligava
a tenere le cinture allacciate si spense e Mark se ne
liberò. Un secondo dopo una hostess molto giovane e graziosa
si avvicinò per chiedergli se voleva bere qualcosa.
-Una coca-cola.- rispose distratto, poi la richiamò -Questo
posto è libero?- le indicò la comoda poltrona
extra confortevole accanto alla sua, dalla parte del finestrino.
-Sì.-
Mark respirò rapido un paio di volte, fissandola negli occhi
così profondamente da immobilizzarla dov’era. Non
si rese neppure conto dell’imbarazzo della donna, non
capì che non era la sua occhiata burbera ma il suo fascino
ombroso ad impietrirla in mezzo al corridoio. Mark stava riflettendo,
stava cercando una soluzione ad un problema che lo assillava e che
voleva risolvere all’istante. Pensando bene alle conseguenze
di ciò che avrebbe detto, si buttò a capofitto in
una delle più grandi balle che la sua mente avesse mai
partorito.
-Mentre salivo sull’aereo ho visto un’amica in
seconda classe. È possibile farla sedere qui?- fece una
pausa e tirò un altro respiro prima di continuare
-È incinta e vorrei che facesse il viaggio in Business.-
-Attenda un secondo, vado a chiedere.-
Mark la inchiodò dov’era con un’occhiata.
-L’ultima volta che ha viaggiato in quelle condizioni, la mia
amica ha vomitato sui pantaloni del vicino… che gli era
troppo vicino. Qui invece c’è spazio, non
soffrirà di claustrofobia come le succede di solito.-
sperò che fosse un incentivo sufficiente a convincere
l’equipaggio dell’aereo a mettergliela accanto
-È nel posto 24D. Sono pronto a pagare la differenza, se
necessario.- fece il gesto di sfilarsi il portafoglio dalla tasca
posteriore dei pantaloni.
La donna annuì seria e raggiunse le tendine tirate, dove i
suoi colleghi si affaccendavano pronti a servire bevande e snack.
Mark abbassò gli occhi sul portafoglio che aveva finito per
prendere in mano. Lo fissò incredulo. La frottola era stata
geniale, credibile, perfetta, ma come cazzo gli era venuto in mente di
aggiungere che era disposto a pagare la differenza? Se davvero a fine
viaggio gli avessero portato il conto, avrebbe dovuto pagare sul serio.
Accidenti a Jenny! La sua testardaggine gli sarebbe costata quanto un
mese di stipendio di sua madre! Si affrettò a rinfilarsi il
portafoglio in tasca e a farlo sparire.
Lanciò un’occhiata nervosa agli altri passeggeri,
sperando che nessuno avesse udito le sue parole. Se non
c’erano testimoni, all’arrivo in Italia avrebbe
potuto ritrattare. La Business Class era pressoché deserta.
Un uomo, due posti avanti a lui, già dormiva spaparanzato
sul sedile reclinato. Altri due ospiti sulla sinistra erano
così presi a smanettare lo schermo touchscreen incassato
davanti a loro, da non fare caso a lui. Sicuramente nessun altro aveva
sentito. Si volse a fissare l’oblò e
posò gli occhi su terra e oceano inframmezzati da filamenti
nubiformi. Il sole era già basso. Lo avrebbero inseguito
verso occidente arrivando in Italia poco prima del tramonto.
Jenny arrivò pochi minuti dopo dietro la hostess, stringendo
tra le mani un bicchiere d’acqua, la borsa e una rivista.
Aveva l’espressione confusa e si guardava intorno. Quando lo
individuò, lo fissò interrogativamente.
-Che succede?-
-Succede che viaggi qui con me. Lì dietro non ti ci lascio,
da sola.- replicò brusco mentre lei spalancava gli occhi
sgomenta.
La hostess posò il cuscino e la coperta della giovane sulla
poltrona accanto a Mark.
-Si accomodi.-
Jenny non si mosse, la guardava impietrita. La donna le sorrise, poi si
allontanò per tornare al proprio lavoro. Allora
assalì Mark restando in piedi, senza fare un passo verso
quel lussuoso posto.
-Sei impazzito? Non ho i soldi per pagarlo!-
-Non lo paghi tu.-
Jenny cambiò colore.
-Paga la Juventus?-
-No, pago io.-
-Non voglio!-
-Allora faremo metà per uno.- la liquidò con un
gesto brusco della mano. Era già stufo di lei e di tutte le
sue storie -Adesso siediti, sei d’intralcio.-
Continuando a stringere al petto il proprio bagaglio, Jenny vide la
hostess tornare spingendo il carrello delle bevande. Si
scostò per farla passare e si lasciò cadere sul
sedile, sconvolta.
-Non ci posso credere…-
-Neanch’io posso credere che tu sia su questo aereo.
è totalmente assurdo!- Mark le lanciò
un’occhiata di fuoco -E ora che siamo partiti, puoi anche
vuotare il sacco!-
Lei finse di non capire e perse tempo a sistemarsi intorno le proprie
cose.
-Che sacco?-
-Cos’è successo con Callaghan? Perché
avete litigato?-
-Non è successo nulla, è finita e basta.- gli
lanciò un’occhiata e capì che lui
continuava a non crederle.
-E da quando?-
-Parecchio.-
La hostess tornò verso di loro.
-Desidera qualcosa da bere?-
Jenny scosse la testa. Il trasferimento dalla seconda alla prima
classe, la preoccupazione di quanto le sarebbe costato quel posto, il
comportamento assurdo di Mark e il pensiero di Philip le avevano chiuso
lo stomaco. Non aveva voglia di niente.
-Se ha bisogno di qualcosa siamo a disposizione.- insistette la donna
solerte.
La giovane annuì con condiscendenza, sperando che si
togliesse di torno alla svelta. Voleva dire a Mark che non aveva
bisogno della business, né di tutte quelle attenzioni. Ma
quando furono di nuovo soli, lui l’anticipò.
-Circa un mese fa ho parlato con Philip al telefono e non mi ha detto
niente. Gli ho persino chiesto di salutarti…- ricordava
perfettamente la telefonata. La ricordava soprattutto perché
l’amico gli era sembrato non freddo ma glaciale. Certo non
avrebbe mai pensato che lui e Jenny si fossero lasciati. Gli aveva
persino chiesto quando si sarebbero sposati. Ora che ci pensava, Philip
aveva sviato la domanda così abilmente che Mark si era
dimenticato di insistere. Tornò a guardare l’amica
-Dove pensa che stai andando? Dai tuoi?-
-Non pensa nulla, Mark. Non ci sentiamo più.-
La fissò dubbioso, immaginando la faccia di Philip nel
momento esatto in cui sarebbe venuto a sapere della fuga della
fidanzata in Italia. Era certo che l’amico non
l’avrebbe perdonato tanto facilmente di averla portata con
sé. Non poté fare a meno di sorridere, poi si
volse di nuovo verso Jenny che lo fissava stizzita.
-Cosa c’è di divertente?-
Lui fece spallucce.
-Sarà pur vero che vi siete lasciati, ma scommetto quello
che ti pare che quando Callaghan verrà a sapere dove sei e
con chi, s’incazzerà da matti.-
Jenny scosse la testa. Mark continuava a confondere la loro separazione
con un semplice litigio. Fece per farglielo presente ma lui la
precedette ancora una volta. Aveva troppe cose da chiederle.
-Come sei riuscita a prenotare il mio stesso volo?-
-Ho chiamato Ed e mi sono fatta dare giorno e orario di partenza.-
-Dove hai trovato il numero di telefono di Ed?-
Jenny distolse gli occhi.
-Me lo ha dato lui al ryokan. Ricordi? Avevo chiesto il numero a tutti.-
Mark annuì, ricordava perfettamente che lo aveva fatto per
poter rintracciare Philip in ogni momento durante i ritiri della
nazionale.
-E perché accidenti avresti deciso di venire proprio in
Italia?-
I suoi occhi si colmarono di amarezza.
-Perché non so dove altro andare.-
Mark ammutolì, il dolore di Jenny trasudò dalle
sue parole anche se lei cercò di sorridere per nascondere
l’angoscia che aveva dentro.
-Dai tuoi nonni?-
Lei scosse la testa, mentre un’altra staffilata di sofferenza
le trapassava il petto.
-Il ryokan è di David… Non riesco a
starci…- mormorò con un filo di voce.
Mark la guardò mentre il dolore dell’amica
diveniva quasi palpabile. Si affrettò a continuare, per non
lasciare che quel maledetto nome seguitasse ad aleggiare tra loro.
-Non hai pensato ad andare in America dai tuoi?-
-Preferisco te all’assillo dei miei genitori.-
riuscì a dare un timbro più sicuro alla sua voce
tremante, quasi sorrise -Dovresti esserne contento.-
-E dove pensi di stare?-
-Magari a casa tua?- tentò speranzosa -Ovviamente solo
finché non riesco a trovare una sistemazione migliore.- se
Mark avesse rifiutato di ospitarla sarebbe stata la fine. Non aveva
abbastanza soldi per vivere per giorni in un hotel.
Lui si aspettava che lo avrebbe detto, ma scosse lo stesso la testa,
sconcertato e infastidito.
-Ti sei organizzata bene, a quanto pare. E senza neppure avvertirmi.-
-Se te lo avessi detto ti saresti rifiutato.- lo guardò e
poiché la sua espressione non le piacque, cercò
di sdrammatizzare -Hai paura che rovini la tua reputazione di single?-
-Ho paura che quando verrà a saperlo il tuo
ragazzo…- cominciò a dire e si corresse vedendola
aggrottare la fronte -Il tuo ex ragazzo… mi
ucciderà.-
Jenny sbuffò seccata. Come poteva fargli entrare nella zucca
che si erano lasciati? Perché continuava a non crederle? Poi
ripensò a tutte quelle fan che erano andate a salutarlo
all’aeroporto. Forse altrettante lo aspettavano in Italia. Le
venne un dubbio e fu presa dal panico. Impallidì e si tese,
terrorizzata.
-Mark, hai la ragazza a Torino? Sto venendo a disturbarti?-
Lui sorrise dei suoi timori e le fece cenno di no. Non aveva la ragazza
in Italia e Jenny non sarebbe mai stata un disturbo. Una preoccupazione
in più sì, ma un disturbo assolutamente no.
-Meno male.- la morsa allo stomaco si allentò e lei
tirò un sospiro di sollievo.
-Meno male un corno! Dove lo trovo il tempo per starti dietro?-
-Non mi serve una balia! Ho bisogno soltanto che mi ospiti per qualche
giorno… nient’altro! Non avevo neppure bisogno che
mi facessi venire qui.- indicò la Business Class
con un gesto della mano.
-Te l’ho già detto. Là dietro in mezzo
a tutta quella gente non ti ci lascio!-
-Cosa pensi che possa succedermi? Siamo su un aereo!- un brivido le
corse su per la schiena. Mark aveva intenzione di starle
così addosso anche in Italia?
Lui non le rispose e restò a guardarla pensieroso. Nella sua
casa di Torino c’era un viavai continuo. I compagni della
Juventus si presentavano spesso da lui senza neppure avvisare,
organizzando tornei di playstation che andavano avanti anche tutta la
notte, fino alla mattina. Dal Giappone riportava sempre le ultime
novità e loro aspettavano frementi il suo ritorno. Era stato
un buon metodo, quello dei videogiochi, per farsi amici i compagni di
squadra, immancabilmente diffidenti nei confronti di ogni nuovo
arrivato. La playstation lo aveva salvato, o meglio lo aveva aiutato a
integrarsi in modo rapido e indolore. E ora, la prima cosa da fare una
volta a Torino, sarebbe stata allontanare proprio quegli amici da casa
sua.
Jenny si volse e i loro occhi s’incrociarono. Lei
percepì preoccupazione nel suo sguardo e l’ansia
l’assalì.
-Mi ospiterai?- gli chiese ancora, quasi supplichevole.
-Solo finché non troveremo una sistemazione migliore.-
Jenny gli sorrise così sollevata e così
riconoscente che Mark ebbe una stretta al cuore, tornando
immancabilmente a chiedersi che accidenti fosse successo tra lei e
Philip. Possibile che si fossero davvero lasciati? Più lo
pensava e meno riusciva a crederci. Quei due erano nati per stare
insieme, come poteva essere finito tutto da un giorno
all’altro? E la cosa che lo sconcertava di più era
che la notizia non gli era arrivata. Possibile che nessuno lo sapesse?
Neppure Bruce, nemmeno Evelyn? La guardò sospirando piano.
Se Jenny non aveva intenzione di parlarne, congetturare su di loro non
lo avrebbe portato a niente e non avrebbe certo risolto il problema
della sua presenza lì. Visto che ormai era
sull’aereo insieme a lui, avrebbe fatto bene a rassegnarsi in
fretta. Smise di pensare a ciò che lo aspettava una volta a
Torino, il viaggio era troppo lungo per cominciare già ad
angustiarsi. Si chinò a frugare nello zaino che teneva tra i
piedi e ne tirò fuori un paio di riviste acquistate
all’aeroporto.
Quando cominciò a sfogliarle, Jenny gli lanciò
un’occhiata distratta, poi si volse verso il finestrino e
rimase a guardare il cielo azzurro e le nuvole che si accalcavano sotto
l’aereo, ammucchiate una sull’altra come tanti
cumuli di ovatta. Sembravano così morbide che veniva voglia
di toccarle. Per l’ennesima volta si chiese se non avesse
preso la decisione sbagliata. Aveva fatto bene ad andarsene? A lasciare
Furano, la casa, gli amici? Non aveva avvertito Grace, neanche Patty o
Amy. Non l’aveva detto neppure ai suoi genitori, a cui
pensava di telefonare dall’Italia. Del resto aveva esitato
fino all’ultimo, fino alla mattina in cui si era svegliata
piangendo nella sua camera del ryokan dei nonni, un dolore sordo nel
petto, il cuore che batteva all’impazzata. Aveva sognato in
un’unica notte la violenza di David e l’ultima
discussione con Philip nei corridoi dello stadio di Sapporo, le parole
precise che si erano rivolti, il suo sguardo di fuoco, la sua
espressione adirata. Aveva rivissuto di nuovo la scena, quasi al
rallentatore, e finalmente, quella mattina, aveva preso atto di essere
rimasta sola. Aprendo gli occhi su quell’incubo, aveva
realizzato che Philip l’aveva davvero lasciata.
E allora, disperata, aveva mollato anche i nonni. Se n’era
andata persino da loro, perché mettere piede nella cucina
dove lei e Philip avevano fatto spensieratamente colazione decine di
volte, la faceva star male. Osservare l’ala moderna del
ryokan, la grande
vetrata che dava sul giardino e tutte le costose modifiche fatte dai
McFay le toglieva il respiro. Non era riuscita a trovare in nessun
luogo, in Giappone, un conforto al suo cuore spezzato. Prima di
Shintoku aveva provato a raggiungere i suoi a New York, ma era stata
incauta. Un giorno sua madre l’aveva pescata a piangere e
lei, ingenua, le aveva confidato che con Philip si erano lasciati. La
mamma ne era stata addolorata, ma suo padre non aveva trovato niente di
meglio da fare che cercarle un marito. Una mossa che lei non aveva
capito subito. Era successo durante l’ennesima e noiosissima
cena con gli amici dei suoi, quando un avvocato trentenne le si era
avvicinato e le aveva fatto delle avance fin troppo esplicite. Era
già la terza volta che succedeva in due settimane, e lei
aveva intuito di colpo quali fossero i progetti di suo padre. Il giorno
dopo aveva discusso furiosamente con lui mentre sua madre restava da
una parte, in silenzio, a guardarli spaventata, incapace di intervenire
in difesa della figlia. Aveva resistito da loro ancora un mese, poi
aveva fatto le valigie ed era tornata in Giappone per rifugiarsi dai
nonni. A Shintoku non aveva retto più di quindici giorni e
aveva scelto l’unica alternativa che le era venuta in mente.
Seguire Mark in Italia. Lì sarebbe stata tranquilla
perché era sicura che dopo quel terzo grado
sull’aereo, lui si sarebbe stancato di fare domande. In
fondo, come le aveva chiaramente detto a Shintoku un paio di anni
prima, non gliene fregava niente né di Philip né
dei loro litigi.
Si volse di scatto quando lo sentì soffocare un insulto. Si
volse, incrociò il suo sguardo sgomento e lo vide chiudere
di colpo il giornale. Si sporse verso di lui.
-Cos’hai?-
Mark strinse la rivista tra le dita poi la infilò svelto
sotto le altre, ammucchiate sul tavolinetto aperto. Le
lanciò un’occhiata inquieta. Lei non
capì il motivo di quel bizzarro comportamento e
continuò a fissarlo. Il giovane accennò un
sorrisetto tirato, che gli incurvò solo un angolo della
bocca. Prese un’altra rivista e si agitò a disagio
sul sedile, cercando una posizione comoda.
La curiosità si scatenò bruciante. Jenny si
sporse nel corridoio, allungò una mano e cercò di
afferrare la rivista che Mark aveva così bruscamente
accantonato. Lui scattò in avanti e posò con
violenza il palmo della mano sui giornali, impedendole di prenderla.
-Cosa c’è?-
Il ragazzo afferrò tutto il mucchio e lo tirò
indietro.
-Niente.-
-Mark, fai vedere…-
Landers strinse le riviste tra le dita e la fissò negli
occhi, sgomento. Era vero, accidenti! Quei due si erano lasciati sul
serio!
-Fa’ vedere, Mark!- era sicura che si trattasse di qualcosa
che la riguardava e ciò le fece paura. Cosa poteva esserci
di tanto terribile su quel giornale, se l’amico le impediva
di metterci sopra gli occhi? Quando lui scosse la testa, Jenny si
alzò e si piazzò al centro del corridoio.
-Non essere assurdo! A costo di farmi mandare dalla nonna una copia di
ogni rivista che hai acquistato, vedrò quello che mi stai
nascondendo!-
Mark la fissò a bocca aperta. Non poteva assolutamente
permettere che Jenny mettesse gli occhi su ciò che aveva
visto lui. Forse c’era un errore, magari aveva guardato male.
Del resto, non appena aveva posato lo sguardo sulla foto e gli era
sfuggito l’insulto, aveva richiuso la pagina
all’istante. Forse non si trattava di Callaghan…
Continuò a fissarla negli occhi. Se lui c’era
rimasto di merda, come avrebbe reagito Jenny? Magari bene, visto che
ormai doveva essersi abituata all’idea di essere tornata
single, dopo tanti anni… Merda, stentava ancora a crederci!
Abbassò lo sguardo sulle sue mani tese verso di lui.
L’anello di Philip era sparito. Le dita di Jenny erano
sottili, scosse da un leggero tremito, e così pallide che le
vene azzurrine risaltavano in trasparenza.
Capitolò, tanto non poteva fare altro. Le porse in silenzio
il giornale. Non c’era bisogno che la nonna le mandasse un
bel niente. Dovevano restare su quell’aereo ancora dieci ore,
non avrebbe potuto tenerglielo nascosto per tutto il viaggio. Appena si
fosse addormentato, o fosse andato in bagno, Jenny avrebbe frugato
nello zaino e avrebbe sfogliato ogni pagina fino a trovare
ciò che cercava.
Lei strinse convulsamente la rivista spiegazzando la copertina.
Tornò al suo posto e la sfogliò rapidamente,
voltata verso l’oblò. Non aveva idea di
ciò che avrebbe trovato e preferì dargli le
spalle. Fece bene. La foto che Mark avrebbe voluto tenerle nascosta le
scatenò dentro un dolore incontenibile. Philip era stato
fotografato a baciare una ragazza. Li osservò, tutti e due,
mentre una sofferenza immensa le trafiggeva il cuore. Fu un dolore
quasi fisico, deglutì a vuoto e lottò per
ricacciare indietro le lacrime finché il groppo che le era
salito in gola si sciolse. Riuscì a rimandare
l’aria nei polmoni, mentre la foto le si stampava a fuoco
nella testa. Si volse verso Mark, il suo volto era una maschera
impassibile mentre gli restituiva la rivista.
-La riconosci?- lui scosse la testa e lei proseguì -Era
negli studi televisivi di Kyoto. È Julie Pilar, la modella
in costume.- su quelle ultime parole la sua voce si incrinò
e non poté farci niente. Ingoiò l’aria
e riuscì a continuare.
Landers si sporse nel corridoio e le tolse il giornale dalle mani, gli
occhi sgomenti sulla foto. Jenny aveva ragione, era proprio lei.
Sollevò di nuovo lo sguardo verso l’amica, mentre
l’ira contro Callaghan gli scoppiava dentro. Avrebbe
dirottato l’aereo per poter tornare in Giappone e prenderlo a
pugni. Come aveva potuto farlo? Dopo tutti quegli anni, dopo tutto
quello che avevano condiviso e sofferto insieme, come aveva potuto
lasciarla? E per chi?
-Mi dispiace.- riuscì a dirle soltanto.
Lei scosse la testa, mentre le lacrime le riempivano gli occhi. Si
volse verso il finestrino, verso il cielo, e cercò di non
pensare a niente. Non voleva pensare a niente. Si passò una
mano sugli occhi e li premette per frenare le lacrime. Che senso aveva
adesso piangere? Per cosa poi? Lei e Philip si erano lasciati mesi
prima, era normale che lui frequentasse un’altra ragazza. O
pensava forse che sarebbe rimasto fedele al suo ricordo? Quale ricordo?
Quello dei loro ultimi litigi? Delle incomprensioni, dei silenzi, delle
cose non dette che avevano allargato il baratro scavato da David? I
sentimenti che provavano l’uno per l’altra erano
sprofondati nella sfiducia e nell’incomprensione, in un
altalenante alternarsi di confusione e sofferenza, fino
all’ultimo giorno in cui si erano rivolti la parola. Jenny si
passò una mano sul viso mentre le lacrime le salivano di
nuovo agli occhi. Le scacciò con uno sforzo e
tornò a fissare fuori dal vetro. Il cielo si stava tingendo
d’arancio e quello spettacolo di nubi dai profili dorati
sarebbe stato bellissimo se non fosse stato offuscato da tanta
sofferenza.